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Autore: Rain Princess    26/01/2014    12 recensioni
Tempi moderni, ma la storia è sempre la stessa: l'orgoglio e il pregiudizio offuscano, oggi come 200 anni fa, la mente di Lizzie Bennett, psicologa in un consultorio, e di William Darcy, manager "scomodo". Il tutto condito con una strana commistione di personaggi e situazioni sospese tra l'antico e il moderno, tra le buone maniere e i social network.
Dal primo capitolo:
"... intanto, nella sua mente, questo “salvatore di aziende” prendeva le sembianze di un uomo sulla cinquantina, sovrappeso e con la giacca chiusa a malapena sulla pancia prominente, capelli sulla via del diradamento e baffi da tricheco, viscido e calcolatore. Magari anche un po’ maniaco. Sicuramente munito di ventiquattrore in cuoio marrone.
Sì, eccolo lì, lo poteva quasi vedere muoversi per la stanza."
Buona lettura!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elizabeth Bennet, Fitzwilliam Darcy, Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi di nuovo qua, dopo tanto anche stavolta.. Che sarà successo questa volta? Per fortuna niente di tragico, anzi, teoricamente dovrei essere quantomeno appagata, ma.. Beh, ho trovato un lavoro che mi sta portando via praticamente tutta la giornata, tutta la settimana. E allora? Festeggiamo! Ehm.. non del tutto visto che

       a) sono OVVIAMENTE sottopagata
       b) non è il lavoro dei miei sogni
       c) non ci si avvicina neanche lontanamente

Ma, nella fase storica in cui siamo, qualunque cosa permetta di mettere da parte una piccola somma va preso in considerazione, e allora piuttosto che la nullafacenza (che, credetemi, dopo i primi tempi non emoziona più come si può pensare) va bene tutto, anche il classico lavoro da neolaureato disoccupato. Esatto, proprio quello, avete capito bene. “Salve, sono X e la chiamo dalla Y, il Suo gestore telefonico”..
Mi sono ritrovata a fare questo lavoro e quindi, anche se non mi piace, me lo tengo, perché sto mettendo da parte soldini per dei progetti futuri :)
Questa è la storia di questo e dei prossimi ritardi biblici, anche se viaggio sempre col quaderno nella borsa e colgo ogni occasione per buttare giù due righe, abbiate fede in me.
Molte di voi mi hanno chiesto un altro incontro/scontro tra Liz e Mr Darcy.. Beh, mi dispiace dirvi che non lo troverete in questo capitolo, ma c’è un motivo e, secondo me, è più che valido! Leggete e fatemi sapere che ne pensate!

 
 




Capitolo 5

Lacrime e incontri
 


È una verità universalmente riconosciuta che ci sono degli incontri destinati a cambiarti la vita. Se in meglio o in peggio poi, è tutto da scoprire.
 

 
- Non ti credo Char, mi dispiace! – disse Liz alzando involontariamente la voce.
- Oh, ma andiamo Liz, fai sul serio?
- Sì Char! Non ho nessuna intenzione di fare il bis di sabato scorso! – sbottò Liz portandosi una mano sugli occhi.
- Ma ti ho detto che ci saranno solo i colleghi del mio ufficio!
- No, hai detto che tutti avrebbero portato qualcun altro e, con la fortuna che mi ritrovo ultimamente, mi becco di nuovo il tricheco tra i piedi! Una volta può capitare, due no! – mise il punto Liz. Davvero poteva fare a meno di incontrare di nuovo Mr Darcy, negli ultimi tre giorni aveva fatto in modo di uscire il meno possibile dal suo ufficio e solo quando era strettamente necessario, e così era riuscita ad evitare incontri spiacevoli. Andarsi a cercare un’occasione del genere sarebbe stato davvero stupido.
- Sì, è vero, l’ho detto, ma Julian porterà un’amica, nessun altro conosce il tuo capo, non ci sono possibilità che vi becchiate! – insistette Charlotte.
- Non fa niente Char, preferisco farne a meno, sul serio. E poi oggi ho un sacco di appuntamenti…
- Che poi, anche se lo incontrassi non è che dovresti stare lì a passare la serata con lui!
- Guarda Char, stavo pensando di prendere in considerazione la cosa, ma con questa affermazione ti sei bruciata anche l’ultima chance!
- Ma no, ma come?! Ah, accidenti a me!  - si maledisse Charlotte. – Vabbè Liz, fa’ come vuoi. Mi dispiace che ti perderai una bella serata, ci sarà tanta gente da conoscere, sarà divertente.
- Lo so Char, divertiti anche per me.
- Come vuoi, Liz. Buona serata allora. – chiuse Charlotte dispiaciuta.
- Anche a te, Char.
Liz ripose il cellulare nella borsa e tornò al suo lavoro. Aveva degli appunti su alcuni pazienti da riguardare, ma la telefonata con Charlotte continuava a risuonarle in testa. Aveva percepito il tono chiaramente deluso dell’amica, ma non se la sentiva di fare diversamente.
Guardò il calendario sulla sua scrivania: era già mercoledì, si chiese quando sarebbero arrivati i risultati delle analisi di Tess, Mark non le aveva fatto sapere ancora nulla.
Sospirò e tornò ai suoi appunti, ma invano. Dopo un paio di minuti si ritrovò a pensare di nuovo a Charlotte e alla situazione in generale: da quando in qua si lasciava condizionare dagli eventi? Da quando qualcuno aveva il potere di influire così sulla sua vita? Non c’erano riusciti i due ragazzi con cui aveva avuto una sottospecie di storia, come poteva consentire che un estraneo facesse la differenza? Lei era uno spirito libero, e l’uomo che l’avrebbe limitata non era ancora nato! Con un piglio fiero e combattivo, Liz afferrò di nuovo il cellulare e fece il numero di Charlotte. Mentre il telefono prendeva la linea e squillava, tamburellava con forza sul tavolo. Charlotte rispose al terzo squillo.
- Che cosa c’è, Liz? – rispose l’altra con un tono leggermente indispettito.
- A che ora è l’appuntamento? – chiese Liz fingendo uno sbuffo annoiato che camuffò la fitta per il senso di colpa.
- Che cosa? – quasi urlò l’amica dall’altro capo del telefono. –Hai cambiato idea?
La sua euforia era quasi tangibile anche attraverso il telefono.
- Sì che ho cambiato idea, scema! Allora, me lo vuoi dire a che ora dobbiamo uscire? O mi hai già rimpiazzata?
- Beh, – rispose Charlotte facendo un sospiro – ho una lista molto lunga di amiche che sarebbero più che felici di venire con me stasera, quindi…
Liz se la immaginò a ridere di lei mentre faceva la preziosa.
-Oh, andiamo Char! Ti compro un muffin al triplo cioccolato belga e un cappuccino da Café Nero per farmi perdonare, me lo dici l’orario di questo maledetto appuntamento?
- Due muffin, passo per il cappuccino.
- Sei impossibile! E va bene, due muffin, ma poi non lamentarti che ingrassi!
- E chi si lamenta se il mio portafogli non ne risente? Fatti trovare pronta alle 19.30, passo io da te! – urlò, e poi chiuse la telefonata.
Liz buttò gli occhi al cielo scuotendo la testa, con un sorriso. Charlotte era così, non c’era niente da fare. Più serena e positiva, prestò di nuovo attenzione ai fogli che aveva davanti e il pensiero tornò a Tess. Ma perché Mark non aveva ancora chiamato? Se era in ansia lei, figurarsi quella ragazzina.
Si ripeté, più per convincersi che altro, la regola numero uno degli psicologi, “uno psicologo non deve farsi coinvolgere emotivamente dal suo paziente”. In quel momento il telefono del suo ufficio squillò. Staccò il cordless dalla base e rispose.
- Dottoressa Bennet, salve.
- Ciao bella psicologa, come stai?
Liz riconobbe la voce dall’altro lato e, pur pensando a quanto fosse insopportabile, non poté fare a meno di arrossire per il complimento.
- Proprio a te stavo pensando, sbruffone di un analista!
- Ah, lo so che non puoi fare a meno di pensarmi, mia cara, e ne hai tutte le ragioni! – gongolò lui dall’altra parte.
- Mark, fai la persona seria! – lo richiamò Liz.
- Ma io sono serissimo! Giurin giurello! – scherzò ancora lui.
- Sì, come no! – Liz provò a fare il tono duro, ma niente, proprio non ce la faceva con Mark. Sospirò per non dargliela vinta e disse:
- Ti stavo pensando perché ancora non mi hai fatto avere i risultati delle analisi di Tess. È mercoledì!
- Lo so Liz, hai ragione, ma sono stati dei giorni infernali al laboratorio. Sembrava che tutta Londra volesse farsi controlli! Comunque oggi è mercoledì, tecnicamente siamo ancora a inizio settimana, no?
- No, Mark, siamo a metà settimana, ma per stavolta sono magnanima. Cos’hai per me? – chiese con un po’ di batticuore.
Com’era quella storia del non farsi coinvolgere?
- Per te ho tutto me stesso, all inclusive e a tua completa disposizione!
- Mark! – strillò Liz al telefono arrossendo di botto. Se qualcuno avesse ascoltato la loro conversazione avrebbe potuto pensare di tutto. Di nuovo, le passò avanti agli occhi la precedente conversazione telefonica con Mark e, con essa, lo sguardo di disapprovazione di Mr Darcy. Con un moto di stizza tornò alla telefonata.
- Mark, per una volta nella vita sii serio! Hai i risultati di Tess, sì o no? – chiese un po’ più dura di quanto avrebbe voluto.
- Ehi, dai, stavo scherzando Liz! Mi dispiace, non volevo esagerare. – si scusò Mark con un tono così mortificato che quasi quasi ora era Liz a sentirsi in colpa. Sospirò, frustrata. Cominciava a capire come facesse quel dongiovanni da strapazzo a cavarsela con tutte le ragazze che incontrava.
- Va bene, Mark, lascia stare. Per favore, dimmi di Tess.
- Ti avevo chiamata proprio per questo, ho appena avuto i risultati. L’HCG è a più di 68000, direi che la piccolina è decisamente incinta.
Liz si posò una mano sulla fronte. Aveva sperato fino all’ultimo che le analisi fossero negative anche se, dai primi sintomi che Tess le aveva descritto, sapeva che c’erano ben poche possibilità che si trattasse solo di stress.
- Lo immaginavo, Mark. Dai valori direi che siamo intorno alla quarta, quinta settimana al massimo.
- Sì, il periodo di gestazione è quello.
- Ok. Ah, Mark, ti dispiacerebbe le analisi complete appena puoi?
- Certo. Dopo pranzo devo fare dei prelievi dalle parti del consultorio, passo e ti lascio tutto.
- Bene. Grazie. – disse Liz piuttosto laconica e Mark se ne accorse.
- Liz, tutto bene? – chiese un po’ preoccupato.
- Sì Mark, non ti preoccupare. È solo che speravo in altre notizie per Tess, ma purtroppo è andata così. Quella ragazzina è così… così piccola e indifesa! Spero che i suoi genitori la prendano bene.
- Mi dispiace darti questa brutta notizia, Liz, davvero. Non penso che sarà facile all’inizio, ma sono sicuro che saprai starle accanto nel modo giusto.
Liz rimase sorpresa e interdetta. Mark le stava dando forza ed era stato gentile, ma soprattutto che fine aveva fatto il Mark idiota di un minuto prima?
- Spero di essere all’altezza del mio compito – sospirò Liz.
- Ma sì, stai tranquilla! E soprattutto stai su, che triste non ti si può proprio sentire, non quando sei al telefono con me! Ne va della mia reputazione!
Eccolo dov’era. Ma Liz capì che stava cercando di sdrammatizzare e non gli rispose male.
- Va bene, dirò a tutte che sei un oratore brillante, tranquillo. La tua reputazione è salva. – lo prese in giro Liz e si ritrovò a sorridere. Potere di Mark Spencer.
- Ottimo, così va meglio! Non rovinarmi la piazza, Liz, o al massimo fallo uscendo con me!
- Mark… ah, non sai guadagnare un punto che subito ne perdi altri dieci! – lo sgridò, mentre dall’altro lato lo sentiva ridere. Lo fece anche lei.
- Beh, almeno ho scoperto che con te i punti si possono anche guadagnare!
- Ci vediamo dopo. – decise di ignorarlo Liz.
- Ciao dottoressa, a più tardi!
Liz ripose il cordless e rimase a guardare nel vuoto per qualche secondo. Sebbene facesse quel lavoro da qualche anno e non fosse la prima volta che le toccava dare quel tipo di notizia, non riusciva a farlo con leggerezza, proprio non ce la faceva a sganciare una bomba del genere come se niente fosse.
Inspirò profondamente, trattenne l’aria per qualche secondo poi la buttò fuori, stese la mano e recuperò il cellulare. Il numero di Tess era lì, nella sua rubrica. Con un ultimo sospiro fece partire la telefonata e pregò che la ragazza dall’altro lato non le chiedesse subito il risultato, ma che si fidasse solo di lei.
 

Tess non aveva chiesto, ma probabilmente aveva capito. E da subito Liz si era stupita per la maturità che la ragazzina stava dimostrando. Ora la aspettava nel suo ufficio.
Mark era passato di corsa ma, in quei pochi minuti, era riuscito a creare un tale trambusto da distrarla. Ma poi era andato via, e adesso lei aspettava. Ora cominciava un percorso irto di pericoli e avrebbe dovuto dare il meglio di sé per assistere Tess, per fare il suo bene e, potendo anche quello del bambino.
Un leggero ticchettio alla porta annunciò l’arrivo di Tess. Liz guardò l’orologio: era in anticipo di dieci minuti, ma tanto meglio. La fece entrare e le andò incontro con un sorriso lieve ma rassicurante e la invitò a sedersi. Unì le punte delle dita come a raccogliere le parole giuste, ma sapeva che non ce n’erano.
- Allora Tess, come stai? – chiese per avere dettagli sulla sua salute a cui appigliarsi.
- Sempre un po’ scombussolata, la mattina non riesco a mangiare nulla.
Eccolo, l’appiglio.
- È normale, Tess. Ho qui i risultati delle tue analisi, sono positivi. – disse Liz cercando di usare il tono più rassicurante del mondo, ma Tess sbiancò lo stesso.
- Po- positivi nel senso che… che sono…
La guardava con occhi sbarrati, terrorizzata. Al di là di tutta la sua maturità, in quel momento dimostrava tutti i suoi diciassette anni. E faceva così male.
- Sì, Tess, sei incinta. – Liz pronunciò l’ultima parola con un tono sicuro ma materno, ma nel momento in cui la valanga investì in pieno Tess si rese conto che non era servito a nulla. La vide abbassare il capo, con gli occhi pieni di lacrime e le mani strette forte ai braccioli della sedia. Non la guardava.
- Tess… - ma non ottenne risposta. – Tess… tesoro…
La sentì tirare su col naso, ma non accennava ad alzare la testa. Allora si alzò lei, girò attorno alla scrivania ed andò ad accovacciarsi davanti a lei. Tess provò a girarsi ancora più di lato ma la posizione rannicchiata non glielo consentiva.
- Tess… - la chiamò ancora Liz e le mise una mano sulla guancia già bagnata. A quel contatto Tess si girò di scatto verso di lei e la guardò in modo strano, quasi mortificata, poi abbassò di nuovo lo sguardo. Ma Liz non interruppe il contatto tra di loro.
- Tess… - la chiamò di nuovo Liz e, a sentire il suo nome pronunciato con tanta dolcezza, la ragazza chiuse gli occhi, facendo scendere altri caldi goccioloni, poi tornò a guardarla.
- Cosa penseranno gli altri di me adesso? Non mi vedi come una poco di buono, Liz? E i miei genitori, cosa penseranno loro di me? – chiese con la voce rotta dal pianto e la guardò come a leggere sul suo viso una smorfia di disgusto, di giudizio per il disastro che aveva combinato. Ma non trovò niente del genere. Liz glieli poteva leggere in faccia il dolore, la sensazione di essere una delusione, e fu più forte di lei, la abbracciò.
Questo gesto scatenò una nuova ondata di pianto e Liz non fece nulla per fermarla, Tess aveva bisogno di sfogarsi. Continuò solo ad accarezzare quella testolina bionda fino a quando i singhiozzi rallentarono. Solo allora la allontanò appena per poterla guardare mentre le parlava. Tess si asciugò le ultime lacrime con la mano ormai fradicia e Liz le recuperò un fazzoletto dallo scatolo sulla scrivania.
- Non penso che tu sia una poco di buono, tesoro, assolutamente, non l’ho mai pensato. È una cosa che ti è capitata perché sei giovane e forse siete stati un po’ superficiali su questa cosa, ma… -
- Mi aveva… Simon mi aveva detto che sarebbe stato attento, che potevo stare tranquilla e… invece… - si morse il labbro inferiore per evitare di scoppiare di nuovo in lacrime.
- Tess, tesoro, succede. Non è un modo sicuro di avere rapporti, purtroppo. E pretendere di avere rapporti protetti non è mancanza d’amore.
La ragazza la guardò sorpresa, Liz sapeva di aver individuato uno dei motivi di quella scelta sconsiderata.
-Anzi, - continuò Liz – è proprio una dimostrazione d’amore, un modo per proteggersi da situazioni complicate come questa, che rendono più difficile lo stare insieme.
Tess sembrò rifletterci su e capire come la prospettiva potesse essere diversa, gli occhioni verdi lucidi e attenti a ciò che Liz le diceva.
-Ma adesso in questa situazione ci siamo e dobbiamo affrontarla insieme. Ricordati che puoi sempre, sempre contare su di me, Tess. – le disse stringendole la mano con forza.
Fu un attimo, e la valanga Tess le strinse di nuovo le braccia al collo, singhiozzante. Liz provò un’immensa tenerezza per lei, così piccola tra le sue braccia, così ingenua e innamorata, costretta ad affrontare una cosa molto più grande di lei, e si augurò che le cose le andassero bene, nel migliore dei modi possibili. Peccato che nel suo lavoro ne avesse viste di tutti i colori, che il lieto fine ci fosse solo nelle favole e che quella, purtroppo, fosse solo la vita reale.
Quando Tess si fu calmata, Liz si allontanò di nuovo da lei, appena lo spazio per guardarla. Era sconvolta, com’era normale che fosse. Allora Liz si alzò, andò a recuperare la sua sedia e le si sedette di fronte.
-Tess, lo so che può sembrarti una cosa inopportuna adesso, ma… credo che tu debba cominciare a pensare a cosa fare. Dalle analisi – e allungò la mano per recuperare i fogli dalla scrivania e mostrarle bene i valori – risulta che la gravidanza è già andata avanti per quattro, cinque settimane. Qualunque decisione tu decida di prendere, sappi che hai tempo fino alla decima, massimo dodicesima settimana.
Tess la guardava di nuovo ad occhi spalancati, spaventata dalla concretezza di quello che Liz le stava dicendo e dal fatto di avere così poco tempo per riflettere.
- Puoi sempre contare su di me. – ribadì Liz.
- Io… io penso che dovrei parlarne con Simon. – mormorò Tess con lo sguardo fisso nel vuoto, persa dietro a chissà quale pensiero.
- Lo trovo giusto, in fondo lui c’è dentro quanto te in questa cosa. Parlatene insieme, confrontatevi. Se vuole, può anche venire qui al consultorio per parlare con me, potreste venire insieme.
Tess fece un lieve cenno affermativo con la testa e parve riscuotersi. Mise le mani sui braccioli della sedia come per alzarsi, ma non si mosse. Sembrava quasi pietrificata.
-Tess, posso fare qualcosa per te? Ti porto un po’ d’acqua?
Lei fece di nuovo di sì con la testa e Liz andò al distributore nel corridoio per prenderle anche una merendina, doveva assumere un po’ di zuccheri.
Si attardò giusto qualche secondo accanto al distributore per darle il tempo di riprendersi, ma non appena sentì un paio di voci maschili provenire dal fondo del corridoio dietro l’angolo – quello che portava alla zona uffici – prese tutto e tornò alla sua porta. Ci mancava solo che qualcuno la accusasse di essere una lavativa.
 

Qualche minuto dopo Liz accompagnava Tess alla porta del suo ufficio.
- Tienimi informata e soprattutto parlane con Simon e con i tuoi il prima possibile. Per qualsiasi cosa, se hai o avete cose da chiedere, io sono qua, lo sai. Va bene?
- Va bene Liz, grazie. E scusami per la camicia. – rispose Tess con la voce un po’ arrochita dal pianto indicando la spalla dell’indumento chiazzata di lacrime.
- Non ci pensare, sono i rischi del mestiere. – le disse Liz con un ultimo sorriso e le aprì la porta.
Tess uscì e camminò piano lungo il corridoio, stringendosi addosso il cappotto come a proteggersi da un’improvvisa ventata di aria gelida. Liz non poté fare a meno di restare appoggiata allo stipite, una mano sulla porta, a guardarla andare incontro al suo destino desiderando di proteggerla.
La seguì fino a quando, varcando la soglia dell’ingresso del consultorio, Tess non si voltò e le fece un timido cenno di saluto e poi entrò in una pozza di sole che le fece splendere i capelli.
Liz buttò giù un groppo che le era rimasto in gola e fece un respiro profondo. Tess stava sparendo dal suo campo visivo quando qualcuno, pochi passi dietro di lei, si schiarì la voce facendola sobbalzare. Ma era troppo scossa per potersi irritare.
Accanto al distributore, con un caffè ancora fumante in mano, Mr Darcy la guardava con uno sguardo affilato, penetrante. Liz incrociò il suo sguardo poi, istintivamente, si girò di nuovo verso il punto in cui prima Tess brillava di un’altra luce, ma era già sparita. Tornò a guardare l’uomo che ancora la fissava.
- Mr Darcy. – lo salutò con la voce più bassa di quanto volesse.
- Dottoressa Bennet. – rispose lui con tono molto più fermo.
Liz fece un accenno di saluto col capo e si ritirò la porta dietro, andandosi a rintanare nel suo ufficio che, nei fazzolettini appallottolati qua e là, portava ancora i segni del passaggio di Tess. Si sedette sulla sua poltrona e si concesse di sentirsi emotivamente esausta.
 

Quella sera, uscendo dal consultorio, Liz cercò di vedere se Mr Darcy se ne fosse già andato via ma la finestra che, ad occhio, le sembrava quella del suo ufficio, era ancora illuminata. Provò una sensazione di sollievo e si diresse verso casa più positiva.
 

Alle 19.35 Charlotte le fece uno squillo sul cellulare. Liz infilò il secondo orecchino e gli stivaletti. Si sentiva un po’ stanca, non aveva potuto riposare per niente dopo il lavoro e si era preparata di corsa, senza nemmeno grande impegno. In fondo era solo una cena tra colleghi con qualche altro invitato, non c’era bisogno di mettersi in tiro.
Afferrò la borsetta al volo e scese al piano di sotto. Jane e sua madre guardavano un film comodamente sul divano, suo padre leggeva nel suo studiolo, le sue sorelle chissà che facevano al piano di sopra.  Quasi le dispiacque perdersi quella serata familiare, ma un altro squillo di Charlotte la costrinse a darsi una mossa. Si affacciò nel salotto, salutò tutti dalla porta e, infilando il cappotto, uscì. Charlotte la aspettava sul marciapiedi.
- Scusa Char, ho fatto tardissimo!
- Non c’è problema Liz, sono appena arrivata. – le sorrise l’amica prima di darle un bacio sulla guancia. Poi la scrutò un attimo.
- È stata una giornata pesante, vero?
- Già. – sospirò Liz mentre le tornava alla mente Tess.
- Allora ho fatto proprio bene a costringerti ad uscire, sono sicura che ti distrarrai! – disse Charlotte prendendola sottobraccio.
- Speriamo! – rispose Liz, e si incamminarono verso la metro.
 

Benché fossero a metà settimana, il locale dove i colleghi di Charlotte avevano deciso di incontrarsi era abbastanza pieno. Vero era anche che solo il loro gruppo contava una ventina di persone.
Liz rivide Harriet, che la salutò calorosamente, e tirò un sospiro di sollievo quando si rese conto che con lei non c'era nessun volto noto. Si fermarono a chiacchierare un po’, poi presero posto e Liz si ritrovò Charlotte da un lato, Harriet dall’altro e di fronte un altro collega di Charlotte, che le si era subito presentato ma che, stranamente, aveva la sedia accanto alla sua ancora vuota.
- Frank, sei venuto solo stasera? – chiese Harriet.
- No, sto aspettando un mio amico che, come al solito, si fa attendere!
- Allora andrà d’accordo con Liz, è sempre in ritardo! – intervenne Charlotte introducendo nella conversazione anche l’amica che, finora, non era stata loquace come suo solito.
- Ah, è vero! – rispose Liz prendendo la sua birra per distrarsi dal fatto che tutto il gruppetto, al momento, la stesse guardando. – Mi capita spesso di fare tardi, è più forte di me! Povera lei che mi aspetta!
In quel momento l’amico di Frank entrò nel locale. Liz se ne accorse perché Frank, di fronte a lei, si sbracciò per farsi vedere da qualcuno alle sue spalle, rivolte verso l’ingresso del locale.
- Va un po’ meglio? – le chiese in un orecchio Charlotte approfittando del momento di distrazione generale.
- Meglio. – le sorrise. – Grazie per avermi costretta ad uscire.
- Charlotte, Liz, - disse Frank richiamando la loro attenzione - lui è il mio amico ritardatario.
- Che bel modo di presentarmi, Frank! – protestò il ragazzo mentre girava intorno al tavolo e scansava qualche sedia per andare a sedersi.
- Te lo meriti, siamo qui da quasi mezz’ora! – lo prese ancora in giro l’amico.
- Mi dispiace, ho fatto prima che ho potuto. – si scusò George, e intanto aveva raggiunto Frank ed era entrato nel campo visivo delle ragazze.
Liz spostò lo sguardo sulla figura accanto a Frank e, in una frazione di secondo, percepì tre dettagli: bel sorriso, bella camicia e casco da motociclista appeso al gomito.
- Oh, andiamo Frank, non esagerare! Anche Liz non conosce la puntualità, alla fine ci si rassegna! – sghignazzò Charlotte mentre Liz la guardava storto.
- Beh, vedo che i nostri amici ci vogliono bene! Ciao Liz, io sono George.
Il braccio libero dal casco si tese verso di lei per stringerle la mano e lei fece altrettanto, apprezzandone il sorriso schietto e la stretta forte ma gentile. Ma perché continuava a considerare gli uomini un pezzo alla volta?!
George si presentò anche a Charlotte, Harriet e altre persone che erano sedute vicino a loro. Charlotte diede una sgomitata a Liz da sotto il tavolo e la beccò sul fianco, facendole male.
- Ahia, Charlotte! Ma sei scema? – disse tra i denti.
- Non ti lamentare, anzi, ringraziami di nuovo!
- Cosa? E perché? – chiese Liz massaggiandosi il punto in cui quella che, al momento, non credeva più tanto sua amica, l’aveva colpita.
- Come perché? Dico, ce li ho solo io gli occhi a questo tavolo? – disse con un ghigno soddisfatto.
- No, Char, non ce li hai solo tu! – rispose Liz cercando di mantenere un’espressione seria ma fallendo miseramente in un sorriso.
- Ecco, appunto! – sgomitò di nuovo Charlotte, ma stavolta Liz parò in tempo il colpo.
- Beh, ora che ci siamo tutti direi che possiamo ordinare! – decretò Harriet, e Frank e George presero porto rispettivamente di fronte a Liz e Charlotte.
- Allora, – disse George dopo aver incastrato il casco sotto la sua sedia ed essersi passato una mano nei capelli un po’ lunghi con un gesto rapido – chi di voi ha la sfortuna di essere collega di Frank?
Charlotte alzò la mano e fece una smorfia.
- Purtroppo tocca a me!
- Sappi che hai tutta la mia compassione! – ribatté George prontamente, facendo sorridere entrambe le ragazze.
- Bene, bene, sei appena arrivato e già ridono di me! – si lamentò Frank dando una manata sulla spalla dell’amico. E ovviamente risero tutti di nuovo, Frank compreso.
- E allora - chiese George rivolgendosi a Liz – se non ti tocca occuparti di Frank, tu cosa fai nella vita?
- Sono una psicologa – rispose con orgoglio Liz.
- Allora qua c’è il tuo prossimo cliente! – ribatté Frank indicando George.
- Che vorresti dire? – fece l’altro fingendosi offeso.
- Che una bella regolata non ti farebbe male!
- Beh, se hai bisogno di uno strizzacervelli vieni al consultorio e vediamo che si può fare! – disse Liz prendendo un altro sorso della sua birra.
- Già, magari non mi farebbe male una controllata… - rise George lanciandole per qualche secondo uno sguardo intenso, poi il discorso prese un’altra direzione.


Tra la parlantina di Frank e quella di George la serata passava rapida e piacevole, ma sempre più spesso George interloquiva con Liz , accavallandosi a Frank e Charlotte che, involontariamente, erano finiti a parlare di lavoro. Quando, a un certo punto, sentirsi era diventato complicato, George sbottò:
-Frank, facciamo cambio posto che con te in mezzo non sento bene Liz.
Frank, estraniandosi un attimo dalla conversazione con Charlotte e Harriet, lanciò uno sguardo d’intesa a George e fecero a cambio posto, per poi riprendere tutti a parlare, così e in gruppo.


La serata si concluse abbastanza presto visto che il giorno successivo tutti dovevano andare a lavoro. Liz salutò tutti quelli che aveva conosciuto e si stava avvicinando per salutare Frank e George, ma Frank la fermò.
- Noi ci salutiamo dopo!
- In che senso? – chiese Charlotte.
- Nel senso che non vi facciamo andare da sole fino alla metro, vi accompagniamo – sorrise gentile George guardando più Liz che Charlotte. Sotto quello sguardo interessato, Liz arrossì un po’.
- Beh, allora andiamo! – suggerì Charlotte prima che Liz potesse dire qualcosa, e i quattro si incamminarono.
Chiacchierarono ancora lungo la strada, stretti nei cappotti e attenti all’asfalto umido dei marciapiedi, ma la stazione della metro più vicina non era poi molto distante e in cinque minuti la raggiunsero.
- Grazie di averci scortate, ragazzi! – disse Liz, molto più sveglia di quanto avrebbe dovuto.
- È stato un piacere! – rispose George, di nuovo guardando più lei che Charlotte.
- Frank, noi ci vediamo domani! – disse Charlotte sporgendosi a salutarlo.
- Certo! – rispose lui, poi girandosi verso Liz – È stato un piacere conoscerti! – le disse, e la salutò con due amichevoli baci sulle guance.
- Anche per me – rispose Liz con un sorriso.
George la guardò di sottecchi e si sporse a salutare Charlotte, poi lei.
- Ciao strizzacervelli! È stato un piacere anche per me! – e anche lui le lasciò due baci. Liz non poté fare a meno di pensare che profumava di un ottimo dopobarba.
- Ciao ritardatario! – sorrise Liz. Si guardarono negli occhi per un secondo, poi Charlotte fece un passo verso la metro e Liz la seguì.
- Ci vediamo… - disse George a voce bassa mentre le ragazze si allontanavano.
Una volta al sicuro da orecchie indiscrete, Charlotte prese l’amica sottobraccio e la guardò in modo malizioso.
-Ringraziami per la terza volta stasera: mi sa che qualcuno, qui, ha fatto colpo!
 


 
Allora, dite un po’, ne è valsa la pena? E intanto stappo una immaginaria bottiglia di spumante con voi, tra 3 giorni questa storia compie un anno qui su Efp e, anche se non sono fiera dell'andamento, le voglio davvero bene! Spero anche voi! Alla prossima!
  
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