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Autore: AxXx    07/01/2014    1 recensioni
Salute, buon lettore. Sono felice che tu legga queste parole, non sia mai che il mio libro diventi carta straccia da bruciare o, peggio, per pulire il didietro di qualcuno.
Questo testo è la storia delle mie disavventure. Sì, devi sapere, buon lettore, che io sono un mago. Un mago dell'Accademia di Windelheim, nel regno di Thorumund. Ero un apprendista normale, come tutti. Deciso a distinguermi nella magia, ma senza mai sperare molto.
Ci crederesti che adesso sono Mago Supremo?
Non ci ho mai creduto nemmeno io.
Eppure ho solo vent'anni.
Ho deciso, quindi, di creare molte copie di questo libro e mandarlo in portali casuali, dove persone come te potranno mantenere vivo il ricordo. è importante mantenere in vita i ricordi di questa mia prima avventura.
Leggi e ricorda: "Non è il potere che uccide la gente. Sono le persone dietro al potere che uccidono la gente"
Genere: Avventura, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                   ARRIVI ALL'ACCADEMIA









~~L’Accademia era un posto davvero singolare: se l’esterno sembrava spoglio e sobrio, l’interno era riccamente arredato. Drappi rossi e aurei pendevano dal soffitto, coprendo i muri, isolandoci dal freddo esterno e rendendo il posto ancor più vario e bello da vedere. Il mobilio era quasi tutto in legno massello, finemente lavorato, liscio e sempre pulito. I corridoi erano lunghi e spaziosi, come le aule, con grandi finestre di vetro che ci separavano dalle tempeste perenni che infuriavano all’esterno.
Io ero in un gruppo di studio abbastanza eterogeneo: c’ero io, un elfo di nome Saarius, un tipo un po’ antipatico, ma un bravo ragazzo, dall’aria altera e decisa. Era molto competitivo e deciso e faceva di tutto per mettersi in mostra con gli insegnanti. Secondo quel che si diceva, i suoi genitori gli avevano consigliato di venire qui per approfondire la sua conoscenza nelle arti magiche.
Marcus: un giovane apprendista proveniente di Solitude e che era stato, per un certo periodo, apprendista del Mago di Corte locale . Era un tipo schivo e sospettoso come non mai e non lasciava che nessuno si avvicinasse ai suoi affezionatissimi tomi.
Selina: Elfa scura dalla pelle ambrata e i capelli bianchi. Molto giovane per un elfa e particolarmente brava negli incantesimi di guarigione. Era molto studiosa e decisa, ma non particolarmente competitivi. Solitamente si intratteneva con il bibliotecario con il quale discuteva di ogni singolo tomo che si trovava sui polverosi scaffali della biblioteca.
Ulnar: allegro e scherzoso. Lui era il maestro di tutti i raggiri magici, amava esplorare l’Accademia e i dintorni alla ricerca di passaggi segreti e tesori magici nascosti. Più di una volta i maghi anziani l’avevano pescato con le mani in un baule, intento a frugare alla ricerca di artefatti.
I miei migliori amici erano Alim e Saiana: erano entrambi nord, proprio come me. Lui aveva una zazzera di capelli neri mossi che incorniciavano leggermente il duro volto spigoloso. Gli occhi grigi e svegli, lo facevano sembrare una volpe di montagna, sempre pronta a giocarti un tiro. Era un ragazzo allegro e simpatico che preferiva mostrarsi gentile, ma senza pretese.
Saiana, invece, era una bella Nord dai lineamenti dolci. I capelli rossi e gli occhi verdi la facevano somigliare ad uno spirito di fuoco, ma anche lei gentile e sorridente. Non perdeva mai il suo buon umore, ma nei suoi occhi leggevo sempre una profonda tristezza che, però, non avevo il coraggio di indagare.
E poi c’era Liara. La più bella creatura che avessi mai visto. Un elfa dai capelli biondi, come le stelle, occhi verdi, come le foglie di una foresta primaverile inondata dal sole. I lineamenti erano dolci, angelici e gentili.
Probabilmente mi direte che sto esagerando, ma un ragazzo innamorato tende sempre a idealizzare un po’ l’oggetto del suo amore. Lei era perfetta, ai miei occhi. Non potevo fare a meno di seguirla con lo sguardo ogni volta che il suo passo leggero attirava la mia attenzione, le sue parole, per me, erano come diamanti e non potevo fare a meno di essere felice nel vederla.
Ma non osavo spingermi a tanto.
Non ero in grado di parlarle per più di dieci secondi, senza che la mia volontà venisse annientata dal suo magnetico sguardo, costringendomi, quindi, a ritirarmi con un imbarazzante: “Scusami, non è niente.”
E poi c’ero io. Io ero il più schivo di tutti. Forse ti sembrerà impossibile, adesso, ma a me non piaceva parlare. Ero solito rannicchiarmi in un angolo, con in mano un libro di antiche leggende nordiche, immaginando di essere chi non ero.
Io non ero abile nella magia, non ero abile nel combattimento, ero solitario e la mia faccia, almeno così mi era detto, era lo specchio della depressione. Insomma, non ero un buon mago e non trovavo modi per mettermi in risalto.
Ma quando compii diciotto anni, tutto cambiò.

Era il dodici di gennaio e io mi ero appena alzato stancamente dal mio giaciglio per potermi dedicare ad un veloce bagno mattutino, prima degli esercizi magici di base. Vidi allo specchio. Un volto magro, leggermente spigoloso, senza barba, ancora immaturo, ma pronto ad accogliere la maggior età. I miei capelli rosso fuoco e gli occhi azzurri intensi erano piuttosto rari, persino tra i Nord ed erano l’unica cosa di cui andavo fiero.
Mi misi la veste da apprendista e mi apprestai ad uscire, quando Alim mi affiancò di corsa.
“Hai sentito? Tra poco arriva una delegazione del Sinodo, sembra che con loro ci siano anche degli Inquisitori elfi!” Mi informò eccitato all’idea di un possibile confronto con maghi di un altro ordine.

Il Sinodo era una sorta di ‘Accademia’ Imperiale, tuttavia era noto il loro interesse più politico che pratico della sapienza arcana. Se venivano qui era, certamente, un altro tentativo di mettere le mani sul grande sapere che la nostra scuola custodiva.

“E questo cosa dovrebbe interessarmi? Tanto non li faranno entrare, come le altre dieci volte che ci hanno chiesto udienza.” Risposi annoiato, mentre seguivo il lungo corridoio che portava alla torre della terra, per potermi esercitare negli incantesimi di cura.
“Ti sbagli. L’Arcimago Irving ha dato immediatamente ordine a tutti gli studenti di schierarsi nel cortile per un accoglienza formale!”
Ecco, questa sì che era una cosa strana: L’Accademia mai si immischiava di politica, tendeva all’isolamento, nel timore che i propri membri si distraessero. Il fatto che accettassero un contatto del genere era qualcosa di unico e Irving stava certamente di evitare il peggio.
“Cosa credi sia successo? Possibile che l’abbiano minacciato?” Chiesi sospettoso. Non mi piaceva sapere che gli Imperiali si fossero avvicinati così tanto a noi.
“Non credo… forse è solo uno scambio temporaneo, dopotutto gli elfi ci hanno sempre rispettati, no?” Mi ricordò Alim, stringendosi le spalle.
Effettivamente non gli davo torto. Gli elfi avevano sempre rispettato l’Accademia di Winterheilm e non era escluso che il Sinodo non fosse a conoscenza dei veri piani dei loro compagni elfici.

Ci dirigemmo all’esterno. L’edificio del castello è strutturato in maniera assolutamente incredibile. Uno spesso ponte di pietra, lungo duecento metri, lo collegava alla terra ferma. La prima isola ospitava l’edificio degli studenti, formato da quattro torri circolari che ospitavano i vari laboratori e aule note come Torri degli Elementi. Al centro del quadrato vi era la Casa dell’Ascensione che ospitava i dormitori di tutti gli studenti dai dodici ai ventidue anni e la Biblioteca. Per raggiungere le sale dei maghi e dei Maestri, bisognava superare il Ponte dell’Anima, precluso anche alla maggior parte di noi.
Solo coloro che avevano superato il Transito accedevano alla Casa del Sapere. Un Castello situato su un atollo vicino, formato da un cortile esterno, delimitato dalla Torre della Luce e la Torre dell’Oscurità. In fondo ad esso sorgeva Il Castello della Sapienza, ove alloggiava l’Arcimago, i maghi anziani e tutti coloro che volevano continuare i loro studi all’Accademia.
Non avevo ancora superato la prova, quindi all’epoca non vi abitavo, ma sapevo che era lì che venivano ospitate le autorità in visita. Proprio come la delegazione degli elfi.

Eravamo schierato nel cortile principale, pronti ad accogliere gli elfi, mentre i nostri maestri erano davanti al cancello. I cappucci tolti, in segni di rispetto, liberavano teste dai bianchi capelli e guardi colmi di saggezza ed esperienza. L’arcimago,  in testa al gruppo, indossava una tunica liscia e verde, finemente lavorata, con gli intarsi di rune che risplendevano leggermente alla fioca luce del sole che filtrava tra le nuvole.
Secondo la tradizione, gli apprendisti come me tenevano i cappucci calati e le teste chinate, in segno di reverenza e rispetto nei confronti dei visitatori.
Essi apparvero come un eterogeneo gruppo di circa trenta persone. Almeno venti erano soldati imperiali, dalle pesanti armature in acciaio e cuoio borchiato. Elmi di cuoio ben stretti e scudi a torre con il simbolo dell’aquila imperiale. Gli altri dieci erano indubbiamente maghi, ma solo tre di loro erano elfi. Avanzavano a testa alta, regali e decisi, ostentando superiorità.
Quando si fermarono al centro del cortile, tutti noi apprendisti ci inchinammo rispettosamente, mentre Irving accoglieva ospitalmente gli ospiti.

“Maghi di Imladris, è per me un onore poter accogliere gli stimati maghi del vostro ordine qui, al mio fianco. Il motivo della vostra visita mi è ignoto, ma desidero che voi possiate godere della nostra accoglienza, come fratelli maghi, quali siamo.”
“Grazie, Arcimago. È un onore essere qui presenti al vostro cospetto. La nostra congrega è desiderosa di aumentare i contatti con le vostre ricerche.” Rispose il capo degli elfi. Un mago alto, dai lunghi capelli argentei dall’aria arcigna e lo sguardo sospettoso. La pelle era pallida come l’alabastro.
“Indubbiamente siamo impegnati in diverse ricerche, anche di un certo interesse, ma dubito che ciò possa suscitare il vostro. Siamo solo alla ricerca di antichi manufatti che gli antichi maghi Nord hanno sepolto nelle rovine del nostro regno.” Spiegò pazientemente Irving, scrutando con attenzione le mosse del suo interlocutore, che, tuttavia non si scompose.
“Vorremmo comunque poter collaborare in qualche modo. Desidero stabilirmi all’Accademia per poter studiare con la dovuta attenzione i fascicoli riguardanti le ricerche. Con la vostra autorizzazione, ovviamente.”Rispose l’altro con un sorriso di trionfo.

E anche nella mia esperienza mi fu chiaro quanto fosse delicata la situazione. Irving non poteva ignorare sia gli Elfi che il Sinodo, con cui era riuscito a parlamentare in maniera separata. Ora, però, era costretto al confronto diretto con entrambi e un rifiuto aperto avrebbe comportato le ire di entrambe le parti.
L’Accademia si fondava sulla neutralità dei maghi nella rivolta di Thorumund, ma se ci fossimo schierato proprio contro le due fazioni nemiche dei ribelli, saremmo stati facilmente presi come nemici dell’Impero e dei loro alleati. La scusa perfetta per poterci attaccare se avessimo rifiutato.

“Sono certo che non sarà un problema per voi. Sarò solo e si tratterà di una questione relativamente breve. Giusto il tempo di analizzare le vostre più recenti scoperte. Sono certo che questa collaborazione allargherà gli orizzonti di entrambi.” Aggiunse l’elfo senza scomporsi. Sapeva di avere la situazione in pugno e ostentava sicurezza.

Per diversi istanti gli occhi grigi dell’uomo incrociarono quelli del suo interlocutore. Una sfida silenziosa, per uno calcolava le possibilità dell’altro di uscirne in vantaggio. Ma era evidente che il nostro ordine non avrebbe avuto altra scelta. L’arcimago fu costretto a capitolare.

“Nulla mi impedisce di darle il benvenuto, amico mio. Sarò onorato di averla come nostro ospite, fintanto che lei rimarrà qui.” Concesse con un sospiro.
La tensione tra gli apprendisti era palpabile, ma tutti cercavano di non lasciarsi sopraffare dalle emozioni. C’era chi avrebbe tentato di approfittare di quell’occasione per strappare al mago le antiche conoscenze elfiche, ma di mio, sentivo già una profonda inquietudine.

Dopo i saluti di rito, gli uomini si ritirarono, lasciando i tre maghi elfi alle guide dell’Accademia.

Mentre Irving e gli Stregoni anziani parlavano cercai di carpire quante più informazioni possibili. Il capo dei tre si chiamava Ancado ed era un rinomato membro del Primo Ordine degli Incantatori elfi. Molto abile ed esperto, poteva contare su un’esperienza di vari secoli, passati a scavare nei profondi misteri delle arti arcane.
I suoi aiutanti erano Zer e Daran, due maghi elfi più giovani, ma entrambi esperti. Non avevo una gran conoscenza della razza elfica, ma quei due erano inquietantemente identici. I loro occhi grigi scrutavano tutto ciò che li circondava senza mai soffermarsi su nulla e i loro volto, uguali e imperturbabili davano loro, l’aria di morti viventi. Avevano le stesse forme dure e allungate, come se fossero stati scolpiti sulla pietra. Solo le loro chiome erano diverse: una nera, come il petrolio, l’altra bianca come il ghiaccio.

Avevo i miei sospetti, ma non immaginavo certo fin dove si sarebbero spinti quei folli.

 

 

 

 




 

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[Angolo dell’Autore]
Vi chiedo innanzitutto, perdono, per il fatto che il mio HTLM è impazzito all’improvviso, lasciandomi a secco, con una scrittura piccolissima e improponibile. Comunque, questo è il primo capitolo vero e proprio.
Anche se tende anche questo, sul descrittivo, questo ha anche la funzione di introdurre i vari personaggi che girano intorno alla storia. A cominciare da Banedon stesso e quelli che saranno i suoi temporanei avversari.
Cosa tramano gli Elfi e l’Impero? Cosa cerca Ancado? Che ruolo avrà il nostro mago in tutta questa faccenda?
A presto, ragazzi, e recensite, mi raccomando :3
AxXx

  
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