Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Mary P_Stark    08/01/2014    3 recensioni
Quattro sono gli elementi. Terra, Aria, Fuoco, Acqua. Quattro sono i gemelli Hamilton, depositari di questi antichi poteri. Loro sono le storie che qui narrerò, intrise di amore e magia. Winter, primo tra i gemelli, è rinchiuso in un gelido dolore da cui non vuole uscire, dopo la morte della moglie. Neppure il figlio Malcolm riesce completamente a liberarlo da questa prigione volontaria. Potrà la sua antica fiamma, Kimmy, riportarlo a nuova vita? SERIE "THE POWER OF THE FOUR" - 1° RACCONTO
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'The Power of the Four'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
11.
 
 
 
 
 
La tenda non reggeva il confronto con lo spesso igloo che Winter aveva costruito dal nulla per loro solo la sera precedente, ma di certo li avrebbe protetti dalla tempesta che stava sfogandosi sopra le loro teste.

Quando, a notte inoltrata, Kimberly si lasciò andare ad un sonno convulso e leggero, ne fu ridestata poco tempo dopo da Winter, febbricitante e scosso da tremori violenti.

A nulla valsero gli sforzi di Erin e Kimberly per farlo bere.

Non ci fu verso.

Ora, semi sdraiato e con il capo poggiato sui seni di Kim, Winter stava bofonchiando qualcosa su un passato che la donna non conosceva, ma che fece sospirare afflitta Erin.

Lei sapeva più che bene quali demoni stessero squassando l'animo di Win, in quel momento, ma non voleva affrontare con Kimmy quell'argomento, non quando era già così in ansia per lui.

Galleggiando come nebbia all'interno della tenda, Erin prese forma umana per rendere più agevole alla donna parlare con lei e, sfiorando il viso contratto dell'ex marito, mormorò: “La motoslitta è rimasta troppo danneggiata durante l’assalto e, anche usando il ghiaccio, non riesco a trattenere il combustibile. Purtroppo, i miei poteri non sono come quelli di Winter.”

«Di certo non è colpa tua» replicò Kim, sospirando stanca. «Lo squarcio nel serbatoio è bello grosso, dopotutto.»

Levando il viso di cristalli di brina per incrociare lo sguardo della donna dinanzi a sé, Erin disse: “Te la senti di rimanere da sola, mentre io cerco aiuto?”

«Puoi farlo?» esalò sorpresa Kimberly, stringendo maggiormente a sé il capo di Winter.

Immediatamente, l'uomo si calmò ed Erin, sorridendo fiera alla donna, annuì.

“Ormai Mal riesce a percepire abbastanza bene il suo potere, perciò posso tentare di avvicinarlo per avvisarlo di ciò che sta avvenendo qui.”

«Non sarà doloroso, per lui? Sì, insomma... vederti dopo tutto questo tempo, e per un motivo così grave?» le domandò turbata, immaginandosi il piccolo Malcolm e l'incontro con il fantasma della madre.

Mordendosi l'inconsistente labbro di ghiaccio, Erin reclinò il capo e ammise: “Non sarà facile, questo è certo, ma il rischio che lui perda entrambi i genitori, oltre al rischio che tu muoia, sono alti. E questo sarebbe davvero troppo, per lui. Devo tentare.”

«Posso farcela a rimanere da sola. Domattina, nel frattempo, vedrò di capire se riesco a combinare qualcosa con la motoslitta. Papà ha cercato di inculcarmi un po’ di meccanica… chissà che non riesca a ricordarmi almeno l’ABC.»

“Tentar non nuoce. Ora esco... non voglio raffreddare troppo l'ambiente.”

Detto ciò, lanciò loro un'ultima occhiata e si apprestò a dissolversi.

«Erin!» la richiamò all'improvviso Kim.

Volgendosi con uno scintillio iridescente, la donna la fissò preoccupata e Kimberly, sorridendole, mormorò: «Grazie... di tutto.»

La fata allora scosse il capo, sorridendo di rimando e, in uno sfolgorio argentato, scomparve.

«Kimmy... il ciliegio... è alto...» balbettò debolmente Winter, sorprendendola.

Kim, reclinando il viso per guardarlo, gli sorrise dolcemente e, sfiorando la sua fronte febbricitante con un bacio, sussurrò: «Ti ho fatto davvero spaventare, quella volta. Perdonami. Perdonami, Win, se puoi.»

 
≈≈≈

Al NOAA erano stati laconici, ma avevano promesso loro che avrebbero inviato nel più breve tempo possibile un biplano nei pressi del campo base, onde capire che problemi vi fossero con la connessione satellitare.

Summer era infastidita dalla burocrazia, ma poteva fare ben poco per sveltire l'iter e richiedere un intervento più importante, a meno di non ammettere con loro che qualcosa di ben più grave stava avvenendo tra quelle lande.

Ma come fare, senza dichiarare a tutti la verità?

Impossibile.

Anche avendo Big Mama a capo della loro sezione.

Pure lei, con tutto il suo potere, aveva dei limiti, e non poteva pretendere la luna da quella donna.

La riservatezza era un obbligo, all'interno della loro famiglia, o avrebbero rischiato di dover scappare non solo dai nonni, come era avvenuto in passato, ma da forze ben più forti e ramificate che il Concilio dei Saggi.

Certo, avere a che fare con nonna Shayna era quasi peggio che parlare con Big Mama quando era inferocita, ma essere presa dalla CIA e usata come cavia da esperimenti, era qualcosa che voleva evitare grandemente.

Anche se questo metteva a rischio la vita di Winter.

«A volte vorrei sventrare quel cavolo di ufficio» ringhiò Summ, chiudendo la comunicazione prima di guardare accigliata la gemella.

«Ti capisco. Ci vorrebbe poco per smuovere le due o tre faglie più superficiali che ci sono in zona, ma sai che macello, se lo facessi? Cadrebbe a terra mezza Washington, D.C.» sospirò Spring, scuotendo mestamente il capo.

«Lascia perdere i terremoti, sorellina. Potrei benissimo far scoppiare un incendio utilizzando i fornelli dei laboratori, se volessi, ma non ha senso sfogarsi a questo modo, lo so benissimo» sbottò la gemella, passeggiando nervosamente per il salotto. «Quel che mi fa veramente imbestialire è Autumn. Non appena gli ho detto che Winter e Kimmy erano in pericolo, e c'era bisogno che lui li individuasse, è scoppiato il putiferio. Dopo avermi insultata, mi ha sbattuto il telefono in faccia. Che stronzo!»

«Davvero non lo capisco...si comporta come se non gliene importasse nulla di suo fratello» ruminò infuriata la fulva gemella, agitando le braccia come un uccello impazzito.

«Se avessimo almeno una vaga idea dei motivi per cui hanno litigato, potremmo intervenire in qualche modo ma, quanto a riservatezza, non c'è nessuno che possa battere quei due. Sono più ermetici di un bunker» brontolò a sua volta Spry, portandosi alla finestra per curiosare dabbasso, dove Malcolm stava giocando con la neve.

Lo squillo improvviso del telefono di casa le fece entrambe sobbalzare e, in fretta, Summer corse sui suoi tacchi vertiginosi per afferrare il cordless e accenderlo.

Trafelata, esalò: «Hamilton. Chi è?»

«Summ, sono John. Ho notizie da Wales» mormorò il suo amico e collega, rimasto al NOAA per avere notizie fresche.

Trattenendo il respiro al suono strozzato e roco della sua voce baritonale, la donna strinse con maggiore forza il telefono.

«J.C., ti prego, non dirmi che…»

«Tim, Malick e Rowena sono arrivati circa sei ore fa a Wales e hanno sporto denuncia. Sono stati attaccati da un gruppo armato, presumibilmente contrabbandieri, e sono riusciti a scappare solo per pura fortuna. Stanno preparando una squadra di salvataggio per andare a cercare Winter e Kimberly, ma lassù c’è una tempesta tremenda e…»

La voce dell’uomo morì sulle ultime parole, lasciando in sospeso una sentenza che sapeva di gelo e di terrore.

Summer, scuotendo il capo con veemenza, dichiarò lapidaria: «Non sono morti.»

«Sono sicuro che Win è riuscito a scappare assieme a Kimberly ma, per il momento, non c’è traccia di loro, a Wales. Ma non preoccupatevi. Gli alaskiani sono in gamba, e di tempeste simili ne vedono tutti i giorni. Li troveranno» asserì John con una sicurezza che non sentiva affatto nel cuore.

La vulcanologa annuì mesta, lo ringraziò per il disturbo e chiuse la comunicazione.

Quando Spring la scrutò ansiosa, Summ non seppe che dire e, d’impulso, la abbracciò.

Fu questo che spinse la gemella bionda a piangere in silenzio; Summer non si lasciava mai andare a simili gesti.

 
≈≈≈

Dopo l'avvertimento iniziale che aveva messo in allarme le due zie, Mal non era più riuscito a captare nulla e, sconsolato, aveva passato un'intera notte insonne nel vano tentativo di percepire i pensieri residui del padre o di Kim, senza riuscirci.

Si era svegliato, la mattina seguente, con gli occhi pesti e il muso lungo.

Ad una silenziosa colazione era seguito un mutismo prolungato e così, non sapendo che altro fare, si era rifugiato in giardino per fare un pupazzo di neve, isolandosi da tutto e da tutti.

In questo, somigliava già tremendamente al padre.

Scostando la tenda per meglio osservarlo, Summer mugugnò stancamente: «Non credi che dovremmo raggiungerlo?»

«Lasciamolo fare. A volte, ognuno di noi ha bisogno di rimanere da solo. Quando vorrà la nostra compagnia, ci cercherà.»

Sfiorandole una spalla con la mano, le sorrise comprensiva e la gemella, pur essendo poco propensa alle smancerie, rispose al sorriso e diede un bacio sulla guancia alla sorella.

«Zia Brigidh che dice? E' riuscita a combinare qualcosa con la sua sfera di cristallo?» le chiese poi Summer, tornando a scrutare il nipote.
Spring scosse il capo, spegnendo subito le speranze della gemella.

«Lo sai anche tu che la Vista non viene a comando, specialmente quando si è in ansia per qualcuno. E la zia è super agitata, per non dire che è ai limiti dell'isteria. Non potrebbe avere una visione neppure se si trattasse di scoprire cosa preparerà oggi per pranzo.»

«Vero» ammise Summ, sbuffando.

«Quando si tratta di Win, non capisce più niente. Finisce sempre per esagerare.»

«Rimorsi repressi che saltano fuori» brontolò a sua volta la sorella. «Dopotutto, se i nonni ci hanno trovato è stato per causa sua e, sempre per causa sua, Win si è sposato con Erin. Per forza che, ora, sia iperprotettiva con lui.»

«Win l'ha già perdonata non si sa le volte... quando si darà una calmata?» replicò scocciata Summer, passandosi una mano tra la massa ribelle di onde ramate.

«Quando il sole sorgerà ad ovest» sentenziò Spring, tornando ad osservare preoccupata il nipote.

 
≈≈≈

Malcolm lanciò di soppiatto uno sguardo verso l'alto, avvertendo su di sé gli sguardi ansiosi delle zie e, tra sé, le ringraziò mentalmente per avergli lasciato la possibilità di rimanere da solo.

Si sentiva così inutile!

Era ancora piccolo per poter usare il suo dono e, senza la Cerimonia di Iniziazione, non poteva neppure mettersi d'impegno per imparare per i fatti suoi.

La vecchia Mæb era stata lapidaria quanto testarda, asserendo quanto ancora fosse giovane e acerbo per padroneggiare simili poteri.

Chiedere alle zie di portarlo da lei era altrettanto assurdo.

Erano impegnate, in ansia non meno di lui per le sorti del fratello e, di sicuro, non avrebbero trovato la sua richiesta di risvegliare il suo dono un'arma adatta a risolvere la situazione.

No, avrebbe dovuto attendere non meno degli altri.

«Ma perché deve stare a New Orleans?!» sbottò Mal, buttando a terra il sasso che aveva raccolto per fare l'occhio al suo pupazzo.

“Perché New Orleans è un Crocevia di Spiriti molto potenti, il luogo ideale per una Guardiana dello Spirito” mormorò una donna, nelle vicinanze.

Quella voce, a lui così familiare e aliena al tempo stesso, accarezzò le sue orecchie con dolcezza, portandolo a voltarsi di scatto per comprendere chi si trovasse in giardino assieme a lui.

Nulla vedendo, si stropicciò gli occhi per essere certo di non stare sognando e, quando scorse solo un leggero strato di bruma levarsi nel giardino, arricciò il naso, confuso.

Era sicuro di aver udito qualcuno, eppure...

Tornò a guardare verso l'altro, dove Summer e Spring lo salutarono con piccoli gesti delle mani, sorridendo allegre.

Lui le ricambiò, già pronto a dimenticare l'accaduto quando, nuovamente, la voce gli disse: “Ascoltami, Malcolm... ho bisogno di te, Picachu1.”

C'era stata una sola persona che lo aveva chiamato così...

Irrigidendosi, Malcolm si volse nuovamente e, stavolta, la bruma che circondava il giardino si solidificò a sufficienza per prendere le forme di una donna alta e sottile, del colore dell'arcobaleno.

Lanciato uno sguardo veloce verso le finestre, il bambino si accorse che nessuna delle sue zie, al momento, lo stava guardando e, per qualche strano motivo, la cosa gli fece piacere.

Quella faccenda, voleva affrontarla da solo.

Deglutendo a fatica, Mal esalò: «Mamma?»

“Sapevo che saresti riuscito a sentirmi, anche senza il risveglio dello Spirito.”

Lacrime prepotenti sorsero negli occhi grigio ghiaccio ma, a forza, lui le respinse per poter guardare la figura iridescente che gli stava davanti, a pochi metri di distanza.

Era bella come la ricordava, anche se non poteva scorgerne il colore degli occhi, o la brillantezza dei capelli.

Era come osservare una statua di ghiaccio, ma era ugualmente bellissima... ed era sua madre.

Avanzò di un passo, poi di due e, alla fine, si allungò verso di lei per abbracciarla ed essere abbracciato. 

Pur avvertendo solo freddo attorno a sé, l'amore che lo toccò nel profondo lo tranquillizzò, confermandogli che la fata della bruma che lo stava stringendo era veramente sua madre Erin.

Non seppe se scoppiare a ridere o piangere a dirotto, perciò rimase immobile in quell'abbraccio ghiacciato, assaporando il calore nel suo animo e le parole sussurrate al suo orecchio, che sapevano di amore mai dimenticato e di gioia sconfinata.

«Perché... non sei venuta... prima?» balbettò a fatica Malcolm, scostandosi di malavoglia da lei, ma desiderando guardarla in viso.

“Non eravamo pronti... nessuno dei due. Ma ora è necessario che mi ascolti, Mal. Papà e Kimberly sono in pericolo.”

Sgranando gli occhi, Malcolm gracchiò: «Cos'è successo? Papà è ferito? E Kimmy? Perché conosci Kimmy? Cos'ha?»

Sfiorando la bocca del figlio per azzittire il suo fiume di domande, Erin mormorò pressante: “Ti racconterò tutto più tardi, ma ora devi ascoltarmi bene e riferire tutto ciò che so alle zie. Sono stati attaccati da alcuni contrabbandieri d’armi, e tre dei loro colleghi si sono già salvati, mandando avanti una squadra di ricerca per trovarli, ma senza guida non riusciranno ad arrivare in tempo! Papà ha dovuto usare molto del suo potere per proteggere Kimmy e per mettere entrambi in salvo, ma ora è stremato e non ce la fa a proseguire e, ben presto, verranno raggiunti da chi vuol fare loro del male.”

Malcolm annuì frettolosamente, le lacrime che gli punteggiavano gli occhi ben trattenute dalla forza di volontà del piccolo.

Erin, sorridendogli orgogliosa, aggiunse: “Si trovano sud-ovest rispetto a Wales. Dovrebbero mancare ancora sei o sette di miglia, ma dubito che riusciranno a percorrerle, visto che la motoslitta ha dei seri problemi.”

«Glielo dico subito. Mamma...»

“Dimmi, piccolo mio?”

«Tornerai da me, adesso?»

“Quando ci saranno le condizioni, sì. Ora, però, vorrei tornare da Kimberly e Winter. Lei è sola, e potrebbe aver bisogno di me. Ma ti prometto che tornerò da te ogni volta che potrò, d'ora in poi.”

«Di' a Kimmy che veniamo a prenderli» le disse Malcolm, passandosi una mano sotto il naso. «Ti voglio bene, mamma.»

“Anch'io, tesoro... e te ne vorrò sempre.”

In uno sfolgorio argentato, Erin scomparve e Malcolm, lasciando che finalmente le lacrime scivolassero sul suo volto, corse verso casa urlando i nomi delle zie.

Con una frenesia che rasentava il panico, spiegò loro della visita di sua madre e di ciò che gli aveva detto sul padre e su Kimmy.

Se Spring e Summer furono sorprese dell'intervento a inaspettato di Erin, non lo diedero a vedere; solo una cosa era importante. Avvisare le autorità.

 
≈≈≈

Sbuffando irritata, Kim lanciò l’ennesima occhiata al di fuori della tenda, nella mera speranza di veder giungere qualcuno in loro soccorso.
Quel che le riuscì di vedere, invece, fu neve, neve e ancora neve.

La tempesta non aveva smesso di scaricare quel biancore soffice e freddo per tutta la notte e, dinanzi alla tenda, ormai ce n’era almeno un piede e mezzo.

Anche volendo, non ce l'avrebbe mai fatta a trascinare Winter in mezzo a quell'inferno bianco per le miglia che li separavano da Wales, senza vedere a un palmo dal naso e senza nessuno ad aiutarla.

Inoltre, il freddo l’avrebbe portato ben presto all'ipotermia; stava ancora riversando i suoi poteri residui su di lei, e questo era solo un danno, per l’uomo.

Sapeva benissimo che avrebbe battuto i denti e imprecato contro i geloni ai piedi, se lui non le avesse imposto quell'incantesimo, ma questo non la esentava dall'essere incavolata a morte con Win.

Non voleva che si sacrificasse così per lei, non l'aveva mai voluto.

L'unica cosa che al momento poteva fare era tenerlo accanto a sé, sperando che almeno un po' del suo calore corporeo lo raggiungesse permettendogli di rimanere in vita e, nel frattempo, sperare che Erin riuscisse nel suo intento.

Non voleva neppure pensare a quello che avrebbe potuto succedere, se non fosse riuscita a mettersi in contatto con Malcolm.

Di quel passo, senza un intervento divino – era proprio il caso di dirlo – i soccorsi sarebbero partiti in tremendo ritardo, e di loro non avrebbero trovato che ghiaccioli.

Se mai li avessero trovati.

Inoltre, rimaneva ancora aperta la questione inseguitori.

In quelle ore concitate, non aveva chiesto ad Erin di controllare se qualcun altro li stesse seguendo, ma la faccenda era solo rimasta in sospeso.

Non era per nulla scontato che i loro problemi fossero solo quelli che aveva innanzi.

Tutto poteva andare a rotoli da un momento all'altro.

E lei non era in grado di difendere se stessa e Winter come, invece, avrebbe fatto lui.

«Ti prego, Erin... dimmi che...»

Una lieve brezza ghiacciata si incuneò all'interno della tenda e, dinanzi agli occhi speranzosi di Kim, Erin si materializzò in pochi attimi.

“Dirti che cosa, Kim?”

«Sei riuscita a parlare con Malcolm?» le domandò immediatamente lei, sorridendole speranzosa. Ormai aveva imparato a non fare più caso alle sue entrate improvvise.

Cosa poteva fare, la necessità!

“Sì, e farà in modo di...”

Interrompendosi di colpo, Erin si fece seria in viso mentre Kim, irrigidendosi non meno della fata, esalò sconvolta: «Dimmi che sono i soccorsi, ti scongiuro.»

“Stanno arrivando dalla parte sbagliata” sentenziò Erin, torva in viso.

“Non uscire per nessun motivo. Cercherò di tenerli a bada finché non arriveranno i nostri.”

«Cos'hai intenzione di fare, Erin?» mormorò ansiosa Kim, afferrandole una mano di ghiaccio cristallizzato.

La fata le sorrise, asserendo tranquilla: “Non può capitarmi nulla, Kimberly, non aver paura. Quel che portano quegli uomini non mi può nuocere, mentre a voi sì. Vi proteggerò finché ve ne sarà bisogno.”

«Stai attenta in ogni caso» si premurò di dirle lei, sdraiandosi poi a terra e ponendosi dinanzi a Winter per proteggerlo col suo corpo.

Dopo un ultimo sguardo ai due, Erin uscì dalla tenda e, raccogliendo attorno a sé i cristalli di ghiaccio della nebbia che galleggiava sullo Stretto, aumentò a dismisura le sue dimensioni.

Non poteva fare di più, come fata della bruma, ma quello l’avrebbe fatto eccome.

Una volta fatto ciò, fissò astiosa i mezzi che stavano giungendo da est e, a gran voce, ululò: “Non avanzerete oltre! Non ve lo consentirò!”

Non poteva usare il ghiaccio e l'acqua come Winter, ma anche lei conosceva qualche trucchetto.

 
≈≈≈

Sbandando di colpo quando una folata improvvisa giunse dal bel mezzo della tempesta, Boris bloccò il mezzo e strabuzzò  gli occhi, sconcertato.

Dinanzi al suo gruppo, in spregio a qualsiasi legge della fisica, vide ammassarsi una coltre di cristalli di ghiaccio sempre più fitta, sempre più spessa.

E sempre più simile ad una figura umana... gigantesca.

Non aveva la più pallida idea di cosa fosse ma, di certo, non si sarebbe fatto spaventare da qualche fiocco di neve troppo cresciuto.

Ormai aveva raggiunto i membri fuggitivi della stazione americana perciò, anche a costo di lottare contro la tempesta stessa, lui li avrebbe fatti fuori.

Sperava soltanto che i suoi compagni avessero fatto lo stesso con gli altri, ma di quello non poteva interessarsi in quel momento.

Quella maledetta tempesta aveva mandato all’aria qualsiasi possibilità di comunicare, così aveva potuto solo sperare che il resto dei suoi avesse avuto fortuna.

Ci sarebbe stato tempo per ogni cosa, a partire dalla ricerca del fratello e dei suoi uomini.

Non li avevano ancora incrociati, e questo poteva voler dire tutto e niente.

La sua missione comunque, al momento, era oltrepassare quello sbarramento di nebbia ghiacciata e ammazzare quegli americani ficcanaso.

«Capo... ma che diavolo è quella cosa?!» esclamò l'uomo al suo fianco, pallido come un morto.

«Nebbia, idiota. Cosa vuoi che sia?» ringhiò Boris, accelerando.

Ci si sarebbe buttato in mezzo come se nulla fosse, e avrebbe spinto il suo mezzo proprio sopra la tenda che si intravedeva oltre quello sbarramento di cristalli di ghiaccio.

Un bel filetto di sogliola. Ecco cosa li avrebbe fatti diventare.

Quel che non si aspettava di certo, però, fu di sentir scivolare il mezzo come se fosse finito sul ghiaccio vivo, e non sulla neve secca e compatta che aveva calpestato fino a quel momento.

Nonostante i cingoli, l'automezzo iniziò a sbandare violentemente, finendo in testacoda proprio mentre, dietro di loro, il secondo autoarticolato procedeva a pochi metri di distanza.

L'impatto fu violento quanto imprevisto.

Il parabrezza esplose a causa dell'urto con i roll-bar del mezzo guidato da suo cugino Vladimir, e una miriade di frammenti di vetro crollarono loro addosso come pioggia.

Mentre Boris imprecava a gran voce nel vano tentativo di riprendere il controllo del veicolo, una brina gelida li avvolse tutti, facendoli quasi svenire per lo shock termico.

Erin non stava affatto risparmiando le forze.

Continuò a far mulinare la bruma per non permettere agli uomini di riprendere il controllo dei mezzi e, nel contempo, abbassò via via la temperatura dei suoi cristalli di ghiaccio per portarli al limite della sopportazione umana.

Avrebbe voluto fare molto di più, avrebbe voluto aprire un varco nel ghiaccio e farli sprofondare negli abissi, ma questo non rientrava nei suoi poteri.

“Non vi permetterò di avvicinarvi!” urlò ancora, continuando a muovere i due mezzi con le sue enormi mani ghiacciate.

Boris, all'interno dell'abitacolo, non prestò ascolto al tuono che rimbombò sulla distesa di ghiaccio e, lasciato il volante perché ormai del tutto inutile, afferrò il fucile di precisione e ringhiò: «Non sai con chi hai a che fare, tempesta!»

«Cosa vuoi fare?!» gli urlò il collega, ghermendo il volante ormai sguarnito, pur senza ottenere risultati soddisfacenti.

Sistematosi il fucile di precisione contro la spalla, Boris socchiuse un occhio e prese la mira.

«Faccio quello per cui sono venuto qui.»

Mentre il veicolo continuava a scivolare senza freni sul ghiaccio, sospinto dal turbine di ghiaccio che li teneva bloccati a poche centinaia di iarde dal loro obiettivo, Boris attese il momento più opportuno e, alla fine, fece fuoco.

Un tuono nella tempesta, ed il proiettile perforò il telo della tenda.

Soddisfatto, Boris attese che il mezzo compisse un altro giro per poter avere nuovamente la possibilità di fare fuoco.

A sorpresa, però, il turbine si bloccò di colpo, il veicolo si fermò con un sobbalzo e, tutt'intorno a loro, il gelo si fece sempre più pressante.

Le mani, pur inguantate, iniziarono a tremare.

L’AK-47 crollò a terra sul pavimento del veicolo e Boris iniziò a percepire il freddo polare penetrargli nelle ossa, nelle carni intirizzite, nei bulbi oculari sgranati e terrorizzati.

Il metallo si ricoprì di brina sempre più spessa, mentre una nebbiolina iridescente si materializzò dinanzi a lui fino a prendere le sembianze di una donna.

Donna che, accigliata come una furia, strinse la sua mano di cristallo ghiacciato attorno al suo collo e, muovendo la bocca senza emettere alcun suono, iniziò a stringere con sempre maggiore forza.

Il rombo sempre più forte di diversi veicoli a motore, però, portò la donna di ghiaccio a bloccarsi.

Con un movimento flessuoso e simile a un'onda marina, fluttuò via dopo un ultimo sguardo iroso rivolto a Boris.

Aveva ben altro a cui pensare, in quel momento, che non a quel pazzo scellerato.

“Spero non sia successo nulla” mormorò tra sé, accorrendo in direzione della tenda mentre, in lontananza, diversi mezzi terrestri stavano giungendo in aiuto dei due scienziati.

Avrebbero pensato a tutto loro, si rassicurò Erin, svanendo in una nuvoletta scintillante.

Lei, per il momento, non poteva fare più nulla.

 
 
 
________________________________
1 Picachu: personaggio dei Pokemon (cartone animato giapponese)

N.d.A.: Se qualcuno si chiedesse come mai Autumn non è intervenuto, nonostante sapesse del pericolo corso dal fratello, posso solo dirvi che qualcosa l'ha fatto. Non è così evidente, ma l'ha fatto. Non avrebbe mai aiutato direttamente il fratello. ^_^
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Mary P_Stark