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Autore: vivix    08/01/2014    2 recensioni
Non avendo ancora deciso quale sarà il titolo della storia, per ora ho inserito quello del film a cui si ispira. Ci troviamo a Kingsbridge, dopo il primo attacco di William, Tom è morto, Jack è diventato un monaco ma Aliena ha ancora la sua fiornete attività e non si è sposata con Alfred. In questo contesto arriverà una forestiera che attirerà l'attenzione dei cittadini, in particolare di Richard...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vendetta
 
-Perché diavolo mi hai fermato?!-
Erano da soli, a casa, nella stanza di Richard, dove finalmente Beatrice poteva dar sfogo alla frustrazione.
-Te l’ho detto. Chiunque avrebbe potuto vederti!-
Gli stava urlando contro da quando avevano messo piede nella dimora e quella era l’ennesima volta che gli rivolgeva la stessa domanda. Il Guerriero aveva cercato di mantenere la calma, ma a quel punto gridava anche lui.
-Invece, non mi stava guardando proprio nessuno!A quest’ora l’avrei ammazzato!- si premette i pugni chiusi contro le tempie, strizzando gli occhi per impedire alle lacrime di scendere. –Tu non capisci. Lui ha ucciso Lorenzo!-
-Dannazione, Bea!Non comportarti come se fossi l’unica a volere morto quel figlio di puttana!-
Sbatté un pugno contro la parete dietro di lei e la sentì tremare. –Ah, certo. Scusami, dimenticavo che lui è quello che ha osato rubarti il tuo bel titolo. Bella stronzata!-
-Cosa credi, che sia solo per quello?Per colpa sua mio padre è stato decapitato!Il suo dannato scagnozzo mi ha tagliato via mezzo orecchio e ha stuprato te e Aliena!Credi che sia niente tutto questo?Pensi che sei l’unica a detestarlo?!Anche io avrei voluto toglierlo di mezzo, ma non potevamo!- urlò, la faccia rossa e una vena che pulsava al lato del collo. Si fermò per riprendere fiato, aveva l’affanno come se avesse corso per un chilometro.
Ma lei aveva smesso di ascoltare quando aveva pronunciato il nome della sorella. Ed ora era lì, a fissarlo imbambolata, cercando di capire se poteva essersi sbagliata, se aveva capito male.
-Lui- sussurrò –ha violentato Aliena?-
Il ragazzo chiuse gli occhi, come attraversato da uno straziante dolore. –Sì.- rispose senza fiato.
Beatrice boccheggiò. –Io… non ne avevo idea.- improvvisamente tutto il furore che l’aveva animata fino a un attimo prima, sembrò sparire.
Anche il moro si appoggiò al muro. Pareva stremato, come se potesse cadere da un momento all’altro. –E non avresti dovuto saperlo. Nessuno lo sa.-
Istintivamente, gli sfiorò una mano. –Mi dispiace, scusami.-
L’armigero sollevò le palpebre e un angolo della bocca, in un’espressione amara e infinitamente triste. –Dovresti dispiacerti solo per te…-
Lo guardò interdetta, cercando di capire perché avesse detto così. Poi ricordò ciò che aveva urlato “ha stuprato te e Aliena” e un lampo le illuminò lo sguardo. –Ma lui non mi ha mai toccato. Cioè, voleva, ma si è fermato.-
Il soldato scosse la testa. –Non c’è bisogno che tu menta…-
-E’ la verità. Davvero.-
La guardò dubbioso, ma qualcosa nei suoi occhi dovette convincerlo perché la sua espressione divenne incredula. –Ma io credevo… sei piena di lividi…- le sfiorò un punto del collo. Aliena l’aveva riempita di trucco per evitare che gli ultimi segni scuri si vedessero, ma per chi sapeva dove cercare, non era difficile individuarli.
Scosse piano la testa. –Mi faceva combattere. Con le spade, con le mani…-
Richard l’abbracciò talmente forte, che quasi non riusciva a respirare.
-Oh, grazie a Dio. Ero talmente preoccupato, terrorizzato… soprattutto dopo che ti avevo baciata. Aliena diceva che sicuramente ti era venuto in mente quando lui…- la voce gli si spense e affondò il viso nell’incavo del suo collo.
Bea gli si aggrappò sulla tunica costosa che indossava quel giorno, mentre le lacrime le solcavano le guance. –Ma avrei preferito che lo facesse, se questo avesse significato salvare Lorenzo.- sussurrò.
Il marito rafforzò la stretta.
 
***
Richard si stropicciò gli occhi ed emise un sospiro stanco: erano ore che cavalcava, ormai. Era stato con Beatrice finché non si era ripresa, poi aveva fatto l’ultima cosa che avrebbe dovuto fare un marito poche ore dopo le nozze: aveva mentito. Le aveva detto di dover discutere delle questioni importanti con il re sulla gestione della contea di Shiring, così si era cambiato ed aveva spinto il cavallo ad un trotto sfrenato. Ovviamente, non c’era niente di cui discutere con Stefano, la verità era un’altra. Come aveva detto alla ragazza, anche lui odiava profondamente William Hamleigh, erano anni che voleva ucciderlo, ma fino ad allora non si era mai presentato il momento giusto. In realtà nemmeno quello era il momento giusto, anzi. Non vedeva il rosso da quando era sparito tra la folla, dietro il re, e da quell’istante erano passate ore, non aveva nessuna possibilità di ritrovarlo. Eppure, quando aveva sentito Bea pronunciare quella frase “avrei preferito che lo facesse, se questo avesse significato salvare Lorenzo”, aveva capito che non poteva permettere che quell’uomo continuasse a far del male a persone innocenti e che il momento giusto non sarebbe mai arrivato se lui non avesse fatto qualcosa per crearlo. Così, era partito in groppa al suo stallone. Non verso Shiring, dubitava fortemente che l’ex conte fosse così stupido da farsi trovare dai contadini che aveva massacrato di tasse e di lavoro fino a poche settimane prima, perciò si era diretto verso la città più vicina. Aveva vagabondato per le strade, chiesto di lui, ma era stato un buco nell’acqua. Era stato uno stupido a partire, così, senza un piano. Dopo averci riflettuto a lungo, e anche se gli costava tantissimo, decise che era inutile continuare in quel modo e tornò indietro. Lungo la strada incontrò numerosi villaggi e decise di fermarsi in un’osteria, del resto, era digiuno da quella mattina e ore si era fatta notte fonda. Scese da cavallo e legò le briglie intorno a un palo, poi spinse la porta di legno ed entrò, accogliendo con piacere il tepore che c’era all’interno. Anche se era molto tardi e si trattava di un villaggio con poche decine di case, la locanda era affollata. Per lo più i tavoli erano occupati da uomini che fumavano e bevevano birra, reggendo in mano delle carte o divertendosi ad altri giochi d’azzardo. Tra la nebbia provocata dal fumo si muovevano, sicure ed ancheggianti, cameriere prosperose e dall’aria disponibile che sembravano abituate alle grida, dovute ai litigi e all’alcool, ai fischi e agli apprezzamenti ben poco velati degli avventori. Andò verso il bancone e si lasciò cadere su uno sgabello alto; dopo qualche minuto, un omaccione, probabilmente il proprietario di quel posto, andò verso di lui. –Come posso aiutarti?- domandò, strofinando al contempo un bicchiere con uno straccio logoro.
Stava per rispondergli, quando l’altro lo precedette. –Se stai cercando una stanza, non ne abbiamo, sono tutte occupate.-
-No. Voglio solo qualcosa da mettere sotto i denti- ci pensò su un attimo –e magari una birra. Sì, anche una birra.- di solito non era il tipo che affogava i dispiaceri nell’alcool, ma forse quella volta poteva fare un’eccezione.
-I soldi li hai?-
Mise sul tavolo alcune monete. L’oste fece un grugnito d’assenso e le nascose sotto la tunica, scomparendo poi nella cucina. Dopo pochi secondi, l’uomo tornò con un piatto e un boccale. Glieli mise davanti.
-Ehi!- esclamò –Con questa non ci sfami nemmeno un bambino!- nel piatto c’era una striminzita fetta di carne dall’aria fredda e dura, con accanto due fette di pane nero.
-E’ tutto quello che c’è rimasto. Fattelo bastare.- fece brusco l’altro, prima d’allontanarsi.
Per i soldi che gli aveva dato, gli spettava molto di più che quella roba ridicola, ma ormai, lo sapeva, non li avrebbe riavuti indietro. Erano andati, tanto valeva accontentarsi. Come previsto, la carne era immangiabile, così come il pane stantio, ma aveva talmente tanta fame che non ci fece caso. Quand’ebbe finito si girò verso il locale, con un gomito appoggiato al bancone e sorseggiando la birra con l’altro braccio. I clienti giocavano, gridavano, si agitavano. Ad un tavolo iniziarono a prendersi a mazzate, tanto che dovette intervenire l’oste. –Picchiatevi fuori dalla mia locanda!- stava gridando, ma Richard non ci fece caso. La sua attenzione era stata attirata da un uomo con la chioma rossa che si era alzato e si stava dirigendo verso le scale che probabilmente portavano al piano di sopra. Spostò la testa, per vederlo meglio tra la folla, e quasi la birra gli andò di traverso. Che ci faceva William Hamleigh lì? Diede un’occhiata furtiva al padrone del posto, ancora impegnato con la zuffa, poi cercò di farsi largo tra la gente. Non poteva perdere un’occasione del genere! Spintonando, arrivò ai piedi delle scale. L’altro era già arrivato al piccolo corridoio, ma non si accorse di essere seguito.  Il conte lo vide armeggiare con la chiave ed entrare nella stanza. A quel punto uscì allo scoperto e riuscì ad infilarsi nella camera prima che la porta si richiudesse.
-Finalmente, eccoti qua. E’ tutto il giorno che ti cerco.-
William, girato verso la piccola finestra, fece un balzo e si voltò di scatto. –Richard?Che diavolo ci fai qui?-
Il ragazzo afferrò l’elsa e, con un suono stridulo, estrasse lentamente la lama. –Sono venuto per fartela pagare. Stamattina Bea non ha potuto ammazzarti, ma ora lo farò io.-
L’altro alzò le sopracciglia, apparentemente sicuro di sé. –Oh, suvvia. Ti giuro che non le ho fatto fare niente che non volesse. E, sulla mia parola, non me la sono sbattuta.-
Nella mente del Guerriero passò come un lampo l’immagine di quell’uomo odioso che muoveva i fianchi vicini a quelli di sua moglie. Strinse la spada così forte che le nocche sbiancarono. Non è successo, si disse, sta’ tranquillo.
-Non mi dire,- riprese il rosso –che sei ancora arrabbiato per quello che ho fatto a te e ad Aliena.-
Il soldato sentì i denti scricchiolare. –Pagherai per tutto ciò che hai fatto a me, Beatrice, Aliena e un mare di altre persone!-
L’ex conte sorrise, un sorriso finto. –Sono sicuro che non combatterai contro una persona indifesa.-
-Prendi la spada!- ruggì indicandola con la punta della propria daga –O giuro che ti ammazzerò comunque!-
William strinse gli occhi poi, fulmineo, estrasse l’arma e lo attaccò. L’armigero riuscì per un pelo a schivare il colpo, e quello successivo, e quello successivo ancora; ma era in difficoltà e presto si trovò ad indietreggiare.  Non voleva mettersi sulla difensiva, doveva essere lui ad attaccare! Lasciò scoperto un punto nella difesa e ne approfittò per assestargli un fendente. Il colpo andò a segno ma non quanto sperava: riuscì a prendere il braccio del rosso solo di striscio, mentre lui lo colpì profondamente alla coscia. Strinse i denti, mentre spostava il peso del corpo sull’altra gamba. In compenso almeno, era uscito da quella situazione di stallo ed ora paravano e attaccavano entrambi con la stessa frequenza. Dopo una lunga serie di colpi, l’ex conte iniziò a indietreggiare. Richard sentiva già la vittoria nelle mani; strinse di più l’elsa, ma a un tratto inciampò: l’avversario gli aveva scaraventato contro il basso tavolino ch’era nella stanza. Si ritrovò con la spada dell’altro alla gola. –Sbaglio,- lo schernì il rosso –o eri venuto per farmi fuori?A quanto pare, invece, sarò io ad ucciderti.- alzò in alto la lama, pronto per il colpo di grazia.
Ma il Guerriero ne approfittò e lo colpì al costato. Quello, per il dolore o la sorpresa, fece un passo indietro, tenendosi il fianco, ed il soldato ne approfittò per rimettersi in piedi e colpirlo di nuovo, questa volta, al braccio. L’uomo lasciò la lama mentre lui continuava a colpirlo, e colpirlo, e colpirlo.
Non avrebbe saputo dire quanti fendenti dopo si fermò.
Il nemico giaceva a terra, pieno di tagli, gli occhi spalancati e vitrei, col sangue che già formava una pozza sotto di lui. Lo aveva ammazzato.
Aveva ucciso un uomo.
Non era la prima volta che spezzava la vita di qualcuno, ma era la prima volta che non lo faceva durante una battaglia. Quella era un’infrazione della legge. Era diventato un criminale.
Un brivido di paura gli percorse la schiena mentre il panico s’insinuava in lui come un veleno. Cercando di mantenere la calma e reprimere paura e disgusto, con mani tremanti pulì la lama sulle lenzuola del piccolo letto e si guardò allo specchio. I vestiti erano schizzati di sangue e una macchia scura s’allargava all’altezza della coscia. Sempre più ansioso, rovistò fra le cose di William, cercando di non guardarne il cadavere, finché non trovò panni puliti. Si svestì, fece a striscioline la propria tunica e si bendò la ferita, poi indossò i vestiti di quello che, fino a pochi minuti prima, era il suo più acerrimo nemico. Si affacciò alla piccola finestra. Il suo cavallo era lì, dove l’aveva lasciato, poco distante da lui. Prese in considerazione l’idea di lanciarsi giù, ma in quel caso dubitava che sarebbe passato inosservato. Non gli restava altra scelta che riattraversare la sala colma di avventori. E se qualcuno avesse sentito i rumori del duello?Se avessero letto sulla sua faccia che era il colpevole? Deglutì con forza, cercando di regolarizzare il respiro, e cercò di farsi coraggio. Si tirò il cappuccio del mantello sul viso ed uscì dalla stanza con tutta la disinvoltura di cui era capace in quel momento. Con le budella contorte dolorosamente e le mani che gli tremavano, si diresse verso l’uscita, che sembrava non arrivare mai, mentre pareva che ogni persona si voltasse a guardarlo in modo accusatorio. Finalmente, uscì nell’aria gelida e partì al galoppo verso Kingsbridge.
 
***
 
 La luce del primo mattino le attraversò le palpebre, ferendole gli occhi e strappandola dagli ultimi brandelli di sogno. Guardò la stanza per un attimo. Era in camera di Richard, sdraiata su un fianco, voltata verso la finestra dalla quale proveniva il raggio che l’aveva disturbata. Doveva essere parecchio tardi a giudicare dall’angolazione del sole, ma non si mosse e; invece, abbassò di nuovo le palpebre.
Quando, il giorno prima, Richard l’aveva lasciata così, dicendo che aveva degli affari da sbrigare col re, era rimasta delusa  -anche se non l’avrebbe mai ammesso- ma era convinta che entro sera sarebbe tornato e invece… L’aveva aspettato sveglia per parecchio tempo, ma alla fine il sonno aveva preso il sopravvento.
Una delle cose che aveva temuto di più del matrimonio, era il sesso. Verso quell’aspetto –e in particolare verso la prima notte di nozze- provava sentimenti contrastanti. Sapeva che, nella concezione comune, nel concetto di “moglie” rientrava anche quello di “fare sesso” e, in realtà, c’era una parte di lei che voleva farlo. Ma, allo stesso tempo, non voleva che fosse considerato come un obbligo da assolvere solo perché sposati. Aveva atteso con timore e impazienza quella sera, non sapendo neanche lei esattamente cosa aspettarsi o come si sarebbe comportata ma, di certo, non si era immaginata di trascorrerla da sola. A quel punto, non sapeva neanche lei se sentirsi sollevata o delusa.
Scosse la testa, come per scacciare quei pensieri e, risoluta, si alzò dalla brandina. Si voltò per uscire dalla camera, ma sobbalzò per la sorpresa. Steso sul materasso, proprio affianco a dove un attimo prima c’era lei, si trovava Richard. Aveva il viso distrutto dalla stanchezza, solcato da profonde rughe. Non si era nemmeno levato i vestiti che indossava il giorno prima, tanto doveva essere stanco quand’era tornato.
Bea aggrottò le sopracciglia. Le era parso che il ragazzo fosse andato ad incontrare il re con abiti diversi da quelli, ma dopo un attimo scosse la testa. Sicuramente si stava confondendo, in fondo, anche quelli le risultavano familiari. Lo guardò ancora per un lungo istante con in testa una ridda di pensieri  -quando era tornato?non l’aveva neanche sentito mentre si adagiava accanto a lei… Che aveva fatto tutto quel tempo dal re?- combatté con l’impulso di svegliarlo e, alla fine, scese al piano di sotto.
Giù  tutto era buio e immobile: non sapeva se l’avevano fatto di proposito, ma la sera prima Aliena e Jack non erano rientrati. Pensò di spalancare le piccole finestre e fare colazione, ma in realtà non aveva fame per nulla, perciò decise di uscire a fare una cavalcata. Per le tortuose viuzze di Kingsbridge c’era un’insolita folla e in groppa al destriero, Beatrice camminava come una lumaca tra la folla. A quanto sembrava, quella mattina gli abitanti erano parecchio su di giri, correvano da una parte all’altra scambiandosi brevi battute, o si formavano capannelli di gente bisbigliante. Qualcuno batteva le mani e alzava le braccia al celo, qualcun altro proponeva di festeggiare con una bevuta. Ma festeggiare cosa, poi?Le arrivavano alle orecchie strascichi di conversazioni .
-E’ morto, è morto!-
-L’hanno trovato in una locanda.-
-Sì, a miglia da qui.-
-No, ma che dici. Era in un villaggio qui vicino.-
-Era pieno di ferite.-
-Gliele hanno suonate di santa ragione, eh?-
-Hanno fatto bene, si meritava tutto!-
-Chi è stato?-
-Nessuno lo sa. Magari si è suicidato.-
Incuriosita, decise di domandare ad una donna che correva a dare la notizia, di chi stessero parlando.
-William Hamleigh!E’ morto, è morto!-
Ci vollero alcuni secondi perché digerisse la notizia. William Hamleigh. Morto. Com’era possibile? Qualcosa si agitò nel suo animo,  un misto di gioia sfrenata, rabbia e delusione. Fece voltare il cavallo e lo spronò a tutta velocità verso la bottega, incurante se quasi travolgeva le persone. Arrivata al negozio scese dalla sella e si precipitò all’interno, su per le scale. Corse verso le ante della finestra e le spalancò, facendo riempire la stanza di luce biancastra. Sentì un mugolio alle sue spalle, segno che aveva disturbato il sonno di Richard. Si voltò verso di lui. Il ragazzo aveva una mano sugli occhi strizzati e non pareva per niente contento d’essere stato svegliato.
-Che diavolo succede?- socchiuse un occhio –Bea, chiudi quella finestra.-
Lei l’ignorò e gli si avvicinò, scuotendolo per una spalla. –Alzati, Richard!-
Il Guerriero si mise a sedere. –E’ successo qualcosa?- adesso pareva ansioso e perfettamente vigile.
-William è morto!-
-Ah.- la fissò per un istante, sbattendo le palpebre. –Come fai a saperlo?-
-Ho sentito la gente che ne parlava. Tutto il villaggio lo sa!Dicono che è stato trovato in una locanda, non molto lontano da qui, e che era conciato male. Chi può essere stato?-
Il soldato si tirò indietro, attaccandosi alla parete come se l’avesse minacciato con un pugnale. –Non ne ho la minima idea. E poi, che importa?-
Beatrice non credeva alle sue orecchie. –Come, che importa?!Ha ucciso l’assassino di Lorenzo, l’uomo che volevo eliminare io!- si alzò di scatto dal letto e si affacciò alla finestra, stringendo il davanzale con le mani. –Come diavolo si è permesso?!-
Ci fu un attimo di silenzio, poi:-Ti ha fatto un piacere, no?Se fossi stata scoperta, saresti finita al cappio.-
L’italiana strinse di più il parapetto di legno, fino a far diventare bianche le nocche. –Non mi importavano le conseguenze, volevo vendicarmi!-
S’immaginò la fronte aggrottata dell’altro mentre diceva:-Pensavo lo volessi morto per tutto ciò che ha fatto.-
-Infatti è così.- s’interruppe a lungo, cercando di fare ordine tra i propri sentimenti. Alla fine riprese, con le sopracciglia corrugate per lo sforzo:-Sono felice che sia morto… ma volevo essere io conficcargli la spada nel petto.- confessò con un filo di voce.
Dopo alcuni istanti, l’armigero disse:-Vieni qui.-
Lentamente, Bea si voltò e si sedette sul letto. Il moro le strinse la vita con un braccio e lei gli si accoccolò al fianco, sorprendendosi per prima del proprio gesto. Il ragazzo la strinse.
-Credimi, è meglio così. Questo… tizio, chiunque egli sia, ti ha evitato di commettere un omicidio. Non te lo saresti più levato dalla testa, ti avrebbe perseguitata per sempre e saresti finita all’Inferno perché uccidere a sangue freddo è peccato.-
Gli strinse delicatamente la camicia con una mano e, nonostante tutto, un angolo della bocca le si sollevò. –Credi al Paradiso e all’Inferno?-
Richard alzò lo sguardo verso il soffitto. –Non lo so.- ammise –A volte mi sembra di crederci, altre volte mi pare l’idiozia più colossale del mondo. Ma una cosa è sicura.- abbassò gli occhi su di lei –Non permetterei mai che tu fossi dannata.-
La mano che teneva la tunica si strinse e sentì le guance arrossarsi, questa volta però, non per la rabbia. –Non farlo.-
La fissò perplesso. –Cosa?-
-Non fare finta che t’importi di me chissà quanto.-
Il conte spalancò gli occhi. –Ma è così…-
-E allora- lo interruppe –perché ieri mi hai mollata qui per mezza giornata?Dovevi discutere proprio ieri col re?- lei stessa era stupita di quelle parole: era la prima a pretendere i propri spazi, perché lo aggrediva a quel modo?
-Ti giuro che se non fosse stata una questione della massima importanza, non sarei andato.-
Scosse la testa. –Scusami, non ho nessun diritto di farti la predica; è solo che da quando Lore non c’è più..- Da quando non c’è più ho paura che scompaiano tutti, avrebbe voluto dire, ma il suo orgoglio le strozzò le parole in gola.
Forse però, il soldato capì, perché la stinse forte e lei gli affondò il viso nell’incavo del collo. Sentiva con nitida chiarezza la mano del ragazzo che si muoveva lentamente su e giù lungo la schiena, più e più volte. A un tratto, si fermò dietro la nuca e girò appena il viso verso di lei. Le poggiò le labbra sulle tempie per un attimo, poi sullo zigomo, sulla guancia. Come mossa da un filo invisibile, a poco a poco anche Beatrice girò la faccia, finché le loro labbra non si incontrarono per un istante. Quando si staccarono, si spostò piano verso le labbra di lui, che s’incastrarono con le sue come fossero tessere di un mosaico. L’armigero era delicato; le baciava la bocca, gli occhi, la fronte, il mento; le mani le accarezzavano la schiena, indugiavano sulla nuca, s’intrecciavano ai capelli. Come mosso da volontà propria, il corpo della ragazza si fece più vicino a quello caldo di lui, gli agganciò le dita al collo, poi le fece scorrere tra le ciocche morbide e un po’ lunghe dei suoi capelli. Il moro guidò il corpo della moglie sul letto, finché non le fu sopra. Spostò le labbra sul lato del collo, mentre sentiva il respiro dell’italiana diventare più affannoso. Le mordicchiò il lobo mentre le mani correvano lungo il corpo sottile, indugiando ora sui fianchi, sulle cosce o sul petto. Beatrice sentiva il suo respiro veloce, ma era come se appartenesse a qualcun altro, in quel momento riusciva a percepire solo il corpo caldo del marito sul suo, e voleva che fosse più vicino, più vicino. Ora lo stringeva a sé, ora faceva scorrere le mani lungo il suo torace. Non avrebbe saputo dire come, a un tratto, il ragazzo era senza camicia e adesso, quando lo sfiorava, le correvano scariche elettriche lungo le dita. Sentiva la sua pelle morbida e sotto, lo strato duro dei muscoli che si contraevano al passaggio delle sue mani. Quando volò via anche la sua tunica, ricordò per un attimo la notte in cui William l’aveva aggredita, ma scacciò via quel pensiero: era completamente diverso. Le mani del moro erano calde e delicate sulla sua pancia, sul seno, ma, soprattutto, a differenza di quella volta, lei desiderava quel contatto; anzi, voleva che diventasse più forte e profondo. L’altro la guardò, interrogativo e un po’ preoccupato: l’aveva sentita irrigidirsi sotto di lui. Bea scosse la testa e lo strinse più forte, sentiva il corpo di lui attaccato al proprio ma sembrava non bastare mai. Percepiva con dolorosa consapevolezza le mani di Richard che indugiavano lungo il bordo dei pantaloni, che li slacciavano e li tiravano giù lentamente. La guardava esitante, chiedendole un tacito permesso. Lei non si mosse e le braghe finirono a terra. Quando anche gli ultimi strati di vestiti, furono eliminati, ormai avevano entrambi il fiatone e dalle loro bocche uscivano piccoli gemiti. Poi, finalmente, lo spazio che li divideva si azzerò totalmente.
 
Era ancora nuda, appoggiata al corpo di lui, con la testa sulla sua spalla. Teneva gli occhi chiusi e con i polpastrelli disegnava piccoli cerchi alla base del suo collo. Se ripensava a ciò che era successo, restava senza parole. Fino alla sera prima temeva la prima notte di nozze, e adesso si domandava per quale assurda ragione. Ciò che era successo… era giusto, era bello, era stupendo. Il suo corpo aveva agito per lei, zittendo, finalmente, le preoccupazioni che venivano dal cervello.
-Ehi.-
La voce sommessa di Richard le fece aprire gli occhi. Aveva i capelli arruffati ed era illuminato dalla luce del sole morente. Le si strinse lo stomaco.
-Sei sveglia?-
Sorrise appena. –Sei tu quello che si è addormentato.-
Un lampo d’allarme attraversò il viso del Guerriero e lo sentì irrigidirsi sotto di lei. –Non preoccuparti.- lo tranquillizzò –Non fa niente. Anche Lorenzo, mi raccontava che si addormentava sempre dopo.-
Lo sentì rilassarsi. –Forse è una caratteristica degli uomini.-
-Forse.- acconsentì, mentre con la mano scendeva lungo il petto. –Come ti sei ferito la gamba?- domandò indicando la coscia fasciata. –Mi era parso di sentirti lamentare, ma credevo che fosse la mia immaginazione.-
Il soldato, sotto di lei, si era contratto di nuovo. –Oh, è una… una vecchia ferita di quando abbiamo conquistato il castello.-
-Pensavo che non aveste combattuto.-
-Infatti. Mi è caduta addosso una cosa, ma niente di che.-
-La ferita deve essersi riaperta però: la fasciatura è macchiata di sangue. Ti aiuto a cambiarla.- iniziò a muoversi per alzarsi, ma il moro la trattenne.
-No. Stai qui.- la pregò.
-Ma le bende…-
-Non fa niente; sto bene. Stai qui.- ripeté e questa volta Bea si lasciò trascinare di nuovo sul letto. Gli si appoggiò di nuovo e chiuse gli occhi, concentrandosi sul pensiero che la stava tormentando prima che l’armigero si svegliasse.
Calò il silenzio e dopo alcuni minuti il Guerriero la chiamò. –Bea?-
Alzò gli occhi e lui li agganciò ai suoi. –Ti amo.- le confessò con la voce tremante.
Sentì una fitta allo stomaco e abbassò gli occhi. Cercò di trasformare in parole il pensiero sul quale si stava trastullando. Infine, sussurrò:-Ti amo.-
 
 

 
FINE

 

Spazio autore
Ed ecco l'ultimissimo capitolo, siamo arrivati alla fine di questo viaggio tormentato xD
Ringrazio tutti per il vostro supporto, lettori silenziosi, ma soprattutto quelli "parlanti".
Vi faccio un'ultima richiesta (direte, ancora un'altra?Ebbene sì, ci vuole pazienza con me XD ) mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, non solo del cappy, ma di tutta la storia in generale. Grazie in anticipo a tutti coloro che mi accontenteranno =)
Un bacio a tutti,
Vivix =)
  
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