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Autore: King Of My World    01/02/2014    2 recensioni
Dicevano che era brava, dicevano che aiutava, ma non era vero per niente: con gli altri poteva essere anche dolce gentile e tanto altro, ma con me non era affatto così. Eh si, dopo il terzo anno, la mia professoressa di francese cominciò ad odiarmi come se le avessi fatto qualcosa di grave. Mi umiliava ogni santo giorno, fino a quando...
Genere: Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era tutto inutile

Edward cercò di parlarle, ma a quanto pare non servì a nulla perché nei giorni seguenti mi trattava peggio: sembrava peggio di una strega ed io non la sopportavo più. Era un incubo, non la sopportavo più perché avevo una voglia matta di risponderla e di mandarla a quel paese. Quella mattina, mentre entrò in classe disse:
 
“Ragazzi, chi vuole andare a vedere il teatro di lingua francese?” Chiese alla classe.
“Beh, prof io ci voglio venire.” Disse Concetta, la sua alunna preferita.
“Con te, non avevo dubbi. Vinaccia, tu ci vuoi venire?” Mi domandò curiosa di sapere.
“Credo di no.” Le risposi.
“Ah va beh, ormai tu stai al disotto del sette. Quindi non sei più uno dei migliori della classe, almeno per quanto mi riguarda.” Continuò seccata dalla mia risposta.
 
Cosa le avevo fatto? Avevo detto che non volevo andarci, per caso comanda lei anche su cose che dovevo e non dovevo fare? Forse stavolta, stava davvero esagerando. Dopo che finì di trascrivere le assenze, prese il libro e cominciammo un nuovo argomento: la lettera commerciale.
Quando vide l’argomento, mi guardò attentamente, voleva che sbagliassi qualcosa.
 
“Vinaccia, vuoi leggere tu?” Mi chiese.
“Ok.”
 
Lessi perfettamente e feci soltanto pochi errori di lettura, ma mi fece anche riassumere.
 
“Almeno questo lo sai fare ancora, ma lo stesso non vali molto.” Mi disse, credeva di avere ragione. 
 
Non accusai nulla e decisi di starmene zitto, anche se ne avevo davvero abbastanza di questa storia. Volevo tirarle il libro in faccia, però non lo feci perché lei era anche la cordinatrice di classe: quindi se facessi una cosa del genere, me ne pentirei amaramente.
All’improvviso mentre lei stava spiegando, si girò una mia amica dicendomi:
 
“Ma a che pagina sta?”
“Pagina 19.” Risposi.
 
La prof mi guardò infuriata, neanche i lupi guardavano la preda in quel modo. Sembrava davvero interessata a sbattarmi fuori da quelle scuola una volta e per sempre. 
 
“Vinaccia, dopo mi fai sapere cosa vi stavate dicendo!” Sussurrò cercando di infastidirmi.
“Prof a dire il vero, mi ha chiesto la pagina.”  Dissi con molta calma.
“Non mi interessa. Quando spiego, voglio il silenzio!” Strillò senza un valido motivo.

Poco dopo non riuscii a trattenere la calma, ero fuori di me e scoppai un attimo dopo alle sue parole.

“Dite la verità, voi mi volete fuori da questa scuola! Non vi sopporto più! Voglio andare via!” Avevo sbattuto la porta, ero stufo di quella situazione.

Corsi subito dal mio professore di economia aziendale, cercando di spiegargli cosa fosse accaduto; non si potevano più tollerare quelle cattiverie: le si subivano ogni giorno, tra l'altro gratuite e quindi scoppiai - senza nemmeno pensare alle conseguenze successive- ma cercai di sfogrami comunque.
 
“Vi prego, professore. Aiutatemi, la professoressa Petrillo mi sta rendendo la vita impossibile: ogni mattina, non faccio altro che svegliarmi con quella paura perché non fa altro che umiliarmi e divertirsi sul mio umore. Sono sensibile e voi lo sapete meglio di me!” Dissi piangendo, perché ero davvero stufo di quella situazione.
“Jake, tu hai ragione. Ma devi cercare di resistere, sono soltanto due anni!” Cercò di incoraggiarmi il prof.
“Io non voglio il debito in francese. Uno fa di tutto per impegnarsi, mentre lei non è mai contenta! Ma perché?!” Continuai a lamentarmi.
“Non ti preoccupare, ora torna in classe. Ne riparleremo domani!”
“Va bene!”
 
L’ora suonò e tornai in classe più sereno, anche se stavano per arrivare brutte notizie.
 
“Jake, la prof ti ha messo una nota e ti ha mandato una cartolina a casa. Ha detto che sei stato maleducato!” Mi disse Maria.
“Aiutatemi, vi prego! Non la sopporto più!” Continuai con lamentele.
“Non ti preoccupare, vedrai che tutto si aggiusterà! Se è qualcosa, la picchiamo. Va bene?” Mi sorrise la mia compagna di classe.
 
Lo fece per farmi ridere, perché ero davvero stanco di quella professoressa; non faceva altro che mettermi in difficoltà e mi voleva rovinare la carriera da studente. Dopo un po’, piansi. E la prof d’italiano disse:
 
“Cos’è successo?” Domandò alla classe.
“Niente professoressa, Jake viene sempre umiliato dalla professoressa di francese e lui non riesce più a sopportarla!” Le rispose Pasquale.
“Ragazzi, ultimamente Petrillo è sempre esaurita. Infatti, ai consigli di classe ne ha parlato male di Jake e sono rimasta molto basita da questa situazione.” Continuò la prof.
“Non è vero professoressa. Se Jake studiasse di più, tutto questo non succederebbe.”
“Jake studia ed è un bravo ragazzo, tu dici così solo perché sei la sua preferita!” Le disse Bruna.
“Ragazzi, cerchiamo di calmarci. Jake non ti preoccupare, adesso vedrò di parlarci io con la prof di francese. Va bene?”
 
Dopo scuola, Edward mi venne a prendere e mi domandò:
 
“Tutto bene? O hai avuto problemi?”
 
Lo fissai e gli risposi:
 
“No, tutto male. Mi ha umiliato anche oggi, ma adesso voglio tornare a casa!” Accennai.
 
Ero stanco di quella situazione, volevo morire: non era semplice sopportare tutte quelle umiliazioni. Era davvero una professoressa cattiva. Edward continuò dicendo:
 
“Si troverà una soluzione. E’ impossibile che non ci sia!” Disse al quanto arrabbiato.
“Lei vuole che io prenda il debito e che debito sia punto!” Urlai secco.
“Non dire così”
“Io continuerò a studiare, ma se lei vuole questo. Allora meglio lasciarla godere e basta!” Conclusi senza sentire ragioni.
 
Non potevo sempre pensare alle brutte cose, anch’io avevo il diritto di vivere e di andare avanti: anche se ero caduto in una profonda depressione. Dovevo accettare la situazione e sopportare le cattiverie di quella dannata professoressa di francese. In realtà, non vedevo l’ora che la Francia sparisse dalla cartina geografica; perché solo così, non potevamo più studiare il francese: perché quella maledetta lingua stava diventando una vera ossessione. Poco dopo, Edward mi abbracciò e mi disse:
 
“Va bene, se vuole la guerra. Che guerra sia!” Mi sussurrò all’orecchio.
 
Sembrava un padre per me: un padre che non avevo mai avuto, il mio non faceva altro che ubriacarsi e mettersi in mostra. Io non lo sopportavo, perché era antipatico e mi prendeva sempre in giro; ma in quel momento, mi sentivo protetto e al sicuro.
 
“Grazie.” Gli risposi.
 
Poco dopo, me ne andai in camera per ascoltare un po’ di musica per poi studiarmi qualcosa durante il pomeriggio: speravo solo di risolvere la situazione. Non era giusto, eppure non facevo niente di male, forse sarebbe stato meglio se avessi scelto tutta un’altra scuola.
 
   
 
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