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Autore: Odairs    16/01/2014    4 recensioni
E se..
Finnick non muore. Pensano che sia morto. Ma non muore. E ora, scoprirà di suo figlio? Dov'è finito?
Crossover Percy Jackson.
-Finnick è stato un amico, un marito, un figlio. Per questo oggi siamo qui a ricordarlo e a salutarlo per l’ultima volta. Finnick era una persona buona. Troppo buona. Con lui è morta anche una parte di noi. Non dimenticheremo mai il ragazzo dai capelli fulvi.
-Lui non era solo un Vincitore degli Hunger Games. Lui era anche una roccia ala quale tutti noi ci aggrappavamo, lui era una luce da seguire. Lui scaldava i cuori con il suo sorriso, e entrava ne cuore, era impossibile non volergli bene. Finnick era un leader. Finnick era gentile. Finnick era quasi un dio. D’ora in poi, conserveremo il suo ricordo nei nostri cuori.-
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Finnick Odair
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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-Dovrai smetterla prima o poi.-
Percy è seduto sugli spalti della grande arena circolare dove di solito i ragazzi del Campo si allenano con la spada. Sorseggia il suo bicchiere di nettare e ogni tanto sbuffa annoiato. Da quando ho iniziato ad allenarmi se ne sta lì seduto a lamentarsi e a correggermi quando sbaglio qualcosa.
-No, no, no, no! Più deciso nell’affondo. Cos’è quello schifo?- io cerco di ignorarlo e concentrarmi su i manichini, ma non appena ritrovo la concentrazione, Percy rovina tutto. È seccante.
-Sei deconcentrato, Finnick.- commenta infine, con nonchalance.
Abbasso la spada e mi volto verso di lui. –Tu dici?- rispondo, più acido di quanto vorrei.
Sorride e mi raggiunge. Dalla tasca tira fuori la sua penna a sfera, che in realtà sarebbe una spada, Vortice. La fa scattare e al posto della mina esce la lama di una spada.
-Ti faccio vedere una cosa.- dice, posizionandosi davanti a me. –Una tecnica di disarmo.-
-È difficile- sottolinea. -Me l’ha insegnata…- il suo volto si incupisce e abbassa lo sguardo –un mio vecchio amico.- la sua voce è quasi un sussurro. Sospira, e dopo qualche secondo alza la testa. –La maggior parte degli spadaccini deve faticare anni per impadronirsi di questa tecnica.-
Mi mostra la mossa a rallentatore e la mia spada cade a terra. Mi spiega cosa fare: piegare la lama dell’avversario con il piatto della spada e costringerlo a far cadere l’arma. Mentre ripete il procedimento a velocità diverse, afferro la borraccia a pochi passi da me per bere, e mi cospargo d’acqua tutto il corpo. Lo so che non è leale battere qualcuno sfruttando il fattore acqua, ma Percy è stato snervante durante il mio allenamento; si merita una bella lezione dal suo fratellone.
-Allora, hai capito?- a quanto pare, preso com’era dalla spiegazione della tecnica, non si è accorto del mio giochetto con l’acqua.
-Certo. Proviamo.- alzo la spada e mi metto in posizione. Percy si fa avanti, ma lo blocco facilmente. Affondo, ma lui riesce a spostarsi in tempo. Mi compiaccio nel vedere la sua espressione concentrata e in difficoltà. Sorrido lievemente, e lui torna alla carica. Ma mentre attacca di nuovo, provo la nuova tecnica di disarmo. La lama della mia spada colpisce la base di quella di Percy e io velocemente piego il polso, facendo leva verso il basso.
Percy guarda sorpreso la spada a terra, senza sapere cosa pensare, mentre la punta della mia lama è a pochi centimetri dal suo petto. Scoppio a ridere nel vedere la sua faccia e abbasso la spada.
-Ma come… ma come… T-tu come…?- si guarda intorno disorientato, e ad un certo punto il suo sguardo si ferma sulla borraccia. Guarda me, poi ancora la borraccia, poi ancora me, mentre io non riesco a smettere di ridere. All’improvviso spalanca la bocca indignato.
-Tu! Hai usato l’acqua! Non ci posso crede!- appena passa la sorpresa inizia a ridere anche lui –Sei un imbroglione, Fin! Per tutti gli dei, non vale!- ho le lacrime agli occhi mentre lui cerca di fare il finto offeso.
-Dai Percy, papà mi ha dato una mano. Scusa.- cerco di sembrare risentito ma non ci riesco, e finisco con il ridere ancora più forte.
-Oh, Fin! No! Che idiota che sei!- è evidentemente divertito, e non riesce a nasconderlo. –E non sederti di fianco a me a tavola stasera! Vai da Afrodite, stai meglio lì!- si giara e si dirige verso le capanne, continuando a blaterare qualcosa sul’ingiustizia di certi figli di Poseidone.
Lo raggiungo e li appoggio un braccio sulla spalla. Lui mi guarda storto ma scoppia a ridere.
-Fratellino, dobbiamo allenarci con la spada.- dico, cercando di essere serio –Siamo troppo imbranati.-
-Ma stai zitto.- risponde lui, ridendo ancora.
Camminiamo per qualche minuto restando in silenzio, se non per salutare qualcuno del Campo. Dopo tutto non è male qui. Gli alberi verdi, i prati immensi, le fragole rosse di Delfi, la Casa Grande… tutta la mia infanzia racchiusa in questa valle. La mia mente ripercorre tutte le ore passate ad allenarmi con la spada e il tridente, quando non esisteva altro all’infuori del Campo e degli Dèi.
-Finnick.- non c’è più traccia del divertimento di poco fa. –Io… beh, ecco… mi fa piacere che tu sia.. si, insomma, qui al Campo… di nuovo… e beh…- lo guardo perplesso.
-Finnick, io ti voglio bene.- ha i pugni chiusi e le braccia serrate lungo i fianchi. È rigido come un pezzo di  legno, ma è carino nel suo imbarazzo.
-Ci sono un sacco di ragazzi qui. Tutti hanno decine di fratelli qui al Campo. Le loro tavolate sono sempre piene. Io invece stavo sempre da solo. Certo, così non mancava la privacy, ma era brutto cenare senza compagnia. Per un po’ c’è stato Tyson, ma poi è andato da papà, e sono tornato alla mia vecchia solitudine. E adesso è bello sapere che c’è qualcuno nel letto affianco al mio.
-Lo so che non potrò mai sostituire Annie e il Campo non sarà il Distretto 4. Ma io ti voglio bene, e sei mio fratello. Vorrei che tu pensassi a me- volevo dire- a noi, come ad una famiglia.-
È chiaro che quelle parole gli costano fatica. Guardo il mio fratellino che trema come una foglia e si guarda le scarpe.
-Percy.- dico, cercando di fargli alzare la testa. Continua a guardare il suolo. –Percy, guardami.-
Lentamente alza il viso, e noto l’imbarazzo che gli copre gli occhi verdemare. Penso a cosa dire. O meglio, cerco le parole per dirgli quello che voglio dirgli.
-Percy, noi siamo una famiglia. Io, te, e…- non ricordo il nome del mio terzo fratello. Problemi semidivini.
-Tyson.- mi suggerisce Percy.
-Tyson.- ripeto annuendo. –Io, te, e Tyson. Siamo la famiglia delle Casa Tre. E nemmeno cento Annie potranno mai cambiare qualcosa. Quello che mi lega ad Annie, Percy, è un legame diverso da quello che mi lega a te. Non inferiore, non superiore. Diverso. Tu sei mio fratello.  Ti voglio bene. Non dimenticarlo, Perseus.-
Percy annuisce, e io lo abbraccio.
Però ha ragione. Non è bello cenare da solo, mentre le altre case hanno centinaia di fratelli intorno. So come ci si sente.
-Finnick- mi chiama appena sciolgo l’abbraccio. –Puoi sederti al tavolo. Non devi andare per forza da quelli di Afrodite. Sono insopportabili. E poi lasciano una scia di profumo nauseabonda.- rido.
-Beh, grazie, Percy. Su, andiamo. Ho voglia di zucchero. Tu non vuoi una zolletta di zucchero?.- gli scompiglio i capelli e insieme ci dirigiamo verso la Casa numero Tre. La nostra casa.
 
 
♦♦♦
 
 
Per un attimo mi sento a casa, nel Distretto 4. Le onde, il sole che batte, il vento che mi scompiglia i capelli. L’odore della brezza marina che mi invade le narici, quella sensazione di umido e di sale sulla pelle. Immagino Annie seduta accanto a me che gioca con una manciata di sabbia, nostro figlio che scorrazza tra le onde del mare a qualche metro da noi. Johanna dietro di lui che, anche se non vuole ammetterlo, si diverte con quel marmocchio.
Ma quando apro gli occhi non sono nel 4, ma a Long Island.
Mi alzo e mi stiracchio un po’, poi mi avvicino alla risacca. L’acqua va e viene, avanti e indietro, in un moto continuo, e mi sorprendo a restarne incantato dopo tutte le volte che l’ho osservata.
Alzo due dita della mano e lentamente un rivolo d’acqua sale fino alla mia fronte. Lo studio divertito. L’ultima volta che l’ho fatto avrò avuto dieci anni. Lo faccio volteggiare intorno a me, salire e scendere, finché non lo faccio ricadere in acqua.
Preso da un nuovo entusiasmo, di scatto tendo le braccia verso il cielo, e noto compiaciuto che l’acqua mi segue, creando un muro altro quasi cinque metri.  Rido mentre faccio cadere il muro e mi metto a giocare con nuove forme. Ora un cavallo acquatico sta galoppando introno a me, finché non si alza da terra e inizia a salire, su, verso il cielo. Poi si tramuta in un gabbiano che sorvola il mare, adesso un pesce che cade in acqua sbattendo la coda. Mi invento gli animali più impossibili e faccio loro fare le cose più impensabili. Mi rendo conto di sfiorare il limite dell’idiozia quando davanti a me compare un delfino con la permanente che balla il tip-tap.
-Un delfino che balla il tip-tap? Usi i tuoi poteri così?- una voce viene dal mare.
Senza nemmeno pensarci creo un getto d’acqua e lo scaglio con tutta la forza che ho nel corpo verso la voce. Si divide a metà, rotto da un secondo getto che viene nella direzione opposta. Faccio in temo a buttarmi di lato e l’acqua si staglia contro un albero a pochi metri, abbattendolo.
-Ehm… si.. era un po’ potente. Hai fatto bene a spostarti, Finnick.-
Giro di scatto la testa, e davanti a me trovo un signore con i pantaloni a bermuda color kaki e una camicia hawaiana che mi sorride. Sotto il cappello da pescatore spiccano gli occhi verdemare simbolo della mia famiglia divina.
-Pa-papà?- balbetto incerto. Annuisce e mi alzo togliendomi la sabbia dai vestiti e dai capelli.
-Ciao Finnick, è da tanto che non ci vediamo. L’ultima volta avevi dodici anni, se non sbaglio.-
-Già.- 
-Bene. Cosa hai fatto in tutti questi anni?-
Sorrido. Come se non lo sapesse, cosa ho fatto.
-Hunger Games. Avevo quattordici anni. Poi Capitol City mi ha obbligato a… come dire…  far compagnia ai suoi abitanti. A proposito, ringrazia Afrodite per questo. Credo ci sia il suo zampino.- Poseidone annuisce.
-Si, si, hai ragione. È colpa sua. Ma sai com’è fatta. Gli piaci. Sei un bel ragazzo. Tutto tua madre.- sorride affettuosamente.
-Si, mamma. Poi, beh, credevo fosse finita lì. Ma c’è stata l’Edizione della Memoria e niente, sono ritornato nell’Arena. Per la seconda volta. Ad uccidere i miei amici.- sento che il tono raffinato e provocante che ho di solito lascia spazio ad uno acido e amaro, in prefetto stile Katniss Everdeen.
-E, non so se hai saputo, mi sono sposato. Oh, lei è bellissima. Annie, si chiama.- sorrido anche io. –Ed è incinta! Aspetta un bambino! Il mio bambino! Ma non lo conoscerò mai, perché per lei io sono morto, come per tutto il resto del Paese. Morto, ancora prima di godermi il matrimonio. Si, dai, devo ammettere che mi sono divertito.- ribollo di rabbia.
-Mi dispiace.- dice Poseidone.
-Oh, no, io non credo.-
Teoricamente non si dovrebbe provocare un dio. Molti semidei si sono inimicati i loro parenti divini, infatti la maggior parte di loro ha avuto una pessima fine. Eppure non riesco a trattenere la rabbia che per troppo tempo mi sono tenuto dentro. Il non avere un padre, passare l’infanzia al Campo, e anche gli Hunger Games e quello che è venuto dopo. Sto scaricando tutto addosso a mio padre, anche se non è troppo furbo.
-Finnick, sono orgoglioso di te.- dice Poseidone, cambiando apposta discoro. -Sei uno dei semidei più coraggiosi della storia. Sarai leggenda. Tu e tuo fratello Percy fate onore alla casa di Poseidone. Tutti su nell’Olimpo parlano dei fratelli della Casa Tre.-
-Orgoglio, orgoglio, non sapete parlare d’altro voi dei!- rispondo ancora più amareggiato di prima. -Non voglio il tuo orgoglio, Poseidone. Un figlio non si cresce con l’orgoglio.- stringo i pugni lungo i fianchi e stringo i denti. –Ogni… ogni semidio in questo Campo non desidera nulla all’infuori dei suoi genitori riuniti. Vogliono solo il padre o la madre che non hanno mai avuto. Invece no, non possono, perché sono macchine da guerra allenate per portare gloria al genitore che probabilmente mai conosceranno.- ho perso tutta l'amarezza. La mia voce è solo un flebile sussurro malinconico.
-Io… l’unica cosa che voglio che mio figlio non cresca come sono cresciuto io. Senza padre. Tutti hanno bisogno di un padre. Ma non poso farci nulla.-
-Sono belle parole, Finnick. Ma non sei il primo che ha cercato di cambiare le carte in tavola. C’era un ragazzo, combatté contro l’Olimpo per i tuoi stessi motivi. Era accecato dalla sua ambizione, e le sue idee lo hanno portato alla morte.- sento un brivido che corre veloce lungo la mia schiena. -Ma stiamo facendo tutto il possibile perché le cose migliorino.-
Non so cosa rispondere. Passiamo qualche minuto in silenzio, solo le onde che si infrangono nella spiaggia come sottofondo.
-Perché.- dico ad un certo punto. –Perché hai mandato Percy a riportarmi a casa?-
-Il tuo difetto fatale, Finnick, è la grandezza. Non puoi vivere senza dimostrare quanto vali. Sei destinato a cose più grandi che fare il papà nell’anonimato di tutti.-
-E se io non lo volessi? Se io volessi essere il padre di mio figlio e non un eroe?-
-Ci sono cose che non si possono scegliere. Capitano e basta. Come un figlio, come un padre divino, come essere estratti agli Hunger Games. Ma non possiamo sapere cosa ci riserva il destino. Possiamo solo sperare che vada tutto per il meglio.-
-Lo vedrò mai?- Poseidone sospira.
-Spera per il meglio, figliolo-
Non è affatto rassicurante. Speravo in una predizione divina o qualcosa del genere. Ma almeno sono felice che ci abbia provato e che non sia corso via a bordo di un Ippocampo.
-Addio padre.- dico, lo sguardo fisso su quello di Poseidone.
-Arrivederci, figliolo.- e in meno di un secondo si tramuta in acqua e corre verso il mare.
 

 
♦♦♦
 

C’è sempre una gran confusione all’ora di cena. Le lamentele del tavolo di Ermes perché si sta troppo stretti, le canzoni del tavolo di Apollo, le urla belliche del tavolo di Ares, le moine e i pettegolezzi dal tavolo di Afrodite.
Io e Percy invece non parliamo. Di solito chiacchieriamo, ci raccontiamo qualcosa di divertente, ma oggi non sono del’umore adatto per scherzare, non dopo l’incontro di questo pomeriggio.
Percy invece è stranamente teso, fissa la carne alla griglia che ha nel piatto e a volte lancia sguardi furtivi al tavolo della Casa Sei. A quanto pare nemmeno lui ha voglia di parlare, e non voglio chiedergli cos’è successo.
-Un nuovo fratellino, Jackson?- una voce alle mie spalle. –Bello come il primo? O questo ha il naso all’incontrario? Se ce l’ha il naso, ovviamente.-
-Ciao Clarisse.- Percy guarda oltre le mie spalle e si sforza di sorridere, ma quello che dovrebbe essere un sorriso diventa una smorfia  storta. Appoggio la forchetta sul tavolo e mi giro verso la ragazza.
-Clarisse, quindi. Figlia di Ares, vero? – ammicco alla corpulenta ragazza e sfodero il sorrido più sensuale, lo stesso che faceva impazzire le donne e gli uomini di Capitol City, e vedo che arrossisce violentemente.
-Ma bene, un vero semidio.- sorride inclinando la testa. –Pensavo che Percy avesse solo fratelli… ocularmente svantaggiati o con qualche altra mancanza facciale.- agita su e giù la grossa mano davanti alla faccia.
-Cosa vuoi, Clarisse?- chiede Percy brusco, gli occhi di nuovo puntati sul piatto.
-Oh niente, niente. Solo presentarmi, pivello. Sono Clarisse La Rue e si, sono figlia di Ares. La preferita, tra le ragazze. Sai, non mi sorprende. Ho ucciso un Dragone nella Battaglia Finale. E sono la più forte, qui al Campo. Tu invece sei?-
-Finnick Odair.- sorride.
-Bene, Finnick. Ora, sono dispiaciuta per te, ma c’è una tradizione per i novellini appena arrivati al Campo, un giochino. Quindi..-
-Oh, andiamo, Clarisse!- Annabeth compare alle spalle della corpulenta ragazza, le braccia incrociate. –Vuoi davvero sottoporre Finnick alla Messa in Piega? Sarai anche grossa, ma lui è più  grosso. E poi, ti ricordi cosa è successo l’ultima volta che hai provato a dare il benvenuto ad un figlio di Poseidone?- vedo che lo sguardo passa da Clarisse a Percy, e i due sorridono scambiandosi un’occhiata complice.
-E comunque- dice Percy –Finnick è arrivato al campo la prima volta quando tuo padre e tua madre nemmeno si conoscevano.-
-Io non l’ho mai visto.-
-Se n’è andato- spiega Annabeth –poi è tornato.- O meglio, l’hanno fatto tornare vorrei specificare.
-Ma comunque non…-
-Clarisse, per favore, torna al tuo tavolo.- Annabeth la scansa con la mano e si siede accanto a me. Noto solo ora che stringe dei fogli.
-Non finisce qui, fratello del pivello.- mi dice, per poi voltarsi arrabbiata e tornate a grandi passi verso il suo tavolo. Percy la guarda e scrolla le spalle, per poi portare la sua attenzione ad Annabeth.
-Allora?- chiede, la fronte corrugata.
-Beh, si, se facciamo attenzione e siamo veloci, possiamo andare.-
-E cosa diciamo a Chirone?-
-Gli abbiamo mai detto dove andavamo, quando andavamo da qualche parte?- chiede Annabeth a Percy.
-No, ma era per una giusta causa, e abbiamo fatto stare meglio un mucchio di persone, quindi non ci poteva sgridare.-
-E questa non è una giusta causa?- chiede la bionda. -Non faremo stare meglio un mucchio di persone?- Percy annuisce, anche se mi sembra poco convinto. Non sto capendo assolutamente niente.
-E quando partiamo?- chiede mio fratello.
-Beh, stavo pensando che potremmo partire dopo la nascita. Possiamo tenerli d’occhio con l’iPhone, e quando vediamo che si è ripresa facciamo i bagagli e andiamo.- Annabeth sorride.
-Andare dove?- chiedo.
-Zitto, Finnick. Allora Percy, tra quanto secondo te?-
-Beh, siamo al campo da due settimane. Quindi direi che tra circa dieci mesi potrebbe essere pronta. Quanto ci mettete voi donne a riprendervi da certe cose? Un mese o due?-
-Non lo so, Percy.- dice Annabeht secca. –Fortunatamente noi stiamo attenti.-
Percy strabuzza gli occhi e diventa immediatamente rosso. Abbassa lo sguardo e torna  giocare con il cibo. Annabeth lo ignora e legge velocemente ciò che c’è scritto su i fogli.
-Ogni tanto ho usato l’iPhone, per sapere dove fosse e se fosse sicuro raggiungerla. È tornata a casa, e a quanto a pare non è circondata da telecamere o robe varie. Quindi se facciamo una capatina non dovrebbero scoprirci.-
-E con gli dei? Come la mettiamo?- Percy cerca di sembrare sciolto, ma è ancora imbarazzato.
-Perseus, non sono così stupida. Di sicuro Afrodite non vede l’ora, insomma, un amore proibito e clandestino. Sarà entusiasta. Era è la dea del matrimonio e della famiglia, non può essere contro. Una rimpatriata famigliare, anche lei non può lamentarsi.-
-Va bene, ma gli altri?-
-Ares non si metterà contro Afrodite, e Era è in rado di tenerli tutti in riga. Forse mia madre non sarà d’accordo, ma è un piano studiato nei minimi particolari, non può che essere fiera di me.- Annabeth sorride  leggermente.
-I nostri piani finiscono sempre male.-
-Abbi un po’ di fiducia, Testa d’Alghe. Abbiamo salvato l’Olimpo, non può essere più difficile.
Percy sospira, ma non ribatte.
-E ora, per favore- mi intrometto, al limite della sopportazione –Mi dite cosa avete in mente?-
-Finnick- Annabeth e Percy mi guardano. Non ho mia visto una figlia di Atena con un’espressione così dolce. –Ti portiamo da Annie.-

 
 
 
 
 
Amatemi. Me lo dovete.
Visto che tutti coloro che hanno recensito “Come Finnick non morì” mi hanno chiesto il seguito, li ho accontentati.
Visto che dovevo scrivere qualcosa che non fosse banale, ho cercato di inserire colpi di scena o momenti dolci tra i famigliari della Casa Tre.
Io non so cosa dire, se non che mi sono divertita tantissimo a immaginare le recensioni che riceverò. Quindi per favore lasciatemi qualcosa da leggere, e fatemi sapere cosa ne pensate.
Mi scuso se ci sono errori di battitura o cose varie, ma avevo talmente tanta voglia di pubblicarla che non l’ho nemmeno riletta (come sempre, dopotutto).
Beh, che dire ancora? Il prossimo capitolo arriverà… prima o poi… forse…
Un abbraccio e un bacio a tutti quelli che sono arrivati fino a qui.
Con Affetto,

 
  
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