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Autore: Ryta Holmes    30/01/2014    7 recensioni
"Era già al suo terzo giro di scotch, quando quello era entrato nel locale. [...]
Quello aveva degli zigomi oscenamente sporgenti, delle orecchie ancora più oscenamente sporgenti e delle labbra che… beh. Delle signore labbra. Quella bocca così curiosamente disegnata dava il colpo di grazia a chi dopo il terzo giro di scotch fosse stato catturato improvvisamente da quella visione.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Desclaimer: personaggi e trame non mi appartengono, sono di proprietà della BBC. Se lo fossero, vedrete i miei scleri in tv. Che peccato u_u


 
TWO WEEKS NOTICE
 
 
2.

Da quant’è che rideva? Lo sapeva, lo sapeva benissimo che non avrebbe dovuto confidarsi con quell’idiota.
Sul serio, sa quant’è che rideva di lui?
“Perdonam-hahahaha… davvero Arthur hahaha non riesco a fermarmi! Hahahaha!”
Quella mattina, arrivati in ufficio, Arthur aveva incontrato il suo migliore amico Gwaine e come sempre da dieci anni a quella parte, si era confidato con lui. E come sempre da dieci anni a quella parte, Arthur si era pentito di averlo fatto.
Ora meditava seriamente di interrompere quello scoppio di risate con un pugno. Ma non sarebbe stato carino, in fondo Gwaine era il suo migliore amico, lo conosceva dai tempi del college e molto ma molto in fondo… proprio in fondo… gli voleva bene. L’affetto che si prova solitamente per un fratello e che quindi implica anche momenti di odio puro e viscerale. Come in quel momento.
Lasciò dunque che i sentimenti negativi fossero emanati dalla sua aria corrucciata, dagli occhi assottigliati e dalle labbra piegate in un broncio indispettito. Sperò che quella faccia comunicasse a Gwaine di smetterla ma l’altro lo guardò e continuò a ridere, agitando anche una mano.
“Ahhhh Arthur! Hahaha non mi guardare con quella faccia!” Gwaine lo aveva liquidato senza spaventarsi e Arthur si chiese cosa non andasse improvvisamente in lui. In meno di 24 ore, le sue espressioni avevano smesso di funzionare. Già la sua faccia da schiaffi la sera prima aveva toppato, ora persino quella cattiva non funzionava più?!
Giusto, quando mai con Gwaine aveva funzionato? D’altronde non era servita sin dal primo giorno di college quando aveva scoperto che era lui il suo compagno di stanza e senza mezzi termini si era impossessato del letto vicino alla finestra. Quando Arthur indignato – lui pretendeva di dormire vicino alla finestra! – lo aveva minacciato con lo sguardo, Gwaine aveva fatto spallucce e gli aveva mostrato il suo sorriso da cazzone strafottente.
“Starai più caldo vicino alla porta!”
Quindi perché mai, adesso l’espressione più cattiva di Arthur avrebbe dovuto funzionare con Gwaine?
Arthur cacciò un lungo sospiro, portandosi due dita sugli occhi. Se la faccia cattiva non funzionava, allora avrebbe usato quella melodrammatica che almeno ogni tanto con lui sortiva l’effetto sperato.
“Ok-mph… ok… giuro che la smett-mph-la smetto.”
Bingo.
Arthur lo guardò adesso, in attesa di un commento più intelligente ma Gwaine non era in vena quella mattina di sembrare erudito, per cui gli regalò un sorriso storto e lo canzonò ancora un poco.
“Scusami, amico. Ma davvero, mi fa troppo ridere. Non credo ti sia mai successa una cosa simile, per cui immaginarmi la tua faccia è…. Notipregosenotornoaridereeeee….”
“Ho capito, ho capito!” lo interruppe Arthur prima che tornasse davvero la ridarella. E in fondo Gwaine aveva ragione. Non era mai successo che un uomo gli rifilasse un due di picche in quel barbaro modo. Mai. Dal giorno in cui aveva capito che preferiva le api ai fiori – tanto per parafrasare, visto che era successo quando era davvero molto giovane – bene o male era sempre riuscito nel suo intento, quando decideva di corteggiare qualcuno. Era capitato a volte di non cuccare, certo, ma succedeva magari perché erano fidanzati… e li aveva visti, poi andarsene quasi dispiaciuti del fatto di essere impegnati! Ovvio, con un pezzo di manzo come lui! Era gay, ma nulla si poteva dire sulla sua dirompente virilità che lui ostentava sfacciatamente senza alcuna remora.
E in qualche modo perverso – ma molto molto perverso – poteva anche capire le risate di Gwaine. Perché avrebbe voluto anche lui vedere la sua faccia quando quel tizio zigomuto – che ora alla luce del sole e senza alcool in corpo, Arthur non ricordava nemmeno poi tanto bello! – lo aveva scaricato in quel modo così spietato.
Gli aveva riso in faccia. A lui, per la miseria. Gli aveva riso in faccia e gli aveva mostrato il sedere – un bel sedere sicuramente… Arthur! Hai una dignità! – e se n’era andato a salutare i suoi amici.
“Mi ha detto che non ero il suo tipo. Ok ma poteva anche farlo in maniera più gentile…” ponderò mentre quell’idiota di Gwaine restava zitto, quasi sicuramente per ingoiare le risate che ancora premevano per uscire. “Però diamine!” Arthur sbatté il pugno sulla scrivania del suo ufficio, dove si erano rifugiati per chiacchierare. “Come potrei non essere il tipo di qualcuno?! Insomma, guardami!”
Gwaine agitò una mano come a non dare peso al discorso. “Ah, ma che vuoi che ne sappia io? Lo sai che preferisco le tette!”
Arthur sollevò un sopracciglio. “Guarda che ci sono anche tanti uomini con le tette.” Gli fece presente candidamente, provocando una sgradevole reazione da parte dell’amico. Gwaine infatti, spalancò la bocca disgustato e si alzò in piedi dalla poltrona su cui era seduto.
“Ma che schifo, Arthur! Come puoi pensare che… ma che schifo!” rabbrividì come una drama queen, poi si spazzolò la giacca e si sistemò la cravatta. La tenuta dell’ufficio doveva sempre essere impeccabile. “Bene. E dopo queste immagini orrende che mi hai regalato, direi che posso tornarmene nel mio loculo.”
Fece per andarsene, quando Arthur lo richiamò. “Gwaine… hai un ufficio grande quanto il mio che è pieno di finestre.” Gli fece notare ancora, con pazienza.
L’amico per risposta gli rivolse uno dei suoi migliori sorrisi storti. “Lo so! Era per non vantarmi, non sono mica Arthur Pendragon, io!” lo canzonò dirigendosi verso la porta.
“Ma io non mi vanto!” replicò piccato il diretto interessato, una piccola parte di sé – ma proprio piccola, sia chiaro! – poco convinta di ciò che affermava.
“Ha ha, sì certo, come no. Ah! Signor, amministratore delegato!” lo richiamò. Arthur sorrise inconsciamente nel sentirsi chiamare in quel modo.
“Sììì?”
E Gwaine lo indicò. “Ecco! Visto? Non riesci neanche a fingere! Piuttosto, ci vediamo dopo in riunione, oggi ci presentano il genio del marketing che ci farà da consulente.”
“Sì, lo so. Vedremo se questo tizio saprà aiutarci…” ponderò, ignorando completamente le accuse dell’amico sulla sua vanteria.
“Beh, le premesse sono buone! Pare che nell’ambiente sia conosciuto come Il Mago!” si allontanò salutando con la mano e poco dopo Arthur lo sentì rivolgere un saluto alla sua segretaria.
“Signor Gavin! La smetta di guardarmi il decolté!”
Arthur scosse il capo. Era irrecuperabile.
Sospirò distendendo la schiena contro la poltrona girevole dietro la sua scrivania e si guardò intorno. L’ufficio era grande esattamente come aveva detto a Gwaine. E ben arredato: librerie in legno alle pareti, una grande scrivania, divani in pelle in un angolo vicino alle finestre per i momenti di relax e poi la sua adorata poltrona girevole. Quella dove lui passava ormai da un anno i giorni della sua vita.
Arthur era un amministratore delegato della società creata da suo padre, certo. Ma era un amministratore che si sudava il proprio lavoro e soprattutto si era sudata tutta la gavetta. Non aveva iniziato già dai piani alti, Arthur Pendragon, no. Lui aveva iniziato come tutti, smistando la posta; si era fatto assumere al reparto più basso e poi lentamente si era guadagnato ogni promozione lavorando sodo. Era ovvio che un giorno o l’altro avrebbe ereditato le redini dell’azienda paterna  - e di questo si riteneva anche molto fortunato, dato che non tutti nascevano figli di un magnate dell’economia londinese – ma per lo meno si era fatto conoscere dai suoi futuri dipendenti e aveva fatto strada come chiunque avrebbe potuto lì dentro.
Ora da appena un anno, era diventato uno degli amministratori dell’azienda. A capo c’era ancora suo padre, per inteso. Lui infatti, stava ancora imparando il difficile lavoro del comando e non nascondeva il fatto che a giorni, rimpiangeva con nostalgia i bei tempi in cui le sue mansioni erano controllare i destinatari della posta dei dipendenti e consegnarli ai diretti interessati.
Dato che l’azienda era una multi società che produceva sia beni che servizi, suo padre gli aveva assegnato un settore. Quello degli alimentari. Anzi, quello degli alimentari in crisi, per essere precisi.
Arthur si era ritrovato tra le mani un intero distretto di produzione che negli anni aveva registrato un calo sempre maggiore di ricavi, fino a raggiungere l’affondo fatale negli ultimi dodici mesi. Così suo padre l’aveva messo alla prova, invece di chiudere definitivamente con la produzione e specializzarsi solo nei servizi finanziari, là dove erano considerati tra i numeri uno, aveva consegnato tutto nelle mani di suo figlio con un “Pensaci tu”.
Pensaci tu un par di palle! Si era ripetuto spesso in quei mesi. La produzione era al tracollo e cosa ancora peggiore era che non riuscivano a capire il perché. Prodotti che avevano sempre venduto e che in anni avevano fidelizzato sempre più clientela, di botto avevano smesso di essere comprati.
C’era un team di marketing che lavorava in azienda e che aveva pensato di aver capito quale fosse il problema. Il risultato era stato che avevano investito un sacco di soldi in una nuova campagna… che poi era finita ancora prima di iniziare. All’improvviso, poco prima del lancio, si erano accorti che qualcosa non andava. Arthur alla fine, era stato costretto a licenziarli: avevano fatto perdere all’azienda migliaia e migliaia di sterline, per cui si era ritrovato a fare la parte del cattivo dopo nemmeno un anno che era diventato il capo.
Ora il capo, aveva chiesto ai suoi collaboratori – tra cui c’era il fidato Gwaine, che si era portato dietro dalla facoltà di economia – di cercargli il meglio del meglio, per capire una volta per tutte cosa diavolo non andasse in quel settore e per porvi rimedio.
E i suoi collaboratori gli avevano trovato questo… Mago. Il genio del marketing.
Perfetto. Di meglio non poteva sperare dopotutto, no?
Quando vide che l’orario della riunione era quasi arrivato, si avviò nella sala dedicata, senza portarsi niente dietro. Quella mattina dovevano soltanto accogliere il nuovo arrivato, conoscerlo, spiegargli a grandi linee di cosa si sarebbe dovuto occupare e poi accompagnarlo nel suo ufficio dove avrebbe trovato tutto il materiale su cui studiare.
Quando aprì la porta a vetri  della sala riunioni non c’era nessuno, perciò si prese la briga di accendere l’aeratore perché l’aria era irrespirabile. Borbottò perché quel lavoro dovevano farlo le segretarie che affollavano il piano ma chissà come mai, nessuna mai ci pensava.
Lasciò andare il telecomando sul grande tavolo rotondo al centro della sala, proprio mentre sentiva delle voci che all’apertura della porta riempirono la stanza.
“Ora ti presentiamo il capo! Vedrai, ti troverai bene qui.” Era Gwaine che sicuramente accompagnava il nuovo arrivato. Prese quindi un respiro e si voltò assumendo la sua faccia più professionale.
Durò circa tre secondi. La faccia professionale. Poi lasciò il posto ad un’altra, quella stupida… o stupita, che dir si voglia. Il bello fu che il nuovo arrivato gli stava mostrando la medesima espressione stupida… o stupita. Sì, insomma, quella lì.
Capelli neri, occhi azzurri. Giacca, cravatta e un velo di barba. E soprattutto zigomi sporgenti e orecchie da parabola digitale.
“Arthur, ti presento il Mago del marketing.”
Arthur si riscosse immediatamente, porgendo la mano all’uomo che di colpo si mostrò in evidente imbarazzo. Cosa che non sfuggì al nuovo capo, che si godette quel disagio con sadico piacere. Strinse tuttavia la mano al Mago del marketing e sorrise sornione, trasmettendo con quel gesto taaaanti sottointesi.
“Si chiama Merlin.” Aggiunse Gwaine intanto, ignaro di tutto. Ohhh se l’amico avesse saputo, come minimo sarebbe scoppiato a ridere in faccia anche al nuovo arrivato!
Tuttavia Arthur non ebbe tempo per immaginarsi la scena, perché quando recepì il nome del Genio zigomuto – che intanto lo guardava con tanto d’occhi manco avesse visto Lord Voldemort – aggrottò le sopracciglia e restò fermo nell’atto di stringere la mano.
“Sta’ scherzando?”
Solo allora il Genio si riscosse, scrollò le spalle e assieme anche la mano che Arthur ancora stringeva, in un saluto deciso. “Certo che no! Molto piacere. Mi chiamo Merlin Emrys.”
“Visto che coincidenza? Quale migliore consigliere poteva avere Arthur Pendragon se non  Merlin il mago del marketing?” Gwaine era più gioviale che mai, decisamente quella storia lo divertiva.
Arthur aveva allora incrociato le braccia e l’aria sorniona era tornata a dipingergli il volto. Non aveva mai smesso nel frattempo, di osservare il nuovo arrivato, come se in quel modo volesse continuare a prenderlo in giro e a godere della grossa gaffe che ovviamente aveva fatto con lui la sera prima.
“Giusto. Che bella coincidenza!”
Quando anche tutti gli altri collaboratori erano entrati nella sala, la riunione iniziò. Merlin, ignorando Arthur e dedicandogli attenzione il meno possibile, parlò di sé e dei suoi precedenti lavori. A quanto pareva, il Mago del marketing aveva salvato le cosiddette chiappe a diverse aziende, prima di loro e qui era pronto a dare il meglio di sé. Perché ogni nuova collaborazione era una sfida e lui di solito le vinceva tutte.
Dopo diverso altro blablare, Arthur era già stufo. Ok, il Genio si era presentato, salverà l’azienda e il mondo intero e forse anche i pianeti vicini e se ci sarà un attacco alieno, manderanno lui a parlare coi mostriciattoli e a convincerli ad andarsene. I suoi collaboratori si sperticavano in complimenti, già convinti di volerselo ingraziare – pfiù! Come se ne fossero capaci! Se non c’era riuscito lui… - e intanto restava zitto ad osservarlo.
Ok, l’orgoglio aveva elaborato quella notte e non era vera la storia che era più brutto di come se lo ricordava, anzi. La luce del sole che filtrava dalle finestre, riluceva in quelle pupille azzurre rendendole ancora più profonde e brillanti. E quegli zigomi… santo cielo, ci voleva il porto d’armi per quella roba. E anche un permesso per carichi pesanti per quelle orecchie.
Mentre ancora si chiedeva se per caso non prendessero Sky, tutti si alzarono, segno che la riunione era finita. Uno dei suoi collaboratori si offrì di accompagnarlo nell’ufficio che avrebbe occupato nelle prossime settimane di lavoro. Gli altri furono congedati dallo stesso Arthur e poco dopo restarono in sala soltanto lui e Gwaine.
“Senti un po’…” aveva iniziato l’amico, il tono di voce insinuante che gli graffiò le orecchie.
“Che vuoi?”
“L’hai guardato per tutta la riunione un po’ come io guardo la tua segretaria. Che non me la dà, tra parentesi.”
“Appunto…” gli sfuggì Arthur senza pensarci. Poi se ne pentì, più o meno quando Gwaine assottigliò gli occhi scuri e lo fissò avido di sapere.
E a quel punto tanto valeva… “E’ lui.”
“Lui chi.” Rispose Gwaine pronto, facendosi più vicino, quasi come se in quel modo potesse leggergli le risposte sulla faccia.
“Lui lui! Quello che ieri sera mi ha dato buca!”
Silenzio. Cinque secondi di silenzio, nei quali Gwaine aveva guardato Arthur e Arthur Gwaine. Poi l’amico infame era esploso in un colpo di tosse. No, non era un colpo di tosse, era una risata. Una grossa, grassa risata.
“Gwaine!”
“Non ci credooooo! Hahahaha ecco perché ti guardava così spaventato! Hahaha! Oddio mi fai morireeeee!”
“Bene! Spero ti ci soffocherai in quella risata!” gli augurò completamente piccato. Non attese risposta, anche perché l’amico non era al momento in grado di parlargli normalmente. Uscì dalla sala, sbuffando innervosito e si chiuse velocemente la porta alle spalle con l’intento di allontanarsi presto dalle risate di Gwaine.
Ma perché era l’unico a riuscire a metterlo in imbarazzo in quel modo? Perdiana! Prima o poi quel pugno che si tratteneva dal primo giorno di college glielo avrebbe dato!
Cercò di calmarsi e di ricomporsi nel solito Arthur tutto d’un pezzo che sfoggiava al lavoro. Quindi si avviò verso il suo ufficio ma all’ultimo momento, decise di fare una deviazione. Dopo aver visto il collaboratore che aveva prima accompagnato Merlin, tornare alle sue occupazioni, ebbe l’illuminante idea di andare a torturare un poco il nuovo arrivato.
In fondo doveva ancora prendersi tutta la sua vendetta!
Quando si affacciò oltre la porta dell’ufficio di marketing, non fece in tempo a palesare con la voce la sua presenza, perché all’interno si svolgeva la scenetta più divertente che gli fosse mai capitata sotto gli occhi.
Il Genio era abbandonato sulla sedia girevole, la testa sul piano della scrivania, che si alzava e si abbassava ed ogni volta cozzava con un rumore sordo contro il legno.
“E’. Il tuo. Capo.” Sbong. Sbong. Sbong. Ogni parola era accompagnata da una testata. “Hai dato. Un. Due. Di picche. Al tuo. Capo.” Sbong. Sbong. Sbong. Sbong. Sbong. Sbong.
Arthur appoggiò un braccio allo stipite della porta, il sorriso divertito, mentre continuava a godersi quella scena che avrebbe certamente soffocato Gwaine per le risate. E parlava sul serio.
Lasciò sadicamente che il Genio battesse la testa qualche altra volta borbottando improperi contro se stesso. “Sei. Un. Idiota.” Boing. Boing. Boing.
“Sono d’accordo.” Disse infine, tossicchiando.
Quando il Genio alzò la faccia dalla scrivania e vide lui, fermo davanti alla porta, con il gomito sullo stipite e le gambe incrociate, balzò in piedi di scatto e sollevò il capo con una dignità invidiabile per uno appena beccato a dare craniate su una scrivania.
“Signor Pendragon, credo sia il caso di doverle le mie scuse per il comportamento di ieri sera.” Proferì solenne. Peccato per quel bozzo rosso sulla fronte che rendeva tutto un po’ ridicolo.
Arthur si trattenne dal ridere. Ora sapeva di avere lui il coltello dalla parte del manico. Il Genio gli porgeva le scuse e ora come minimo, avrebbe anche accettato le sue avance.
Bene. Forse quella storia poteva avere un lieto fine. Per lui.
“Scuse accettate, Emrys.” Consentì, il sorriso sornione che non abbandonava però il suo volto. Ora più che mai voleva attaccare bottone con quegli zigomi. E con tutto quello che c’era intorno, certo.
“Non potevi certo sapere che sarei stato il tuo capo.”
“No infatti.”
“Altrimenti, non mi avresti di certo dato buca.”
“No, nient’affatto!”
“Come?” La musichina della sera prima, quella soave che poi strideva. Sì, quella. Gemette di nuovo. Forse doveva andare da un otorino… o da un neurologo… o da uno psichiatra. “Come prego?”
“Le avrei dato buca comunque.” Sorrise cortese il Genio… del male. “Solo che sarei stato più gentile.”
Arthur rimase zitto a fissarlo. Sul serio, gli mancavano le parole. Quel tizio sempre più sfacciato, gli sorrideva ora, sfidandolo tuttavia con lo sguardo.
“Ti licenzio.” Gli venne quindi spontaneo, fargli presente.
E il Genio del male – perché altri non poteva essere – se possibile rese ancora più ipocrita quel sorriso. “E io la denuncio per molestie sessuali.”
Arthur spalancò la bocca indignato. “Bene.” Proferì, muovendosi incomodo sui suoi stessi piedi. “Bene.” Ripeté. Lanciò all’altro lo sguardo più cattivo che conoscesse – quello che con Gwaine non funzionava, per intenderci – e poi parlò. “Per domani voglio pronto il tuo rapporto.”
Se ne uscì prima che quell’altro potesse replicargli qualcosa. Aveva capito che fosse di lingua lunga, perciò preferì scappare prima di finire nuovamente in pasto alla sua arguzia.
Tornò nel suo ufficio ignorando la segretaria e sbattendo la porta. E no. Questa a Gwaine non l’avrebbe raccontata… o stavolta per la rabbia lo avrebbe picchiato sul serio.
 
Continua…
 
Buonaseraaaaaaa!! Allora, pubblicazione veloce, dopo il successo del primo capitolo (e che successo! Vi adorooo *-*)ho pubblicato ad appena una settimana di distanza. La verità è che volevo farlo un po’ più in là (se non altro per mantenere una pubblicazione più regolare) ma sono troppo curiosa di sapere cosa ne pensate del secondo incontro tra questi due XD hahaha spero che vi stiate divertendo così come io lo faccio a scriverla!
Considerate che rido da sola come una deficiente davanti allo schermo, pensando a sti due che si incontrano e ogni volta non si capiscono XD e Gwaine poi che dà il colpo di grazia!
Non aggiungo altro perché voglio pubblicare subito e conoscere i vostri commenti! Quindi mi raccomando, non mi deludete!!! ^___^
Intanto ringrazio tutti i lettori silenziosi e coloro che hanno inserito sin da subito la storia tra le seguite e (addirittura! *-* ) le preferite! Un grazie speciale anche a areon, Margherita Dolcevita, Lucylu, Evelyn Wright, One Day_Painless e alla mia cara Lunaris a cui è dedicata questa storia assieme ad Emrys e Asfodelo! =)
Baci a tutti! E a prestoooo
   
 
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