Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
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Autore: KikiShadow93    16/01/2014    8 recensioni
Durante una tranquilla giornata di navigazione, Barbabianca e la sua famiglia trovano qualcosa di incredibile in mare: una bambina, di cui però ignorano la vera natura.
Decidono di tenerla, di crescerla in mezzo a loro, ovviamente inconsapevoli delle complicazioni che questa scelta porterà, in particolar modo per l'arrogante Fenice.
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciurma di Barbabianca, Marco, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un'allegra combriccola di mostri.'
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Buio. Sonno. Fame.
Dove sono? Cosa è successo?
Non vedo niente. Non riesco a respirare.
Le coperte sono così pesanti... mi soffocano.
Devo alzarmi... voglio la luce.
È tutto così buio. Ho paura. Non vedo niente, neanche le mie mani.
Ma le sto muovendo?
Perché queste coperte sono così pesanti?
Dov’è la luce? Non ci vedo...
Voglio respirare. Dov'è la luce? Dov'è l'aria?
Muovo le braccia, le sento spingere contro le coperte. Sono così pesanti che forse me le spezzeranno. Non m'importa. Io devo uscire da qui. Devo uscire da questo buio...
Dove sei? Papà dove sei andato? Dove sono tutti?
LUCE!
Spingere, spingere! Le coperte si muovono, le sento sotto le mie mani.
Aria!
Stelle. Luna. Aria. Nuvole. Alberi. Come si sta bene all’aperto.
Perché sono all’aperto? Dove mi trovo? Dov’è la nave?
Terra umida. Da dove sono uscita? Un fosso. Come ci sono finita in un fosso?
E’ buio, ma io vedo lo stesso.
Vedo la terra, l'erba, le foglie cadute, delle pozzanghere, una strada sottile di ghiaino. Ma la nave dov'è?
Mi alzo in piedi e guardo la fossa da cui sono uscita. Fossa?!
La terra è smossa, il legno del coperchio della bara è a pezzi, una lastra di zinco giace a terra, con su inciso il mio nome e sotto: qui riposa un fiore reciso.
Perché ero li dentro? Sono viva. Guardatemi! Sono viva!!!
Un corvo mi osserva dalla cima di un albero, con aria sinistra. Perché mi guardi così? Guardami, bestia! Sono viva! Non sono la tua cena!
«Da questa parte...»
Il corvo si alza in volo, dirigendosi verso quel sussurro, dentro quel bosco dall’aria cupa. I rami scheletrici si alzano al cielo, come se volessero graffiarlo. Fanno paura.
Voci. Sento tante voci urlare.
Le seguo, addentrandomi sempre di più tra questi rami secchi che mi graffiano la pelle, strappano i vestiti, si intrecciano tra i miei capelli.
Vedo un porto, in lontananza, ma non la Moby Dick.
Papà, dove sei andato?
C'è uno scontro, troppo sangue scorre per terra, le urla squarciano l'aria, strazianti. L'odore di morte aleggia nell'aria, fetido e penetrante.
La lotta si blocca per un breve istante, o forse è così solo nella mia mente.
C'è un uomo davanti a me. È bello. Bello come nessun altro essere umano. Sembra una divinità.
La sua pelle è così bianca... perfetta.
Il suo corpo slanciato è statuario, come scolpito nel marmo.
I capelli sono neri come la pece, e la flebile luce della luna gli dona dei riflessi bluastri.
Il suo viso è cupo, bello come quello di un angelo.
Ma la cosa che ti blocca il respiro, che ti fa svenire, sono i suoi occhi, chiari come il cristallo più lucido. Due pozzi attraenti e seducenti, pieni di forza.
Sono quasi impossibili da guardare, perché ti senti opprimere, affogare dall'oceano limpido che vi trabocca dentro. Nemmeno la mente del più grande artista avrebbe potuto realizzarli lucidamente.
E adesso fissano me.
Chi sei? Cosa vuoi da me?
Una smorfia di dolore deforma quel bellissimo viso. Un palo di metallo gli trafigge il petto.
I suoi occhi si spengono mentre cade in ginocchio. Il sangue scorre denso sul suo petto.
Altri muoiono. Le urla sono sempre più forti. Il dolore è palpabile.
«Eccola là!» «Prendiamola!»
Urlano voltandosi verso di me.
Chi sono questi? Perché mi vogliono? Cosa gli ho fatto?
Correre. Dove vado?
Cado nel fango. Non riesco a muovermi.
Babbo! Babbo dove sei?
Ace? Satch?! Marco, Vista, Jaws, Halta! Dove siete tutti? Ho paura! Mi stanno facendo male!
Un colpo alla gamba. Sento qualcosa di caldo scivolarmi sulla pelle. Sangue?
«Muori, mostro!» Urlano contro di me, lanciandomi maledizioni e insulti, picchiandomi.
Cosa vi ho fatto?
Sento qualcosa mordermi e strapparmi via la pelle. Altri morsi. Le ossa vengono distrutte una per una.
Perché mi fate questo?
Babbo, ti scongiuro, salvami...


Un urlo acuto, straziante, si leva con forza per tutta la nave, svegliando tutti nel cuore della notte.
Vista è il primo a fare irruzione nella stanza di Akemi, trovandola che urla disperata nel sonno, continuando a sobbalzare come in preda a delle violente convulsioni.
La stringe forte per le spalle e comincia a scuoterla, invocando il suo nome a pieni polmoni, senza ottenere risultati.
Akemi non riesce a sentirlo. Il suo cervello è annebbiato dal dolore, dalla paura, dall'angoscia.
Barbabianca li raggiunge rapidamente, seguito dalle infermiere che subito danno un calmante alla bambina, tenendola ferma con il peso dei loro corpi.
«Che diavolo è successo?!» urla Ace, spaventato, mettendosi a sedere sul bordo del letto e cominciando ad accarezzare dolcemente la fronte imperlata di sudore della piccola.
In vita sua ha visto e fatto tante cose orrende, ma mai ha sentito una persona urlare in un modo tanto disumano. Un urlo agghiacciante, innaturale. Neanche le persone contro cui ha combattuto urlavano così prima che le uccidesse.
«Ha avuto un incubo.» afferma Ran con voce assonnata, prima di fare cenno a tutti di uscire «Tornate nelle vostre stanze, è tutto finito.» ordina senza guardarli, dirigendosi con passo stanco verso la porta. Non ha proprio voglia di altre chiacchiere in quel momento, vuole solo dormire.
Barbabianca, troppo apprensivo nei confronti della sua bambina, la prende delicatamente in braccio, e così se ne va verso la propria camera, pronto a difenderla anche dal suo subconscio.
I vari membri dell’equipaggio se ne vanno lentamente da quella stanza con passo strascicato, lasciando così che sia il capitano ad occuparsi di lei. Non che loro non lo avrebbero fatto, ma in un certo senso preferiscono che questi traumi li superi insieme a lui.

Mi muovo lentamente tra dei corridoi illuminati dalla luce lunare che filtra debolmente dalle finestre. I mobili sono come sfocati, cosa che mi impedisce di vedere nitidamente ciò che mi circonda.
Giungo dopo un tempo che mi pare infinito in un ampio salone, in cui vedo dei mobili scuri e raffinati, e delle armi dalla pregiata fattura appese ai muri. Sono così belle e preziose che per qualche istante mi trovo incantata ad ammirarle.
Dove sono?
Dei passi dietro di me mi fanno sobbalzare e l’unica cosa intelligente che riesco a fare è nascondermi dietro ad un grande divano, pregando di non essere trovata.
Alzo leggermente lo sguardo e vedo un'ombra correre per un corridoio, veloce e quasi furtiva.
Non so per quale assurda ragione decido di seguirlo. Anzi, non lo decido neanche io a dire il vero. Il mio corpo fa tutto da solo.
Cammino per questi corridoi scuri con naturalezza, come se lo facessi da sempre, fino a raggiungere un’enorme porta di legno massiccio socchiusa.
La apro lentamente, facendola cigolare, ma nessuno dei presenti si volta verso di me, come se non mi avessero sentita.
Ci sono quattro ombre: c’è qualcuno sdraiato in un enorme letto a baldacchino antico che ansima pesantemente, due sagome sono invece davanti alla finestra, immobili, e poi c’è la prima ombra che ho visto, che se ne sta di fronte ad un camino acceso. Sembra tenere qualcosa tra le braccia.
«E’ fantastica...» Mormora con un filo di voce, come se stesse parlando con sé stesso, dandomi così la conferma che si, ha effettivamente qualcosa in mano.
«Giuratemelo...» Mormora l'ombra nel letto, con voce debole.
Nessuno parla, le ombre muovono piano il capo.
L'ombra si muove, si volta piano, ma prima che io riesca a vedere quello che custodisce gelosamente tra le braccia, un forte vento mi risucchia via e vengo portata in un luogo buio e cupo.
C'è uno strano odore nell'aria, come di marcio.
Dove sono?
Qualcosa mi tira una spinta alle spalle, facendomi cadere a terra e battere la testa.
La paura mi assale completamente quando qualcosa mi afferra dolorosamente una caviglia, trascinandomi indietro.
Non voglio morire! Papà, dove sei?!
Mi alzo, qualcosa mi strappa la carne dalla coscia. Sento il sangue scorrere lento e vischioso sulla gamba, il dolore quasi m'impedisce di continuare ad avanzare, completamente alla cieca.
Le lacrime mi rigano il volto, scendendo incontrollate. Mi manca l'aria, non so dove sto andando.
Un'altra spinta, un'altra ferita al braccio.
Perché mi fate questo?
«Non devi esistere.»
Un morso alla gola, i denti penetrano nella carne come se fosse fatta di burro, il dolore è così atroce che mi paralizza completamente.
Non riesco ad urlare, il sangue esce denso dalle labbra dischiuse.
Papà... dove sei?


Akemi si sveglia di soprassalto, madida di sudore, e sobbalza terrorizzata quando una mano le si poggia sulla schiena.
Voltandosi incrocia gli occhi preoccupati di Barbabianca, e di scatto si lancia tra le sue braccia grandi e protettive, stringendosi con forza a lui.
«Cosa hai sognato piccina?» le sussurra dolce, tenendola stretta a sé come per volerle dire che niente può farle male, che lui c'è e ci sarà sempre per difenderla da ogni male.
«Morte...» sussurra piano, cercando di regolarizzare il battito frenetico del suo cuore e di cacciare dalla testa quelle immagini che tanto l'hanno spaventato.
'Il dolore era così vero...'
«Come mai sono nel tuo letto babbo?» gli domanda dopo qualche istante, cercando di non mostrarsi più preoccupata per evitare di agitarlo ulteriormente.
«Ti sei messa ad urlare durante la notte e non volevo lasciarti sola.»
Akemi alza lo sguardo sull'uomo, sorridendogli grata e arrampicandosi sul suo corpo per potergli allacciare le braccia esili al collo e dargli un dolce bacio sulla guancia.
Barbabianca sorride bonario, convinto che se qualcuno lo vedesse adesso si farebbe delle grasse risate. Lui, l'uomo più forte del mondo, il terrore dei mari, che si lascia coccolare e stringe con tanta dolcezza una bambinetta che ha paura dei mostri sotto al letto!
«Andiamo a mangiare?» gli domanda allegra, sorridendogli in quel modo dolce e allo stesso tempo inquietante che la caratterizza, afferrandolo con decisione per una mano quando annuisce, trascinandolo con forza fino alla sala mensa, dove già bivaccano gli altri.
Mangiano insieme, in silenzio, osservando di tanto in tanto i vari pirati che lentamente si svegliano e diventano i soliti uomini chiassosi, cosa che li fa sorridere.
«Tra un'oretta attraccheremo al porto di Nefeli, sei contenta?» le domanda dopo un po', osservandola mentre mangia con ingordigia qualsiasi cosa dolce sia disponibile. In effetti trova questa sua golosità malsana, ma ormai ha capito che è inutile provare a farle cambiare alimentazione. Tanto, a quanto sembra, pare essere in grado di regolarsi da sola e di decidere quando mangiare cosa in maniera completamente autonoma.
Akemi annuisce vigorosamente, sorridendo e lasciandosi sfuggire un rivolo di sciroppo sul mento, facendolo ridere forte.
'È così buffa.' pensa, afferrando un fazzoletto e passandoglielo sul viso per ripulirla, notando un sorriso commosso increspare le labbra dei pirati che hanno osservato quel gesto così spontaneo e paterno.
«Vai a prepararti, allora. Dopo ti devo portare in un posto.» l'avverte alzandosi, venendo però bloccato dalla bambinetta.
«Ma io devo andare con Ace! Ha promesso di comprarmi un regalo!» strilla contraddetta, facendo saettare lo sguardo dal capitano a Pugno di Fuoco, che adesso la guarda incuriosito sentendosi chiamato in causa.
«Prima vieni con me, dopo puoi andare dove vuoi.» afferma autoritario l'imperatore, uscendo con passo svelto dalla stanza e lasciando che siano i suoi figli a calmare il probabile attacco d'ira della bambina.
Stranamente, invece, Akemi rimane calma, giocherellando con ciò che ha nel piatto con aria assorta, mentre nella sua mente scorrono vivide l'immagini lugubri che ha sognato.
Scuote violentemente la testa, come se provasse a farle uscire, decidendo subito di andare a dare un po' fastidio ai suoi adorati fratelli, che senza esitazioni l'accolgono al loro tavolo.
«Ecco la mia bambolina!» Vista l'afferra saldamente sotto le braccia e se la mette sulle gambe, facendole pure indossare il suo prezioso cilindro «Ti stanno bene i cappelli. Più tardi te ne compro uno, che ne dici?»
«Un cilindro come il tuo?» trilla felice, stringendo tra le dita sottili e affusolate i bordi dell'oggetto e calcandoselo maggiormente sugli occhi.
«E cilindro sia.»
Akemi gli sorride raggiante, afferrando un pezzo di pane abbandonato sul tavolo e riempiendolo di marmellata fino all'inverosimile, pronta a divorarlo in un sol boccone.
«Siediti per bene e mastica, trogolo!» la rimbecca Halta, afferrandola con decisione e trascinandola sulla panca.
«Si, mamma!» sbuffa la minore, facendole un sorriso sghembo prima di addentare la pietanza, facendo colare inevitabilmente la confettura un po' da tutte le parti.
«Solo perché certo di farti comportare come una signorina e non come un animale, non significa necessariamente che voglia farti da madre!» controbatte prontamente, facendola ridacchiare.
«L'unico animale qui è Ace...» borbotta Marco con aria pacata, ancora mezzo intontito dal sonno, ricevendo in risposta un grugnito dal diretto interessato «Visto?»
Tutti gli altri scoppiano a ridere, mentre Akemi sguscia sotto al tavolo senza essere notata e spunta dall'altro lato, in braccio alla scontrosa Fenice che pare non apprezzare minimamente il gesto.
«Che fai?» le ringhia contro, provando a scrollarsela di dosso e scatenando ulteriormente le risate dei fratelli.
«Guarda, eh!» afferra un pezzo di mollica e lo imbratta completamente di marmellata scura, con una precisione che lo fa insospettire. In fondo, ogni volta che si comporta così vuol dire che vuole fare qualche dispetto.
Infatti non ci vogliono che una manciata di secondi che il pezzetto di mollica vola dritto tra i capelli arruffati di Teach, ignaro di quanto appena accaduto.
Tutti ridono per quel gesto colmo di malvagità infantile. Pure Marco, sempre composto e pronto a rimproverarla per qualsiasi cosa, si lascia sfuggire una risata, vedendola illuminarsi tutto in un colpo.
«Allora, andiamo a prepararci?» le domanda allegro Satch, afferrandola con decisione e caricandosela in braccio, come di consuetudine. Infatti, per quanto lo riguarda, lei non ha minimamente bisogno delle gambe, dal momento che non la lascerebbe mai andare per paura che possa sfracellarsi al suolo e farsi seriamente male.
Non appena i due sono usciti dalla sala, Jaws non riesce ad astenersi dal commentare quelle sue eccessive premure «E meno male che sei tu che le fai da madre!»
Halta annuisce distrattamente, un'espressione sconsolata in viso «Non voglio immaginare quando arriveranno tutti i problemi legati all'adolescenza... tra lui e babbo non so chi impazzirà di più!»

Quando per la prima volta in vita tua scendi sulla terra ferma dopo aver vissuto in mare, vorresti solo curiosare in ogni angolo, divertirti e comprare tutto quello che ti capita sotto tiro. Questo però per Akemi è impossibile, dal momento che da almeno due ore è sotto le mani di svariati dottori che la esaminano minuziosamente, facendole domande di cui non comprende il senso e che la fanno innervosire.
Vuole uscire, vuole farsi comprare qualcosa di bello da Ace, vuole spendere i soldi che l'imperatore le ha dato fino all'ultimo centesimo in libri, vuole mangiare qualcosa di zuccheroso e vuole farsi un bagno nelle cristalline acque che bagnano la spiaggia che ha intravisto non appena arrivata.
Se ne sta seduta in silenzio su una seggiola insieme a Kingdew, il comandante dell'undicesima divisione, ad aspettare i risultati, annoiati a morte, finché l'infermiera Tachi fa il suo arrivo, mettendosi a sedere di fianco all'uomo.
«Akemi, se vuoi andare Ace è fuori ad aspettarti. Li prendiamo noi i risultati.» l'avverte con tono gentile, facendola scattare come una molla con un sorriso che le va da un orecchio all'altro.
Non appena sono rimasti soli, Kingdew si mette a fissare insistentemente l'infermiera in attesa di una spiegazione, che non tarda ad arrivare «Abbiamo pensato che è meglio se li leggiamo da soli. Sai, per non preoccuparla.»
«Capisco.» risponde con tono fermo l'uomo, incrociando le possenti braccia e poggiando la testa contro il muro alle sue spalle, incurante delle continue occhiate preoccupate che gli vengono lanciate, smanioso di ricevere quei dannatissimi risultati e andare in una benedetta taverna a bere qualcosa di forte e farsi due risate insieme ai compagni.

Nel frattempo, Akemi girottola per le vie della città mano nella mano con Ace, guardando con occhi pieni di allegria le vetrine, incurante dei passanti che li osservano con curiosità. In fondo non è da tutti i giorni vedere il famigerato Pugno di Fuoco girare con una bambinetta al seguito.
«Vedi qualcosa che ti piace?» le domanda sorridendole allegramente, felice di vederla così meravigliata da tutto quello che la circonda.
«Io voglio i libri!» trilla felice, attaccandosi al suo braccio e facendosi sollevare per aria, ridendo spensierata, attirando ancora di più gli sguardi dei passanti.
«Tu sei strana!» ride a sua volta Ace, afferrandola e mettendola sulle sue spalle, tenendole saldamente le mani «Dai, cerchiamo qualcosa di carino.»
«Un pupazzo!»
«Un pupazzo?»
«Si, un pupazzo enorme!»
«E pupazzo enorme sia!»
Cercano così per tutti i negozi di giocattoli che ci sono, finché, dopo almeno un'ora di estenuante ricerca, arriva Lui, il peluche perfetto: un orso morbido e chiaro, alto almeno un metro, con un grosso fiocco di raso azzurro al collo, meraviglioso agli occhi della bambina.
«Lui! Lui!» trilla felice, saltellando di fronte all'enorme giocattolo, che subito il pirata afferra con decisione, lanciando i soldi al negoziante senza neanche guardarlo, e correndo fuori seguito da un'urlante Akemi, che vuole tenere tra le braccia il suo nuovo tesoro.
«Che state combinando?» la voce di Izo arriva nitidamente alle orecchie dei due, che si bloccano per la sorpresa «E quel coso?»
«Lui è il mio nuovo amico! Si chiama Pippiro!» Akemi si attacca al braccio di Ace, riuscendo a tirare finalmente giù il grande pupazzo e stringendolo con forza tra le braccia esili, immergendoci il viso.
«Che dici, fratello: ci aiuti con i libri?» gli domanda allegro Ace, mettendogli un braccio attorno alle spalle, notando con la coda dell'occhio lo sguardo di Akemi illuminarsi a quelle parole.
Pure Izo se ne accorge, e in maniera quasi impercettibile annuisce, allungando una mano verso la bambina che l'afferra saldamento «Andiamo a spendere un po' di soldi!»

Libri di ogni argomentazione, volumi enormi che Ace non pensava nemmeno che potessero esistere, titoli assurdi che nessuno di loro avrebbe mai preso in considerazione, sono adesso dentro delle enormi buste che vengono trasportate sulla nave.
Il commerciante, non appena si è visto poggiare tutta quella valanga di libri sul bancone, aveva assunto un'aria talmente sorpresa e perplessa che Ace e Izo per poco non gli scoppiavano a ridere in faccia.
L'unico motivo per cui si sono astenuti, in realtà, era per il semplice fatto che non avevano idea di come trasportare tutta quella roba fin sulla nave. Motivo per cui Akemi è corsa lì nei dintorni alla ricerca di altri pirati, reclutandone a sufficienza corrompendoli con un paio di occhi dolci e supplichevoli.
«Non pensi di avere esagerato?» domanda con tono basito Fossa, alzando sei buste per aria contenenti libri di letteratura antica di cui ignorava allegramente l'esistenza.
«No!» trilla felice Akemi, trotterellando verso il porto con Pippiro stretto tra le braccia.
«Non li leggerai mai tutti.» scuote la testa Namyuul, comandante dell'ottava divisione, che è stato quasi trascinato di peso alla libreria.
«Ti sbagli! Io li leggerò tutti quanti e così saprò tutto!»
«Non puoi sapere tutto, Akemi.» si volta verso Marco, guardandolo con aria corrucciata e quasi offesa «È semplicemente impossibile. Puoi sapere molto, ma non tutto.»
«Ti sbagli.» soffia, incamminandosi impettita, ignorando le risatine dei compagni alle sue spalle «Dovessi impiegarci l'eternità, io saprò tutto!»
«E come pensi di poter diventare immortale?» la schernisce Speed Jil, il quattordicesimo comandante, attirando su di sé lo sguardo incredibilmente torvo della bambina.
«Pensi che in tutti quei libri non ci sia scritto il modo, fratello?» gli si avvicina piano, lo sguardo fisso nel suo, determinato come non mai, il pupazzone stretto tra le braccia «Io esigo la conoscenza assoluta, Jil, e dovessi vendere l'anima al diavolo la otterrò.»
I vari pirati si lanciano uno sguardo perplesso, non capendo se sia seria e se si renda realmente conto di quanto dice, osservandola poi mentre trotterella allegra e spensierata verso l'imponente nave, pronta a mostrare il suo nuovo amico inanimato al padre.
«Quella ragazzina non ha tutte le rotelle che girano nel verso giusto.» scuote piano la testa, Marco, incamminandosi a sua volta, pronto a bere qualcosa di incredibilmente gelido per combattere l'afa che lo sta facendo impazzire, anche a costo di beccarsi una terribile congestione.

«Babbo! Babbo!» Akemi schizza sul ponte elettrizzata, sventolando il pupazzo per aria e attirando inevitabilmente lo sguardo dei vari pirati che stanno caricando i rifornimenti.
Teach, come al solito, riesce ad afferrarla in tempo prima che si sfracelli al suolo, inciampata come sempre nei suoi stessi piedi.
La guarda con un sorriso benevolo in volto, cosa che però non riesce ad intenerire per niente Akemi.
«Guarda dove metti i piedi, mocciosetta. Rischi di farti male cadendo in continuazione!» il suo tono è gentile, così come lo è la carezza che le passa sulla testa corvina. Non ha niente contro di lei, anzi le è simpatica, malgrado gli faccia scherzi su scherzi. La chiama mocciosa solo perché la considera tale.
Akemi, in tutta risposta, gira sui tacchi e si rimette a correre a scavezzacollo verso il genitore, che le tende le braccia, sollevandola poi in aria e facendola ridere felice.
«Guarda che bello!» gli mostra con orgoglio il nuovo giocattolo, facendoglielo pure prendere in mano «Si chiama Pippiro! Ti piace?»
«Oh si, è molto carino.» Barbabianca non riesce a capacitarsi ancora dei suoi cambiamenti d'umore e di personalità: un minuto è dolce e infantile, quello dopo è dura e matura, mostrando pure un'intelligenza fuori dal comune per una bambinetta della sua età.
«Me l'ha comprato Ace.» lo informa, sistemandogli meglio il fiocco e cominciando a raccontargli minuziosamente la sua giornata, venendo però interrotta.
«Sei felice con i tuoi fratelli?» le domanda con tono lievemente rattristato, passandole una mano sulla testolina e guardandola con occhi velati di dolore, cosa che non sfugge ad Akemi.
«Certo papà, perché?»
L'uomo le sorride dolcemente, facendo spallucce e rimettendola a terra non appena arrivano gli altri, carichi di buste «È tutta roba tua?»
«Si! Ti avevo detto che avrei speso bene i tuoi soldini!»
Barbabianca scoppia a ridere, sorpreso per l'ennesima volta. Si aspettava di vederla tornare piena di giocattoli, vestiti e cose scintillanti, non di certo buste traboccanti di libri.
«Ora babbo scusami, ma li accompagno nella mia cabina. Non voglio che mettano in disordine!» detto questo scatta via, attaccandosi alla gamba di Namyuul e facendosi così condurre senza alcun spreco di energie fin dentro la sua cabina, dove le mollano senza tante cerimonie le buste in mezzo alla stanza, scappando a gambe levate prima che abbia qualche nuova idea malsana.
Mentre loro scappano, invece, qualcuno entra: Vista.
Osserva con sguardo vagamente sconcertato tutte le buste sparse un po' ovunque, decidendo però di accantonare la cosa e di darle il regalino che tiene ben nascosto dietro la schiena.
«Ehi, piccina!» Akemi gli si attacca alla vita, stritolandolo in un abbraccio affettuoso, dovuto all'eccitazione del momento. Non aveva mai ricevuto regali in vita sua, e adesso si sente la bambina più felice del pianeta.
«Ti ho preso una cosa.» l'avverte il pirata, sventolandole sotto al naso una bustina blu, lucida e rigida, sollevandola subito in aria per non fargliela prendere «Aspetta un secondo, mano lesta: come lo volevi te non l'ho trovato. Cioè, in realtà c'era, ma non ti avrebbe donato per niente. Quindi...»
Le fa un cenno con le dita di chiudere gli occhi, mettendole poi sulla testa quello che pensava fosse il più adatto a lei.
La prende piano per le spalle, conducendola davanti allo specchio nell'angolo della stanza e sussurrandole che finalmente può guardare.
Akemi spalanca gli occhi, un sorriso entusiasta le allarga le labbra, mostrando l'inquietante dentatura, mentre allunga piano le mani per sfiorare con la punta delle dita il bellissimo regalo: un cerchietto nero, con attaccato un piccolo cappello sul lato destro, anch'esso nero, con delle piccole piume e un velo corto che le cade su un occhio.
«Ti piace?» le domanda incerto, venendo nuovamente assalito e stritolato in un abbraccio che quasi gli toglie il respiro.
«Grazie! Grazie! Grazie!» urla a pieni polmoni, facendogli fischiare le orecchie, ma rendendolo incredibilmente felice.
Perché lui, come tutti gli altri, nutre nei suoi confronti un affetto paterno, oltre che fraterno. Vuole vederla felice, appagata, euforica. Vuole viziarla, crescerla, insegnarle quello che sa, lasciare una parte di sé in lei.
«Ti voglio bene, fratellone!» cinguetta, traboccando felicità dai luminosi occhi di ghiaccio, facendo sciogliere il cuore del comandante, che, dopo averle lasciato un delicato bacio tra i capelli, esce dalla sua stanza, con un sorriso fiero in volto.

I rifornimenti sono stati finalmente ultimati, i vari pirati si preparano per salpare di nuovo. In fondo l'unico motivo per cui il capitano aveva voluto attraccare era per andare all'ospedale, quindi ora non ha più motivo di restare.
Akemi ordina i nuovi acquisti nella sua stanza, sistemando con estrema cura e delicatezza l'enorme pupazzo sul letto, guardandolo con ammirazione e amore, decidendo di andare da Ace non appena avrà finito di mettere in ordine e di portargli i biscotti che tanto gli piacciono, quelli che tiene nascosti sotto al letto.
Nel frattempo, nella sala mensa, Ace, Marco, Vista, Izo e Jaws si rilassano seduti ad un tavolo, sorseggiando una bevanda fresca per combattere l'afa.
Sorridono debolmente in direzione di Satch, che va loro in contro con passo strascicato, passandosi una mano dietro al collo.
Lo guardano insospettiti da questo suo strano umore scuro, ma non fanno domande. Conoscendolo dirà da solo cosa lo preoccupa.
«Ho parlato con il babbo poco fa...»
«E...?» domanda Ace, chiedendosi cosa possa incupirlo così.
«E a quanto pare i medici non hanno idea di cosa si tratti. Eccetto una lieve anemia, Akemi non ha assolutamente niente di anomalo.»
Il gruppo rimane in silenzio, analizzando la risposta dell'amico e subito l'angoscia li assale, insieme ad una domanda che nessuno, eccetto Vista, ha il coraggio di fare ad alta voce.
«Quanto le rimane ancora?»
«E chi può dirlo?» mormora sconsolato Satch, passandosi le mani sul volto, con una morsa dolorosa che gli attanaglia il cuore.
Ace si toglie il cappello e lo poggia sul tavolo, rigirandosi distrattamente la cordicella tra le dita «Non voglio immaginare quanto soffrirà il babbo quando-» mormora abbattuto, venendo però interrotto da un alterato Izo.
«Non dirlo, Ace! Non voglio neanche pensarci!»
«Forse era meglio se la lasciavamo in mare...» mormora Marco, con tono triste, cosa a cui nessuno di loro in realtà bada, troppo presi dalla sua affermazione. Perché in realtà a Marco dispiace che sia malata, e ancor più gli dispiace per il dolore che da li a non molto pugnalerà il cuore del capitano.
'Cosa?' fuori dalla sala mensa, Akemi sta origliando la conversazione, ben nascosta dietro la porta. Aveva intenzione di portare i biscotti ad Ace per ringraziarlo, ma quando si è accorta che stavano parlando di lei ha deciso di ascoltare quanto si stavano dicendo senza interromperli, spinta da una malsana curiosità.
Ma quella conversazione sta prendendo una piega inaspettata, che le impedisce di muoversi per andare a chiedere spiegazioni.
«Ma cosa cazzo vai dicendo, Marco?!» tuona Satch, innervosito come forse non lo avevano mai visto.
«Sei un'insensibile del cazzo!» rincara la dose Izo, incenerendolo con lo sguardo.
«Non è questione di essere insensibile o meno, Izo. È questione che le avremmo risparmiato una vita diversa e sicuramente difficile. Perché anche voi lo sapete che per lei sarà difficile stare a questo mondo, doversi adattare ogni singolo giorno ad un nuovo cambiamento del proprio corpo, vivere con la consapevolezza di essere diversa e di avere una vita breve, avere la consapevolezza che non potrà mai avere le cose come gli altri!» si difende prontamente la Fenice, alzando involontariamente la voce e sentendo una strana sensazione riempirgli il cuore. Non è rabbia, non è tristezza, neanche angoscia. È qualcosa che non riesce a catalogare ma che comunque lo sta destabilizzando profondamente.
Gli altri comandanti analizzano la sua risposta, senza però riuscire a dargli ragione. Ace in particolar modo non riesce a credere a quanto ha appena detto, convinto che proprio perché la sua è una situazione difficile loro debbano starle ancora più vicini e aiutarla ad essere felice.
«Forse i genitori lo sapevano e per questo l'hanno buttata in mare...» mormora Satch, distogliendolo dai suoi pensieri e facendogli provare un forte senso di rabbia.
«Se fosse così, erano solo due animali senz'anima che non meritavano minimamente un dono così speciale.» ringhia Jaws, consapevole di come ci si senta ad essere abbandonati dai genitori, addolorato per tutta quella situazione.
Un rumore all'esterno della stanza, seguito da un sonoro brontolio di uno dei loro compagni, attira la loro attenzione e, inspiegabilmente, Ace si alza per andare a controllare.
Non sa perché lo fa, ma la sensazione che sia successo qualcosa di sbagliato lo agita incredibilmente.
Sensazione che si rivela fondata, quando uscendo trova i biscotti di Akemi sparsi a terra e delle gocce scarlatte che lasciano una scia che porta fin sul ponte.
«CAZZO!» urla, scattando in avanti, venendo prontamente seguito dai fratelli, allarmati da questo suo improvviso cambiamento d'umore.
«Ace, che è successo?» gli urla dietro Vista, stringendo le dita attorno ad una sciabola in un gesto automatico ed involontario.
«Akemi! Ha sentito tutto!» urla agitato, saltando agilmente giù dalla nave e atterrando con grazia sulle travi di legno del ponte del porto, cominciando subito a correre verso l'interno dell'isola.
Gli altri lo seguono, imprecando a denti stretti, correndo a loro volta e dando l'allarme, sperando di riuscire a trovarla al più presto.

Corre con tutte le forze che ha, raggiungendo una velocità tale che nessuno riuscirebbe ad eguagliare.
Calde lacrime le rigano il volto pallido, lasciando delle lunghe scie rosse.
'Mi hanno ingannata...' pensa, scappando da tutto e tutti, inoltrandosi nella vegetazione più scura.
'Mi hanno abbandonata... non mi volevano.' una fitta al cuore le fa annebbiare per un attimo la vista, la piccola 'M' dietro al suo collo comincia a bruciare, ma non ci bada. Niente è paragonabile al dolore che sta provando.
'Mi hai mentito, Satch. Io sono diversa, e pure i miei genitori lo sapevano. Mi hanno abbandonata per questo. Non mi volevano neanche loro.'
Sentendo i richiami dei fratelli in lontananza, accelera automaticamente il passo, senza sapere dove sta andando, evitando con cura di dirigersi verso le loro voci. Vuole nascondersi, vuole sparire.
'Sono sbagliata, sono un mostro.' cade a terra, la polvere che si solleva l'acceca per un breve istante. Sente nuovi rumori alle spalle, così si costringe a rialzarsi e ricominciare a correre, facendo battere a mille il cuore infranto.
'Perché continuare a vivere? Non ero voluta neanche quando sono venuta al mondo. Un errore, ecco cosa sono.
Ma perché prendermi? Avrebbero potuto benissimo lasciarmi in mare, in quella cesta, a morire come sarebbe dovuto essere. Se volevano eliminarmi, c'era una ragione.'
La mente è offuscata da quel dolore, dalla consapevolezza che sia stata abbandonata, rifiutata, tradita da coloro che l'hanno messa al mondo.
Si domanda dove siano, chi siano, se pensano a lei, se sono pentiti della loro scelta, capendo che ovviamente non è così. Perché mai abbandonarla sennò?
Prova una nuova fitta al cuore, come una pugnalata, che lacera i tessuti e lascia scorrere il sangue, dolorosamente.
'Perché? Perché sono ancora qui? Perché non mi avete ignorata? Sarebbe stato giusto.'
Ma per quanto il dolore per quella scoperta sia straziante, per quanto sia convinta di essere sbagliata, un mostro, non riesce a non domandarsi perché Barbabianca abbia deciso di tenerla, di salvarla dal freddo abbraccio della morte.
Se lo domanda e non riesce a trovare una risposta, neanche la più semplice, non riuscendo neanche più a pensare che loro le vogliano davvero bene, che la considerino parte della loro grande famiglia, che stiano soffrendo per la sua fuga, che siano in pensiero per lei.
Non ci riesce.
'Vi facevo pena, forse? Non voglio la vostra compassione. Voglio solo quello che hanno tutti, voglio una vita come gli altri.
Lo avete detto anche prima, però, che non sarà così. Io morirò, presto. Pensate forse che non mi sia accorta di niente? Pensate che sia così cieca ed ingenua? Ho visto che i vestiti mi vanno stretti dopo poco, ho visto che cresco troppo velocemente, ho visto che sono diversa da tutti voi. Sono sbagliata, qualcosa di malriuscito che a quanto sembra non doveva avere neanche il diritto di provare a vivere.
Ma perché allora voi me l'avete permesso? Mi avete condannata... e mi avete mentito. Vi siete fatti chiamare fratello e padre, vi siete presi gioco di me.
Dovevate dirmelo, non appena ho cominciato a parlare e capire. Dovevate prendermi e dirmi 'Ehi, Akemi, sei una bastarda venuta dal marÈ. Avrebbe fatto male, ma non come ora.'
I polmoni le bruciano per lo sforzo, il cuore potrebbe sfondarle la cassa toracica da un momento all'altro da quanto batte forte, la testa le gira, le lacrime sgorgano incontrollate.
Continua a farsi domande, continua a cercare risposte che sa di non poter trovare, continua a convincersi di essere un errore, di non meritare la vita.
Ma poi nella sua mente una serie di immagini, di ricordi, prendono forma, nitidi e luminosi. Il sorriso contagioso di Ace quando la vede, gli abbracci dolci e protettivi di Satch, le premure di Vista, gli insegnamenti di Marco, gli sguardi colmi di un amore smisurato di Barbabianca.
Li vede, li sente, e tutto diventa chiaro.
'Loro mi vogliono bene...' rallenta la sua corsa, senza però fermarsi ancora.
Le immagini scorrono, il cuore si riempie di una speranza, il cuore lentamente si scongela, rimargina le ferite, senza però cancellare le cicatrici.
'Anche se sono un errore, se sono fatta male, se sono difettosa? Mi volete bene, incondizionatamente? Pensate davvero che io sia vostra sorella? Pensi davvero, babbo, che io sia come una figlia per te? Non ti stancherai delle mie stranezze? Non arriverai al punto che dirai 'Basta, è troppo complicata, ributtatela in marÈ? Non mi abbandonerai anche tu?'
L'immagine dell'imponente uomo che la tiene sulla sua gamba, che le carezza la schiena e l'aiuta con le sue letture, o che le tiene una mano mentre è stesa sul lettino dell'infermeria con degli aghi nelle vene, le folgora il cervello.
Così capisce, capisce che le vuole bene sul serio, che non la lascerà andare, che le starà vicino finché il suo cuore malato riuscirà a battere, finché non esalerà l'ultimo respiro, tenendole la mano e accompagnandola nella sua strada.
Arresta finalmente la sua corsa, di colpo, rendendosi conto che non ha idea di dove sia finita, che non sente più la presenza degli altri, che è sola.
La paura la confonde, la paralizza. Non sa come tornare indietro, non sa come chiamare aiuto.
'Babbo...'
La speranza che la stiano ancora cercando, che continueranno finché non l'avranno portata sulla nave al sicuro, le riempie il cuore, rassicurandola un poco.
'Meglio se non mi allontano più...' pensa, mettendosi seduta con le spalle poggiate contro un grosso masso, stringendo le gambe al petto e nascondendo il viso tra le ginocchia, respirando piano, sperando di essere trovata.
Rimane immobile per una decina di minuti, accovacciata su sé stessa, con mille pensieri ad affollarle la mente, finché lo scricchiolio di rametti spezzati attira la sua attenzione.
Un odore nuovo, forte e mai sentito prima di allora, le arriva alle narici, accendendo in lei un campanello di allarme che la fa completamente paralizzare.
Non ha idea del perché il suo corpo sia bloccato, non ha idea del perché ha il respiro spezzato e neanche perché il suo cuore è completamente avvolto dalla paura, ma è ben consapevole che qualcosa di brutto sta per accadere, e tutto solo per quell'odore.
Dopo una manciata di secondi, due ragazzi escono dalla vegetazione con passo lento e calcolato, muovendosi in completa sincronia.
Quello più avanti ha una corporatura più massiccia rispetto al primo, la pelle olivastra, i capelli scuri che gli ricadono sul collo e sulla fronte, che mettono in risalto gli occhi dorati, e due vistosi tatuaggi: uno sul braccio destro, un tribale di un blu acceso, il secondo è su tutto il busto, raffigurante una specie di animale, una bestia simile ad un cane, senza coda e molto più mostruoso.
Il secondo invece ha i capelli sfilati di un dolce color rame, e anche lui ha gli occhi di un insolito color oro, anche se al contrario del primo è leggermente più basso e con il fisico slanciato, con la pelle più chiara, e con il tatuaggio posizionato su tutta la schiena. Entrambi indossano solo un paio di pantaloni di pelle nera a vita bassa, così da poter mostrare con fierezza i corpi scolpiti e le cicatrici di guerra che portano con orgoglio.
Il più giovane, quello con i capelli ramati, si avvicina ad Akemi con un paio di falcate, guardandola con una strana luce ad illuminargli gli occhi, come un predatore famelico che ha appena messo in trappola la preda «Ma guarda un po', fratello: l'agnellino si è allontanato dal gregge!» esclama con una certa nota di allegria, voltando un poco il capo verso l'altro, con un ghigno perverso ad increspargli le labbra sottili.
«Ed è finito in mezzo ai lupi...» il secondo è fermo, i muscoli tesi e gli occhi fiammeggianti puntati sul corpo tremante della bambina.
«Chi siete?» mormora con un filo di voce, pentendosi con tutta sé stessa di essersi allontanata così tanto da sola.
«Non ha importanza...» le risponde brusco il castano, facendo sghignazzare il fratello, che ancora studia nel dettaglio Akemi.
«Devo ammettere che la somiglianza è impressionante.» ammette infatti piegando un poco la testa da un lato, guardandola ora con una certa curiosità.
«Non è il momento per perdersi in inutili chiacchiere, fratello. Il nostro Signore la sta aspettando.» lo riprende bruscamente, quasi ringhiando. Ha fretta, vuole chiudere quella faccenda e tornare a casa. Non è più abituato ormai a girare liberamente per le varie isole, si sente quasi perso.
Il minore gli lancia un'occhiata scocciata, desideroso al contrario di divertirsi un po' prima di far rientro, ma velocemente si arrende sbuffando sonoramente, raggiungendo Akemi con pochi passi e afferrandola con una certa delicatezza per il polso.
Ovviamente però la bambina non è dell'idea di farsi mettere le mani addosso dai due estranei, e subito comincia a dimenarsi come un anguilla, tirandogli dei poderosi pugni nel braccio.
«No, lasciami!»
Il ragazzo si ritrova per un attimo costretto a mollare la presa quando Akemi gli artiglia il braccio, squarciandogli la pelle quasi fino all'osso.
«È forzuta la creatura!» ringhia a denti stretti, abbandonando tutta la sua delicatezza e piantandole a propria volta gli artigli neri nella spalla, facendola urlare di dolore.
«Non farle male.» lo riprende con tono annoiato il maggiore, restando con le braccia incrociate al petto e guardando il fratello con aria disinteressata «Non te lo perdonerebbe facilmente.»
«Afferrala tu, allora!» gli ringhia contro, assai innervosito, mentre un ringhio forte e minaccioso gli risale su per la gola «Smettila di graffiarmi, porca puttana!» le urla contro, graffiandole con cattiveria il petto per spaventarla quel tanto che basta per farla paralizzare.
Ma qualcosa non quadra: il taglio che Akemi gli ha precedentemente lasciato sul braccio non guarisce come dovrebbe, le forze lentamente vanno scemando, la testa comincia a fargli male e la vista ad offuscarsi.
Involontariamente lascia la presa su Akemi e si accascia al suolo, respirando affannosamente, lasciandole così il tempo di scappare.
«Merda...» mormora, tenendosi una mano sul braccio ferito e mugolando per l'insopportabile bruciore.
«Geri, che ti succede?» il fratello, preoccupato per la strana reazione, si inginocchia al suo fianco e gli mette una mano al lato del viso per poterlo guardare negli occhi.
«Non lo so... non ho le forze per stare in piedi...» ansima in risposta, mentre una forte nausea gli ribalta lo stomaco «Freki...»
«Resta fermo qui, la prendo e ti porto al sicuro.» lo rassicura il fratello, trascinandolo con delicatezza fin sotto ad un cespuglio per poterlo nascondere, mettendogli in mano una pistola per sicurezza «Tieni questa.»
Detto questo sparisce velocemente dentro la fitta vegetazione, correndo dietro all'inconfondibile odore che la bambina si è lasciata dietro di sé. Un ghigno sadico gli increspa le labbra mentre l'adrenalina dovuta alla caccia gli fa vibrare il cuore.
Akemi continua a correre terrorizzata verso la costa, sperando di incontrare qualche membro della ciurma sulla sua strada. Magari proprio il capitano, colui che sicuramente più degli altri farebbe tremare i suoi aggressori.
«È inutile che scappi...» la voce di Freki le arriva alle orecchie nitidamente, facendole aumentare involontariamente il passo «Non puoi sfuggirmi...»
Corre con quanta più forza può, quasi senza respirare, con il cuore che le batte all'impazzata e la consapevolezza agghiacciante che il nemico è vicino a lei, che la sta braccando, come un predatore che punta la preda indifesa, quando, con sua somma gioia, nota non troppo lontano l'inconfondibile capigliatura del primo comandante.
«MARCO!» urla con tutta l'aria che ha nei polmoni, correndogli incontro fino a finirgli tra le braccia.
Marco l'afferra saldamente per le spalle, staccandosela di dosso e puntando gli occhi nei suoi, furibondo «Che diavolo ti è saltato in mente, si può sapere?! Il babbo è preoccupato a morte!» le urla contro, notando solo in seguito i profondi solchi nella spalla e il graffio sul petto «Chi ti ha fatto questo?» mormora con un filo di voce, permettendole di stringerlo e lasciandola piangere tra le sue braccia, con un misto di preoccupazione e rabbia nera che gli invadono il cuore.
«Uhhh, Marco la Fenice... era da tempo che fremevo dalla voglia di incontrare un pirata degno di nota.» il diretto interessato volta di scatto la testa, trovandosi di fronte ad un ragazzo che lo guarda con un sorriso strafottente sulle labbra, poggiato con disinvoltura alla corteccia di un albero.
«Akemi, è stato lui a farti questo?» ringhia, livido di rabbia, stringendo automaticamente le braccia attorno al corpo tremante della bambina, che nega quasi impercettibilmente con la testa.
«Come l'hai chiamata?» domanda con tono sorpreso Freki, guardandolo per una frazione di secondo con espressione scocciata, per poi ricomporsi e sorridere di nuovo «Non importa. Comunque no, Fenice. Io avrei fatto molto peggio di così, te lo posso garantire.»
«Ti consiglio caldamente di andartene. Ora.» si alza con un movimento fluido e lento, Marco, portandosi la bambina alle spalle e guardando l'avversario con una rabbia che non credeva neanche di poter provare.
«Sennò che mi fai?» Freki freme dalla voglia di attaccarlo, di farlo a pezzi e di riportare il bottino al suo Signore, ma quando nota le fiamme blu ricoprire il braccio del pirata comprende che la situazione è ben più complicata del previsto.
Ma non si arrende, non lo farebbe mai.
Scatta in avanti velocemente, più di quanto Marco potesse prevedere, e con una forza brutale gli artiglia il busto, squarciandolo dalla spalla sinistra fino al fianco destro, atterrandolo.
'Neanche tu puoi niente contro di me!' ghigna vittorioso, avvicinandosi con passo deciso verso Akemi, seduta a terra, tremante «Non fare storie adesso.»
È convinto di aver vinto, di essere superiore a tutto e tutti, ma questa volta la sua superbia gli gioca un brutto tiro, facendogli sorprendentemente sottovalutare l'avversario, che lo ha prontamente calciato indietro prima che potesse mettere le mani sulla bambina.
Il suo addome è orribilmente ustionato, il dolore gli annebbia la vista, e il terrore gli invade la mente.
'Non guarisco, cazzo!' si alza a fatica, venendo però ributtato a terra da un pugno ben assestato in pieno volto.
In tanti anni non aveva mai combattuto senza il sostegno del fratello, e solo in quel momento si rende conto di quanto per lui sia necessario.
'Devo ritirarmi...' con tutte le sue forze artiglia una gamba al pirata con uno scatto fulmineo, recidendogli i tendini dietro al ginocchio, riuscendo così a sgusciare a debita distanza prima che si riprenda.
«Non finisce qui...» mormora furioso, sia con sé stesso che con i due, lanciando a terra una piccola capsula scura, creando così una densa nube di fumo scuro che gli permette la fuga.
«Ci incontreremo di nuovo, Akemi...» l'eco della sua voce arriva nitido alle orecchie dei due, che però tirano un sospiro di sollievo per aver scampato il pericolo.
Marco osserva con attenzione il circondario, pronto ad un eventuale attacco, ma si rende presto conto che sono rimasti soli.
Si gira così verso di lei, guardandola con sguardo triste e preoccupato, avvicinandosi lentamente e piegandosi fino a raggiungere il suo volto imbrattato si sangue.
«Tutto bene?» le passa una mano sulla testa con quanta più delicatezza può, venendo però scansato bruscamente.
«NO! Non va bene per niente!» gli urla contro Akemi, strisciando indietro di scatto e alzandosi in piedi, traballante, guardandolo con gli occhi pieni di lacrime scarlatte «Perché non me lo avete detto subito?!»
Si guardano negli occhi per un tempo che pare infinito per entrambi, e alla fine Marco si trova a sussurrare un semplice «Non lo so...», che fa arrabbiare ancora di più Akemi, che ora non riesce più a trattenere le lacrime.
Purtroppo, però, è vero: neanche Marco sa perché nessuno le ha detto che era stata trovata in mare.
'Siamo stati degli idioti a non pensarci... e a credere che lo sapesse.'
Le si avvicina cautamente, riuscendo in fine ad afferrarla per un braccio e tirarla verso di sé, stringendola in un abbraccio protettivo che riesce a rilassare il corpo tremante della bambina.
Le carezza piano la testa, stringendola e lasciandola piangere, senza accennare neanche per un istante a volerla lasciare andare, comprendendo finalmente l'affetto dei suoi fratelli nei suoi confronti.
«Forza, non piangere...» mormora con tono pacato, alzandole il viso tenendole due dita sotto al mento «Sei molto più carina quando sorridi, sai?»
Akemi lo guarda con sguardo addolorato, perso e spaventato, e in poco si ritrova costretta ad abbassare lo sguardo, incapace di sostenere quello fermo e deciso del pirata «Ho paura, Marco...» pigola con voce spezzata, tirando su col naso «Perché mi volevano portare via?»
«Non lo so...» una fitta di rabbia gli trapassa il cuore, facendogli provare il forte e quasi irresistibile desiderio di lasciarla lì per inseguire quel bastardo, ma nel momento esatto in cui i suoi occhi incrociano quelli cristallini ed impauriti della minore, quel senso di rabbia viene sostituito da uno ancora più forte di protezione «Ma una cosa la so per certa, Akemi: tu non devi avere paura, perché non permetteremo a nessuno di farti del male. Hai capito bene? Non ti faranno mai del male. Mai

Dopo averla consolata ed essersela caricata in braccio, Marco torna con passo calmo fino alla nave, dove trova gli altri comandanti a sbraitare ordini ai loro sottoposti al fine di trovarla.
«Non ce n'è più bisogno.» li avverte con tono pacato, sorridendo appena, tenendo Akemi stretta a sé, passandole delicatamente una mano sulla schiena.
'Finalmente ha smesso di tremare.'
I vari pirati gli corrono incontro e Satch, senza tante storie, gli strappa la bambina dalle braccia, soffocandola in un abbraccio.
«Non farlo mai più, Akemi. Mai.» trattiene a stento delle lacrime di gioia, immergendo il viso nei suoi capelli corvini, non permettendo a nessuno di portargliela via. È sua, la sua sorellina, nessuno ha il permesso di toccarla.
Nessuno, eccetto una persona.
«Akemi.»
La bambina alza piano gli occhi, incrociando quelli tristi del capitano, fermo e statuario di fronte a lei.
Nuove lacrime le rigano le guance ancora sporche, e in un gesto automatico allunga le braccia in sua direzione, chiedendogli silenziosamente scusa per averlo fatto preoccupare, per essere scappata così, stringendosi a lui con tutte le sue forze, piangendo sulla sua spalla, tremando.
Barbabianca la stringe con forza, il cuore oppresso dalla paura di aver perso la sua fiducia, il suo amore.
«Babbo...» nel sentirgli nominare quella semplice ma importante parola stringe ulteriormente la presa, guardando con sollievo i figli, soffermandosi su Marco.
Non sa neanche come ringraziarlo per averla trovata e riportata a lui, sana e salva, ma qualcosa nel suo sguardo gli fa capire che qualcosa è andato storto, motivo per cui più tardi ci parlerà in privato.
«Scusami babbo...» pigola Akemi, riportandolo alla realtà.
Gira un poco la testa per cercare i suoi occhi, trovandoli immediatamente, malinconici come mai li aveva visti.
«Scusami te, piccina. Dovevamo dirti subito la verità...» non molla la presa neanche per un istante, senza staccare gli occhi dai suoi, passandole una mano sulla testa con incredibils dolcezza e delicatezza.
Akemi lo fissa a sua volta, leggendo nitidamente i sentimenti dell'uomo nei suoi occhi, decidendo però di togliersi ogni dubbio «Non mi abbandonerai mai?»
L'imperatore sgrana lievemente gli occhi, sorprendendosi di quella domanda, sciogliendosi in poco e sorridendole dolcemente, lasciandole un vaporoso bacio sulla fronte «Tu sei mia figlia, Akemi. Darei la mia vita per te, e voglio vedere ogni giorno il tuo sorriso, sapere che ti sto dando una vita piena e felice. Voglio solo il meglio per te.»
I vari pirati lo guardano commossi, consapevoli che quei sentimenti così forti valgono anche per loro, ringraziando silenziosamente per aver avuto la grande fortuna di incontrarlo e di poter ricevere il grande dono di una famiglia e di un affetto così incondizionato.
«Io ti voglio veramente bene, Akemi, e spero con tutto me stesso che tu riesca a considerarmi ancora tuo padre.»
Akemi si stringe ulteriormente a lui, immergendo il visetto nel suo petto, con un macigno in meno sul cuore, adesso colmo di gioia e di speranza.
«Ti voglio bene, papà.»
'Forse, tutto sommato, così sbagliata non sono...'


«Il capo ci spaccherà il culo...» borbotta Geri, tenendosi una mano sugli occhi per ripararli dalla luce incredibilmente fastidiosa.
Freki, al suo fianco, continua a spalmarsi un unguento dall'odore forte e penetrante sull'addome ferito, ringhiando a denti stretti per il dolore che quel semplice gesto gli provoca.
«Da quant'è che non venivamo sconfitti?» domanda subito dopo Geri, ridacchiando appena, divertito da quella situazione per loro assurda.
Lentamente il medicinale che gli ha somministrato il fratello fa effetto, attenuando la nausea e le fitte alla testa, donandogli un minimo di sollievo.
«Da quando ci siamo scontrati con la strega.» ringhia in risposta l'altro, pentendosi immediatamente per aver usato un tono così duro con il minore. Dentro non riesce a perdonarsi di non averlo aiutato, anche se non gli viene fatto pesare nulla.
«Ti sbagli, Freki. Noi non abbiamo combattuto con lei, ma con il suo fedele cucciolotto, ricordi? Cazzo, non scorderò mai le botte che ci diede. Forse è addirittura più forte del nostro Signore!»
«Non dire puttanate, Geri. Nessuno è più forte di lui, neanche il capitano dello stronzo che mi ha fatto questo.» borbotta con tono infastidito, indicandosi l'addome sfregiato.
Geri scoppia in una grossa risata, ignorando il dolore che ciò gli provoca un po' ovunque «Un piccione blu ti ha fatto il culo!»
«Sta zitto.»
«Ti prenderanno tutti in giro!»
«Sta zitto!»
«Per il prossimo decennio, quando meno, sei fregato!»
«GERI!» i due si guardano dritti negli occhi per un breve istante, dove il minore non mostra il minimo senso di timore. Sa bene che Freki non gli farebbe mai del male, quindi non ha motivo di preoccuparsi, al contrario di chiunque altro.
Rimangono in silenzio per qualche minuto, pensando ognuno ai fatti propri, finché Geri non rompe quel rilassante silenzio «Comunque, devi ammetterlo: la somiglianza è sorprendente!»
Freki ridacchia appena, sorprendendosi per l'incapacità del fratello di restare serio per più di cinque secondi di fila e passandosi una mano sul volto con aria sconsolata.
«Pensi che manderà qualcun altro, adesso?»
«Non lo so, Geri. Può darsi.» ammette tranquillo, sdraiandosi al suo fianco e chiudendo gli occhi, più che intenzionato a riposarsi prima di ripartire «In ogni caso, presto o tardi, sarà lei a cercare noi.»
«Dici?»
«Ovviamente, fratello; la situazione diverrà così insostenibile per lei che non potrà farne a meno.» un sorrisetto divertito gli si allarga sul viso, tanto inquietante da far rabbrividire «I mostri stanno sempre con i mostri.»




Angolo dell'autrice:
Io mi devo dare una calmata. Assolutamente!
Cioè, sono piena di idee, continuo a scrivere pezzi di capitoli a oltranza (non avete idea delle scene che ho già preparato... MUAHAHAH!), pubblico a raffica, mi gaso come una bestia ad ogni recensione e quindi aumento il ritmo fino a fondermi il cervello! Poi, cavolo, scrivo dei poemi, non dei capitoli! X'D
Ok. Basta. Calmiamoci almeno adesso. Basta figure di merda. (Sè... come se fosse possibile.)
Che ne pensate? Ammetto che ho avuto qualche difficoltà a scriverlo, non riuscendo a rendere a pieno le varie emozioni. Temo anche di aver reso la cosa in modo troppo superficiale, a dire il vero! >.<
Vabè, spero che comunque un po' vi sia piaciuto. C'ho messo un sacco d'impegno!
Come avete ben capito, adesso per Akemi e la ciurma iniziano le rogne. Tra la personalità ambigua della ragazzina, i suoi problemi fisici, gli psicotici che la cercano... insomma, per loro se ne vedranno delle belle. In realtà, per quanto ve ne possa fregare, tra non molto arriverà anche un altro significativo problema per due componenti della ciurma (uno immagino che lo immaginiate già, mentre l'altro... boh! xD).
Ma anche per Akemi i problemi sono solo all'inizio: incubi, malori e pazzi sono solo la punta dell'iceberg! Tra non molto entreranno in gioco i suoi di sentimenti. Sentimenti contrastanti che la faranno dannare e quasi uscire di senno.
Inolte in una recensione (GRAZIE Vivy y!♥) mi è stata fatta notare una cosa: nel secondo capitolo scrissi che Akemi cresce di due anni ogni giorno, ma quella era solo una supposizione delle infermiere. La sua crescita non ha un ritmo definito, ma è comunque legata ad un dettaglio che poi spiegherò in seguito. (In questa storia c'è tanto casino e mistero! YO!)
Ma vi sto rivelando sin troppo... penso sia meglio passare ad una cosa assai più importante di questi sproloqui senza senso: I RINGRAZIAMENTI!
Grazie per le magnifiche recensioni -giuro, le ho adorate!- di Vivi y, Lucyvanplet93, Monkey_D_Alyce, Okami D Anima, ankoku, Yellow Canadair e iaele santin.
Grazie anche a: ankoku, D_ann, Incantatrice_Violeta, Monkey_D_Alyce, Okami D Anima, Portuguese D Ice e Yellow Canadair per averla messa tra le preferite.
Balalaika_, Tanimura, Ikki, Kyuubi10, LallaOrlando, Mistery_Lawliet, Portuguese D Ice, Portuguese D Rogue, Puffetta96, Vivi y, Yellow Canadair, Zefiria BlackIce e _Takkun_ per averla messa tra le seguite.
Portuguese D Ice per averla messa tra le ricordate.
Davvero gente: GRAZIE MILLE DI CUORE! È solo grazie al vostro appoggio che riesco a scrivere questa storia! Senza di voi non riuscirei più a trovare tutta l'ispirazione e forse neanche la voglia. ;P
Beh, anche per questa volta vi saluto! Un bacione a tutti quanti, al prossimo capitolo!♥

PS: i nomi dei due cattivi non sono stati scelti a caso, ma hanno un significato per mirato ;)

  
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