Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: Swindle    28/01/2014    7 recensioni
Sherlock è sparito e nessuno sa che fine abbia fatto. Quando ricompare, non è più lo stesso di prima, e John, Mycroft e tutte le persone che tengono a lui dovranno inoltrarsi nel suo Mind Palace per ricostruire l'enorme caso degli ultimi cinque mesi, quello che iniziò con Moriarty e il suo "miss me?", per capire cosa gli sia successo, chi ci sia dietro a tutti quei crimini e al redivivo Moriarty, e poter così salvare Sherlock... anche da se stesso.
[Dal cap. 4]: "The truth hurts, my deary, but this truth... Verity will burn you whole."
Post 3^ series.
Genere: Azione, Drammatico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Mycroft Holmes, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Disclaimer: Sherlock Holmes e tutto il suo universo non mi appartengono. Sherlock è della BBC, Holmes è di sir Arthur Conan Doyle, che a quanto pare odiava a tal punto la sua creatura da volerla donare al mondo, e il mondo gliene è grato. Io mi tengo stretto lui e il divertimento di immaginarlo ballare eternamente.




Non scrivo una fanfiction da due anni, e questa è la prima su Sherlock.
Non ho mai smesso di scrivere però, quindi spero di non aver perso nulla delle mie ben poche capacità. xD
Detto ciò, vorrei passare a un paio di avvertimenti, così ce li togliamo subito e non vi tedio per i prossimi capitoli:
1) questa storia parte dopo la 3x03, quindi se non l'avete vista… ciao ciao cari, ci rivediamo poi. Diciamo che è un po' una mia personalissima versione di un'eventuale 4^ serie.
2) è una storia corale, il POV principale sarà quello di John, ma cambierà spesso (sarà indicato con dei ***), e frequenti saranno anche i flashback.
3) sono abituata a vedere la serie in lingua originale, e non c'è nulla da fare, alcune frasi non posso non immaginarle e scriverle in inglese (vogliamo mettere la voce sexy di Benedict?!), in caso metterò la traduzione in nota.
4) scrivo tanto, perciò i miei capitoli vi potrebbero risultare troppo lunghi.
Insomma, io vi ho avvisati! :P Spero vi possa piacere… e ora basta con le chiacchiere.

 

 

 

 


 


 

Verity Burns









Prologo - Sherlock is missing

 

 

"Sherlock is missing"

L'uomo fissa le tre parole, verde muschio su sfondo bianco, da diversi minuti, come se non riuscisse a credere all'assurdità che sta scrivendo. Un braccio sporge oltre la scrivania, a dondolare ritmicamente la culla dove dorme una neonata. Le lancia un'occhiata veloce, per essere sicuro che sua figlia sia tranquilla, e sorride nel vedere il visino sereno e i pochi sbuffi di capelli biondi spuntare dalla coperta leggera. Emily è da poco al mondo e già ha preso da lui: calma e silenziosa, ma anche tanto empatica che John non saprebbe dire se quella notte si sia svegliata piangendo per una colica o forse abbia compreso il sonno agitato del padre e abbia trovato una scusa per svegliarlo. A John non importa, è solo grato a quell'esserino di averlo destato dai suoi incubi e avergli dato un motivo per alzarsi dal letto.

« È il mio turno. » ha sussurrato a Mary, mentre questa si voltava « Faccio io, non preoccuparti. »

La moglie si è rigirata nel letto con uno sbadiglio e un mormorio, addormentandosi subito dopo, e John si è chiesto come abbia fatto a non accorgersi dei suoi incubi. Sherlock se n'era sempre accorto, pur con metri e pareti a dividerli.

John ha scacciato quel pensiero dalla mente con uno sbuffo, si è alzato e ha scosso un paio di volte la testa, per cancellare le immagini del sogno ancora vivide nel suo cervello, per poi afferrare un maglione, sperando di reprimere con quello i brividi che sente lungo la schiena, anche se, lo sa bene, nulla hanno a che fare con la temperatura della stanza.

Ha preso in braccio Emily, cullandola fra le braccia e sussurrandole con dolcezza per calmarla, quindi si è diretto nel salotto pulito e in ordine, come non mancano di tenerlo lui e Mary. Sporcizia, fogli, cibo, residui di esperimenti o parti anatomiche in giro sono ormai un vecchio ricordo per il medico, un ricordo legato alla vita al 221B di Baker Street. Gli sembrano passati secoli.

Perciò ora è davanti al suo laptop, il blog aperto alle cinque di notte, indeciso se aggiornarlo o meno. Anche lì, sembrano secoli da quando vi ha scritto l'ultima volta. Dopo il suo matrimonio… sono successe talmente tante cose che il blog è stato l'ultima delle sue priorità. Ci ha pensato, davvero, ma non ha trovato il coraggio di scrivere di Mary Morstan, di A.G.R.A., di come sua moglie abbia quasi ucciso il suo migliore amico, dei soprusi che hanno dovuto subire a causa di Charles Augustus Magnussen, e di Sherlock che ha ucciso quell'essere immondo davanti ai suoi occhi, salvandogli la vita, in tutti i sensi possibili, ancora una volta.

Quel caso è stato fin troppo personale e doloroso per essere ricordato e impresso a fuoco su quel mondo telematico che niente dimentica. Mentre John avrebbe solo voluto seppellire tutto e andare avanti.

E poi è iniziato il grande caso - o "the final problem"[1], come l'ha ribattezzato Sherlock -, quasi cinque mesi prima, con quel video di Moriarty e il suo "miss me?", e quando l'ex militare ha riaperto stancamente il blog per ricominciare ad annotare i dettagli del caso, è stato lo stesso Sherlock a fermarlo.

Gli ha messo una mano sulla spalla, l'ha fissato intensamente - tanto che a John è parso di poter scorgere il fondo dei suoi occhi - e gli ha detto:

« No, John. Questo non scriverlo, per favore. »

E lui ha capito, anche se l'amico non l'ha spiegato, che questa volta era troppo personale per il detective, e ha rispettato la sua scelta. Sherlock ha stretto brevemente la sua spalla, e ha stemperato la situazione con una delle sue battute: « D'altronde, non sei più il mio blogger. »

La frase era stata accompagnata da un sorrisetto lieve e un'occhiata verso Mary, ancora con il pancione, seduta in poltrona a pochi metri da loro. John ha inteso, e dunque risposto al sorriso complice, ma questo non ha impedito al suo stomaco di stringersi in una strana fitta.

Ma adesso è diverso. John ha accordato a Mycroft tredici giorni.

« Trecentododici ore. » ha annuito con serietà il più grande degli Holmes, in quella fastidiosa precisione di cui solo i due fratelli erano capaci «Trecentododici ore e poi potrai provare con il blog.»

E l'accordo era stato siglato.

Il tempo è quasi scaduto, sono da poco passate le cinque di mattina, e di lì a pochi minuti i giorni, le ore di tempo che John ha concesso a Mycroft per ritrovare il fratello sarebbero volate via.

Mycroft ha fallito. Sherlock non è stato trovato.

E John pensa che scriverlo sul blog, far sapere che l'unico consulting detective al mondo non si è preso una pausa dalla scena pubblica, no, è proprio scomparso, sarebbe utile.

Sparito, irraggiungibile, introvabile. Nessuno dei suoi conoscenti ha sue notizie da quasi quindici giorni, malgrado lo stiano tutti cercando. E nonostante le indubbie potenzialità che hanno insieme gli uomini di Mycroft, tutta Scotland Yard, e un migliore amico piuttosto agguerrito, il niente assoluto. John non dubita che Sherlock sia in grado di rendersi invisibile, ogni volta vuole, ma perché in quel momento e in quel modo? Non c'è ragione. Perciò si è convinto che la sua sparizione non sia voluta, fin dal primo istante.

Così ha proposto il blog, perché… be', è piuttosto seguito, e chissà, magari qualcuno potrebbe avere delle informazioni, se solo rendessero pubblica la scomparsa. O forse, se è davvero Sherlock a essersene andato, avrebbe compreso la loro preoccupazione e capito che tutto quello era un po' esagerato per essere uno scherzo. O forse, se invece è stato rapito - opzione che, per quanto terribile, è l'unica probabile agli occhi del medico - qualcuno si sarebbe messo in contatto con loro.

In ogni caso non vuole mica stampare dei maledetti annunci del tipo "still missing" e tappezzare Londra, vuole solo scriverlo sul suo blog, dannazione!

Ma Mycroft era stato irremovibile.

« No. » aveva sentenziato « Questa cosa deve rimanere segreta. »

Poi aveva lanciato uno sguardo calcolatore a John: « Mio fratello non ti aveva forse chiesto di non scrivere più sul tuo blog? »

John aveva ignorato la sorpresa per il fatto che ne fosse a conoscenza, ma le sue parole l'avevano punto sul vivo.

« Confido. » aveva continuato l'altro, con studiata seraficità « Che tu possa continuare a rispettare la sua decisione. »

E così l'uomo-governo britannico era riuscito a manipolarlo, usando la promessa stessa che il medico ha fatto al detective. Magnifico.

Questo e un sospetto apparso all'improvviso nella mente di John, l'avevano fatto andare fuori di sé. Aveva spostato il peso da un piede all'altro, cercando di decidere come affrontarlo, per poi avvicinarsi all'uomo con l'ombrello fin quasi a sfiorarlo, l'indice puntato verso il viso dell'altro e un'espressione minacciosa sul volto.

« Se è come l'altra volta » aveva sussurrato secco, cercando di trattenere la rabbia « Se tu e quel pazzo state facendo come quella volta, e tu sai benissimo dove sia e cosa stia facendo, ma non me lo vuoi dire per chissà quale ragione, se è così… giuro che questa volta non risponderò più di me stesso. »

Mycroft aveva sbattuto un paio di volte le palpebre, cambiando la posizione del suo ombrello, e John aveva pensato non ci fosse nulla da stupirsi se lo chiamano "uomo di ghiaccio".

« Le assicuro che non è così, dottor Watson. » aveva scandito lentamente, mentre il medico veniva colpito dal ritorno al tono formale, indice che forse, in fondo in fondo, in qualche modo le sue parole l'avevano scosso.

« Tredici giorni. » aveva aggiunto poi, dopo un attimo di silenzio in cui i due erano rimasti a fissarsi e studiarsi a vicenda.

E John aveva compreso: gli stava chiedendo del tempo, ma anche, in quel modo astruso che solo gli Holmes potevano usare, stava cercando di rassicurarlo, e di dirgli che gli avrebbe riportato Sherlock sano e salvo entro quelle ore.

Il medico aveva accettato in silenzio quel conforto ed era passato a spiegare le ragioni per cui credeva fosse una buona idea usare il blog. Non aveva però menzionato l'ultima possibilità, quella che Sherlock fosse morto, e Mycroft non l'aveva fatto notare. Forse anche lui, come John, non vuole prenderla in considerazione nemmeno per un attimo.

Andato. Di nuovo. Per sempre.

Il solo pensarci, e John deve trattenere l'impulso di rimettere, mentre la sua mente viene invasa dalle immagini degli incubi notturni appena passati.

"Sherlock in piedi sopra il cornicione che gli diceva "Addio, John" con quella voce rotta e il suo cuore che si fermava mentre lo vedeva cadere; Sherlock steso sul pavimento con una pozza di sangue che si allargava sul suo torace, intorno al foro di proiettile, e la sua mente che si bloccava, incapace di formulare un pensiero coerente; Sherlock riverso sulla poltrona, tremante e più pallido di quanto l'avesse mai visto, il respiro quasi nullo, mentre anche il suo si interrompeva per il terrore di ciò che il detective aveva fatto…

Tutti momenti in cui il suo migliore amico è stato in pericolo di vita, e John, in qualche modo, ha sempre sentito qualche suo segno vitale spezzarsi con lui, il suo cuore, la sua mente, il suo respiro, non ha importanza: ogni volta ha rischiato di soccombere.

E riviverlo negli incubi non aiuta.

Si passa una mano sulla fronte, cancellando la patina di sudore freddo che il rammentare quei momenti ha provocato. Poi tamburella con le dita sulla tastiera, rileggendo il post che ha scritto. Semplice, lineare, diretto. Sherlock è scomparso da più di dieci giorni e nessuno ha idea di dove sia finito. Qualunque informazione sarebbe preziosa. Possono contattarlo come vogliono. E un'ultima supplica all'amico stesso: "Se sei lì fuori da qualche parte, ti prego… basta un messaggio."

John lancia uno sguardo fuori dalla finestra, sta per albeggiare; il tempo di Mycroft è scaduto, non è riuscito a ritrovare Sherlock come gli aveva promesso, per cui ora il dottore potrà fare a modo suo.

Si mette composto sulla sedia, drizzando la schiena in quel modo di fare tipico di un ex soldato: non può lasciarsi sopraffare dalle emozioni. Aveva passato due anni a piangere l'amico, eppure quei tredici giorni gli sono sembrati terribilmente peggio. Quel limbo, il non sapere, l'ansia divorante, la consapevolezza che Sherlock potrebbe essere ovunque, solo e in pericolo, aver bisogno del suo aiuto, e lui è lì con le mani in mano. Senza rendersene conto, va a stringere l'immaginario muscolo dolente della coscia. Mycroft non è riuscito, e adesso toccherà a lui salvare Sherlock, finalmente può fare qualcosa.

Avvicina il dito al tasto di invio sulla tastiera del laptop, esitante, ma un rumore basso e fremente spezza il silenzio.

Sobbalza, per poi rendersi conto che si tratta del suo cellulare. Una chiamata in arrivo. "Sherlock", pensa subito. Sarebbe proprio da lui fermarlo un attimo prima che faccia qualcosa che rimpiangerà o che il detective non approva. Non fa in tempo a prendere in mano il telefono che quello smette di vibrare.

Controlla per un secondo Emily, ma la piccola sta ancora dormendo, ignara dei problemi del padre.

John apre il cellulare e guarda il nome apparso sullo schermo. Una chiamata persa, da Holmes, effettivamente, anche se il nome non è quello che il medico ha invocato. Schiaccia il tasto di richiamata.

« Mycroft. » dice subito, non appena sente il segnale acustico che indica che l'altro ha accettato la chiamata, « Novità? » chiede, anticipando la risposta dell'uomo e senza riuscire a tradire il nervosismo nel tono di voce.

« Sì. » risponde con voce piatta « L'abbiamo trovato. »

Il medico non aspetta nemmeno che l'altro gli chieda di raggiungerlo.



 

Le sue gambe lo portano automaticamente in Baker Street. In quella mattina primaverile, la City è ancora mezza addormentata, ma l'aria fredda e l'abituale nebbia contribuiscono a svegliare il medico, se già l'annuncio del maggiore degli Holmes non ha fatto abbastanza. John si sente vigile e scattante ora. L'accenno di dolore alla gamba è immediatamente sparito, e ha percorso, in metro e poi a piedi, la manciata di chilometri che separano casa sua - e ancora gli sembra strano definirla in quel modo -, dal 221B piuttosto in fretta. Poteva aspettare un taxi, ma il sole è appena sorto e John non ha voglia di buttarsi nel traffico dei cittadini in macchina per andare al lavoro dopo una levataccia, perché di solito sono quelli più inclini agli imbottigliamenti.

E comunque ha bisogno di schiarirsi le idee, prepararsi per qualsiasi eventualità. Cos'è successo a Sherlock in quei giorni? Come lo troverà? Ferito? Peggio? O sta invece bene? John vorrebbe credere nell'ultima opzione, ma il suo istinto gli dice il contrario. Può solo sperare le cose non siano troppo gravi.

Repentina gli appare davanti agli occhi l'immagine di Sherlock, davanti al grande schermo televisivo. Gli dava la schiena, e John poteva vedere le spalle contratte sotto il lungo cappotto, mentre quella voce orribile e distorta pronunciava le parole che sarebbero rimaste nella memoria di tutta Londra come impresse a fuoco: "Verity will burn you"[2] aveva detto.

John reprime a stento un brivido, mentre con passo deciso varca la soglia della casa in Baker Street.

« Sherlock? » chiama subito, senza riuscire a trattenersi.

Non ottiene risposta, e lancia una seconda volta il richiamo, cominciando a percorrere i gradini a due a due. È quasi arrivato all'entrata del B, quando Mrs. Hudson si affaccia dal pianerottolo del suo appartamento.

« John? Caro? » chiede con voce flebile « Cosa sta succedendo? »

John torna immediatamente giù, trovandosi davanti l'anziana donna con addosso vestaglia e bigodini. Gli scappa un sorrisetto, pensando che è la prima volta che non la vede di tutto punto, di solito era già sveglia da tempo quando loro si alzavano, ai tempi in cui John era ancora suo inquilino.

« Mrs. Hudson » dice dolcemente « Mi spiace averla svegliata, cercavo Sherlock… »

La donna lo guarda con occhi confusi, che si addolciscono subito dopo.

« John, caro, Sherlock è scomparso da quasi due settimane, ormai, lo sai. »

Per un orrendo secondo John crede di essersi immaginato quella telefonata. Scuote la testa deciso.

« No, Mycroft mi ha chiamato per dire che l'ha ritrovato e così ho pensato fosse qui… »

Non ha nemmeno finito la frase che la porta della casa si apre, e nell'ingresso compare Anthea, la sempre perfetta assistente di Mycroft, occupata come al solito a schiacciare i tasti del suo Blackberry.

John alza gli occhi al cielo: sarebbe mai finita quella storia?

« Il signor Holmes non è riuscito ad avvisarla del luogo in cui avrebbe dovuto recarsi. Ha detto che gli ha spento il telefono in faccia. Non molto carino da parte sua, dottor Watson. » e qui gli occhi della donna si alzano brevemente su di lui, brillando ironici, « Ma ha dedotto con facilità che avrei potuto trovarla qui. Se mi vuole seguire. »

« Ma certo. » sospira John, dedicando un'ultima occhiata di scuse a Mrs. Hudson, per poi superare Anthea e infilarsi nella limousine nera che li aspettava sul ciglio della strada.

« Quindi dove andiamo? » chiede quando anche la donna si è accomodata sui sedili e la macchina è partita « Al Barts? »

La sua voce tradisce il lieve panico che lo sta investendo: se Sherlock non è rientrato subito in Baker Street, qualcosa non va di certo. Il primo luogo che gli viene in mente è l'ospedale.

Anthea alza lo sguardo e gli rivolge un piccolo sorriso, per poi tornare a scrivere sul cellulare.

John sbuffa e sprofonda nel sedile, sa quanto sia inutile insistere, la donna ha evidentemente ricevuto istruzioni di non dirgli nulla. E comunque ci sta andando, sta andando da Sherlock, non ha senso chiedersi altro.

« Dovrebbe dire al suo capo che sarebbe anche ora di smetterla con questi giochetti. » commenta solo, stizzito.



 

La macchina si arresta finalmente, e John scende, riconoscendo il quartiere di MyFair, il più ricco ed elegante della City. Si volta stupefatto verso Anthea che gli sta indicando il palazzo bianco di fronte a loro.

« Entri. » gli dice solo.

John fa un segno d'assenso ed entra nella palazzina. Curiosa intorno con lo sguardo per qualche secondo: "regale" è il minimo per descrivere l'ambiente, tutto è bianco e oro e fronzoli, intarsiato in uno stile barocco che John si dice alquanto eccessivo. Nota a lato dell'entrata un grande tavolo ricurvo di noce chiaro, come fosse la reception di un albergo. Si avvicina e fa appena in tempo a produrre un "ehm" che l'uomo dietro al bancone lo precede.

« Il signor Holmes la sta aspettando. » dice, indicandogli un ascensore sulla parete opposta che il medico non ha notato, tanto è in linea con lo stile della parete e del resto dell'entrata.

« Ultimo piano. » dice ancora, esortandolo.

John non se lo fa ripetere due volte e va all'ascensore, sentendosi un po' imbarazzato e fuori posto.

In ascensore scrolla le spalle, cercando di mandare via quella sensazione. È già stato in luoghi come quelli, è stato persino a Buckingham Palace! Anche se sembra una vita prima…

Quando mette piede fuori dall'ascensore, si ritrova Mycroft a un paio di metri, il solito completo scuro e le mani rigidamente appoggiate al manico del suo inseparabile ombrello. Nota che ci sono piccoli disegni di ombrelli anche sulla sua cravatta, e sorriderebbe della cosa, se non fosse per il nodo allentato e per l'espressione mortalmente seria dipinta sul volto del maggiore degli Holmes.

« Tu vivi qui? » non riesce però a trattenersi dal chiedere, osservando intorno a lui, i corridoi e le porte bianche, asettiche, quasi da brivido. All'improvviso capisce che quello non è un appartamento, no, l'intero piano è di Mycroft.

L'altro intanto gli sta scoccando un'occhiataccia, mentre assume un sorriso tirato.

« No. » risponde « Diciamo che è una delle mie… residenze. »

John ne ha abbastanza di convenevoli. Vuole rivolgergli mille domande. Perché Sherlock è lì e non a Baker Street? Sta male? È ferito? Mycroft ha scoperto cosa gli sia successo? Dove è stato? Come ha fatto a trovarlo? Dove l'ha trovato? È stato il misterioso uomo a prenderlo, come John ha ripetuto per tutto quel tempo, o si è davvero allontanato di sua spontanea volontà?

Sembra che Mycroft possa leggere negli occhi di John tutte quelle domande, nella stessa frazione di secondo in cui al medico passano per la testa. Ma non chiarisce nessuna di esse, e il dottore non le pone.

« Dov'è? » chiede invece, la voce ora piena di agitazione.

« In fondo al corridoio. » risponde Mycroft, indicandogli una porta di fronte a loro « Ma John, devo avvisarti… potrebbe non essere come ti aspetti. »

John non nota la voce dell'uomo che si incrina, tutto il suo essere è teso verso quella porta. Vedere Sherlock, vedere con i suoi occhi, sapere che sta bene. Non è morto, non è andato, non l'ha perso. No. Vuole solo che sia vivo, qualsiasi variante va bene, purché non punti all'esatto opposto.

In poche falcate raggiunge la porta. Non aspetta di sapere se Mycroft sia dietro di lui. Prende un respiro profondo e la mano gli suda, mentre la poggia sulla maniglia, la gira e spalanca la porta, facendo in un tutt'uno un passo oltre l'uscio.

La stanza è bianca, praticamente vuota, eccetto che per un grande letto, sopra il quale c'è…

« Sherlock! » esclama John, confortato dalla sua vista.

Sembra stia bene, forse ha i capelli più arruffati del solito, le guance incavate, le borse sotto gli occhi e la pelle pallida… ma è vivo, lì davanti a lui, respira, sta bene. Un'ondata di sollievo avvolge il dottore.

Il detective alza lentamente lo sguardo, fino a puntarlo in quello luminoso di John.

E poi succede.

I suoi occhi si sgranano, la bocca si apre e Sherlock urla, in preda al terrore.

 

 



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[1] Nel canone, "The Final Problem", tradotto in Italia con "L'ultima avventura", è il titolo del racconto (inserito nella raccolta "Le memorie di Sherlock Holmes") dove il professor Moriarty e Sherlock Holmes lottano fino alla morte, alle cascate Reichenbach. Mi sembrava piuttosto appropriato, per quello che ho in mente.

 

[2] Traduzione: "la verità ti brucerà". Sì, c'è decisamente un'allusione a ciò che Moriarty disse a Sherlock nella scena in piscina.

  
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Swindle