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Autore: Jane Ale    09/01/2014    4 recensioni
[Prima storia della serie "Il ciclo di Caterina", ma può essere letta indipendentemente dalle altre storie.]
Caterina e Alessandro sono migliori amici, eppure non riescono ad andare d'accordo per più di qualche minuto. Ma poi Caterina capisce di essere innamorata di Alessandro e tutto si complica. Perché lui è stronzo, ma non ne è consapevole; lei, invece, è isterica, ma non sa come smettere.
Il solito vecchio cliché? Probabilmente (no).
Dalla storia:
-L'avevo capito. Di piacerti, intendo.-
Annuii. -Era piuttosto evidente.-
Si passò le mani sul viso, poi mi fissò di nuovo. -Cate, io mi sento molto attratto da te, non posso negarlo..-
A quelle parole avvampai, ma cercai di restare distaccata. -Ma?- gli chiesi.
-Ma al tempo stesso non riesco a provare quei sentimenti che vorrei. Ti voglio un mondo di bene, ma..-
Ma non sei innamorato di me, conlusi per lui nella mia mente.
Raccolsi tutto il coraggio che avevo e sorrisi. -Non preoccuparti, Ale, non importa. Non è successo niente.-
-Cate, ascoltami.-
-No, va bene così, nessuno si è fatto male.- Sorrisi ancora.
-Tu sì.- disse con semplicità. Ed era vero, io mi ero fatta molto male, più di quello che credevo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il ciclo di Caterina'
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Capitolo 16
Ogni cosa è illuminata, o forse no






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Il fatto che non parlassi da una settimana con la mia migliore amica mi rendeva nervosa. E mi rendeva ancora più nervosa sapere di essere stata una stronza di prima categoria nei suoi confronti. Non che volessi ritirare ciò che avevo detto, in fondo pensavo davvero che Emanuele stesse facendo lo stronzo nei suoi confronti e che lei accettasse il tutto in silenzio, ma non avrei mai dovuto sputarle addosso tutto quel veleno. Soprattutto nella mia situazione. Infatti il mio rapporto con Alessandro era esattamente lo stesso da quando avevamo deciso di nascondere gli ultimi cambiamenti nella nostra amicizia, ovvero ci vedevamo di nascosto, ci appartavamo in ogni momento libero, esploravamo posti distanti chilometri dalla nostra città e, soprattutto, ci baciavamo. Tanto.
Nonostante questo piccolo particolare, però, agli occhi di tutti continuavamo ad essere Cate ed Ale, migliori amici da una vita che litigavano per ogni cavolata. Certo, non che fosse possibile litigare seriamente quando Ale mi lanciava occhiate maliziose che intendevano l'esatto opposto di quello che stava dicendo in quel momento. Al di là di tutto il teatrino che mettevamo in scena ogni giorno, credevo di essere relativamente felice, se non si teneva conto del fatto che non ero sicura di avere ancora una migliore amica.
Era giovedì quando entrai in classe e trovai i miei amici intenti a parlare tra di loro.
-Che c'è di nuovo?- chiesi distrattamente.
-Cate, non ti ricordi? Domani sera riaprirà il Run It, è più di un mese che ne parliamo!- mi rimproverò Isa incredula.
-Già, mi ero scordata.-
-Hai la testa tra le nuvole, biondina?-
E questa non era una provocazione bella e buona?
-No, assolutamente.- risposi cercando di sembrare dignitosa.
-E io che pensavo che ci fosse qualcosa che ti ditraesse..- continuò lui.
-Ti sei sbagliato, Alessandro.- dissi distogliendo lo sguardo per non arrossire alla mia bugia.
Come se non fosse conscio di quanto la sua presenza mi destabilizzasse. O, forse, lo era fin troppo e utilizzava il tutto a suo vantaggio per mettermi in imbarazzo. Sì, decisamente la seconda opzione.
-Allora? Verrai, giusto?- mi chiese Vittoria.
-Certo, non mi perderei mai una serata al Run It.- dissi con una lieve sfumatura ironica.
Il Run It era una sottospecie di locale alternativo, uno di quei pochi in posti in cui si potesse ascoltare musica rock e in cui si potessero avere bevute a basso prezzo. Il luogo perfetto per passare il venerdì sera con gli amici, se non fosse stato per il permanente puzzo di fumo e di sudore che albergava all'interno del locale da qualche anno (nonostante le varie chiusure a cui era stato obbligato per mancanza di licenze). Il mio habitat naturale, insomma!
-Smettila di fare la difficile.- mi liquidò Vittoria. -Domani sera Run It, nessuna obiezione. Giusto Roby?-
Ed eccolo lì il mio tasto dolente: potevo cercare di ignorarla quanto volevo, ma Roberta esisteva, mi mancava e faceva ancora parte del mio gruppo di amici. Sebbene tutti avessero notato il gelo tra di noi, nessuno aveva avuto il coraggio di tirare fuori l'argomento, motivo per cui tutto si svolgeva come se niente fosse.
-Oh certo.- rispose lei sbuffando e andando a sedersi al suo posto (che aveva accuratamente cambiato per non avermi vicina). Ebbene, tutto si svolgeva quasi come se niente fosse.

Venerdì sera, ore 23:17. Ero in ritardo, Alessandro era in ritardo, eravamo in ritardo e non era difficile immaginare il perché.
-Ok, Ale, adesso basta davvero.- dissi respirando a fatica e cercando di togliermelo di dosso.
-Altri cinque minuti, solo cinque. Nessuno brontolerà per cinque minuti in più.- mi pregò lui prima di tornare a baciare il mio collo.
-No, nessuno brontolerà per cinque minuti, ma venti sono abbastanza per scatenare una discussione. La prossima volta non proporre passaggi agli altri se hai intenzione di non rispettare l'impegno.- lo brontolai, ma la mia protesta svanì nel momento in cui una sua mano arpionò il mio fondoschiena con veemenza.
-Cinque minuti.- concessi.
Inutile dire che Emanuele, infuriato, chiamò Alessandro qualche secondo più tardi, chiedendo quale catastrofe si fosse presentata per non permettergli neppure di avvertire. Così fummo costretti ad interrompere il nostro impegno per passare a prendere Ema ed Isa, mentre Giovanni avrebbe dato un passaggio a Roberta e Vittoria.
Arrivammo al Run It alle 23:57, con ben ventisette minuti di ritardo rispetto all'ora stabilita con Giovanni e senza aver fornito una spiegazione soddisfacente ad Emanuele che si ostinava a tenere il muso ad Ale.
-Ema, è colpa mia.- dissi per placare la sua ira. -Non avevo visto l'ora, ero ancora in pigiama. Ale ha solo dovuto attendere che fossi pronta.-
-E non potevate avvertire?- chiese.
-Ehm..si, scusa, ci è proprio passato.- e non potei trattenermi dall'arrossire.
Emanuele mi fissò per qualche secondo, poi, imprevedibilmente sorrise sornione. -Vi perdono.- disse. Poi si avvicinò al mio orecchio: -Ma solo perché sono un vero amico e non interromperei quello che stavate facendo.- e mi strizzò l'occhio.
Scherzava, vero? Non poteva pensare che io ed Ale stessimo...beh, di certo qualcosa aveva capito, ma non volevo dargli nessuna conferma.
-Tu sei tutto scemo, Ema.- risposi vaga, ma senza guardarlo negli occhi. -Entriamo, va'!-
Come prevedibile, il Run It era pieno di gente, come era logico che fosse il giorno dell'ennesima apertura. Ci dirigemmo subito al bar per salutare colui che, dopo innumerevoli bevute, era diventato nostro amico.
-Tommy!- lo chiamai.
-Bionda! Che sorpresa, non mi aspettavo proprio di vederti qui stasera.- mi salutò ridacchiando.
-Non sei divertente.-
-Ma dai.. Ormai sei di casa. Allora, come va ragazzi?-
-Bene, ma potrebbe andare meglio se tu mi preparassi subito il tuo magnifico Invisibile.- disse Emanuele impaziente.
-Certo, fammi vedere lo scontrino.- gli disse Tommy.
-Stai scherzando?- quasi urlò imploante Ema. -Tom, non puoi farmi questo.-
Scoppiammo tutti a ridere. -Solo perché siete voi.- acconsentì Tommy prima di cominciare a preparare i cocktails da noi richiesti. Presi il mio Caipirinha e lo buttai giù velocemente, poi mi diressi verso il divanetto su cui si era seduta Roberta. Pregai che l'alcol provvedesse velocemente a rifornirmi di una buona dose di coraggio, poi le chiesi: -Roby, posso parlarti?-.
Mi guardò qualche secondo, poi annuì. Si alzò e ci dirigemmo verso l'uscita per poterci sentire meglio.
Presi fiato e poi parlai: -Mi dispiace, sono una stronza.- La vidi spalancare gli occhi per la sorpresa, ma continuai. -Non avrei dovuto dirti quelle cose. So che volevi mettermi in guardia e tutto, so che lo fai per il mio bene, ma mi sono sentita come una bambina che viene sgridata per ciò che fa, come se gli altri sapessero ciò che è univocamente giusto da fare. Nonostante questo, però, non dovevo neppure pensare ciò che ti ho detto e ti chiedo scusa.-
Avevo ingoiato tutto l'orgoglio che avevo per recuperare il rapporto con Roberta, perché lei valeva più di qualsiasi principio, regola o codice che il mio cervello aveva elaborato.
-Va bene, accetto le tue scuse.- mi disse.
-Tutto qui?- le chiesi. In fin dei conti avevo fatto un discorso fenomenale.
Lei scoppiò a ridere. -Certo che non cambi mai! Accetto le tue scuse, ti perdono e prometto che non ti giudicherò più per le tue scelte. Ognuno deve decidere cosa fare della propria vita e gli amici non giudicano. Quindi scusami anche tu.-
-Scuse accettate.- le dissi. -Posso abbracciarti?-
-Ovvio che no!-
Scoppiammo a ridere e tornammo dagli altri che ci aspettavano ad un tavolino. Fu subito chiaro che i rapporti tra me e Roby erano tornati quelli di una volta, così bevemmo un altro cocktail prima di correre a ballare tutti insieme.

Quando Ale si fermò sotto casa mia, non riuscivo a smettere di ridere. Era più di un'ora che ridevo senza un motivo: non potevo dare la colpa all'alcol, ma ero sicura che i due Gin Tonic dopo la Caipirinha avessero eseguito il loro lavoro. Tutti i miei neuroni buttati nella spazzatura.
-Allora, mi vuoi spiegare perché ridi?- mi chise Ale voltandosi verso di me.
-Perché sei bello.- gli dissi senza un motivo specifico.
-Quindi la mia bellezza ultramondana ti provoca un riso irrefrenabile?-
-Sì, quello che hai detto.- risposi cercando di placare le risate.
-Quindi ammetti di essere colpita dalla mia bellezza?- chiese, questa volta accennando un sorriso malizioso. Le mie risate cessarono di colpo. Non era più il momento di scherzare.
-Naaa.. Era una battuta.- lo provocai.
-Ah si? E allora perché ogni tanto ti trovo imbambolata a fissarmi?-
E in quel momento mi sentii come se un individuo fosse uscito improvvisamente dai sedili posteriori gridando "BUSTED!", con un cartellone luminoso tra le mani.
-Ma cosa dici? Io non ti fisso. Che presutuoso, guarda te che gente devo frequentare!- blaterai indignata evitando accuratamente di guardarlo. Quando mi voltai, però, lo trovai incredibilmente vicino.
-Che c'è?- mi chiese con quel suo solito sorriso.
-Stai invadendo il mio spazio vitale.- gli dissi cercando di essere convincente.
Rise. -Da quando hai uno spazio vitale? Non mi pareva che esistesse qualche ora fa, prima che Emanuele ci interrompesse..- e si avvicinò ancora.
-Beh, adesso c'è. Lo vedi? Devi allontanarti, devo respi..- ma non mi fu concesso di concludere la frase, perché la sua bocca era già sulla mia. E arrivederci allo spazio vitale, all'aria da respirare e all'imbarazzo. Ogni benedetta volta che ci baciavamo era la stessa storia: mi scioglievo tra le sue mani, sembravo una bambolina, smettevo quasi di pensare e le mie funzioni vitali continuavano ad operare per inerzia. Era disarmante, pensandoci bene: come potevo permettergli di vedermi così vulnerabile? Era estremamente pericoloso considerando la persona che avevo davanti. Ma non me ne fregava un bel niente. Almeno in quel momento.
E, per la cronaca, non mi importava nemmeno che la sua mano destra stesse lentamente oltrepassando la soglia dei miei slip. In realtà non mi ero nemmeno accorta che si era intrufolata al di sotto dei pantaloni, porca miseria! Ma, come ho già detto, quella sera non mi importava. Avevo paura, una fottutissima paura di abbandonarmi a lui, di dargli realmente fiducia, perché in un piccolo angolo della mia mente conservavo ancora il ricordo di tutte le sofferenze che Ale mi aveva inflitto nel tempo; il mio cervello, o quel che ne restava, però, eclissò quel piccolo angolo e decise che questa volta sarebbe andato tutto bene.
Per questo, ancora oggi, dubito fortemente del mio cervello.

Il mattino seguente mi svegliai per miracolo. Non so chi mi aiutò a dirigermi a scuola quel sabato mattina, ma alle sette e trenta, con ben mezz'ora di anticipo, mi trovavo di fronte a quel cavolo di edificio. Salii le scale con la velocità di un bradipo e mi avviai verso la mia classe. Sentii delle risate provenire dalla stanza e qualche urletto, che riconobbi essere di Roberta. Mi avvicinai lentamente e capii che Roby ed Ema erano arrivati a scuola in anticipo e stavano approfittando di quel tempo come avevamo fatto io ed Ale la sera precedente. Risi silenziosamente e feci per andare alla macchinette, quando un loro discorso attirò la mia attenzione.
-Ema, non me ne frega niente se mi giuri fedeltà, se oserai tradirmi quando sarete a Londra, giuro che ti taglierò le palle!- Sarete a Londra?
-
Roberta, te l'ho già spiegato: si tratta di un regalo di compleanno per Ale, così rivede la sua Lilian e torna ad essere rilassato e meno rompicoglioni di adesso. Quindi vedi di tranquillizarti, non ho intenzione di tradirti.- le disse lui. La sua Lilian?
-E non ti sembra scorretto nei confronti di Caterina? Odio non poterle dire niente, è pur sempre la mia migliore amica. Dovrebbe venire a saperlo, anche se Ale non vuole.-
-Ma ti sembra il caso? In fin dei conti quella tra Ale e Cate è solo un'amicizia degenerata, ecco. Lo sa anche lei che Ale ha perso la testa per Lilian da un po'.-
-No, Ema, ascolta, non so cosa ti ha raccontato Alessandro, ma le cose tra di loro si sono fatte serie.- disse Roby.
-Fino a ieri sera Ale mi ha garantito di essere single. Fidati, se avesse voluto annullare il viaggio, me lo avrebbe detto.-
Vuoto. Ecco tutto ciò che riuscivo a percepire. Credete che le grandi esplosioni della storia facciano rumore? Allora non avete mai sentito il boato silenzioso delle implosioni.
Mi accasciai a sedere sul pavimento. Un vortice di parole cominciò a ronzare nella mia testa: Ale.. Lilian.. Londra.. Roby sapeva tutto.. Ema.. Amicizia degenerata.. Single..
E poi collegai tutto.
-È più complicato perché tengo a te in modo particolare. Poi se Giovanni sapesse che con Ema..- si interruppe di colpo.
-Che con Ema cosa?- chiesi.
Sembrò un po' indeciso su cosa dire. -Che con Ema abbiamo sempre cercato di evitare le relazioni. Penserebbe che ti stia prendendo in giro.- mi disse. Avrei giurato che non fosse quello che voleva realmente dire, ma lasciai perdere.
Invece non avrei dovuto lasciar perdere, il mio istinto ci aveva visto bene.
-Caterina, dimmi che rimarremo per sempre noi, nonostante quello che potrebbe succedere.- mi pregò.
Ogni cosa è illuminata. Ebbene sì, Jonathan Safran Foer non avrebbe potuto trovare espressione migliore, perché in quel momento ogni cosa era davvero illuminata ed io avevo tutto chiaro.
Chiaro, prima che la mia mente si oscurasse e io vomitassi quel poco di colazione che ero riuscita a mangiare.






Note dell'autrice:

Salve a tutti! :)
Non so da dove cominciare. Chiedere scusa per l'enorme ritardo mi sembra riduttivo, quindi vi imploro...perdonatemi. Non ho perso l'ispirazione, non ho perso la voglia, ma la mancanza di tempo dovuta un po' allo studio, un po' ad altri problemi, non ha certamente aiutato. Quindi, scusate.

Come avevo preannunciato, i periodi "rose e fiori" hanno breve durata. Non importa che vi dica la rabbia che ho provato nello scrivere questo capitolo... Alessandro avrebbe potuto beccarsi qualche schiaffo se si fosse trovato al mio fianco!

Voglio ringraziare tutti coloro che hanno inserito "Frammenti" tra le seguite/ricordate/preferite, mi rendete veramente felice. *_* Un grazie enorme va anche a tutte le persone che hanno continuato ad aspettare, nonostante il mio ritardo.

Come sempre, se volete, potete lasciare una recensione per farmi sapere cosa ne pensate. Ne sarei molto felice.
Alla prossima!
Un bacione,
Jane
  
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