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Autore: Layla    02/02/2014    6 recensioni
“È Jack, che adesso si sta facendo una doccia. Appena ti ha visto è come impazzito, continuava a urlare “È lei, l’ho ritrovata!”.”
Io lo guardo con la bocca spalancata, sono così scioccata che ho paura che la mascella mi si stacchi da un momento all’altro e se ne vada a fanculo.
Qualche minuto dopo, il signorino che ha tanto richiesto la mia presenza fa la sua comparsa con solo un asciugamano addosso alla vita e mi punta un dito addosso.
“Tu! “Lost in stereo” è stata scritta per te!”
Io mi indico sconvolta.
Lost in stereo per me.

Tratto dal primo capitolo.
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alex Gaskarth, Altri, Jack Barakat, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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24)I'll paint you wings, and I'll set you free (please don't!)

 

14 settembre 2012

 

Ci sono momenti nella vita in cui i minuti, le ore, i giorni, le settimane e perfino gli anni perdono di significato.
Sono reggimenti inutili dell’esercito del tempo che scorrono pigramente su di te, lasciandoti sempre più spossata.
Vivi e non vivi.
A e B coincidono creando un cortocircuito che non trova soluzione. Ogni mattina speri di svegliarti fredda, ma sei sempre calda.
Sono passati due anni da quando ho scoperto Jack con la messicana e nulla è cambiato nella mia vita, eccetto che la mia mano è guarita.
Con mio sommo dispiacere Jack ha continuato a pagare la fisioterapia, io – che non voglio avere dei debiti con lui – sto risparmiando per restituirgli tutto fino all’ultimo centesimo, dovessero volerci anni.
Non vivo più da Alex e Holly – che stanno ancora insieme – ma in una casetta sull’oceano, l’ho trovata dopo due settimane in cui vivevo dai miei amici.
In quelle due settimane Jack ha tentato di vedermi in ogni modo e non ci è riuscito.
C’è riuscito in seguito un paio di volte.
Non è bello tornare  a casa dal lavoro e trovare il tuo ex seduto sul tuo divano che cerca di spiegarti perché lui si scopava una zoccola, mentre tu cercavi faticosamente di uscire dalla depressione.
Io cercavo di andare avanti e sopravvivere al fatto che nostro figlio o figlia era morto o morta e lui scopava.
L’ho sempre cacciato, ma ogni volta che siamo venuti in contatto tra noi si stabiliva una certa elettricità, come se i nostri corpi non avessero accettato o capito che tra noi era finita.
Jack mi ha scritto milioni di lettere che sono finite nella spazzatura, centinaia di messaggi che non sono mai stati letti e e-mail subito cestinate.
Ero e sono arrabbiata con lui.
Si è comportato da stronzo nel peggior modo e momento possibile, quando io avevo più bisogno di lui mi ha voltato le spalle.
Il mio cuore non riesce ancora a perdonarlo per questo, nonostante sia Alex che Holly mi abbiano detto di parlargli almeno, per dargli la possibilità di spiegarsi, ma il mio cuore non sa cosa farsene di queste spiegazioni.
Il mio cuore ogni volta si ricorda l’espressione di piacere di Jack  mentre si scopava l’altra e sanguina e sanguina.
Lo sai, Jack, di avere le mani sporche di sangue?
No, non lo sai.
Con un sospiro mi accendo una sigaretta, uscirei fuori a fumare se solo non fosse in corso il diluvio universale.
Mi è sempre piaciuto fumare, ma ora è solo un gesto vuoto, privo di significato come tutti quelli che faccio da almeno due anni a questa parte.
Ogni volta che lui è venuto a trovarmi ha lasciato un piccolo seme chiamato speranza nel mio povero cuore frantumato, speranza terribile che – nonostante tutto – mi amasse ancora.
Speranza che non l’avesse fatto per cattiveria.
Speranza.
Un seme che vorrebbe poter far nascere una pianticella chiamata perdono.
In fondo, mi dico, ero terribile in quel periodo. Non parlavo, mangiavo a stento, lo respingevo a letto e lui doveva tenermi lontani tutti gli oggetti con cui ci si potesse tagliare per non farmi continuare sullavia dell’autolesionismo.
Sì, non deve essere stato facile, posso perdonargli uno sbaglio.
Questo è quello che vuole speranza, ma il mio cuore dice che se lui ci avesse tenuto veramente a me non avrebbe sbagliato, non in quel modo squallido almeno.
Cosa devo fare?
Il mio cervello dice che non devo fare nulla, che lui va lasciato nel passato, ma ho una certa riluttanza a lasciare che questo avvenga.
Oh, posso ignorarlo quanto voglio, ma c’è qualcosa di sospeso tra di noi!
Temo che anche lui abbia perso interesse, ormai non tenta più di entrare in casa, non scrive più, solo qualche mail e qualche messaggio.
Forse ha perso la speranza o forse si sta rifacendo una vita, cosa che io non sto facendo.
Non sono più uscita con un ragazzo dopo aver rotto con lui, Bryan mi ha invitato a cena un paio di volte, ma gli ho fatto capire che non volevo nulla più di una semplice amicizia.
Lui se ne è fatto una ragione e ora esce con una brava ragazza che lo rende felice.
Holly continua a dirmi che dovrei parlare con Jack e quando le faccio presente che anche lui ha diradato i contatti lei mi dice che è a causa dell’album imminente.
Bah.
Sono immersa nei miei pensieri senza senso, quando qualcuno bussa alla porta, per abitudine guardo prima dallo spioncino e vedo che è solo Jeremy, l’ex di Holly.
Lo faccio entrare sorridendo.
“Ehi, Jem! Quale buon vento ti porta qui?”
“Devo darti una cosa, anche se io non ti ho dato niente, chiaro?”
Io alzo un sopracciglio.
“Cos’è? Droga?”
“ No, no!”
Appende la giacca ai ganci dietro la porta e si guarda attorno.
“Bell’ambientino, ti sei sistemata bene.”
“Il negozio rende, vuoi qualcosa da bere?”
“Del whisky andrà benissimo.”
Mi accorgo che batte i denti per il freddo, io gli servo immediatamente un bicchierino che lui butta giù immediatamente.
“Ah, adesso sto meglio.”
Estrae qualcosa dalla tasca della felpa e me lo porge: è un pacchettino che io scarto, contiene un cd.
“Tu sei la prima “civile” a vedere il nuovo lavoro degli All Time Low, Don’t Panic.
Lo so che quello che è successo tra te e Jack Barakat non sono fatti miei, ma mi sei simpatica per cui ti consiglio di ascoltare la traccia quattro e la undici e prendere le tue decisioni.”
Io annuisco leggermente inebetita, Jeremy si alza dal divano.
“Bene, il mio compito è finito. Mi raccomando ascoltale, Wendy.”
“Ok, grazie.”
Lo accompagno alla porta e lo saluto. Tornata in salotto guardo il cd e mi chiedo perché dovrei sentire quelle due tracce, cosa hanno di importante?
Ma se a me non importa di Jack perché dovrei sentirle?
Perché l’amara verità è che di quel cretino mi importa ancora tanto e che mi sento sola senza di lui.
Così, con un po’ di riluttanza, infilo il cd nello stereo e scelgo la traccia quattro chiedendomi a cosa mi troverò davanti.
Il titolo è “Somewhere in Neverland” e mi lascia pietrificata, la canzone parla di un ragazzo che vuole fuggire con la sua Wendy sull’isola che non c’è.
Sembra tantissimo la storia mia e di Jack che mi vengono i brividi, non so chi l’abbia scritta, ma è meravigliosa e – ancora una volta – contiene una richiesta di perdono
Una richiesta che riga le mie guance di lacrime, sono ancora nel cuore di Jack e se non fosse per il mio dannato orgoglio andrei subito da lui.
Ogni volta che ho questo impulso lo rivedo mentre scopa con quella puttana e nel mio cuore torna a calare il gelo.
Finita la quattro, skippo alla undici che si intitola “Paint you wings”, il titolo mi mette leggermente in allarme.
Clicco play e la musica parte, il testo è triste, diverso dalla precedente e mi preoccupa sempre di più.
Quando sento una parte che recita più o meno così:
When will the princess figure it out, she ain't worth saving
And when will the world get over all her misbehaving
Will we ever learn?
I painted a picture of the things I wanted most
To color in the darker side of all my brightest hopes
But there was a monster standing where you should be
So I'll paint you wings, and I'll set you free
, salto dalla sedia, come se mi avesse dato una scossa.
Sento come se Jack mi stesse dando il suo ultimo  messaggio, sono diventata un mostro che divora la luce delle sue speranze gloriosa, una cosa che va lasciata libera.
Una cosa a cui vanno dipinte le ali per farla andare via.
Io non voglio le ali, non voglio andare via.
Solo allora capisco quanto tenga ancora a Jack in realtà, tenere è addirittura il verbo sbagliato: io lo amo.
Lo amo adesso con la stessa intensità di due anni fa, non posso permettere che lui esca dalla mia vita!
Incurante dello stereo che va e della pioggia che scende copiosa, metto un paio di anfibi ed esco, diretta a casa sua.

 

Correre non è mai stato il mio forte, a Educazione Fisica facevo schifo, ma stasera è diverso.
Mi faccio mezza Los Angeles a piedi, alternando la corsa al passo veloce, sotto il diluvio universale e non me ne frega niente: devo arrivare più presto che posso alla villa di Jack.
Sì, potrei chiamarlo, ma non sarebbe lo stesso.
Dopo anni ho il bisogno fisico di vedere Jack Barakat e i suoi occhioni castani.
Devo correre.
Correre!
Arrivo davanti a casa sua, stremata, senza fiato e bagnata come un pulcino e ancora una volta non importa.
Mi attacco al suo campanello e finalmente entro, percorro il vialetto barcollando come uno zombie, come se tutta l’energia che mi ha portato qui stesse lentamente scomparendo.
Gli ultimi passi sono una tortura, mi sento i piedi pesanti per via degli anfibi e dell’acqua che ormai è entrata formando due piccoli laghetti.
Comincio a bussare come una forsennata e sto quasi per dare un pugno in faccia a Jack per errore quando finalmente mi apre, a torso nudo e con i pantaloni di una tuta neri.
Non dico nulla e lo abbraccio più forte che posso, lui rimane un attimo imbambolato, poi ricambia l’abbraccio.
Io sorrido, mentre il mio mondo diventa nero.

 

Mi risveglio in un letto che conosco molto bene, avvolta nelle coperte e relativamente asciutta.
Mi tiro a sedere di scatto e mi guardo attorno, Jack è seduto sulla sedia della scrivania e mi scruta.
“Jack.”
“Wendy.”
“Jack, non voglio un paio di ali, non sarò l’ombra nera che oscura le tue speranze.
Non lasciarmi andare.”
Lui si alza e mi appoggia la mano sulla fronte e fa per andarsene, ma io lo blocco.
“Wendy, hai la fe…”
“Non importa, posso avere anche l’ebola e può aspettare.
Io… io ti devo parlare, è urgente.
Ti, prego ascoltami.”
Lui si siede sul letto accanto a me e mi accarezza la fronte con cautela, come se temesse rappresaglie.
“Dimmi tutto, sono anni che aspetto questo momento.”
“Ho sentito il vostro nuovo cd, non chiedermi chi me l’ha procurato perché non ti risponderò e non è importante ai fini del discorso.
Ho sentito la quattro e la undici, la quattro è meravigliosa, parla di noi in modo splendido.
Voglio ancora scappare via con te, voglio… voglio mettere da parte, ancora una volta, il passato, anche se fa male.
Voglio essere la tua Wendy.
Quando però ho sentito la undici mi sono sentita morire, io non voglio essere considerata un mostro o una che ha bisogno di un paio di ali per levarsi dai coglioni,
Io ti amo e, anche se mi hai ferito tantissimo, vorrei riprovarci.
Mi vuoi?”
Lui mi guarda incredulo.
“Tu che mi chiedi se mi vuoi? Sono io a dovertelo chiedere, tu hai tutto il diritto di prendermi a calci.
Davvero, mi vuoi ancora, Wendy?”
“Sì.”
Lui si passa una mano davanti al volto e poi sorride, quel sorriso che adoro e che gli accende i lineamenti di una luce speciale.
“Raccontami tutto, Jack.
Vorrei una spiegazione, prima di tutto.”
Lui abbassa gli occhi.
“Sono stato un coglione. Io mi accorgevo che soffrivi, ma qualsiasi cosa facessi non cambiava le cose di una virgola e poi mi respingevi anche a letto.
Mi sentivo piuttosto solo, così una sera dopo le registrazioni mi sono infilato in un bar  a bere e Marisol mi ha abbordato.
È da lì è cominciata una serie di incontri, quello che hai visto tu era il terzo. Mi sentivo in colpa, volevo smettere, tu non ti meritavi di essere tradita nel momento in cui stavi così male, ma…
Il non fare sesso mi pesava, non ce la facevo, mandava all’aria tutti i miei piani.
Da quando te ne sei andata le cose sono cambiate, puoi chiedere ad Alex se non ti fidi. Non ho più visto Marisol né nessun altra, volevo solo te  e sapevo di averti persa per sempre perché ero solo uno stupido coglione.
Ho dovuto fingere con tutti, fan soprattutto, di stare bene, ma la verità era che mi mancavi da morire e avrei dato tutto per riaverti e sapevo che non sarebbe stato possibile.
Sei testarda e orgogliosa e diventi una regina di ghiaccio, se ferita.
Mi vuoi ancora adesso?”
Io gli stringo una mano sorridendo.
“Sì, voglio… Voglio dimenticare quello che è successo quel giorno, io so di avere la mia parte di colpa.
Non ti parlavo, ti cacciavo, era ovvio che sarebbe successo qualcosa.”
Lui sorride ancora e mi prende il volto tra le mani, mi dà un leggero bacio a stampo che io approfondisco.
Tanto che lui finisce mezzo sdraiato su di me, con una risata da parte di entrambi.
“Piccola, adesso vado a prendere il termometro e  ti provo la febbre, ve bene?”
Io annuisco.
Lui torna poco dopo con il termometro, la provo ed effettivamente ho qualche linea, lui mi dà un’aspirina e si sdraia a letto con me, stringendosi contro la mia schiena.
“Domani sarai ancora qui?”
“Certo e dopodomani e poi il giorno dopo e quello dopo ancora, se mi vorrai.”
Strofina  il suo naso contro il suo collo.
“Ho pregato così tanto per questo miracolo che non ho intenzione di lasciarti andare.”
Io sorrido.
“Jack, te le ricordi le prime notti che passavamo insieme?
Quando parlavamo di tutto e di niente e fumavamo?
Beh, quelle sono uno dei miei ricordi migliori di te, perché se riesci a stare tra le braccia di un ragazzo a cui basta questo per stare bene sei una donna fortunata.”
“Ti giuro che allora e anche adesso mi basta solo questo.
Non ha senso avere un po’ di sesso, quando hai l’amore accanto a te, è una lezione che ho imparato nel modo più duro.”
“E io sarò l’unica a saperlo.”
Lui mi accarezza la pancia, soffermandosi sulla cicatrice.
“Sì, ma prima o poi lo sapranno tutti. Che ne dici?
Wendy Barakat, suona bene?”
“Molto bene, mi piace un sacco.”
Continuando a parlare di tutto e di niente ci addormentiamo.
La mattina dopo mi sveglio e mi sento benissimo, guardo il corpo di Jack disteso accanto al mio e gli lascio una leggera carezza sul viso, poi torno a dormire.
Non voglio più scappare.
Ora so la verità e penso di essere in grado perdonare un errore del genere, non è stato facile digerirlo, ma ce l’ho fatta e sono orgogliosa di me.
La piccola Wendy spaventata sta crescendo.
Mi sveglio di nuovo alle dieci grazie al profumo del caffelatte, apro gli occhi e vedo Jack con in mano un vassoio colmo di ogni ben di Dio.
“Jack!”
Esclamo felice.
“Buongiorno, Wen!
Ho avuto paura che tu te ne andassi, soprattutto quando mi hai accarezzato la guancia.”
“Non volevo svegliarti, scusa!”
“Non mi hai svegliato, ero già sveglio.
Anche se suona terribilmente smielato, ero talmente incredulo di riaverti qui che ho speso la maggior parte della notte e del giorno guardandoti dormire.
Mi hai chiamato spesso nel sonno.”
Io arrossisco e quasi butto la faccia nella mia tazza di caffelatte, lui scoppia a ridere.
“Sono passati anni, ma ce la faccio ancora a metterti in imbarazzo.”
“No, è che solitamente non sei così romantico! Nessuno è mai stato così romantico con me…
Oh, Insomma! Non me la merito una notte insonne.”
“Questo lascialo decidere a me.”
Rimane un attimo in silenzio.
“E così sei davvero tornata per restare.”
“Don’t you know i’m here to stay?”
Gli canticchio come risposta.
“Sì, sono qui per restare, se mi vorrai.”
“Oh, non fare domande stupide! Certo che ti voglio, quando andiamo a prendere i tuoi bagagli?”
“Anche subito se vuoi.”
Finiamo di mangiare e ci cambiamo, su Los Angeles splende un sole meraviglioso, della pioggia torrenziale rimane qualche pozzanghera e qualche cespuglio leggermente bagnato.
È strano salire di nuovo nella macchina di Jack, ma è anche piacevole, è davvero il posto dove voglio stare.
Arriviamo a casa mia, Jack si toglie gli occhiali e la scruta.
“Bel posticino.”
“Vero? Ma adesso basta, bisogna iniziare a traslocare un po’ di cose.”
Spendiamo tutta la mattinata, caricando la macchina di vestiti, coperte, lenzuola e cose di prima necessità, verso le due – dopo esserci mangiati un panino sul portico di villa Barakat – Jack chiama un’azienda di traslochi e gli detta il mio indirizzo e poi il suo.
Io intanto metto tutto quello che ho portato qui  al suo posto, sembra quasi che non me ne sia andata.
Alle quattro crollo esausta sul divano e lui mi raggiunge.
“Stanca?”
“Stanca, ma felice.”
“Domani arriva il resto della tua roba.”
Io sorrido.
“Va bene, andrebbe bene anche se non arrivasse.”
Lui mi guarda senza capire.
“Tonto, la mia casa è qui e ce l’ho sotto gli occhi.”
Lui si guarda, la sua bocca diventa una O perfetta e poi scoppia a ridere.
“Grazie mille.”
“Beh, è la verità.”
“Stasera usciamo a festeggiare?”
“No, sono troppo stanca.”
C’è un attimo di silenzio, poi una porta – quella d’ingresso – si apre.
“Ragazzi!”
È arrivato Alex Gaskarth con Holly.
“Adesso che state di nuovo insieme e l’universo ha ripreso a girare per il verso giusto, che ne dite di uscire insieme a fare baldoria?”
Io e Jack ci guardiamo sorridendo.
“Direi che è una buona idea!”
Entrambi soffochiamo Alex in un abbraccio a sorpresa e io sorrido.
Sorrido davvero, ho la mia famiglia, il mio ragazzo, degli amici.
La mia fiaba ha avuto un lieto fine.

Angolo di Layla

Ringrazio RadhaAttack, My Chemical Green Romance, iloveyoug e _redsky_ per le recensioni.
Spero che vi piaccia questo finale. Presto arriverà il seguito e sarà incentrato più su Holly e Alex e...su Vic Fuentes.

Non voglio dire altro. Alla prossime e grazie per averla letta e recensita in questi mesi.

   
 
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