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Autore: fremmy    16/01/2014    0 recensioni
Un tempo la razza umana poteva essere controllata, dominata, vi erano pochi individui evoluti ma col tempo iniziò a civilizzarsi, crescere e svilupparsi. Gli dei ne dovettero prelevare alcuni, collocandoli in un piccolo angolo terrestre, formando una cittadina, Greenway, invisibile al resto del mondo . Nessuno poteva entrare o uscire, nessuno poteva stabilire contatti con l'esterno. Nessuno poteva parlare, scrivere o fermarsi ad immaginare una vita diversa dalla propria, tutto doveva essere ordinato sotto la guida dei sacerdoti. Kàlima non tollerava più questa oppressione, desiderava avventure, desiderava sapere cosa si celava dietro le grandi mura...
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 5


Il caos regnava attorno a me, non riuscivo a distinguere le persone, mio padre sparì dal mio fianco, sperai che non si buttasse in quella mischia infernale. Ricevetti spintoni, caddi numerose volte per terra ma mi rialzai, volevo uscire dalla folla ma non riuscivo a capire dove dovevo andare, corsi a perdifiato, ignorai le urla, i botti, continuai a correre finché non mi ritrovai in una stradina deserta. Ero sconvolta, il cuore mi batteva fortissimo in petto fino a farmi pulsare le orecchie, ero senza fiato per la corsa ma dentro di me, più forte della stanchezza vi era un senso di oppressione e disgusto che cresceva sempre più e che sfociò dal mio corpo in numerose lacrime; caddi in ginocchio, facendomi trasportare dalla disperazione. Un rumore improvviso mi destò, in lontananza un'ombra, un uomo che si trascinava lungo le pareti, tenendo le mani in grembo, pochi passi e cadde per terra. Lo fissai per qualche istante o forse più, poi mi alzai e lo raggiunsi, gli girai la testa spostando i ciuffi corvini dal volto, era l'emissario. Rimasi pietrificata, era riuscito a scappare, nessuno lo aveva fermato, era combinato male, se non si sarebbe curato gli sarebbero rimasti pochi giorni di vita. Mi venne in mente Serena, lo sguardo che gli lanciò un'istante prima di morire, non potevo lasciarlo lì, lo dovevo aiutare, lo dovevo fare per Serena ma dovevo stare attenta, se mi scoprivano avrei fatto la loro stessa fine. Gli misi il mio giubbotto in testa e lo trascinai fino a casa, che fortunatamente era ancora vuota. Lo sdraiai per terra in bagno, era molto pesante, mi tremavano le braccia per la stanchezza, ma sapevo che era la cosa giusta da fare. Dovevo lavargli le ferite e bendarlo, cercai di svegliarlo ma era svenuto, iniziai a togliergli i vestiti, stando attenta a non denudarlo troppo o strofinandogli le ferite; riempii la vasca da bagno e lo immersi dentro, strofinai con delicatezza la sua pelle, non avevo mai toccato un uomo nudo, mi venne la pelle d'oca. Era alto e slanciato, e anche se il suo corpo era tumefatto si intravedevano i muscoli ben delineati, mi tremarono le mani incespicando in alcuni punti, arrossii ma decisi di andare avanti. Finito il bagno lo asciugai con accuratezza, massaggiandogli i capelli lisci e lucenti, misi del disinfettante sulle sue ferite che lo fecero leggermente muovere, fece una smorfia, un mugolio, aprì gli occhi, mi fissò, non sapevo che fare, continuai a disinfettargli le ferite e poi ad avvolgerlo con le bende << non so chi sei, ma grazie >> una voce vellutata quasi angelica uscì da quella bocca << ti ho trovato per strada, non mi andava lasciarti lì; conoscevo Serena, mi sembra giusto aiutarti, posso nasconderti in cantina per un po', ma poi devi andare via, non voglio passare dei guai >> gli si appannarono gli occhi quando nominai Serena e abbassò lo sguardo annuendo. Andai a cercare dei vestiti vecchi di mio padre che per fortuna gli vestivano a pennello e lo accompagnai in cantina << qui non scende mai nessuno, abbiamo una pila lì in fondo per lavarti e puoi crearti un giaciglio con le coperte che trovi, verrò a portarti del sapone, cambi puliti e cibo ogni giorno, quindi non uscire da qui se non ci sono io! Lo so che è poco ospitale ma non sapevo dove nasconderti >> dissi sorridendo, ma lui mi osservò con sguardo assente poi andò verso lo scaffale più a destra, prese delle coperte sistemandole strategicamente a terra formando un materasso ed un cuscino e vi si sedette sopra mettendo la testa fra le ginocchia. Non sapevo cosa dire o fare, quest'uomo aveva subito delle torture atroci, aveva perso tutto compreso la possibilità di scappare via facendosi una nuova vita, come avrei reagito al suo posto, cosa avrei fatto? Come mi sarei sentita a perdere l'amore della mia vita, mi sentì triste per lui, io non ero mai stata innamorata, non era nei miei interessi, ma non volevo passare la vita da sola. Mi avvicinai con discrezione, gli appoggiai una mano sulla spalla << mi spiace per Serena >> non riuscì a dire altro, ma cosa c'era da dire, quali parole potevano mai consolarlo o colmare quel vuoto; mi guardò negli occhi, li aveva arrossati e lucidi, stava trattenendo le lacrime, poi riabbassò la testa, non disse nulla, non parlò più. Decisi di lasciarlo solo, chiusi la cantina portando con me la chiave, volevo aiutarlo, non sembrava una cattiva persona, volevo scoprire che cosa stava accadendo.

Poche ore dopo la mia famiglia rientrò in casa, stavano discutendo animatamente, i gemelli appena mi videro mi saltarono addosso << hai saputo cos'è successo? Si sono dati un sacco di botte in centro >> << volevo esserci pure io, qua si divertono sempre senza di noi >> diedi un bacio sulla fronte di entrambi << non vi siete persi nulla >> , mamma entrò qualche secondo dopo, mi guardò stupita << sei a casa? >> mi abbracciò, << si, ho perso di vista papà, poi è successo quel che è successo ed ero troppo sconvolta >> << tu si che ragioni, quello stupido di tuo padre si è fatto menare per bene >> , vidi mio padre, con un grosso livido sull'occhio, un taglio sul labbro e una borsa del ghiaccio in testa, avevo lo sguardo sprizzante di gioia << non mi sono mai divertito così tanto! Avevo voglia di picchiare certe persone da un sacco di tempo >> << non c'è niente da ridere o scherzare Roghers, è stata una tragedia, quella povera ragazza! >> abbassammo tutti lo sguardo, << vado a preparare la cena >> << io non ho fame mamma, mi è passato l'appetito, vado a dormire, buona notte a tutti >> << notte tesoro >> . Volevo andare a controllare come stava l'emissario, ma con i miei non era una scelta arguta; aspettai nella mia stanza finché tutti non si furono addormentati, poi andai in cucina prendendo del pane e formaggio, del sapone e altri vestiti, scesi silenziosamente in cantina ma i gradini di legno scricchiolavano sotto il mio peso, sperai con tutto il cuore che tutti stessero dormendo. Lo trovai disteso sul giaciglio, forse dormiva, mi avvicinai lentamente posando il tutto accanto a lui, non si voltò, forse dormiva; lo richiusi dentro e salii in camera, questa volta per dormire veramente, la giornata era stata lunga e stancante, una strana sensazione mi pervase, la vita è così breve, fino a questa mattina Serena respirava quest'aria e adesso.. non dimenticherò mai ciò che ho visto oggi, mi raggomitolai nel tetto stringendo le coperte, pochi istanti e il dolce l'oblio mi portò fra le sue spire.


Ciao a tuttiii, ecco il quinto capitolo, l'ho scritto di getto quindi perdonate gli errori al più presto lo revisionerò. Spero che la storia vi stia coinvolgendo e incuriosendo, secondo me Kalimà si sta evolvendo caratterialmente e dentro di se stanno nascendo nuove consapevolezze. I prossimi due capitoli saranno quelli chiave, spero di scriverli più lunghetti, come sempre aspetto i vostri giudizi, mi farebbe piacere se qualcuno mi desse la sua impressione. Ho riscritto la trama della storia. A prestooo =)

   
 
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