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Autore: Mikoru    12/01/2014    3 recensioni
Le storie narrano che in tempi di sventura, quando tutto sembra perduto, nasce sempre un eroe per riportare la speranza alla gente. Le storie sbagliano, poiché gli eroi non nascono, bensì vengono plasmati dagli eventi. E affinché ciò avvenga, devono prima essere designati e spinti lungo il giusto percorso.
Un grazie di cuore a Shainareth per il betaggio e l'incoraggiamento, e a chiunque di voi leggerà e (spero) apprezzerà questa storia.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Custode, Zevran Arainai
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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E rieccomi, dopo eoni. Questo capitolo ha avuto una gestazione travagliata; a parte il mio ovvio continuo non essere convinta, che mi ha portata a leggerlo e rileggerlo non so quante volte prima di decidermi a sottoporlo alla betatura, si sono messi in mezzo anche intoppi d'ogni genere, non ultimo il fatto che gli ultimi mesi sono stati davvero, davvero pessimi. La mia vita ha subito delle brusche derive e dedicarmi alla fanfiction era l'ultimo dei miei pensieri. Ora vi lascio alla lettura. Ci rivediamo dopo il capitolo! (che spero sarà di vostro gradimento)

Capitolo 07

Un Seme di Speranza

Seduta per terra, Luniel osservò Alistair parlare con il capitano di quelli che, con un certo fastidio, aveva ricordato essere Templari: ne aveva riconosciuto il simbolo, la spada circondata dalle sacre fiamme della loro profetessa. Ne aveva visti alcuni anche a Ostagar e se ne era tenuta alla larga. A differenza dei suoi sottoposti, comunque, quello shemlen sembrava una persona con cui poter ragionare. Non era così lontana da non udire cosa si stessero dicendo e aveva colto qualche stralcio di conversazione, per lo più le risposte di Alistair – «Sì, il lupo appartiene alla dalish. Lo so che è molto grosso, ma posso assicurare che non è un lupo del Flagello.» «No, non posso permettervi di portare via la maga. Come ho detto, è al servizio dei Custodi e ci sta aiutando.» «Cosa?! C'è una taglia sui Custodi Grigi?!» – tuttavia non ci prestava molta attenzione; si sentiva stanca, arrabbiata e debole per il sangue che continuava a colare, seppur meno intensamente, dalla ferita al braccio. L'aveva fasciata alla meno peggio, ma la benda si era impregnata in breve tempo e il dolore pulsante non aiutava. Sul ventre scoperto, poi, si erano formati alcuni graffi e lividi in seguito al calcio ricevuto dal prole oscura.

Luniel sbuffò, accarezzando Ascher che sonnecchiava accanto a lei. Ci mancava la taglia, come se non avessero già abbastanza problemi. Scosse il capo. Per lo meno quei templari non sembravano intenzionati a catturarli per riscuoterla; forse per loro la fama dei Custodi Grigi valeva più della diceria secondo cui erano stati proprio i Custodi a tradire Re Cailan conducendolo alla disfatta. Una menzogna che aveva reso Alistair furioso, soprattutto perché a diffonderla era stato il vero traditore, Loghain, il quale si era installato al potere come reggente per conto della figlia Anora.

«Con tutto quel trambusto non vi abbiamo ancora ringraziati.»

Luniel alzò la testa, incontrando gli occhi chiari e gentili di una shemlen dai corti capelli di un rosso acceso. Indossava una lunga veste a varie tinte di rosa, con decorazioni di soli dorati sul petto e sulle maniche; la mantellina, color ciliegia, aveva un'insenatura centrale sormontata da un ricamo dorato, a forma di arco cigliare, che rendeva il mezzo sole sottostante simile a un occhio. Una veste della Chiesa, realizzò l'elfa. Evviva...

«Se non fosse stato per voi» continuò la sconosciuta, «non ce la saremmo cavata così facilmente. Grazie a voi abbiamo subito pochissime perdite. È stato di certo il Creatore a mandarvi.»

Luniel alzò gli occhi al cielo. «Sono stati il caso e l'istinto da Custode di Alistair» ribatté, poco propensa ad ascoltare discorsi su improbabili interventi divini. Specialmente adesso.

«Ciò che voi chiamate “caso” è il volere del Creatore» insistette quella, quieta e imperterrita. «Egli ha guidato i vostri passi per farvi incrociare la nostra strada al momento opportuno.»

Oh, pietà!

Quando Luniel vide che Alistair aveva terminato di parlare con il Capitano templare, quasi esultò di gioia; almeno avrebbe potuto rifilare a lui quella fastidiosa sacerdotessa. Osservò impaziente l'avvicinarsi del giovane Custode, senza ascoltare ciò che l'umana dai capelli rossi continuava a blaterare a proposito di segni mandati dal Creatore.

Alistair le si fermò di fronte ed emise un sospiro, sfregandosi il dorso della mano sulla tempia per togliere il sangue che ne colava. «Bene, non dovremmo avere altri problemi. Ammesso che quella non decida di attaccare briga.» E lanciò un'occhiataccia in direzione di Morrigan, la quale se ne stava in disparte con fare sdegnoso, seduta contro un albero a diversi passi di distanza. Poi si voltò verso l'umana dai capelli rossi. «Ah! Ehm... salve. Chiedo scusa, sorella, non volevo ignorarvi. Davvero, io... non è che non mi fossi accorto di voi, solo che...» Si bloccò ed emise una risatina imbarazzata, portandosi una mano dietro la testa.

«Nessun problema» rispose l'altra, con un sorriso. «Ho sentito che siete Custodi Grigi. So che avete una missione e immagino che ripartirete per proseguirla, giusto?»

«Sì. Dopo avervi scortati fino a Lothering. Ser Bryant mi ha chiesto questo favore.»

Luniel sbuffò contrariata. Si domandò se la sorte, con la sua contorta ironia, avesse in previsione qualche altra bella notizia del genere.

La sorella sorrise ulteriormente e giunse le mani sul petto. «Ne sono lieta. Il mio nome è Leliana e, quando ripartirete per la vostra missione, io mi unirò a voi, secondo la volontà del Creatore.»

A quanto pareva, sì...

«P-prego?» balbettò poco intelligentemente Alistair.

Luniel si limitò a chiudere gli occhi, prendere un respiro profondo e riaprirli nella speranza che la shemlen invasata fosse sparita nel frattempo. Speranza ovviamente disillusa.

La giovane umana alzò lo sguardo puntandolo in quello di Alistair. «Dovete combattere la Prole Oscura, non è così? È quello che fanno i Custodi Grigi.» E stavolta spostò lo sguardo su di lei.

L'elfa sbuffò, a disagio. «Non guardate me. È lui il Custode Grigio. Non io.»

«Vi supplico, non ditelo!» Alistair le si mise ginocchioni davanti e la fissò con espressione affranta. «Non ditelo» la implorò di nuovo. «I Custodi Grigi del Ferelden sono morti tutti, siamo rimasti soltanto noi due.» Fece per prenderle una mano, ma lei la ritrasse. «Io... Anche io ho perso tutto, come voi. Per amore del Creatore, non tiratevi indietro proprio ora! Non abbandonatemi!»

Quello fu davvero un colpo basso. Se lo shemlen non avesse dimostrato più volte di essere troppo limpido per azioni del genere, Luniel avrebbe pensato che si trattasse di un gesto spietatamente calcolato per impietosirla. Perché, che Fen'Harel fosse dannato!, capiva esattamente come si sentiva Alistair. La dalish aveva dovuto lasciare il proprio clan e, seppur non fosse stato annientato, per lei era quasi come se lo fosse; se n'era andato e molto probabilmente non lo avrebbe rivisto mai più.

Rimase a fissare l'umano senza sapere come ribattere.

«A maggior ragione io devo venire con voi» insistette la donna, accovacciandosi alla loro altezza. «Dopo ciò che è successo a Ostagar, avrete certo bisogno di tutto l'aiuto possibile.»

Lui si girò un poco verso la sacerdotessa. «Be', non posso negare che necessitiamo di aiuto...»

Leliana annuì e aggiunse: «Per questo è volere del Creatore che io vi accompagni.»

«P-prego?» balbettò un'altra volta il giovane. Si sfregò di nuovo via il sangue.

«Oh, per favore» bofonchiò la dalish.

La sacerdotessa incurvò le labbra piene in un broncio triste. «I-io... so che potreste non credermi, ma ho fatto un sogno... Ho avuto una visione!»

Luniel inarcò lentamente un sopracciglio.

Alistair sbatté le palpebre un paio di volte, poi domandò: «Potete... spiegarvi meglio?»

Leliana abbassò gli occhi e si tormentò le mani. «L-lo so che... che potrebbe sembrare assolutamente folle... ma è vero!» Rialzò il viso, ora animato di fervore, gli occhi accesi da un'incrollabile convinzione. Ci credeva sul serio. «Guardate la gente qui» e con un gesto del braccio indicò le persone assiepate presso i carri e i soldati. «Sono tutti persi nella disperazione. E questa oscurità, questo caos... si diffonderanno. Il Creatore non desidera questo.» Spostò lo sguardo dall'uno all'altra. «Ciò che siete, ciò che siete destinati a fare, è l'opera del Creatore. Vi prego, lasciate che vi aiuti!»

Alistair esitò un paio di secondi prima di rivolgersi alla sacerdotessa. «Ehm, sentite... apprezzo tantissimo la vostra offerta, ma...» Tentennò ancora qualche istante, cercando le parole da dire. Non era un grande oratore, il ragazzo. «Ecco, è pericoloso, noi combattiamo contro i prole oscura e voi... be', siete una sorella e...»

«...e delle preghiere non ce ne facciamo niente» si espresse schiettamente Luniel.

Vi fu un attimo di silenzio, se si escludevano le voci sommesse dei profughi in sottofondo. Alistair si grattò il naso, impacciato. «Ehm... ecco...»

Leliana abbassò lo sguardo sull'elfa. «Posso combattere» replicò con calma. «E... anche fare altro. Non sono stata sempre una sorella. È una vita che avevo messo da parte, ma tornerò ad accoglierla con gioia, se questo è il volere del Creatore.»

«Ah... Dunque...» riprese ad annaspare Alistair. «Io, veramente... Accidenti!» sbottò, pulendosi per l'ennesima volta il sangue dall'occhio.

«Oh, quanto sono sciocca!» esclamò Leliana. «Voi siete feriti e io perdo tempo in chiacchiere. Fatemi dare un'occhiata.»

Il giovane la fermò con un gesto della mano. «È solo un graffio, controllate prima Luniel.»

«Certo!» annuì la sacerdotessa, e subito si allungò a disfarle il bendaggio sull'arto.

La dalish chiuse gli occhi e represse uno sbuffo; a causa di quell'ennesima premura da parte dell'altro Custode, l'ormai familiare miscuglio di contrarietà e compiacimento tornò a farsi sentire. E forse fu per quel motivo che, dopo lunghi istanti di battaglia interiore, Luniel scacciò le mani della donna col braccio ferito. Subito le sfuggì un gemito e sbottò con asprezza: «Statemi lontana, voi e il vostro dio.» Si portò la mano sullo squarcio scoperto, e la viscosità del sangue sotto le dita la infastidì e la nauseò.

«Luniel» la richiamò Alistair, a metà fra la preoccupazione e il rimprovero.

Avvertendo la tensione nell'aria, Ascher drizzò le orecchie e sollevò la testa, guardando i tre.

«Non è solo il mio dio» disse la sacerdotessa con aria ferita. «Il Creatore–»

«Di certo non è il mio» la interruppe Luniel.

Leliana scosse la testa. «Il Creatore ama tutti quanti» insistette.

La dalish fece per ribattere più duramente, ma intercettò lo sguardo accigliato di Alistair. E, incomprensibilmente, ingoiò ogni replica poco rispettosa circa il dio degli shemlen. Abbassò il capo, arrossendo d'indignazione per quel cedimento. Ascher le diede una musata, poi con uno sbadiglio si alzò; lo seguì con la coda dell'occhio mentre trotterellava verso Morrigan. La Strega lo degnò appena di un'occhiata e il lupo le sedette accanto, guardandola. Morrigan fece finta di non notarlo, ma dopo qualche momento le sfuggì un mezzo sorriso e alzò una mano a carezzargli il muso.

Traditore, pensò Luniel, sentendosi di colpo sull'orlo delle lacrime.

Udì la shemlen allontanarsi e chiamare qualcuno. Pochi attimi dopo, Leliana tornò in compagnia di una ragazza snella e formosa, dai lunghi capelli neri ondulati. La nuova arrivata indossava abiti pratici – tunica corta, pantaloni e stivali – e nessuna arma; i suoi occhi marrone chiaro si posarono alternativamente su Luniel e su Alistair. Poi, dopo un ultimo sguardo esitante ai due – pareva volesse dir loro qualcosa, ma ne fosse intimidita – la ragazza, che portava una scodella d'acqua e delle bende, si rivolse alla shemlen dai capelli rossi, munita del medesimo armamentario di cura. «Cosa devo fare?»

Leliana s'inginocchiò accanto ad Alistair e iniziò a ripulirgli il taglio sulla tempia, poi le indicò l'elfa con un cenno del capo e un'espressione quasi complice. «Ha una brutta ferita al braccio destro» rispose. L'inflessione della voce sembrava celare un messaggio sottinteso.

La ragazza annuì e si accovacciò di fronte alla dalish.

«È solo un graffio» borbottò Luniel, cercando di sottrarsi, ma l'altra non si lasciò smontare.

Le prese il braccio con gentile fermezza. «Un graffio, eh?» Lo disse con il tono di chi sentiva spesso quella scusa di fronte ad uno squarcio profondo e sanguinante. Studiò la ferita ancora per qualche momento, poi si guardò intorno con attenzione; infine, dopo essersi posizionata in modo da nascondere alla vista il braccio dell'elfa con il proprio corpo, portò il palmo della mano destra poco sopra la lesione. Ne scaturì una lieve luminosità azzurra e una piacevole sensazione di calore si sprigionò sulla pelle sottostante.

Luniel guardò stupita la ragazza. Quest'ultima le rivolse uno sguardo quasi impacciato. «Non è un problema per voi, vero? Il fatto che sono una maga...» E nel dirlo lanciò una rapida occhiata in direzione di Morrigan.

«No» le rispose laconica. Non era certo il fatto che fosse una maga, il problema; lo era il fatto che fosse una shemlen. Tuttavia tacque.

Leliana diede in un discreto colpo di tosse e la sconosciuta cessò subito l'incantesimo, fingendo di esaminare la ferita. Luniel alzò lo sguardo e vide che un templare stava passando nei pressi, lanciando occhiate sospettose alla Strega delle Selve.

«Ah» commentò semplicemente l'elfa.

«Siete un'apostata!» sussurrò Alistair, in tono a metà fra la sorpresa e l'indignazione.

La giovane levò gli occhi verso di lui. «Credo sia un vizio di famiglia» tentò di minimizzare con una risatina incerta.

Leliana gli strattonò piano il braccio. «Ve ne prego, non fatene parola. Bethany è una ragazza dolce e dal cuore gentile, sempre pronta ad aiutare. È venuta con noi malgrado il rischio che correva per la presenza dei templari.»

E, a proposito di templari, quello passato poco prima era di nuovo lontano, per cui Bethany tornò ad occuparsi magicamente della ferita di Luniel. L'emorragia era cessata e l'elfa guardò con una strana fascinazione la pelle che si riformava lentamente; le era capitato anche in quelle poche occasioni in cui si era fatta seriamente male e la Guardiana aveva dovuto porvi rimedio.

«Mi dispiace» disse all'improvviso la maga. «In realtà non sono ancora molto brava con la magia guaritrice. Più di così non riesco a fare, per il momento, non con tutti questi templari qui intorno. Magari più tardi...» Interruppe l'incantesimo a causa del passaggio di un altro templare.

Luniel abbassò lo sguardo sulla ferita, i cui lembi erano arrossati e quasi ricongiunti. Scrollò le spalle. «Almeno non sanguina più.»

Bethany sorrise. «Ci metterò un impiastro e l'avvolgerò con delle bende, per velocizzare la cicatrizzazione» disse. Non ricevendo risposta, aggiunse: «Sapete, anche mio cugino è un Custode Grigio. Ed è un mago. Lui, però, ha studiato al Circolo. Nevan Amell... lo conoscete?»

Luniel non fiatò e girò gli occhi verso Alistair. Questi si morse un labbro, gli occhi lucidi, prima di mormorare: «Sì... lo conoscevo. Purtroppo lui...» S'interruppe per un attimo e deglutì. «Mi dispiace, Nevan è morto. È caduto a Ostagar, insieme agli altri Custodi...»

Bethany sbatté le palpebre. «Cosa? No! No, no, Nevan è vivo!» lo contraddisse convinta.

«Come...?» C'era un'eco di speranza, nella voce del Custode, ma era trattenuta, come se nutrisse il timore che potesse essere disillusa brutalmente.

«È passato per Lothering più o meno quattro giorni fa, diretto alla Torre con altri maghi» spiegò Bethany, mentre si metteva a frugare nella saccoccia che aveva alla cintura e ne tirava fuori un vasetto e il rotolo di bende. «L'ho visto. È vivo e vegeto, credetemi. E sarà felicissimo di sapere che sono sopravvissuti altri Custodi. Credeva di essere rimasto l'unico ed era piuttosto depresso.»

Alistair spalancò gli occhi e sul suo volto si dipinse una gioia incalcolabile. Perfino Luniel, a quella notizia, schiuse le labbra in un vago sorriso. «È vivo...» mormorò il ragazzo. «È vivo!» esclamò poi, voltandosi a guardare la collega con un sorriso tanto contagioso da farle ampliare il proprio.

Tuttavia le si gelò in fretta sulle labbra, annichilito da un improvviso fiotto di amara invidia. Alistair aveva una possibilità di ritrovare il suo amico; lei, al contrario, non ne aveva più alcuna di ritrovare Tamlen. Serrò i denti e si portò il polso destro al petto, coprendo il bracciale con l'altra mano, e quasi si rannicchiò su se stessa, il respiro che le si spezzava in gola.

«Abbassa il braccio» la esortò Bethany gentilmente. «Devo finire di medicarlo.»

Per tutta risposta, Luniel si alzò di scatto. «Non importa, va bene così!» Dopodiché si allontanò.

«Ma... Aspetta.»

«Lasciate stare» disse Alistair. «Quando fa così non c'è modo di farla ragionare.»

Per un attimo ebbe il furioso impulso di tornare indietro per prenderlo a ceffoni, ma si trattenne, consapevole che il Custode aveva ragione. Fece ancora qualche passo, poi si fermò, puntando lo sguardo davanti a sé, ma senza vedere nulla. Si sentiva fredda, vuota, incapace di provare altro che non fossero rimpianto e rabbia. Eppure lei non era mai stata così, nemmeno dopo che aveva scoperto la verità sui genitori e il rancore verso gli shemlen le era esploso nel cuore, come i fiori di silene rigonfi dei propri semi. Ora riusciva a stento a sorridere. Forse quella parte di lei era morta in quella grotta ormai lontana, e poi una seconda volta a Ostagar... Morta con Tamlen e con Duncan, con le promesse di vita che entrambi le avevano donato e che nessuno dei due aveva potuto mantenere.

Sentì la collera tornare a invaderla, insieme al consueto, soffocante dolore che le straziava l'animo; una mescolanza di sentimenti che era diventata una compagna abituale da un mese a quella parte. Un nodo di pianto le salì in gola. Si morse un labbro, serrò convulsamente i pugni, tentò di regolarizzare il respiro.

“Rabbia... odio...” Le parole di Flemeth le tornarono di colpo alla mente, riecheggiando in maniera angosciante nell'improvviso silenzio dei suoi pensieri. “...avvolgono il tuo cuore fra tormentose spire di ghiaccio... un veleno che finirà per consumarti...” La voce della vecchia le graffiava l'udito come se fosse lì, in quel preciso luogo e in quel preciso istante, a ripeterle quelle frasi dal suono tanto inquietante. D'istinto si coprì le orecchie.

Mythal, proteggimi e dammi forza, ti prego!

Una goccia, fredda e improvvisa, le cadde sul naso. Una seconda le colpì la guancia e nel giro di pochi attimi la pioggia iniziò a scrosciare fitta su tutti loro. Allora Luniel diede libero sfogo alle lacrime: alzò il viso e lasciò che il suo pianto si confondesse a quello del cielo.

L'acquazzone si calmò in pochi minuti. Luniel si sfregò il viso e prese un respiro spezzato, lo sguardo fisso a terra mentre ascoltava i rumori delle persone che si agitavano tutt'intorno, poi una mano le si posò sulla spalla e lei sobbalzò. Voltandosi, incontrò lo sguardo di Alistair.

«Stiamo ripartendo. Venite» la esortò.

«Sì» mormorò lei. «Le mie armi...» Si guardò intorno, come spaesata.

«Le ho già fatte caricare, non temete.» La spinse con gentilezza in direzione di uno dei carri, su cui erano già seduti due bimbi shemlen. «Forza. Prima ci muoviamo, meglio è. Potrebbero sopraggiungere altri prole oscura.»

L'elfa si lasciò accompagnare docilmente. Nei pressi del trasporto, inciampò e barcollò in avanti. Fece appena in tempo a rimettersi dritta che Alistair l'afferrò per la vita e la mise a sedere sul bordo del pianale. Lei arrossì appena, indispettita. «Insomma! Perché mi trattate come una bambina?»

Lui la guardò con un'espressione seria. «Perché è quel che mi sembrate: una bambina triste.»

Sgranò gli occhi e non seppe come rispondere. Alistair la fissò ancora per un istante, poi si allontanò mentre la carovana si metteva in marcia alla massima rapidità consentita.

I piccoli shemlen lì accanto, bagnati e intirizziti quanto lei, la scrutavano con grandi occhi incuriositi, ma non osavano parlare. A disagio, Luniel si spostò il più possibile vicino all'altra fiancata e appoggiò la schiena contro un sacco di granaglie, osservando Ascher che si accodava al suo carro. Dopo alcuni minuti, uno dei bambini si azzardò a tendere una mano verso il grosso lupo e, quando quello gli diede un colpo di naso sul palmo, scoppiò a ridere divertito; anche l'altro bimbo, allora, tese una mano verso il lupo. Lei rimase a fissarli, stirando un sorriso nel vedere il suo fedele amico giocare con quei bambini, quasi volesse aiutarli a dimenticare la brutta avventura appena trascorsa. In quel momento, tutta la stanchezza dell'estenuante viaggio le piombò addosso, unita alla debolezza. Stremata, chiuse gli occhi finché, cullata dal rollio del carro e dal cigolio delle ruote, si addormentò profondamente.

Quando si svegliò, scoprì di essere distesa su un morbido giaciglio con indosso una camicia di lino e che il braccio ferito era stato completamente risanato. Si mise a sedere, sfregandosi gli occhi, e osservò la stanza in cui si trovava, mentre allungava le braccia sopra la testa e si stirava ben bene, sentendosi riposata. La stanza non era molto grande e, oltre al letto a castello su cui si trovava lei, il resto del mobilio era composto solo da una cassapanca, un armadio e una scrivania con annessa sedia sotto l'unica finestra. Si alzò, accorgendosi che la camicia le stava lunga e larga. Chissà di chi era. Anzi, chissà di chi era la casa.

Andò alla porta e l'aprì, passando in un breve corridoio che la condusse in una sala piuttosto ampia. Al tavolo piazzato quasi nel mezzo erano seduti Alistair, Bethany e un'altra giovane shemlen dai capelli castani. Quando si voltò verso di lei, notò che aveva gli occhi verde chiaro. Perché le sembrava di averli già visti?

«Finalmente sveglia» fu il modo di Alistair di accoglierla. «Siete una dormigliona, aveva ragione Duncan a...» S'interruppe e deglutì, stringendo i pugni sopra il tavolo.

Lei si morse il labbro e avvertì un pizzicore agli occhi. Nella sala piombò il silenzio.

«Be', buongiorno» esclamò la sconosciuta in tono vivace, forse nel tentativo di alleggerire quel senso di tristezza. Alzatasi, le si avvicinò e le tese la mano. «Il mio nome è Róise Hawke, sono la sorella maggiore di Bethany. Lieta di conoscerti.»

Luniel fissò la mano, poi la shemlen e non reagì in alcun modo.

«Ah» fece l'altra, ritirando la mano. «D'accordo, messaggio recepito.» Si grattò la nuca, studiando l'elfa, e aggiunse: «Uhm, l'avevo detto, io, che la roba di Beth non ti sarebbe andata. Questa camicia ti sta decisamente troppo larga sul petto.»

«Oh, Ros, insomma!» intervenne l'interessata. «Smettila!»

Quella scrollò le spalle, con aria innocente. «Non è mica colpa mia se hai una latteria al posto del seno» la rimbeccò, facendola imbronciare e provocando un notevole arrossamento sul volto di Alistair. «Il mio ha dimensioni decisamente più ragionevoli. Non è vero, Custode?» domandò, accogliendo con un ghigno la linguaccia di Bethany.

«C-c-cosa?!» farfugliò l'interpellato, ormai paonazzo. E quando Róise scoppiò a ridere, lui borbottò: «Ma è un vizio di famiglia? Siete dispettosa al pari di Nevan.»

Ecco perché gli occhi della shemlen le erano sembrati così familiari: erano identici a quelli del mago, la stessa sfumatura verde chiaro che si scuriva sul bordo dell'iride.

Róise tornò a guardare Luniel. «Forse ho ancora un mio vecchio vestito di quand'ero più piccola. Te lo cercherò mentre ti lavi. Mamma dovrebbe finire tra poco di preparare la tinozza.»

L'elfa fece per replicare che non voleva l'aiuto o la carità di una shemlen, ma intercettò lo sguardo accigliato di Alistair che pareva ammonirla. Come faceva a sapere che stava per ribattere in malo modo? Le compariva forse scritto in faccia? Be', sì, forse non ci voleva un grosso intuito a prevenire le sue reazioni, non dopo che ne aveva date già diverse dimostrazioni. Si limitò ad un sospiro profondo e a scrollare le spalle. Poi domandò: «Dov'è Ascher?»

«Il lupo?» interloquì Bethany. «Da qualche parte fuori del villaggio.»

Róise annuì. «La vostra amica–»

«Non è mia amica» obiettarono in coro lei e Alistair.

Sbattendo le palpebre, Luniel guardò l'altro Custode. Questi si strinse nelle spalle e commentò allegramente: «Be', almeno su qualcosa siamo d'accordo.»

L'elfa trattenne un inaspettato sorrisetto divertito e distolse rapidamente lo sguardo, incrociando le braccia a disagio.

Róise tossicchiò per richiamare la loro attenzione. «D'accordo, non è vostra amica. In ogni caso, non ha voluto accettare la nostra ospitalità ed è rimasta fuori con il lupo. Ha detto che sarebbe rimasta a dormire insieme a lui» concluse con aria perplessa.

«Mmm» fece Alistair. «Luniel, fossi in voi mi preoccuperei per la virtù di Ascher.»

Lei aggrottò le sopracciglia e lo fissò basita. «Ma che accidenti...?!»

«C-che... c-cosa?» balbettò Bethany, gli occhi spalancati.

La maggiore delle Hawke si posò le mani sui fianchi. «Il discorso sta prendendo una strana piega. Vi pregherei di non turbare ulteriormente la mia candida e innocente sorellina.»

Luniel, sospirando, non rimase ad ascoltare le rimostranze di Bethany per le canzonature della sorella maggiore e se ne andò a passo svelto verso l'ingresso. Appena uscita, poté vedere che la casa sorgeva al confine di Lothering, in una posizione parecchio isolata più o meno all'altezza del mulino; sul lato sinistro si estendeva un'ampia area recintata e coltivata a grano, fiancheggiata dal sentiero che conduceva al villaggio; sul lato destro, invece, vi era una vasta spianata ornata da dolci poggi erbosi che si interrompeva a meno di mezzo miglio, laddove iniziava un piccolo boschetto presso la curva di un torrente. Modulò il lungo fischio che utilizzava come richiamo per Ascher, poi si appoggiò al muro intiepidito dal sole e rimase in attesa, nella speranza che il lupo fosse abbastanza vicino da aver sentito. Pochi attimi dopo, i cardini della porta cigolarono e lei si voltò, trovando Alistair che la richiudeva.

«Non pensavo di spaventarvi così tanto, stavo scherzando. Più o meno.»

Emise un leggero sbuffo. «Non è per quello. Non ne potevo più di stare lì dentro. Troppi shemlen, per i miei gusti.»

«Uh, e mancava il resto della famiglia» commentò lui. «Ma come avete fatto ad Ostagar?»

«C'era Duncan» le sfuggì di rispondere prima che potesse fermarsi. Avvertì, pur senza vederlo, lo sguardo di Alistair puntato su di lei.

«Avete sostenuto di odiare noi shemlen. E allora cosa mi dite di Duncan?» La voce gli tremò nel pronunciarne il nome. «Era un umano anche lui, eppure non c'era odio nei vostri occhi quando lo guardavate. Gli permettevate perfino di toccarvi.»

«Io non... Duncan era diverso.»

«Era un umano» ribadì l'altro Custode.

Lei tenne lo sguardo fisso a terra, in difficoltà, poi scosse più volte la testa ed esclamò: «Non voglio parlarne!» Non aveva certo smesso di detestare gli umani, eppure non poteva negare quanto detto da Alistair. Duncan era stato davvero un caso a parte. Pur essendo uno shemlen, ad un certo punto non era più riuscita a vederlo come tale. Le era stato accanto per meno di un mese, eppure in quel breve lasso di tempo era riuscito a diventare il padre che lei non aveva mai avuto, per quanto assurdo potesse sembrare. Il Capo dei Custodi Grigi aveva dimostrato nei suoi confronti così tanta pazienza, così tanta comprensione e... e sì, anche affetto... da aprirsi una breccia nel feroce rancore della ragazza.

«Mi dispiace, non volevo rattristarvi» le disse il giovane in tono sommesso. «Lui... manca molto anche a me.»

«Non mettetevi a frignare, per favore» le scappò, più aspra di quanto avesse inteso essere.

«Oh, certo. Non sia mai che vi infastidisca con il mio piagnisteo» le rinfacciò lui.

Luniel si morse il labbro. «È che... finirei per piangere anch'io» farfugliò, non capendo quell'impulso a giustificarsi. Guardò di sottecchi l'altro Custode, vedendolo accigliarsi per la confusione e aprir bocca per dire qualcosa. A sottrarla da quel momento di assoluto imbarazzo furono la porta che si spalancava e la voce di Róise, che prima ancora di sporgere la testa esclamò: «Bagno pronto! Consiglio di andare a tuffarti prima che l'acqua si freddi. Anche perché, senza offesa, non profumi esattamente di fiori di campo.»

L'elfa avvampò d'indignazione, mentre l'altra si ritirava e Alistair scoppiava a ridere. Lo guardò malissimo, ogni buona predisposizione d'animo nei suoi confronti del tutto svanita.

Lui, asciugandosi una lacrima d'ilarità, le disse: «Scusatemi, non era per mancarvi di rispetto. Se vi consola, ha detto la stessa cosa anche a me.»

«Non me dubito» sibilò, oltrepassandolo. «Di solito puzzate peggio di un cane bagnato!»

«Ehi!» si risentì il giovane. E, mentre si allontanava accompagnata da Róise, lo sentì continuare: «Almeno Nevan era più diplomatico nel farmi notare queste cose.»

Il bagno l’aveva decisamente rinvigorita. Mentre si crogiolava nell'acqua calda – un lusso raro, per lei – e si puliva i capelli con una lozione che, come Róise aveva assicurato, glieli aveva sbrogliati e ammorbiditi, si era resa conto che ne aveva davvero bisogno. Quasi non ricordava l’ultima volta che aveva fatto un bagno, quando si trovava ancora con il suo clan. In un altro tempo, in un’altra vita.

Sospirò, ingoiando il magone, e si sistemò meglio lo zaino sulle spalle e poi l’arco a tracolla, in attesa che Alistair terminasse i saluti con la famiglia Hawke e raggiungesse lei e Morrigan fuori della casa. La maga si era riunita a loro poco prima, insieme ad Ascher. Ripensando alle parole di Alistair, l'elfa si ritrovò a scrutare l'apostata con vaga perplessità.

L'altra si accigliò. «Si può sapere che hai da fissarmi in quel modo?»

“...mi preoccuperei per la virtù di Ascher.” «Niente, niente» rispose, sentendosi un'idiota.

«Allora piantala subito, mi dà fastidio!»

Stupido Alistair, inveì Luniel. Che razza di idee si fa venire. Sbuffando, s'infilò l'elmetto di cuoio che le aveva procurato Róise, visto che lei aveva perso il proprio a Ostagar. Avevano dovuto imbottirlo perché, appena aveva provato a calzarlo, al primo movimento le era scivolato sul naso. Una scena ridicola, naturalmente; nel momento in cui se l'era tolto e aveva posato lo sguardo inferocito su Alistair, lo aveva colto nel palese sforzo di non scoppiare a ridere.

Il giovane le raggiunse in compagnia di Róise e Bethany. Le due sorelle erano intenzionate a salutare anche la dalish, malgrado lei avesse mostrato di non sentirne il bisogno.

«Buon viaggio, allora, e buona fortuna per tutto» augurò ancora la maggiore delle Hawke. «E fate attenzione, nell'uscire da Lothering. Alcuni nostri compaesani, oltre a parecchi rifugiati, sarebbero ben contenti di mettere le mani sulla vostra taglia.»

Bethany sospirò. «Hanno già tentato di aggredire Nevan, quando se n'è andato da qui.»

«Dei veri imbecilli.» Róise alzò gli occhi al cielo. «Attaccare un mago accompagnato da altri maghi: vuol proprio dire non tenere alla propria vita. Gli è andata bene che li hanno solo messi fuori combattimento. Be', sarà il caso che la smetta di chiacchierare e vi lasci partire.»

Ecco, brava, pensò Luniel, impaziente di andarsene.

Così, dopo un ultimo saluto, si avviarono in direzione di un accesso alla Gran Via Imperiale, al di fuori del villaggio. Mentre lo raggiungevano, seguendo la guida di Alistair che era stato istruito da Róise, Luniel notò una figura ai piedi della scalinata. Riconobbe una veste rosa e rossa, e dei baluginii dorati...

Oh, no. No, dai, non può essere...

Non aveva più visto la sacerdotessa dalla sera prima e aveva sperato che si fosse discretamente defilata, rinunciando alla sua idea di accompagnarli, ma a quanto pareva non era così. La smorfia sul volto di Morrigan le rivelò che anche la maga l'aveva riconosciuta e che nemmeno lei gradiva quell'appostamento sospetto sul loro percorso.

«Oh, ben ritrovati!» cinguettò Leliana in tono innocente, come se il loro incontro fosse stato casuale. «Dunque, permetterete che vi aiuti? Mi lascerete venire con voi?» domandò subito dopo, abbandonando in fretta quella finzione in cui era caduto soltanto Alistair.

«Non ne vedo il motivo» bofonchiò Luniel.

«Ascoltate» proseguì Leliana. «Quando mi sono giunte le notizie sulla Prole Oscura, ho sentito una spinta a lasciare la mia vita sicura nel monastero per fare qualcosa. Qualsiasi cosa. Perciò mi trovavo in quella piccola missione di soccorso. E poi la visione...» Si fermò un istante, osservandoli attentamente; in particolare Alistair, indubbiamente quello più facile da convincere. «Non può essere una coincidenza che siate giunti qui subito dopo che sono stata chiamata dal Creatore» affermò in tono molto serio.

Il Custode si grattò il mento, indeciso, poi disse: «Se proprio insistete...» Rivolse un'occhiata interrogativa a Luniel. «Che ne dite? Il suo appello sembra sincero.»

«Fate un po' come vi pare» rispose l'elfa.

Morrigan sbuffò. «A quanto pare mia madre ha sottostimato la tua frattura al cranio.»

«Be', allora» fece Alistair, «benvenuta.»

Leliana s'illuminò in volto e fece un sorriso smagliante. «Grazie! Apprezzo molto che mi concediate questa possibilità. Non vi deluderò, ve lo prometto!»

L'angolo degli approfondimenti


Dato che in taluni casi ho fatto delle scelte che si discostano dalla traduzione del gioco, dopo la domanda che mi aveva posto Rosheen ho ritenuto fosse il caso di spiegarle; le ho già spiegate nella risposta a lei, ma ho pensato di riproporle anche qui.

- Elfo o elfa? Ebbene, in originale, esistendo solo il termine generico "elf", vengono utilizzate di solito locuzioni tipo "la donna elfo", "la fanciulla elfo", ecc. che però in italiano hanno risolto usando “elfa”. Nei romanzi, invece, hanno tradotto letteralmente e ho deciso di farlo a mia volta.

[EDIT: alla luce di pezzi molto futuri, che giacciono nel PC in attesa di arrivare a pubblicarli, mi sono resa conto che usare "elfo" anche per le donne è un casino, quindi ho corretto in "elfa" per una maggiore fluidità di narrazione]

- Apostata o eretico? Il vocabolo originale è “apostate”, tradotto in italiano con “eretico”. Ora, premesso che si tratta di vocaboli usati in ambito religioso, l'apostata è colui che rinnega la propria religione, che se ne allontana, laddove l'eretico è chi nega o mette in dubbio i dogmi di una dottrina, e talvolta vi si oppone scegliendo un'altra dottrina. Onestamente, trovo che “apostata” sia più corretto (soprattutto per quanto riguarda personaggi come Morrigan), alla luce del fatto che i maghi “apostates” non si oppongono apertamente alle regole della Chiesa, bensì le rifiutano. È una differenza sottile, non sono nemmeno sicura di essere riuscita a spiegarmi bene, però tale differenza c'è. In base a questo, avrei preferito anche correggere la traduzione di “Warden” (“guardiano”) e “Keeper” (“custode”), ma vi avrei provocato solo una confusione pazzesca; già “apostata” in luogo di “eretico” mi pare sia sufficiente. :p

- Cavaliere-Capitano / Cavaliere-Comandante. Questi non ho ancora avuto modo di utilizzarli, in ogni caso trattasi del Knight-Captain e del Knight-Commander dei Templari, in italiano declassati a semplici “Capitano” e “Comandante”.



Ok, credo di aver detto tutto. Nel caso aveste dubbi o curiosità, chiedete pure. :)
Come sempre, grazie a chi legge, a chi recensisce e alla mia beta Shainareth.
Alla prossima. Che non so quando sarà. ù_u
  
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