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Autore: Parabates    30/01/2014    0 recensioni
"Quindi è così che finisce" è in lacrime.
"Mi dispiace Liam, ma non può andare avanti così, le ho fatto del male" Questa era la cosa più difficile che abbia mai fatto.
"E non pensi a me? A noi due? Cosa sono io per te? Cosa eravamo noi? Non eravamo niente?" ha le mani strette a pugno.
"Avrò sempre una parte di te nel mio cuore, te lo prometto."
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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A PIECE OF YOU 

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21 Ottobre, ancora Berlino.

La giornata è iniziata. Apro gli occhi, mi alzo dal letto, il cuore inizia a  battermi forte, è come se avessi un tamburo nel petto, che, a ritmo regolare, rimbomba dentro di me. Mi avvio verso il bagno, per sciacquarmi il viso, poi scendo al piano di sotto per fare colazione. Qui non c’è nessuno, la casa è vuota, quasi sento il battito del mio cuore risuonare in tutta la stanza, in tutta la casa. Sono le sette e mezza di mattina e i miei genitori sono già fuori di casa a lavorare. Trovo un biglietto su un tavolo provvisorio che si trova vicino ai fornelli:
 
Buongiorno tesoro,
io e tuo padre ti facciamo i migliori auguri per il tuo primo giorno di scuola. Per questa mattina, fai uno sforzo e preparati qualcosa di speciale.
Ti vogliamo bene,
Un bacio,
mamma
Mi riesce a strappare un sorriso, ma la preoccupazione è sempre lì, più che altro ho paura, sono spaesata, non so cosa dovrò fare quando sarò a scuola.
Dato chela mamma ha detto di prepararmi qualcosa di speciale, decido di preparare velocemente dei pancake. Nella mia modesta opinione, posso affermare con una discreta sicurezza che quelli che faccio sono davvero molto buoni. Ormai posso definirmi una cuoca esperta e quindi conosco a memoria i tempi di cottura e riesco con facilità a gestirmeli, così riesco a non bruciarne neanche uno. Li metto tutti in un piatto e me li porto in giro per la casa, mentre mi vesto e preparo le ultime cose.

Sono pronta. Sistemo la cucina, mi lavo, prendo le chiavi e la borsa, chiudo la porta alle mie spalle e mi fermo sullo zerbino. Prendo fiato e faccio il primo passo con incertezza, ne faccio un altro ed un altro ancora, ma poi inizio a camminare più velocemente, senza accorgermene.
Raggiungo la scuola. Mi sono completamente dimenticata di avere un motorino, pazienza penso, ormai sono qui. Mi fermo, osservo tutti i ragazzi che arrivano, assonnati e annoiati dalla solita routine, mentre io sono qui, non conosco nessuno, non so perfettamente la lingua, non ho amici, sono sola e spaesata.
Come dovrò comportarmi? Chi saranno i miei compagni di classe? Piacerò a qualcuno? Le materie che studierò saranno interessanti? Andrò bene a scuola? Poi mi  dico di smetterla, perché sembra che io non sia mai andata a scuola. Mi avvio verso l’entrata. Mentre attraverso il cortile, mi riviene in mente che avrei dovuto prendere un cappuccino mentre venivo , ma, presa dall’ansia, me ne sono dimenticata,  pazienza mi ripeto. Spero di non fare niente che mi faccia mettere in imbarazzo, come cadere sulle scale, sbattere contro la porta o cose del genere. Mi guardo intorno: tutti hanno un gruppo in cui stare, tutti hanno il posto giusto, dove strare, poche persone mi guardano, ma poi distolgono subito lo sguardo. Salgo gli scalini, spingo la porta e seguo l’indicazione con scritto segreteria e dopo pochi attimi arrivo davanti ad una porta di legno con affissa una targa dove è incisa la parola “SEGRETERIA” in stampatello. Busso alla porta e una voce mi risponde avanti; afferro la maniglia e faccio scattare la serratura. La mia vista si apre su una stanza abbastanza grande, nella quale ci sono cinque scrivanie occupate da computer e scartoffie varie. Quattro signore anziane e piuttosto grasse sono sedute su altrettante sedie, dietro altrettante scrivanie, invece dietro l’ultima c’è nascosto un’esile corpo di una donna piuttosto giovane, forse non raggiunge neanche la cinquantina. Una delle quattro più anziane mi chiama e mi dice di avvicinarmi: “Avvicinati pure. Cosa ci fai qui?”

“Sono nuova, oggi è il mio primo giorno”

“Oh allora benvenuta, tesoro! Mi avevano detto che saresti venuta! Tu sei.. Gary? Gerry? Grasy?”

“Gray, Jane Gray”

“Ah si, giusto! E i tuoi genitori dove sono?”

“Non sono potuti venire, lo avevano detto”

“Ah mi avevano riferito anche questo

“Mh.. già” dico mentre lei inizia a cercare qualcosa tra una grande pila di fogli.

“Tieni tesoro, questo è il tuo orario, resterai sempre nella stessa classe”

“Fantastico!”

“Si, qui le cose sono un po’ diverse”

"Grazie di tutto, arrivederci"

"Ciao tesoro, buon primo giorno!" mi risponde lei

Deglutisco, le parole quasi non riescono più ad uscirmi dalla bocca tanta è l'ansia, solo un grazie sussurrato riesce a farsi strada e a uscire.
Mi avvio verso l'aula 4C del secondo piano. Per i corridoi non c'è nessuno, si vede che sono iniziate le lezioni e non mi sono accorta del suono della campanella. Qui è tutto diverso, le scuole sono organizzate in maniera completamente differente e io dovrò frequentare altri quattro anni questa, dato che sono "già" al quarto anno.

Sono davanti alla porta, il ritmo poco regolare dei battiti del mio cuore non mi aiuta affatto, busso, abbasso la maniglia e tiro la porta verso si me. L'insegnante, una donna piuttosto anziana, tutta pelle e ossa con gli occhi in fuori e delle sottilissime labbra, si gira per vedere chi ha aperto la porta e mi chiede "Cosa ci fai qui?"

Divento tutta rossa, sento le mie guance diventare più calde sotto gli sguardi di tutti i ragazzi seduti dietro ai banchi.

"S-sono quella nuova. S-sono Jane Gray" dico con un filo di voce.

"Si, ho saputo che saresti arrivata oggi, ma dovresti essere più puntuale, signorina, che non succeda mai più"

"Si, mi scusi" dico abbassando lo sguardo. Fare tardi il primo giorno di scuola, un cliché, evviva l'originalità, mi sento così stupida.

"Vai a sederti lì, al secondo banco, vicino a Sarah c'è un posto libero" riprende a dire con tono severo. Mi avvio verso il posto indicatomi qualche istante prima e, mentre mi siedo, lei dice "Io sarò la tua insegnante di tedesco, storia e filosofia e il mio nome è Krause" poi si rivolge alla classe "Ragazzi, da voi mi aspetto grande rispetto e solidarietà nei confronti della vostra nuova compagna, soprattutto da lei -ora parla direttamente con la mia compagna di banco- signorina Schwarz"

"Naturalmente" risponde Sarah, come se fosse stata colta di sorpresa.

"Bene, sono lieta di vederla così attenta oggi, signorina Schwarz -si sentono delle piccole risate sparse in tutta la classe- in quanto a lei, signorina... Gray? -annuisco per darle conferma- mi auguro che sia in pari con il programma, altrimenti dovrà farlo, si faccia dire da qualcuno dei suoi compagni il punto preciso dove siamo arrivati. Ah un'ultima cosa, non si faccia consigliare dalla sua compagna di banco, è un po', come dire, assorta nei suoi pensieri, non è vero Schwarz?"

"Cosa?" risponde lei interrogata.

"Appunto" conclude con il tono saccente di chi crede di sapere tutto. Dopo che si sono conclusi i risolini provenienti da ogni angolo della classe, la Krause continua a spiegare quello che aveva iniziato prima che io interrompessi il discorso con il mio arrivo.

"Mi auguro che lei non sia troppo indietro con letteratura" ironizza, ma non credo sia una buona idea dirle che le cose di cui sta parlando le ho fatte l'anno scorso al corso di tedesco, non voglio mettermela contro sin dall'inizio; immagino che non sarà una passeggiata.

Continua a spiegare fino a che non suona la campanella e poi ci assegna i compiti da svolgere a casa. Ora abbiamo un momento di svago, una specie di intervallo, per dieci minuti.

Sarah si gira verso di me. "Ciao! Io sono Sarah!" Ha un viso molto dolce dei lunghi capelli neri che svolazzano ovunque ogni volta che muove minimamente la testa, gli occhi grigi e un grande sorriso. E' piuttosto alta, più alta di me, ma non ci vuole molto, lo ammetto.

"Piacere" le porgo la mano.

Lei la stringe "Hai avuto il piacere di conoscere la terribile Krause"

"Non vedi quanto ne sono entusiasta?" ironizzo.

Lei si mette a ridere, è un buon segno.

"Come mai hai un nome inglese e un cognome tedesco?" le chiedo

"Perché mia madre viene dalla Scozia, mentre mio padre è di Francoforte, forte no?"

"Fortissimo" sorrido "Non ti ha molto in simpatia la Krause, ho visto"

"Che occhio, ragazza! Ebbene no, non sto mai attenta. Mi annoia terribilmente quella donna. E poi mi odia proprio, qualunque cosa io faccia è sbagliata, di principio"

"Ma come è simpatica"

"Già, ma, cambiando discorso, vuoi che ti faccia fare un giro per la scuola?"

"Si, mi piacerebbe molto!"

Così mi prende per mano e mi accompagna a visitare i locali scolastici, che sono pieni di studenti di ogni genere. E' simpatica, Sarah, è divertente, spiritosa e molto disponibile, mi piace. Non credo però che abbia molti amici; durante il tragitto non ha salutato nessuno. Poi, mentre risaliamo le scale, lei inizia a salutare un sacco di persone, ma alla fine si ferma a parlare soltanto con una. E' un ragazzo, ha i capelli scuri e gli occhi castani, non appena vede Sarah il suo viso si illumina in un grande sorriso, poi mi guarda e dice "Chi è lei? Non l'avevo mai vista!"

"E' Jane, la mia nuova compagna di banco, si è appena trasferita" risponde lei.

"Piacere, io sono Robert" si rivolge a me porgendomi la mano.

"Ciao, piacere mio" gli rispondo stringendogliela.

"Belle ragazze -riprende- io devo lasciarvi, gli insegnanti non aspettano! Ci vediamo in giro" dice prima di lasciare un bacio sulla guancia di Sarah e poi se a va di corsa.

"Sarah, non mi avevi detto di avere un ragazzo! Capisco che non siamo proprio migliori amiche, ma almeno volevo sapere quali ragazzi erano off limits."

Lei ride "Jane, mia cara Jane, lui non è il mio fidanzato, è il mio ragazzo!"

"Ah -rido- non sembra, davvero, vi somigliate davvero poco!"

"Lo so, ma che ci puoi fare?"

Ridiamo ancora "Senti Jane, so che ci conosciamo da poco, ma in fondo me l'hai quasi chiesto, che ne dici se ti faccio vedere il ragazzo che mi piace? Ti va?"

"Certo che mi va, andiamo"

Mi prende per mano e mi porta su per le scale di corsa. Saliamo fino al secondo piano e poi rallenta, come se non dovessimo farci notare. Su questo piano, mi dice, ci sono i laboratori di chimica, fisica e scienze umane. Ancora non mi aveva portata all'ultimo piano, ora aveva avuto la scusa. In fondo al corridoio di destra, dal lato opposto a quello dei laboratori, c'erano dei ragazzi, un gruppo piuttosto grande. Non riesco a vedere bene, non distinguo perfettamente i volti, perché molte persone camminano confusamente per il corridoio. Quando riusciamo finalmente a vedere qualcosa, distinguo cinque ragazzi e qualche ragazza che sta facendo il filo a qualcuno di loro.

"Lo vedi Jane? Quello al centro, maglietta bianca e jeans scuri" Mi indica il ragazzo che mi ha descritto, mi avvicino un po', tanto per dargli un volto.

"Si lo so, è il ragazzo più carino della scuola, ma ci sarà un motivo per cui piace a tutti, no?" continua lei.

"Ovviamente" le rispondo. Mi sporgo e lo vedo.

"Si chiama.."

"Liam" concludo io seccamente.

"Cosa? Capisco che è molto popolare, ma come fai a conoscerlo?" Sei qui da poco più di due ore"

Non so cosa risponderle, così mi giro e scendo le scale. "Jane, Jane! Dove stai andando?" mi rincorre.

Mi raggiunte e mi ferma. Mi inizia a fare delle domande, ma io non so cosa dovrei risponderle, potrei dire qualcosa di sbagliato, ma poi la campanella ci interrompe e tiro un sospiro di sollievo. Grazie al mio ottimo senso d'orientamento, riesco a trovare subito la classe. Mi siedo, e mi metto a guardare l'orario. Ora dovrebbe esserci un'ora di inglese, finalmente qualcosa in cui sarò più avanti degli altri. Quando entra in classe la professoressa, ancora non sono tornati tutti i miei compagni di classe ed in questo gruppo è compresa anche Sarah. 

L'insegnante si siede, prende con calma le sue cose e le sistema in modo molto -forse troppo- ordinato sulla cattedra. La porta di apre ed entrano gli alunni mancanti che si scusano con il fiatone. Non appena tutti si sono accomodati, una voce inizia a pronunciare in modo quasi solenne, con una cadenza regolare, quasi noiosa, i nomi dei miei compagni di classe in ordine alfabetico. Alla fine trova il mio nome e lo legge imitando un malriuscito accento inglese, che finisce per urtarmi. "Jane Gray. Bene, sei nuova? Hai origini anglosassoni, bene. Speriamo di andare d'accordo." Poi inizia a parlare nella mia lingua madre, la sua pronuncia non è ottima come crede, ma ammetto che ho sentito di peggio. Mi fa qualche domanda e io le rispondo senza problemi, mi sento più a mio agio ora. All'improvviso, però, riprende a parlare tedesco, mi ero dimenticata che dovevamo fare lezione e probabilmente anche lei lo aveva messo da parte.

"Ho trovato qualcuno con cui competere -scherzò Sarah- Con la mamma parliamo in inglese, ma la mia pronuncia ogni  giorno diventa sempre meno precisa, magari con te posso fare esercizio!"

Rido "Certo, ovviamente, così evitiamo che anche la mia diventi inudibile"

Durante la lezione, la professoressa dice che da oggi le lezioni si terranno solo in lingua inglese, per facilitare me e migliorare tutti. Non ci voleva, quando l'ha detto, tutti si sono girati verso di me, guardandomi storto, mi ha esposto troppo, più di quanto non lo fossi già; non voglio espormi così tanto.

La giornata continua a procedere abbastanza tranquillamente, nessun evento particolarmente rilevante da farmi risvegliare da quello stato di dormiveglia in cui mi ritrovo. E' come se fossi perennemente in pilota automatico. Quando suona la campanella, tutti iniziano velocemente a rimettere negli zaini e nelle borse tutto quello che si erano portati dalla mattina, poi si salutano e a piccoli gruppi si avviano verso la porta come una massa informe ed escono faticosamente.

Rimango sola in classe a finire di preparare la mia borsa. Non so bene il perché ma pensavo che Sarah mi avrebbe aspettato, invece se n'è andata senza neanche salutarmi. Mentre mi infilo la giacca, in previsione di un repentino cambio di temperatura, Sarah si affaccia alla porta "Allora? Ti vuoi muovere?" sorrido senza neanche pensarci e mi affretto per raggiungerla.

"Che fai ora?" mi chiede

"Niente, credo che andrò a casa e mangerò, finirò di sistemare le ultime cose rimaste negli scatoloni e poi credo che studierò un po' -rispondo piuttosto vaga- tu invece?"

"Niente di particolare, dalle tre alle cinque mi alleno, ma non mi va per niente."
Non faccio in tempo a risponderle che Robert ci raggiunge.

"Ciao sorella! -poi si rivolge a me- Ciao amica della sorella di cui non ricordo il nome"

"Io il tuo me lo ricordo" gli dico leggermente altezzosa, per scherzare.

"Non è una buona scusa per non ripetermelo"

"Oh Signore -interviene Sarah- Rob non iniziare, si chiama Jane"

"Non ti scaldare sorellina, stavamo parlando amabilmente" dice mentre la avvolge con un braccio.

"Lasciami e non essere appiccicoso -sospira- passi sempre da un estremo all'altro"

"La tua amica qui -dice Robert rivolgendosi a me- è leggermente nervosetta. Sai per caso se le sono arrivate?"

Sorrido, sia per dargli un po' di soddisfazione, sia perché è un tipo sfacciato e mi piace, ma, forse fortunatamente o forse no, è arrivato il momento di girare per prendere la strada che mi porterà a casa "Mi spiace dirvelo così, ma devo lasciarvi, io devo girare qui"

"Vorrà dire che faremo a meno della tua presenza, J" mi risponde Robert

"Rob, smettila -Sarah si gira verso di me e alza gli occhi al cielo- devi scusarlo, è un po' stupido, forse un po' troppo. Ci vediamo domani mattina, allora. Possiamo incontrarci qui alle otto meno dieci, se vuoi."

"Volentieri, a domani, buon pranzo!"

"A domani" mi risponde Sarah

"Ciao, J!"

Mi avvio verso casa e quando arrivo mi preparo il pranzo, faccio i compiti e si sono fatte le cinque. Solitamente ci metto molto meno tempo, ma dover tradurre tutto è impegnativo. Ho voglia di uscire, stare chiusa in casa, in questa casa, mi lascia un po' l'amaro in bocca, la malinconia negli occhi e le lacrime sulle guance. Così prendo il motorino, accendo il motore e parto; ho voglia di tè e so già dove andarlo a prendere. Durante il tragitto, però, mi viene in mente che forse non dovrei andare da Liam, frequentarlo, voglio dire, sono qui da un solo giorno e si è dimostrato così disponibile, ma non mi sembra giusto nei confronti di Sarah, proprio per niente. Lei è innamorata di Liam e con me è stata molto gentile ed è l'unica che mi parla a scuola. Ripensandoci, non vado lì per rubarle il ragazzo, voglio solo del tè e poi mi piace quel posto, mi da tranquillità, è come se fosse nato un feeling tra me e quel locale. Non mi va di stare da sola in casa, voglio parlare con qualcuno e sentire la vita intorno a me. Perciò vado, senza pensarci più di tanto, in fondo avevo promesso a Liam che sarei tornata.

Quando arrivo, mi siedo allo stesso tavolo a cui ero seduta ieri e apro il libro che mi ero portata: "Cercando Alaska" di John Green. E' il mio libro preferito, non appena ho un po' di tempo lo rileggo spesso e tutte le volte è come se fosse la prima.

"Vedo che hai sempre qualcosa di meglio da fare che guardarmi" mi dice una voce.

"Ciao anche a te, Liam" dico alzando lo sguardo.

"Ciao, fiorellino. Posso portarti qualcosa o ti lascio da sola?"

"Se mi portassi del tè, mi faresti un grande favore"

"Benissimo, allora avrai del tè"

Così se ne va insieme al suo sorriso disarmante e i suoi profondi occhi dolci e io ritorno a leggere il mio libro. Dopo qualche minuto ritorna con una teiera, una di quelle bianche e classiche, personalizzata grazie al nome del locale impresso su essa, una tazza, che fa parte dello stesso servizio della teiera, e un piccolo vassoio di biscotti.

"Eccomi qui, fiorellino. Questi sono per te, offre la casa o meglio, offro io"

"Ma come sei premuroso, grazie"

"Figurati, posso?" mi chiede indicando la sedia vuota di fronte a me.

"Certo, fai pure" dico versando l'acqua calda nella tazza.

"Che fai, non lo bevi?" mi chiede.

"Solitamente ci metto l'infuso, ma per oggi mi adatterò e berrò solo l'acqua calda, però aspetterò che si raffreddi un poco" scherzo.

Ride "Aspetta, fiorellino, te lo vado a prendere, come lo preferisci?"

"Sorprendimi" gli dico

"Come sempre"

"Significa che mi fido di te" gli rispondo. Lui sorride e si avvia.

Dopo poco ritorna con una bustina decidere te di cosa

"Ecco a te, il mio preferito"

"Non ci credo, dici davvero?"

"Si, perché?"

"E' anche il mio preferito"

Ridiamo "Dimmi un po', fiorellino, che stai leggendo?"

"Il mio libro preferito, Cercando Alaska"

"Mai sentito"

"Avresti dovuto, è molto bello"

"Allora lo leggerò, promesso"

"E, dimmi, qual è il tuo, invece?"

"Il giovane Holden, immagino"

"Mi piace, si. Però, non ti facevo un tipo che leggeva"

"Perché, allora, mi hai chiesto quale fosse il mio libro preferito?"

"Perché avevo una speranza"

Rise "Sei in gamba"

"E tu sei buffo"

"Io sono popolare" ribatte altezzoso.

"Giusto, il grande e potente Liam"

"Non esageriamo, dai"

"Io non esagero mai. Non avrei mai pensato che proprio Liam volesse dedicare alcuni minuti del suo prezioso tempo a me, la nuova arrivata che non sa parlare la lingua. Non credi che sia un orrendo cliché? Odio i cliché"

"Mi ritengo terribilmente offeso, io volevo solo esserti amico" ammicca

"Penso che un giorno inizierò ad odiare anche te, ma ora sono troppo sola e stanca per farlo"

"Meno male, rimandiamo il più possibile. Non sopporterei di essere odiato da qualcuno, insomma, sono Liam-il-più-bello-del-mondo. Ma stiamo focalizzando il discorso su di me, ti ricordi che mi devi un'uscita?"

"Si, mi ricordo, qualcosa in modo molto vago" svago un po'

"Perfetto, quando vogliamo fare?"

"Domani, puoi?"

"Come corriamo, fiorellino! Non credevo che fossi così impaziente, ma cercherò comunque di liberarmi dai miei impegni, solo per te."

"Dove ci vediamo?"

"Sotto casa tua, alle tre e mezza, okay?"

"Non sapevo che sapessi dove abito! Bene, allora ci vediamo domani, se sai già tutto, faccio per alzarmi

"Dai, non credo tu voglia lasciarmi così. Se non me lo dici, ti prometto che ti seguo fino a casa. E poi devi rimanere qui, perché ancora non hai finito il tuo tè"

Rido sentendo questa "minaccia", poi prendo un tovagliolino, la penna che mi stava porgendo e gli scrivo il mio indirizzo, appena imparato, e anche il mio
numero di telefono, infine glielo porgo.

Guarda il pezzo di carta e sorride "Vedo che non mi fai mancare niente"

"Ho solo previsto quale fosse la tua prossima mossa"

"Sei sveglia, io te l'ho detto"

"E tu sei nei guai" rido

"Cosa?"

"Girati" dico indicandogli l'uomo che lo sta guardando minaccioso dall'altra parte del locale, lui si alza facendomi una smorfia preoccupata e si avvia verso la cucina, nascondendosi dietro un libro, il mio libro. Finisco in fretta il mio tè, pago il dovuto e me ne torno a casa, senza salutare Liam e senza riprendermi il libro.

Quando sono a casa e apro la porta dell'appartamento, noto che ci sono ancora parecchie cose da sistemare e da risistemare, così accendo la musica e mi rimbocco le maniche.
 
 
Ciao Jane! Mi manchi, lo sai?Spero di mancarti anche io, almeno un pochino. Come va laggiù in Germania? E' bella, fa freddo? Scommetto che mi hai già rimpiazzata, me ne farò una ragione. Ti devo raccontare un sacco di cose, ci sentiamo presto, magari su Skype. Ti voglio bene, vorrei che tu fossi qui.
 
Era un messaggio di Sam, della mia migliore amica, che mi aveva scritto. Sono passate due ore da quando me l'ha mandato, avrei potuto risponderle, se solo non fossi stata impegnata. Mi siedo sul divano e fisso la televisione, che è spenta, poiché deve essere ancora sintonizzata.

"Jane, cosa stai facendo?" dice mia madre appena ritorna a casa

"No, niente, ero stanca e mi sono seduta. Ho sistemato casa"

"Ho visto, ho visto"

"Be' è difficile non notarlo"

"Brava, cucciola" mi si avvicina e mi lascia un bacio sulla fronte, ma riceve un lamento di biasimo proveniente dalla mia gola.

"Scusa, scusa" dice lei

"Ciao papà" dico quando lo vedo entrare in salone

"Ciao pesciolino, come è andata a scuola?"

"Oh piuttosto bene, non è successo niente di che"

"Hai conosciuto qualcuno?" mi chiede

"Si, una ragazza, la mia compagna di banco. Si chiama Sarah e sua madre è inglese"

"Ma è meraviglioso!" dice mia madre

"E poi ha un fratello, si chiama Robert, è... simpatico"

"Simpatico?" chiede mia madre con un sorriso sornione

"Si mamma, solo simpatico. Gli ho detto a malapena ciao" le dico spazientita

"Ma questa casa si è sistemata da sola?" cambia discorso mio padre, che è palesemente imbarazzato e piuttosto infastidito

"Colpa di tua figlia" mi indica mamma

"Merito di tua figlia sarebbe più corretto" rettifico

"Dunque... che si mangia?"

"Il frigo è completamente vuoto, quindi credo che o ci diamo al cannibalismo o andiamo a mangiare fuori" risponde mamma

"Dove andiamo?"

"Conosco un quartiere molto molto carino" intervengo io

"Hai capito la ragazza -papà mi da una gomitata- andiamo!"

"Vi precedo con il motorino, allora"

"Sarebbe meglio che tu non usassi il motorino quando è buio, signorinella" dice mamma

"Non iniziamo ad approfittarcene" conclude papà, sembrano quasi in combutta contro di me.

"Okay, allora vi guido io"

Li conduco nel mio quartiere preferito, anche se ne conosco ancora solo due, quello del Coffee Shop, nel quale lavora Liam, ci dovrà pur essere un ristorante. Possiamo davanti al locale, che è quasi vuoto -è strano vederlo così, solitamente è sempre pieno- e c'è solo una ragazza dietro al bancone, dietro la cassa. Qualche decina di metri più avanti c'è un ristorante piuttosto invitante, ci pensiamo un attimo e decidiamo di entrare e molto cordialmente ci fanno accomodare. Mentre consumiamo il nostro pasto, la mamma mi pone moltissime domande riguardo Sarah, Robert e Matthew, questo ragazzo è riuscito ad affascinare i miei genitori, non so in quale modo.
In qualunque caso non le dico molto, la persona di cui parlo di più, tra i tre, è Sarah, dato che è quella che conosco relativamente meglio.

"Jane, un giorno di questi dovresti invitarla a casa, ti può aiutare con lo studio, in fondo sa anche l'inglese"

"Si, infatti oggi ne parlavamo"

"Che bello, meno male. Sono contenta che tu abbia fatto amicizia con qualcuno"

"Amicizia" sottolinea mio padre guardando storto sia me che la mamma.

Io e lei ridiamo.

"Vorrà dire che dovremo fare la spesa" concludo alla fine.

Il resto della serata passa abbastanza velocemente, tra una risata e una frecciatina. Tornando a casa, in macchina, accendiamo la radio e passano tutte le canzoni del momento, che io e papà sappiamo a memoria e ci mettiamo a cantare, anche se la mamma disapprova.

Quando siamo a casa, mi dirigo verso la mia camera, prendo il telefono e scrivo a Sam.

Ciao Sam, scusa se ti rispondo solo ora, ma ho un sacco di impegni inutili a cui devo pensare. Mi manchi così tanto, non sai quanto mi piacerebbe essere insieme in questo momento. La vita non è la stessa senza di te. Ci sentiamo domani sera su Skype, okay?Perfetto, buona notte

Poso il telefono sulla scrivania, mi metto il pigiama, mi lavo e poi  mi infilo sotto il piumone. Il calore mi concilia il sonno, non ci metto molto ad addormentarmi, cullata dalla piacevole temperatura che c'è sotto le coperte
 
 
ANGOLO AUTRICE
Si, dopo quasi due mesi sono tornata!
Aggiornato, aggiornato.
Che bello, sono tornata alla carica, lol.
Allora, che ve ne pare?
Spero vi piaccia.
Ci sentiamo presto,
grazie a tutti,
Esse.
   
 
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