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Autore: indiceindaco    29/01/2014    5 recensioni
Quando cala il sipario, ed il pubblico abbandona le poltroncine in velluto rosso, ed il brusio della gente si fa fioco, sempre più fioco, cosa succede dietro le quinte? Ad ormai quattro anni dall'uscita dell'ultimo libro, dall'ultima pagina voltata con emozione, aspettativa, malinconia, da quell'ultima frase che ha commosso tutti, nel bene e nel male. Il sipario è calato, il teatro è già stato ripulito, eppure no, non è finita qui.
Harry, Ron ed Hermione, ancora insieme si trovano ad affrontare la vita, quella vera, quella oltre le quinte di scena. E tanti cambiamenti si prospettano all'orizzonte. Scelte da prendere, scelte da rimandare, scelte in cui perdersi.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Un po' tutti | Coppie: Draco/Harry, Remus/Sirius, Ron/Hermione
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo, Più contesti
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IXX. Giunse silenziosamente
 
Si dice che ogni persona è un'isola,
E non è vero,
 
Ogni persona è un silenzio,
Questo sì,
Un silenzio.
 
Ciascuna con il proprio silenzio,
Ciascuna con il silenzio che è.
 
José Saramago
 
Un quarto alle undici. E lui era irriducibilmente in ritardo.
Alzò gli occhi al cielo, per l’ennesima volta, lasciandosi trascinare da Pansy, compiangendo il triste destino che lo attendeva. Almeno fino ad ora di pranzo, aveva detto la sua migliore amica, avrebbero visto un altro paio di appartamenti. Il che, nel linguaggio di Pansy, equivaleva a dire che avrebbero rivoltato Londra da cima a fondo, finché non avessero trovato uno straccio di appartamento.
Draco aveva rinunciato in partenza a far valere ragioni come: “Pansy, non posso assolutamente assentarmi a lezione!”.
Ormai non sapeva più dire quanti monolocali avessero visto, nella sua mente si accavallavano salotti, cucine, bagni, numeri civici, vie, piazze…il tutto in un ammasso confusionario.
Ma quando finalmente giunsero al numero 21 di Whiteleys, Draco ebbe una sensazione di calore allo stomaco. Forse fu colpa del porticato bianco, con le due colonne, e lo scintillare placido del due accostato all’uno, di quella facciata candida, o della porta di un profondo verde scuro. O forse fu perché, quando Pansy bussò dolcemente, il campanello tintinnò dolcemente, riecheggiando con fare discreto nella sua testa. Sebbene fosse contrario a quella specie di spedizione, Draco non riuscì a non rimanere incantato da quell’ingresso, che si affacciava come per caso su una via silenziosa, pacifica, circondata dal verde. Quell’edificio sobrio, elegante, con le colonne candide, sembrava averlo rapito, inspiegabilmente.
Una vecchietta, avvolta in uno scialle di lana spesso, giunse alla porta e sorrise timidamente, prima di essere travolta dalle parole di Pansy. I suoi occhi velati dall’età si soffermarono su Draco, ed indugiarono un po’ più a lungo nei suoi. Era lo sguardo amorevole di quella che doveva essere stata una madre, sebbene il corpo gracile non lo desse a vedere. Quello sguardo comprensivo, docile e attento che sconvolse Draco e innescò in lui un’altra sensazione piacevole.
La vecchina li lasciò entrare, reclinando dolcemente il capo, e increspando le rughe attorno alle labbra in un sorriso. Poi, senza ancora aver proferito parola, poggiò una mano sul braccio di Pansy.
Ogni suo gesto sembrava essere misurato, vellutato, quasi poetico: temeva come di lasciare segni evidenti del suo passaggio e di disturbare persino l’aria che con ogni movimento avrebbe potuto spostare. Era leggiadra, tanto che i suoi piedi sembravano non fare alcun rumore sul parquet scuro, come se avessero paura di consumarlo. Li condusse in silenzio, poggiandosi di tanto in tanto su un mobile, per fiaccare la stanchezza che sembrava coglierla ad ogni contrazione del cuore. Ma anche quando cercava un valido appiglio, per riprendere fiato, non c’era disperazione o necessità nelle sue mani: semplicemente, nel più confortante silenzio, si poggiava come farfalla su un fiore. Draco pensò che se lui o Pansy avessero respirato un po’ più forte, quella figura minuta sarebbe sparita nel nulla.
Oltrepassarono l’ingresso ed imboccarono un ampio corridoio, adornato di quadri, per lo più fotografie in bianco e nero della Londra Babbana. Infine Pansy mise piede in salotto e cominciò a guardarsi intorno. Nulla sembrava essere superfluo: i divani in pelle, di un brillante marrone; la poltrona in noce; i candelabri posti su diversi tavolini decorati in madreperla, che luccicava al bagliore di un vivace caminetto acceso, sebbene fosse mattina. Un’ampia finestra dava su un verdeggiante giardinetto interno, molto curato. Draco si soffermò a lungo sulle cornici d’argento e su vari utensili in Sheffield, posti su una raffinata credenzina rialzata. Non una cornice riportava una foto, sembravano essere state tutte tirate a lucido, ma erano desolatemene vuote.
La voce di Pansy lo strappò ai suoi pensieri, e lo esortò a continuare la visita dell’appartamento. Si diressero così al piano superiore, imboccando delle scale in legno incapaci di scricchiolare. Tutto, in quella casa, sembrava immerso nel silenzio, ed era impossibile arrivare a pensare che proprio fuori dalla porta d’ingresso potesse esserci davvero il mondo.
La camera da letto era ampia, incorniciata da tre grandi finestre e una vetrata che dava su un balcone adornato d’edera fin sul davanzale. Anche quella stanza sembrava dover contenere solo l’essenziale: uno scrittorio, un letto matrimoniale addossato alla parete e proprio accanto alla finestra, un armadio ad angolo e una piccola cassettiera. Le pareti erano spoglie, fatto salvo per due piccoli lampadari ai lati del letto. Era una stanza luminosa, ariosa, e arredata con gusto.
Prima che Pansy potesse trascinarlo via, Draco aprì la finestra e uscì sul balcone, che dava sull’interno, in quel giardinetto magnificamente curato. Quando si affacciò scorse una piccola fontana, candida. Si voltò e cercò lo sguardo della vecchietta che indugiava sull’uscio.
-Quanto al mese?- disse infine.
La vecchietta sorrise, come volesse stiracchiare il volto, mentre Pansy guardò radiosa il suo migliore amico.
-Milleduecento cinquanta.- la voce flebile della donna vibrò dolcemente, come fosse uno strumento che non suonasse da tempo, –Non trattabili.
-Milleduecento cinquanta sterline?! Signora, io trovo che…- cominciò a dire Pansy, ma Draco la zittì con un gesto secco della mano, poggiandosi al davanzale.
-Così com’è?- chiese, pacatamente.
-Così com’è.- rispose la signora, annuendo, e senza mai smettere di increspare le labbra raggrinzite.
-La prendo.
Pansy strabuzzò gli occhi e scusandosi dolcemente con la signora, lo raggiunse poggiandogli una mano sul braccio, con fare stucchevolmente amorevole:
-Tesoro, non credi che dovremmo parlarne?
La signora inclinò il capo e guardò in basso, mascherando un’espressione malinconica, per poi dire dolcemente:
-Vado a prepararvi un thè, mentre voi ne parlate.- e così dicendo li lasciò soli, sul balcone timidamente inondato dal freddo sole di ottobre.
-Draco, milleduecento cinquanta sterline!- proruppe Pansy gesticolando, –Sono praticamente seimila duecento cinquanta galeoni!
Il ragazzo la guardò negli occhi scuri, senza lasciar trasparire nessuna espressione.
-Non credi che dovremmo prima passare alla Gringotts? Fare un paio di stime…che ne so. Seimila duecento cinquanta galeoni! Sono una fortuna! Ogni mese poi…
Draco arricciò il naso, il disappunto si fece largo sul suo viso.
-Pansy, mi hai trascinato in giro per tutta Londra, nel disperato tentativo di trovarmi un appartamento, cosa che, per inciso, non ti ho chiesto di fare. Bene, lo abbiamo trovato. Questo è l’unico appartamento che mi sia piaciuto. Non vedo perché farsi tanti problemi…
Pansy strinse la presa sul suo braccio e scosse categoricamente la testa.
-Da bravo, Draco. Puoi prendere questo appartamento, non te lo sto negando, se ti piace così tanto. Ma sii ragionevole. Io credo sia opportuno fare una visitina alla tua camera blindata prima di mettere la firma su un documento babbano, non credi?
La vecchietta, sulla porta, richiamò dolcemente l’attenzione.
-Non mi occorre nessuna firma.- disse in quel suo tono ovattato, ­–Nessun agente immobiliare è fin ora riuscito ad affittare questa casa, e avevo rinunciato. Poi mi ha telefonato Lei, Signorina…Non ho nessun contratto da farvi firmare, purtroppo.
Pansy improvvisamente sembrò illuminarsi e si voltò, per fronteggiare la donna.
-Mi sta dicendo che lei è disposta ad affittare la casa senza alcuna garanzia?
La vecchietta annuì, gravemente, per poi dire:
-Avviare la pratica, abbozzare contratti, richiedere consulenze e valutazioni sull’immobile, e infine pagare l’agenzia immobiliare non sarebbe stato sostenibile, Signorina. Le mie risorse sono limitate e, detto francamente, necessito del canone d’affitto. Quindi sono disposta a dei compromessi, sebbene non sia esattamente conforme alle politiche fiscali del governo.- disse con fare affabile per poi concludere il suo discorso con un tremulo sorriso divertito: -Confido che il nostro governo non abbia il cuore di intentare una causa ai danni di una povera ottantacinquenne.
Draco la guardò negli occhi, che per un momento sembravano aver riacquisito un vigore e una fermezza dimenticati da tempo, per poi dire:
-Non abbiamo intenzione di negoziare. Ma, come ho appena fatto notare al mio amico, siamo costretti a fare delle valutazioni, per essere sicuri di riuscire a corrisponderLe quanto dovuto, nei tempi richiesti. Immagino ne converrà con me… milleduecento cinquanta sterline sono una somma importante.- disse Pansy con dolcezza, quasi con deferenza.
La vecchietta annuì accondiscendente.
-Passeremo in banca questo pomeriggio, mia cara Signora. E entro domani la richiamerò per darle la risposta definitiva, se Lei è d’accordo.
Ancora una volta la vecchietta annuì, senza aggiungere altro.
Draco, in silenzio, assisteva alla conversazione, rapito ancora una volta dai modi della padrona di casa.
Poi la vecchietta lo guardò con uno sguardo che s’incastrò nel suo cuore.
Improvvisamente capì cosa in quella donna gli era familiare, cosa lo aveva spinto a quel moto d’affetto che non aveva manifestato, cosa fosse quel calore all’altezza del petto.
Quella figura fragile, minuta, di cristallo, gli ricordava intensamente un’altra donna, meno anziana, forse più bella, ma dall’identico sguardo: Narcissa.
 
***
 
-Harry, amico, questa storia non mi piace per niente…E scommetto che non piacesse neanche ad Herm. Ho una strana sensazione…- stava dicendo Ron, cercando di inseguire i pensieri di Harry.
Il ragazzo al suo fianco lo guardò di sbieco, dicendo:
-Che sensazione?
Ron si strinse nelle spalle, raccogliendo la propria roba. Wang li aveva lasciati liberi per cinque minuti, dato che aveva concluso la spiegazione prima del previsto.
-Non so…è qualcosa di intenso, come una fitta o qualcosa più come... Come quando lasci qualcosa sul fuoco, e te ne dimentichi, ma poi ti arriva al naso la puzza di bruciato e improvvisamente ti ricordi…
Harry lo interruppe, sempre più stranito:
-Che vai farneticando, Ron?
Il ragazzo si grattò energicamente la nuca, in cerca di parole che avessero un senso.
-Beh, ho avuto quella sensazione lì quando l’ho toccato. È qualcosa che non si può spiegare a parole, Harry. È la magia. Quella roba ha della magia dentro, ma non saprei davvero dire se si tratta di magia oscura o no…capisci? Non so riconoscerla.
Harry era sempre più stranito dalle parole del suo migliore amico.
-Vedi, quando un mago tocca qualcosa di magico, ecco…è come se qualcosa dentro di me mi dicesse che quel libretto insignificante è stato immerso in un incantesimo. Ma non sono in grado di dire con certezza se si tratti di un incantesimo buono o…Miseriaccia, com’è complicato. Senti, non lo so…
Harry annuì gravemente, aggrottando le sopracciglia. Ripensò alle parole di Ron, trovando bizzarro il non essere d’accordo. Non aveva avuto nessuna di quelle sensazioni, scarsamente descritte dall’amico.
-Dev’essere qualcosa, beh…sai, magari è una capacità dei purosangue. Non sto dicendo che…
Ma certo! Si disse Harry. Era sicuramente legato a qualcosa che avesse a che fare col sangue. Altrimenti non riusciva davvero a spiegarsi come Hermione avesse abbandonato il libro nella stanza, senza portarlo immediatamente a lui. E soprattutto era l’unica spiegazione logica alle sensazioni di Ron. Ad Harry quel libro era sembrato niente di più che un brutto ricordo dei suoi dodici anni.
Ron invece parlava di una sensazione che non riusciva descrivere.
Era sempre stato così, d’altronde, no? Ron arrivava a percepire, quasi ad annusare la magia, molto prima di quanto potesse farlo Hermione.
Harry riportò alla mente il loro primo anno: come avrebbe fatto Ron a sapere della scacchiera incantata, se non ne avesse percepito la magia?
Era qualcosa d’istintivo, d’innato. Hermione avrebbe potuto ingoiare l’intera biblioteca senza riuscire mai ad acquisire quella particolare capacità percettiva. E sebbene Ron non ne fosse totalmente consapevole, più di una volta aveva preferito affidarsi all’istinto, piuttosto che alla razionalità. Forse perché quell’istinto era molto più razionale di tutte le conoscenze memorizzate da Hermione.
Ma ovviamente Ron non avrebbe potuto condurlo oltre, riconosceva la magia, certo, ma ignorava di cosa si trattasse, incapace di distinguere qualcosa di sgradevole da qualcosa di innocuo. Ed era comprensibile: se mai aveva davvero avuto a che fare con la magia oscura, come poteva riconoscerla?
-Una capacità dei purosangue, eh?- disse Harry, seguendo il filo dei propri pensieri. Ron sorrise timidamente, aprendo la bocca per dire qualcosa, ma fu prontamente bloccato da un gesto di Harry.
-Hermione, se avesse percepito qualcosa, avrebbe senz’altro pensato di comunicarcelo. Avrebbe cominciato a fare una delle sue infinite ricerche. Ma non l’ha fatto…Perché non ha sentito niente. Anch’io, se non avessi mai visto il diario di Riddle, avrei lasciato lì questo libretto. E tu, con questa tua capacità, non sai proprio dirmi di che genere di cosa possa essere, giusto?
Mentre uscivano dall’aula, Ron continuava ad annuire incessantemente, seguendo passo passo il discorso di Harry.
-Allora siamo di fronte a un vicolo cieco.- concluse Ron, per lui.
Harry sospirò profondamente, fermandosi un attimo.
-Ne parlerò con Herm, amico. Sicuramente avrà un’idea su questa storia…sai com’è fatta. Nel frattempo tu non fare niente di stupido, tipo scrivere su quella roba e andare a spasso fra ricordi di persone che non conosci.- disse Ron divertito, per smorzare la tensione.
-Una capacità dei purosangue…- Harry ripeté assorto quella frase.
Per venirne a capo aveva bisogno di un purosangue, ma non di uno qualsiasi. Uno che conoscesse e che sapesse riconoscere gli incantesimi oscuri. Peccato, o per fortuna, che di maghi così non ne erano rimasti molti in circolazione, e di certo Harry non aveva nessuna intenzione di far un giro turistico ad Azkaban. Ma se quella fosse stata la sua unica opzione?
Poi improvvisamente ebbe l’illuminazione e disse, con entusiasmo:
-Malfoy!
Ron trasalì e lo guardò come se Harry fosse appena sbarcato sulla Luna.
-Ron! Malfoy è un purosangue, Merlino solo sa quanto ne abbia ciarlato e quanto lo abbia sbandierato. E conosce la magia oscura! Devo far in modo che tocchi questo libro così…
Ron mise le mani avanti, interrompendolo:
-Frena, frena, fratello! È di Malfoy che stai parlando! Chi ti dice che ti aiuterà?
Harry sogghignò mettendo una mano sulla spalla di Ron:
-Lo farà, Ron, fidati.
-Questa storia mi piace sempre meno…
Harry si voltò, preso dalla frenesia dell’intuizione che lo aveva appena colto, e ad ampie falcate tornò indietro in aula, seguito da un Ron sempre più perplesso.
-Devo andare immediatamente da Malfoy!- disse Harry risoluto.
Fu quando Ron lo agguantò per il mantello che finalmente si fermò e prese consapevolezza delle parole del suo migliore amico:
-Harry…Malfoy non è venuto, oggi!
 
***
 
Quando la pesante porta della camera blindata, la quattrocento sette, si schiuse, quasi l’intera galleria minacciò di crollare. Il folletto spinse Draco all’interno, senza grazia.
-Camera Blindata quattrocento sette.- gracchiò per la milionesima volta il folletto, con stizza.
Draco mise piede nella sua camera blindata personale facendo scorrere lo sguardo sul pavimento di marmo scuro. Agli angoli della stanza erano ammonticchiate piccole collinette dorate, mentre al centro un enorme baule troneggiava imponente.
Draco fece scivolare una mano in tasca e strinse nel palmo una piccola chiave d’argento. Si avvicinò al baule e si chinò per aprirlo.
-E della camera blindata cinquantacinque cosa mi dici?- disse Draco, senza guardare il folletto alle proprie spalle.
-Confiscata dal Ministero.- disse lapidario l’altro.
Il baule si aprì con uno schiocco e Draco cominciò a cercare al suo interno, infilando la mano con circospezione, affidandosi completamente al tatto.
-Certo, davvero gentili quelli del Ministero- sbottò, –Confiscare i patrimoni senza prendersi la briga di notificarlo ai legittimi proprietari.
-Non sono tenuti a farlo, non sei i proprietari sono sovversivi…- gracidò il folletto, irritato, come ripetendo delle istruzioni.
Draco alzò gli occhi al cielo, poi strinse le dita su ciò che stava cercando.
Non erano tenuti a farlo, era legalmente esatto, e Draco aveva smesso di pestare i piedi ed infuriarsi. Qualcuno doveva pagare, era quella la politica del Ministero. Spogliare dei propri averi le famiglie dei Mangiamorte, che guarda caso erano tra le più facoltose della comunità magica, era stata una manovra fiscale eccellente, più che un perseguire la giustizia. I funzionari del Ministero svuotavano camere blindate, manieri e prosciugavano patrimoni, ogni giorno, e tutto nel più assoluto silenzio. Poco importava se famiglie intere versassero in condizioni pietose, private della loro unica fonte di reddito. Poco importava se nessuno avrebbe potuto provvedere a quelle famiglie, private dei propri cari, perché rinchiusi ad Azkaban. Il confine tra giusto e sbagliato si faceva sempre più labile e sottile, nella mente di Draco. Era giusto che i Mangiamorte pagassero, scontando l’ergastolo in un posto che li avrebbe svuotati dell’anima. Era sbagliato che le famiglie dei Mangiamorte fossero ridotte allo spettro di quello che erano state un tempo. Era giusto che i figli degli Auror caduti avessero dei finanziamenti per i loro studi, adesso che nessuno avrebbe potuto sostentarli. Era sbagliato che i figli dei Mangiamorte dovessero essere abbandonati a loro stessi. Ma chi aveva torto? Chi ragione? I vincitori, ovviamente, il Ministero. No, non era così, si ritrovava a pensare Draco. La Guerra non faceva vincitori, ma solo vinti. Tutti erano vittime e carnefici, alla stessa maniera. E così i ruoli si confondevano, si mescolavano ed il confine tra ciò che era giusto e ciò che era sbagliato sembrava essersi annichilito.
Si raddrizzò, spolverandosi i pantaloni, e poi aprì il taccuino.
Prima di riporlo nel baule con furia, quasi sperando che si disintegrasse, Draco non poté far a meno di inorridire.
 
***
 
-Non hai toccato cibo…- la voce frizzante sembrava essersi rattrappita un po’, quando la raggiunse. Come se non riuscisse ad oltrepassare quel muro d’invalicabile silenzio che la ragazza aveva costruito intorno a sé.
Ellis spinse cautamente un piatto di arrosto di fronte a sé. Ginny era di nuovo assorta nei propri pensieri, gli occhi castani lucidi e smarriti nel vuoto del cucchiaio sotto al suo sguardo.
-Ginny?
La ragazza sembrò riscuotersi al sentire quella voce.
Alzò gli occhi, seguendo la voce, e vide di fianco a sé i colori della casa di Corvonero. Si agitò leggermente sulla panca di legno, mentre Ellis drizzava il capo.
Luna Lovegood, in uno dei più enigmatici e disarmanti sorrisi, stava lì di fronte a loro, con l’aria di chi sta per svelare un segreto di stato, con quel cipiglio solenne e assoluto che la caratterizzava. Ellis rabbrividì, suo malgrado. Non era mai riuscita a comprendere quella loro compagna tanto sfuggente, così misteriosa e strampalata. Ma aveva la netta impressione che in lei si annidasse la stessa innocenza e schiettezza di una bambina, come se non fosse mai cresciuta. Qualità apprezzabili, certo, ma a volte indiscrete e moleste persino.
-Il prossimo fine settimana, Robert e gli altri andranno ad Hogsmade. Vi unirete a noi…
Ellis suppose che quella frase dovesse essere una domanda, una proposta o qualcosa di simile, ma chissà perché non c’era un tono dubbioso, nessun punto interrogativo a concludere la frase, come se Luna stesse facendo una semplicissima costatazione.
Ginny la guardò smarrita, ripiombando nello stesso sguardo che fin dal risveglio l’aveva accompagnata: disfatta.
-Ehm…- disse Ellis attirando due paia di occhi su di sé, il primo continuava ad essere smarrito e a cercare come un appiglio, l’altro era curioso e profondo.
-Non sappiamo ancora se avremo degli impegni per il week-end, Luna. Ma ti faremo sapere, senz’altro.
Luna annuì sorridendo e poi, canticchiando fra le labbra, si diresse al proprio tavolo, come saltellando, al ritmo di una musica che esisteva solo nella sua testa.
Quando Ellis riportò lo sguardo su Ginny, le sembrò di riconoscere, nel rosso delle sue guance tempestate di lentiggini, dell’imbarazzo.
Poi fece scorrere lo sguardo oltre la sua spalla: Robert le stava fissando, senza curarsi d’esser notato o meno.
“Gran bella faccia tosta!” fu tutto quello che Ellis riuscì a pensare.
 
***
 
Il turno del lunedì era quanto di più magnanimo potesse essere concesso ad un apprendista medimago del primo anno: cinque ore al mattino e poi venivano spediti a casa, a far il pieno di energie, dal momento che al martedì ed al mercoledì i turni erano massacranti oltre ad essere esclusivamente notturni.
Blaise rigirò la chiave nella toppa ed entrò in casa propria, non senza un educatissimo cenno del capo rivolto alla dirimpettaia sospettosa, la signora Flickerman.
Sorridendo per l’ennesima occhiataccia malevola della vicina, Blaise richiuse silenziosamente la porta e si sfilò il cappotto babbano.
Se fosse stato ancora in grado di sorprendersi, di fronte all’imprevedibile, Blaise lo avrebbe senz’altro fatto. Ma erano più di dieci anni che conviveva con l’imprevedibilità in persona, con multiple personalità e instabilità annesse. Draco Malfoy, comodamente stravaccato sul divano, nel suo salotto, stringeva fra le mani un tomo di istomagia, con un’espressione perplessa dipinta sul volto.
-Davvero ti piace questa roba?- disse, senza guardarlo.
Blaise lo ignorò deliberatamente e puntò alla cucina, dicendo:
-Ti fermi a pranzo, immagino.
Draco scattò in piedi, abbandonando il grosso libro fra i cuscini del divano, seguendo immediatamente Blaise nell’ampia stanza.
-A pranzo, sì. A cena, anche. A tempo indeterminato? Così pare.- disse, accomodandosi su uno sgabello alto, accostato alla penisola.
Blaise si mise da subito ad armeggiare con i fornelli, aprendo una specie di grosso armadio candido e tirandone fuori degli ingredienti che Draco non si prese la briga di ispezionare.
-Curioso…Credevo che Pansy ti avesse trovato, com’è che aveva detto? Ah, sì: “L’appartamento dei sogni”.- disse il ragazzo, dandogli le spalle.
-C’est tout à fait vrai.- biascicò Draco divertito.
Blaise recuperò un coltello da un cassetto e cominciò a sezionare sottili straccetti di carne, probabilmente pollo, ipotizzò Draco.
-Però, perché c’è sempre un però, il Ministero ha voluto ricordarmi quanto mi vuol bene…- continuò Draco, mentre Blaise gli porgeva un bicchiere di vino bianco.
-Hanno congelato il conto dei miei, definitivamente. La camera blindata non è più accessibile. Il mio conto, invece, basterebbe a pagare solo tre mesi d’affitto.- disse Draco con non curanza, ma mascherando l’amarezza.
Blaise non si voltò a guardarlo, ma si limitò ad oliare la padella e a stringere un pugno di farina bianca.
-Oh, e pensa…sono stati talmente gentili da comunicarmi, con largo anticipo, che fra un mese confischeranno il Manor.- l’amarezza nella voce tagliente di Draco fece irrigidire Blaise per un momento. –Buon Natale, Malfoy!- concluse il ragazzo, come parlando a se stesso, facendo tintinnare il bicchiere sul tavolo, dopo una lunga sorsata.
Blaise si voltò, finalmente, inespressivo lo guardò negli occhi, poi con gesti misurati tirò fuori dal buffo armadio una bottiglia di latte.
Sapeva di dover scegliere con cura quelle parole, di dover dar loro un’intonazione priva di qualsiasi emozione che potesse anche solo avvicinarsi alla commiserazione o alla pena, così optò per:
-Rimani quanto vuoi.
Draco alzò la testa di scatto, osservandolo con attenzione, come a voler scavare nel suo sguardo.
-No.- disse secco, dopo un paio di minuti.
Blaise si voltò e versò qualche goccia di latte sul pollo dorato nella padella, e poi disse:
-Hai altre alternative, forse?
Draco si alzò quietamente e lo affiancò, fingendosi curioso dello sfrigolare nella padella.
-Un paio di settimane, al massimo un mese, Blaise.- disse, poggiandosi contro il mobile.
Blaise impugnò un cucchiaio di legno e prese a mescolare il pollo. La sua mente, intanto, vorticava incessantemente, alla ricerca di una soluzione ad un problema che prima o poi si sarebbe presentato. Fin dai primi pignoramenti, ai danni delle varie famiglie coinvolte nella fazione meno onorevole della guerra, Blaise aveva intuito cosa sarebbe accaduto. Di certo era stato lungimirante: aveva prematuramente venduto casa propria, ricavandone un’ingente somma, poi si era disfatto anche dei vari investimenti del padre, vendendo le sue quote partecipative ed infine aveva acconsentito a vivere nella Londra Babbana, dove il costo della vita era praticamente irrisorio. Non che non avesse tentato di convincere anche Draco, ma per lui la situazione era diversa e sicuramente meno gestibile. Doveva pensare per sé ma anche per Narcissa, e quando ormai la situazione era degenerata, il Ministero aveva già avviato le pratiche per le confische. 
-Potresti intentare una causa…- tentò di dire Blaise, ma non ne era convinto neppure lui. Una causa ai danni del ministero? Era un suicidio.  
Draco lo fulminò con lo sguardo, come a voler sottolineare la stupidità della sua affermazione.
Blaise spense il fuoco, recuperò due piatti e ripartì il pollo in due porzioni speculari. Infine Draco sospirò, e prendendo posto a tavola, disse:
-Da qualunque punto di vista la si guardi, Blaise, mi rimane una sola alternativa.
 
***
 
Harry continuava a percorrere avanti e indietro lo stesso tragitto, da quando era tornato a casa, circa un’ora prima.
Nella sua testa si accavallavano domande, supposizioni, sospetti e soprattutto ansie che aveva creduto di poter dimenticare.
Malfoy non era andato a lezione, e non aveva fatto mai un’assenza, nemmeno a scuola. Il ché era strano.
Hermione aveva trovato un libro inquietante e non ne aveva fatto parola, non era da lei. Altra stranezza.
Ron farneticava circa sensazioni ambigue legate a quel libro, e di solito l’istinto del suo migliore amico non aveva mai avuto grosse falle.
Harry gettò uno sguardo intenso sulla copertina del libro, poi, come da sua abitudine, si decise a fare l’unica cosa che gli fosse venuta in mente. D’altronde aveva funzionato una volta, no?
Si avvicinò allo scrittoio, con un incantesimo d’appello richiamò piuma d’oca e calamaio e poi aprì il libro di scatto, su una pagina qualsiasi, ma bianca come le altre.
La mano gli tremò quando la punta della piuma si increspò contro la carta, poi l’inchiostro fluì normalmente:
 
Cosa sei?
 
Harry fissò intensamente la sua grafia un po’ tremolante, nel bel mezzo della candida pagina bianca.
Il silenzio, intorno a lui, era talmente consistente da angosciarlo.
Poi le parole, lentamente, andarono scolorendosi ed Harry, malgrado lo sgomento, non poté non esultare.
Ma al posto dell’inchiostro assorbito della pagina, Harry non ricevette altro che il bianco candido.
Nessuna risposta.
Passò un dito lì dove prima aveva inciso con la piuma: era bagnato.
 
***
 
Tra le mani quel diario.
Lacrime dietro agli occhi.
Silenzio fra l’aorta e il mondo.
 
La sconfitta brucia tra le labbra.
La delusione morde lo stomaco.
La rabbia guida la mano, la spinge a gettare quelle pagine tra le fauci del camino.
Eppure è un attimo, un’impressione o forse un’emozione, sai solo che vuoi dimenticare, ma ti blocchi.
Una domanda si affaccia alla tua mente annegata da acqua salata:
 
Era questo Per sempre?
Un attimo.
Un’emozione.
Una scelta.
La mano trema, per l’ultima volta, sulla pagina:
 
Macerie, resti.
Ma c’eri e resti.
 
Una frase mormorata, uno schiocco.
Poi nulla.
 
Bianco.
Silenzio.
 

 
Note:
Buonsalve, viandanti!
Ed ecco il 19! Spero di non avervi snervato con questa interminabile attesa, mi scuso immensamente, ma la sessione invernale è veramente infinita ed inclemente!
Come sempre ci tengo a ringraziare chiunque abbia letto, ma un ringraziamento particolare va alle 50 persone che seguono la storia…50?! Non ci credo! Grazie, davvero. Non so che altro dire!
Spero che il capitolo sia di vostro gradimento!
Fatemi sapere cosa ne pensate, eh ;)
Un bacione,
Indice.
  
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