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Autore: Trick    07/02/2014    9 recensioni
Erano amici e ridevano, si prendevano in giro e sì, avrebbero giurato con entrambe le mani sul fuoco che loro erano davvero amici e che lo sarebbero stati per sempre.
A dodici anni si giura su molte cose.
Anche sulle bugie.

L'amicizia fra Remus e Sirius non è mai stata particolarmente limpida: hanno già subito le conseguenze di ogni loro scelta sbagliata, ma ora è il momento di accettarle senza più maschere.
Genere: Angst, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Malandrini, Remus Lupin, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Note: Anziché adoperarsi per essere utile, questa volta il Lexicon mi ha reso le cose complicate. In primo luogo, è convinto che lo scherzo ai danni di Piton sia avvenuto durante il sesto anno dei Malandrini, sebbene nei Doni della Morte Lily e Severus ne parlino quando sono ancora amici, quindi prima della fine del loro quinto anno... buffa cosa, così ho fatto finta di niente.





*
La lingua delle maschere





II.
Il traditore




«Borage è davvero un idiota».
Lily non sollevò nemmeno gli occhi dal libro di Pozioni. Le sue labbra si piegarono appena in una smorfia un po' divertita e un po' rassegnata. Severus tentò nuovamente di concentrarsi sulla spiegazione del Distillato della Morte Vivente, ma ogni frase non faceva che accrescere il suo sdegno. Intinse la punta della piuma nel calamaio e riprese a cancellare con foga almeno un paio degli ingredienti consigliati.
«Sev...» lo riprese con voce paziente Lily. «Lascia in pace quel libro».
«È stato scritto da un idiota. L'ho detto?».
«Non negli ultimi trenta secondi».
«“Tagliare il Fagiolo Sopoforoso”» recitò sprezzante Severus. Lanciò all'amica un'occhiata eloquente e le mostrò i palmi con aria vittoriosa. «Che ti dicevo? È un--».
«Idiota» concluse Lily con un sospiro. Alzò finalmente lo sguardo su di lui e gli rivolse un sorriso esasperato. «Un giorno scriverai il tuo geniale compendio di pozioni e l'intera comunità magica te ne sarà riconoscente, ma per il momento devi accontentarti di Borage».
«Quel maledetto fagiolo va schiacciato con il piatto di un pugnale d'argento».
«Lo so. Ero insieme a te quando hai fatto la grande scoperta del succo del Fagiolo Sopoforoso».
Severus la fissò in silenzio per qualche secondo, perdendosi qualche istante di troppo nel verde dei suoi occhi vivaci. Poi storse piccato il naso e sulle sue guance pallide e magre comparve un vago rossore.
«Mi stai prendendo in giro?».
Lei portò una mano alle labbra per soffocare una blanda risatina. Severus si ritrovò a sorridere senza nemmeno rendersene conto. Amava la sua risata – amava ogni cosa di lei.
Rimase un po' spiazzato nel vederla chiudere il proprio libro per poi riporlo con cura nella borsa. Davanti alla sua espressione interrogativa, Lily arrangiò un sorriso di scuse.
«Questa sera sono di turno con le ronde dei Prefetti. Sarebbe toccato a Remus, ma sua madre è di nuovo malata e... non fare quella faccia».
«Quale faccia?».
«La faccia da “non posso credere che tu ti faccia incantare dalle panzane di Lupin”» ribatté lei in una discreta imitazione della voce dell'amico. «“Quel Lupin è strano, dico davvero, e se ne va sempre in giro con quell'espressione da criminale sulla faccia. Sono sicuro che nasconda una gigantesca ascia con cui mozza le teste delle proprie vittime”».
Il rossore sul volto di Severus si era fatto all'improvviso più acceso. Il ragazzo scosse nervoso il capo e incrociò le braccia al petto.
«Tu sai che ho ragione».
«Sicuro. C'è un Lupo Mannaro a Hogwarts che non fa che prendere Eccezionale in ogni tema di Storia della Magia. Sono terrorizzata».
«Lily...».
«No, Severus» lo interruppe lei con decisione mentre chiudeva la borsa e afferrava un paio di libri troppo voluminosi per entrarci dentro. «Remus è un bravo ragazzo. Smettila di giudicare la gente solo perché è un po' idiota».
«Quindi ammetti che Lupin è un idiota» esclamò Severus con un sogghigno trionfante. «Lo sapevo che--».
«Remus è un ragazzo» concluse Lily con particolare enfasi. «Come potrebbe non essere idiota?».
La battuta lo fece arrossire ancora di più.
«Io non sono un idiota!».
«Certo che no, Van Helsing».
«Van Helsing cacciava Vampiri».
«Probabilmente perché nessuno dei suoi compagni di scuola era un Lupo Mannaro».
«Van Helsing studiò a Durmstrang» la corresse veemente. «È famosa per i suoi cacciatori di Vampiri».
Lily roteò gli occhi al cielo e liquidò la questione con un vago movimento della mano.
«Resti qui a impiastricciare oltre quel povero libro?».
Severus sospirò tetro.
«Borage è un--».
«Ti prego, non ripeterlo ancora!» lo supplicò drammatica.
Lui le rivolse un timido sorriso. Il volto raggiante di Lily aveva il potere di lasciarlo senza parole, senza fiato, senza alcuna ragione. E, nonostante tutto, a lui andava più che bene di annaspare davanti ai suoi piedi. C'erano state un paio di occasioni in cui si era sentito talmente audace e temerario da farsi quasi sfuggire la verità che le nascondeva da una vita.
Solo la settimana prima, durante la gita a Hogsmeade, Lily aveva diviso con lui la bacchetta di liquirizia che aveva comprato a Mielandia e il suo sorriso amabile aveva fatto precipitare una gigantesca bolla di sapone nel suo stomaco. Lily aveva avvicinato la propria metà spezzata e l'aveva fatta cozzare contro la sua, mormorando divertita: “Cin-cin”.
Severus era stato a un passo dal rivelarle ogni cosa. “Mi piaci, mi sto innamorando di te, forse lo sono sempre stato”. Ripeterlo fra sé e sé continuava a essere più facile. Svegliarsi alla mattina con la certezza di poterla rivedere a colazione, durante le lezioni che Serpeverde divideva con Grifondoro, e poi nei corridoi e in biblioteca, e nel parco attorno alla scuola o nella Guferia... lei c'era e Severus non voleva perderla. Fu questo, alla fine, che lo portò a tacere ancora una volta.
«Ci vediamo domani?».
«Certo».
Lily s'incamminò verso l'uscita delle biblioteca ormai deserta, ma si voltò dopo qualche passo per guardarlo con incredibile serietà. Severus inarcò perplesso un sopracciglio.
«Fa' attenzione, stanotte: sarebbe piuttosto spiacevole trovare un Vampiro nascosto sotto il tuo letto» ridacchiò prima di andarsene.
Il ragazzo scrutò corrucciato l'enorme libreria dietro alla quale era svanita l'amica. “Sostituire Lupin durante le ronde” pensò con stizza. “Casualmente di nuovo. Casualmente con la luna piena”. Lily poteva anche essere abbastanza testarda da ignorare la realtà, ma lui non era affatto intenzionato a imitarla. Era evidente – così evidente, in effetti, che spesso si chiedeva come potesse essere il solo studente di Hogwarts a essersi reso conto che il Prefetto Lupin era un dannato Lupo Mannaro. “Non l'unico. Scommetto che Potter e Black lo sanno. Minus forse ne è ignaro: è talmente stupido. Ma loro... loro devono saperlo”.
Riaprì in fretta il libro e lo sfogliò rapido fino alle ultime pagine, dove Libatius Borage aveva elencato le principali erbe usate nella preparazione delle pozioni. Trovò subito ciò che cercava.
“Aconito” lesse con un ghigno eccitato. “È una pianta tipica del nord della Scozia. Velenosa per i Babbani ma assolutamente innocua per maghi, streghe o Maghinò, l'aconito è indispensabile per la corretta fermentazione della Pozione Occhiopallato, volgarmente chiamata Pozione Risvegliante. Questa semplice ma efficace pozione è l'ideale per contrastare...”.
Sbuffò irritato e saltò di netto un paio di paragrafi per arrivare al punto che davvero gli interessava.
“Ben nota è la sua benefica capacità di allontanare i Lupi Mannari: queste pericolose Creature Oscure sembrano particolarmente vulnerabili all'essenza di aconito. Una minima dose è l'ideale per riconoscere un Lupo Mannaro non trasformato, che non tarderà a mostrare segni di fiacchezza o, in qualche caso, lancinanti dolori al ventre e perdita di conoscenza. Sebbene molti maghi e streghe abbiamo mostrato il loro appoggio all'uso di questa previdente verifica, il Dipartimento per il Controllo e la Regolazione delle Creature Magiche sembra ancora restio a metterlo in pratica: una dose eccessiva può condurre alla repentina morte dell'animale”.
Il sorriso di Severus si fece più tagliente. La dispensa del professor Lumacorno traboccava di fiori di aconito. E Lupin era stato assente durante la lezione sulla pozione Occhiopallato della settimana prima – e in ogni altra in cui fosse necessario utilizzare l'aconito. “Come può Lily non accorgersene?”. Si lasciò scivolare sulla sedia e iniziò a grattarsi perplesso il mento mentre valutava il modo più efficace per far aprire gli occhi all'amica. “Potrei cercare di avvelenare il suo succo di zucca”. Non era un'idea da scartare: finalmente tutti avrebbero visto Lupin per quello che era davvero. Un impostore, un mostro. Dove solo capire come e quando agire.
«Accidenti, un grosso pipistrello è riuscito a entrare in biblioteca».
Severus si irrigidì di colpo. Avrebbe riconosciuto la voce presuntuosa di Sirius Black ovunque. Quando si voltò il ragazzo era proprio lì, con le gambe fiaccamente distese sul tavolo dietro il suo e le braccia incrociate. La mano di Severus corse sotto al mantello e si strinse salda attorno all'impugnatura della bacchetta. Si guardò nervoso a destra e a sinistra, ma non c'era traccia né di Potter né di Minus. “E nemmeno di Lupin, ovviamente”.
«L'arguto Sirius Black in biblioteca?» replicò con tono sdegnoso. «Hai deciso che è arrivato il momento di imparare a leggere e scrivere come un bambino grande?».
Le labbra di Sirius si piegarono in un sorriso borioso, mentre mostrava annoiato un voluminoso libro dalla copertina porpora.
«Mille esercizi e indovinelli per affinare magicamente la testa» recitò vivace.
Gli lanciò il libro con uno scatto improvviso e violento; Severus reagì estraendo la bacchetta e bloccandolo a mezz'aria con un Incantesimo di Levitazione. Il sogghigno di Sirius si fece più cattivo.
«L'ho scelto per te, Mocciosus. Credo ci sia pure un intero capitolo dedicato al lavaggio. Dovresti darci un'occhiata».
Severus agitò blando la bacchetta e fece ricadere il libro sul tavolo. Sbirciò ancora una volta i pochi ragazzi rimasti a occupare gli altri tavoli, le librerie attorno a loro e la lunga scrivania di mogano alla quale sedeva composta Madama Pince.
«Cerchi la tua ragazza invisibile?» lo apostrofò Sirius, iniziando a dondolarsi sulle gambe posteriori della sedia.
«Cerco quei deficienti dei tuoi amici».
«Non ci sono».
Severus deglutì a fatica e tornò a concentrarsi sul ragazzo. La cravatta slacciata di Grifondoro gli scivolava sul petto come la pelle di un serpente. Aveva la camicia sgualcita che usciva dalla cintura dei pantaloni, la scarpa destra slacciata e i capelli lunghi scarmigliati attorno alle orecchie. Se ci avesse provato lui ad allentare il nodo della cravatta e a girare per i corridoi di Hogwarts con quell'aria dimessa, sarebbe sembrato uno spaventapasseri. Sirius Black, al contrario, sembrava nato per indossare la divisa come un anticonformista. Un motivo in più per detestarlo: Severus odiava gli anticonformisti – erano sempre i primi a imitare qualcun altro.
«E dove sono?» domandò con una nota di malcelato sospetto. «Potter ti è sempre appiccicato come una gomma da masticare sotto la suola di una scarpa. E quell'idiota di Minus non fa un solo respiro, se Potter non gli assicura che non disturba. Mentre Lupin...». La sua voce si abbassò fino a un sussurro trepidante. «Dov'è Lupin, Black?».
Sirius parve d'un tratto a disagio.
«Non sono affari tuoi. Ora che ci penso, Mocciusus... piantala di infilare il naso nei nostri affari o te ne pentirai».
«È una minaccia?».
«È una promessa» sentenziò franco Sirius. «Sta' alla larga da noi».
Severus sbuffò sprezzante, si alzò e raccolse in fretta le proprie cose, infilandole alla rinfusa nella borsa. Se fosse rimasto in compagnia di Black per un altro secondo, lo avrebbe probabilmente maledetto, ma gli occhi di Madama Pince vedevano ogni cosa e lui non voleva rischiare di far perdere punti a Serpeverde.
«Non sono io, quello che è venuto a ficcare il naso negli affari altrui» concluse infine con voce apatica. «E ti dirò un'ultima cosa, Black: so che sgattaiolate fuori dal vostro dormitorio ogni plenilunio e so che oltrepassate i cancelli. Non so ancora come, ma sono piuttosto certo di aver capito perché». Gli sfuggì una risata maligna. «E presto lo sapranno tutti».
Sirius scattò in piedi come una molla, batté i palmi delle mani sul tavolo e lo fissò con una luce furente. Qualche studente si voltò verso di loro con aria infastidita, ma nessuno osò intromettersi. L'espressione di Sirius era talmente truce che Severus estrasse la bacchetta e la tenne sollevata quel tanto che bastava per nasconderla dall'attenzione di Madama Pince. Ma l'altro ragazzo parve placarsi con la stessa repentina velocità con la quale si era alterato. Sul suo viso era comparso un sorriso furbesco.
«Vuoi sapere dov'è Remus, Mocciusus?».
Severus emise un soffio sarcastico.
«Come se tu volessi dirmelo».
«Questa notte, quando i tuoi simpatici compagni di dormitorio si saranno addormentati, va' al Platano Picchiatore... se ne hai il coraggio, naturalmente, ma io credo che tu non sappia neanche cosa sia». Gli rivolse un'occhiata ancora più sprezzante. «C'è un passaggio segreto nascosto fra le sue radici. Se non sarai così stupido da farti ammazzare dai suoi rami... beh, vieni a prenderci, Mocciosus. Ti aspetteremo per il dessert».
Se ne andò senza aggiungere altro, rispose all'occhiata inquisitoria di Madama Pince con un sorriso sfrontato e un vago inchino e s'incamminò lungo il corridoio che portava alla torre di Grifondoro. La risata sfrenata che gli risalì la gola fece voltare un gruppetto di Corvonero del terzo anno. Sirius continuò a ridere di gusto mentre saltava con un guizzo agile la scala incantata che aveva iniziato a muoversi. Si afferrò al corrimano e si passò le dita fra i capelli scuri, con il capo gettato indietro e un'espressione di alienata ilarità. “Quell'idiota se la farà nelle mutande e avrà finalmente un pretesto per cambiarsele”.
Raggiunse il ritratto della Signora Grassa nello stesso istante in cui James e Peter uscivano dalla sala comune per dirigersi a cena. James lo fissò con aria interrogativa.
«Dove sei stato? È un'ora che ti cerchiamo».
«In biblioteca».
I due ragazzi si scambiarono un'occhiata sconcertata.
«Dove?».
«C'ero finito per caso» replicò con una smorfia. Strizzò l'occhiolino e aggiunse: «Poi ho incontrato Mocciosus. Ci sarà da ridere».
James si riaggiustò gli occhiali con un largo sorriso estasiato. Sembrava trattenersi appena dal saltellare dall'eccitazione.
«Cos'hai fatto?».
«Sorpresa».
Nonostante le suppliche di Peter e le minacce di James, Sirius si rifiutò di rivelare la natura del suo scherzo. Furono fra gli ultimi studenti a raggiungere la Sala Grande per la cena.
«Oh, che bello, c'è il budino!» esclamò vivace Peter mentre prendeva posto lungo la panca.
«Ehi, Evans!» gridò James, sporgendosi con il busto in avanti per guardare la ragazza con i capelli rossi seduta sei persone più a sinistra. Le puntò l'indice contro nella chiara imitazione di una pistola. «Bang, colpita. Vieni con me a Hogsmeade, il prossimo sabato? Bang, bang».
Un paio delle sue compagne di dormitorio scoppiarono in una risatina agitata, ma Lily rimase rigida e impassibile, con gli occhi verdi fissi su di lui e l'espressione imperscrutabile. Poi le sue labbra si piegarono in un sorriso malizioso.
«Potter, perché non prendi il tuo cavallo a dondolo e non torni a fare lo scemo nel Far West? Bang».
Le sopracciglia di James schizzarono verso l'alto. Tornò a sedere composto e incrociò imbronciato le braccia al petto.
«Dannazione. Moony mi aveva detto che fra i Babbani funziona così. Bang» ripeté, sparando a Peter.
Il ragazzino finse di essere colpito e si afflosciò accanto al piatto di porridge. Sirius ridacchiò.
«Moony ha anche detto che i Babbani duellano con quella roba, Prongs. E non ti aveva pure detto che era illegale sparare a una ragazza per convincerla a uscire a Hogsmeade?».
«Sì» bofonchiò a bocca piena Peter. «Lo aveva chiamato “colazione”.
«“Coercizione”, cretino» lo corresse James. Piantò la forchetta in una patata e poi scosse la testa come se la questione fosse già acqua passata. «Allora, Padfoot... parlaci di questo grandioso scherzo sul quale stai facendo tanto il misterioso».
Sirius ingoiò un grosso boccone di pollo arrosto e si chinò verso gli amici con fare cospiratorio.
«Hai usato l'Incatesimo della Crescita dei Denti?» propose entusiasta Peter.
James lo colpì alla nuca con uno schiaffo leggero.
«Stupido, i suoi denti ti sembrano lunghi trenta centimetri?».
«Ho fatto di meglio».
«Gli hai appiccicato la lingua al palato?».
«Bazzecole, in confronto».
Sul viso di James calò un'ombra preoccupata.
«Dimmi che non hai provato nessuno degli Incantesimi di Memoria che ci ha insegnato Vitious, Padfoot: alcuni dei loro risultati sono immutabili».
«Ehi, mi hai preso per uno sprovveduto?» replicò Sirius con un cipiglio indignato.
«Oh, meno male» squittì Peter sollevato. «Saresti potuto finire in guai grossi, questa volta... molto, molto gro--».
«Gli ho detto di raggiungere la Stamberga Strillante. Questa notte».
Il silenzio piombò fra di loro come la lama di una ghigliottina. Peter si portò le mani alla bocca, terrorizzato. James rimase immobile, con gli occhi sgranati dall'orrore e lo sconcerto e la labbra appena dischiuse, senza parole. Davanti alle loro espressioni allibite, Sirius gettò indietro il capo e scoppiò in una risata feroce e dirompente.
«Quell'idiota!» continuò a gran voce. «Scommetto che non avrà nemmeno il coraggio di uscire dalla scuola».
«E... e s-se lo f-facesse?» pigolò atterrito Peter. «Se s-scoprisse che...?».
«Beh, vorrà dire che finalmente inizierà a farsi i propri affa--».
James scattò in piedi come una furia, si lanciò verso l'amico, gli afferrò con decisione la cravatta e lo strattonò in avanti. Preso alla sprovvista, Sirius emise un gemito strozzato e tentò invano di liberarsi dalla sua presa. Negli occhi di James, solitamente tanto gentili e amichevoli, c'erano solo ira e indignazione.
I compagni di Grifondoro più vicini a loro avevano voltato le teste e li fissavano scioccati. Un litigio fra James Potter e Sirius Black era quanto di più strano si potesse vedere. L'improvvisa reazione di James stava attirando sempre più attenzione – perfino lo sguardo indagatore della professoressa McGranitt si era posato su di loro. Sembrava piuttosto contrariata. Peter afferrò James per una manica e lo costrinse a sedersi, sussurrando intimidito che ormai l'intera Sala Grande non aveva occhi che per loro due.
James lasciò andare Sirius con evidente riluttanza, ma ignorò le suppliche di Peter, scavalcò la panca e si diresse a grandi falcate verso l'uscita. Sirius sbatté un paio di volte le palpebre, confuso.
«Potter!» esclamò duramente la professoressa McGranitt.
Lui non si fermò. Sfrecciò fra i tavoli, incurante del borbottio curioso che si levava dagli altri ragazzi e si defilò nella Sala d'Ingresso.
«P-Padfoot...?» balbettò incerto Peter.
Sirius esibiva un'espressione profondamente tradita. Rimase a scrutare la porta di quercia oltre la quale era svanito l'amico.
«Che accidenti gli è preso?» domandò in un sussurro rancoroso. «Da quando Prongs è diventato il paladino di Mocciosus?».
«I-io...». Il ragazzo scosse nervoso la testa. «E se Piton facesse del male a Remus?».
Sirius spostò lo sguardo di lui. Il suo viso era privo di espressione, ma qualcosa in lui aveva appena iniziato a ribollire. Valutò quella possibilità e la trovò allo stesso tempo agghiacciante e impossibile. Affondò con stizza la forchetta in una patata al forno e la brandì come una spada davanti al volto paffuto dell'amico.
«Stupidaggini. Remus sa badare a se stesso». Se la infilò in bocca e inghiottì senza nemmeno masticare. «Andiamo, Wormtail: è Moony. Ha il suo piccolo problema peloso dalla sua parte».
Peter non sembrava tranquillo.
«Sì, ma... Moony non sarebbe per niente contento. Insomma... è il suo piccolo problema peloso, no? Lui lo odia».
“Lo odia”.
Sirius continuò a mangiare con apparente avidità, ma qualunque macigno fosse precipitato nel suo stomaco gli impedì di gustare il resto della cena. Ingoiò rapido ogni boccone, fingendo di non sentire nessuno dei tentativi con cui Peter tentò di convincerlo a dire a Piton che era tutta una menzogna.
«Magari se ne dimenticherà...».
«Piantala, Peter» lo ammonì seccato, spingendo da parte il budino appena toccato. «Al massimo Moony se lo mangia». Ridacchiò a quel pensiero, ma una parte di lui si accorse di avere la nausea.
Peter impallidì, ma non aggiunse altro.
Abbandonarono il tavolo insieme agli altri Grifondoro e si avviarono verso la sala comune. Nessuno dei due disse nulla per tutta la durata del tragitto. Quando aprirono la porta del dormitorio, trovarono James chino sulla Mappa del Malandrino. Sirius inarcò perplesso un sopracciglio.
«Ehi, Prongs, che diavolo--?».
James piombò ancora su di lui. Lo schiacciò contro la parete con tutte le sue forze, con i denti stretti in un ringhio furente, gli occhi brillanti e la punta della bacchetta piantata nel petto dell'amico. Sirius non fu in grado di reagire.
«Che ti è saltato in mente!?» ruggì James. «Hai detto a Mocciosus come trovare Moony! Moony, capisci? In una notte di luna piena!».
Sirius gli afferrò rude il polso, si divincolò e lo allontanò da sé con una spinta decisa.
«Ehi, Prongs, calmati».
«No! Non mi calmo! Sei un idiota, Sirius!».
«Non succederà niente di--».
«...niente di male?» sibilò James. Scosse il capo con uno sbuffo esasperato, si chinò sul baule ed estrasse il Mantello dell'Invisibilità. «Non hai nemmeno pensato alle conseguenze della tua stupidità, vero? “Oh, oh, oh, io sono Sirius Black, me ne frego delle conseguenze”. Beh, lascia che dica una cosa, Padfoot: questo non è uno scherzo. Quello che hai fatto... per l'amor di Godric, hai idea di quello che potrebbe succedere?».
Sirius trasalì. “Moony se lo mangia” si ripeté ancora, ma non c'era più alcun divertimento in quell'idea. Iniziava a diventare scomoda, pericolosa... sbagliata. La nausea non faceva che aumentare. Una parte di lui pregò di poter tornare indietro nel tempo per potersi tenere lontano da quella dannata biblioteca.
«Se Piton dovesse raggiungere la Stamberga Strillante, scoprirebbe la verità su Remus e lo farebbe espellere. E questa è solo la migliore delle ipotesi. Vuoi sapere qual è la peggiore, razza di imbecille?».
“No”. Lo aveva già capito, non voleva sentirlo. Non voleva più pensarci, voleva solo ritornare indietro e cancellare l'errore. Voleva che James la smettesse di urlare, di farlo sentire colpevole e incapace... “Non succederà niente”, tentò di convincersi ancora.
«L'Ufficio per la Regolazione e il Controllo delle Creature Magiche del Ministero ha un reparto riservato a quelli come Moony» spiegò tremante James. «Hai mai sentito parlare dell'Unità di Cattura dei Lupi Mannari? Hanno il compito di rintracciare chi non è iscritto al Registro dei Lupi Mannari e il nome di Moony non c'è su quell'elenco! La sua licantropia è sempre stata un segreto, il nostro segreto. E se...». Si passò una mano fra i capelli, fuori di sé. «Se a Mocciosus dovesse capitare qualcosa... se accidentalmente Moony dovesse aggredirlo... allora chiamerebbero il Comitato per l'Eliminazione delle Creature Pericolose».
Peter cacciò uno strillo soffocato e si coprì il volto con le mani. Sirius deglutì a fatica. Aveva la gola arida, le labbra secche e la nausea o qualunque sensazione fosse in realtà lo stava mangiando secondo dopo secondo.
«S-Silente non lo permetterebbe» replicò piano, ma non credeva del tutto a ciò che stava dicendo.
«Silente finirebbe a sua volta nei guai per aver ammesso un Lupo Mannaro a Hogwarts, e con lui tutti gli insegnanti e Madama Chips. E noi, Padfoot? Credi che quando il Ministero inizierà a mettere il naso in questa faccenda non scoprirà che siamo diventati Animagi? Devo forse ricordarti che se Remus non è iscritto al Registro dei Lupi Mannari, noi non lo siamo in quello degli Animagi? Non ci sono in ballo le regole della scuole. È la legge, quella che abbiamo infranto, e l'abbiamo infranta per Remus. E lo rifarei mille volte, ma adesso...». Lo liquidò con un movimento secco del braccio e si infilò addosso il Mantello. «Adesso siamo tutti in grave pericolo. E Moony ne è ignaro».
Ora Sirius poteva vedere solo la sua testa, ma la rabbia e la delusione sul suo volto erano più dolorosi di qualunque calcio o pugno che avrebbe potuto tirargli.
«J-James?» bofonchiò spaventato Peter. «S-Sirius?».
I due ragazzi si voltarono verso di lui. Peter reggeva fra le mani la Mappa del Malandrino. Nei suoi occhi c'era solo panico.
«P-Piton si sta muovendo... va verso il parco».
James imprecò.
«Corri da Silente e raccontagli quanto è accaduto. E non farti vedere da nessuno» gli ordinò. Si concesse un lungo sospiro e scompigliò i capelli biondicci dell'amico. «Andrà tutto bene».
Peter si torse un'ultima volta le mani, annuì impacciato e con un'ultima occhiata spaventata a Sirius si trasformò in un minuscolo topolino grigio. James gli aprì la porta e lo guardò guizzare furtivo fra le gambe di un paio di ragazze che stavano attraversando il buco del ritratto.
«E tu cosa fai?» gli chiese Sirius.
«Io vado alla Stamberga Strillante. La luna sorgerà a breve e qualcuno deve fermare Piton prima che sia troppo tardi».
«Vengo con te».
«No, Padfoot».
Il suo tono lo fece raggelare. James socchiuse gli occhi e inspirò profondamente, scuotendo piano il capo.
«Non ti voglio fra i piedi ora». Lanciò uno sguardo carico di angoscia alla Mappa del Malandrino abbandonata sul letto di Peter: il puntino che recitava “Severus Piton” aveva quasi raggiunto i cancelli di Hogwarts. La ripiegò in fretta e se la infilò in tasca. «Dico davvero, Padfoot. Non seguirmi. Hai già fatto abbastanza».
Sirius avrebbe preferito un pugno in pieno viso.


*



«Ti dico che era il solito topolino grigio, Maggie» stava dicendo una ragazza davanti al buco del ritratto a un'amica. «Ed è sfrecciato fuori dal dormitorio di Black e Potter».
«Non è l'animaletto di Lupin?» s'informò perplessa.
«Credevo avesse un coniglio».
In un'occasione diversa, James avrebbe trovato quella scena particolarmente esilarante. In quel momento, tuttavia, niente e nessuno sarebbe stato in grado di distendere i suoi nervi. Scivolò fuori dal buco nel ritratto e corse a perdifiato lungo il corridoio, evitò per un pelo che la rampa di scale lo trascinasse verso l'ala opposta del castello e proseguì con tutte le proprie forze oltre la Sala Grande deserta. Saltò i gradini che conducevano al parco e corse sotto la luce della luna piena verso il Platano Picchiatore. Gli dolevano la milza e i reni e le gambe, e probabilmente tutto il resto al quale erano attaccate, ma non si fermò.
“Andrà bene” non smise di ripetersi per un solo istante. “Andrà tutto bene, non succederà nulla, Remus starà bene, Piton starà bene”. Ma quando arrivò a pochi metri dal gigantesco albero stregato e vide i suoi grossi rami fermi e tesi verso il cielo, sentì scemare quel poco di sicurezza con la quale si era trascinato fino a lì. Piton doveva essersi già introdotto nel passaggio segreto – e forse era troppo tardi, forse non ce l'avrebbe mai fatta e ogni cosa sarebbe stata perduta per sempre.
Mentre si abbassava per scivolare sotto alle radici del Platano Picchiatore, raggelò al disumano suono di un ululato fin troppo vicino.
“Moony”.
Tentò di ignorare la paura che lo aveva attanagliato. Si liberò del Mantello dell'Invisibilità e lo gettò malamente ai piedi delle scale. Estrasse la bacchetta dalla tasca dei pantaloni e disse:
«Lumos!».
Saltò i gradini due alla volta, tre alla volta, quattro alla volta, per tutta la lunghezza che le sue gambe potevano concedergli. Parve trascorrere un'eternità prima che scorgesse il profilo della porta sgangherata della Stamberga.
E poi lo vide.
Severus non sembrava in grado di muoversi. Aveva a sua volta la bacchetta tesa davanti al viso pallido e spaventato, arretrava a scatti incurante delle scale dietro di sé... James gli fu accanto in un lampo.
Il furioso Lupo Mannaro si scagliò contro la porta; James fendette l'aria con la bacchetta e la sigillò. Ma la creatura continuò a raschiare con i pericolosi artigli, a ringhiare dall'altra parte, e la porta tremava e sbatteva, e a James pareva di avere la testa immersa nell'acqua.
«Dobbiamo andarcene!» ruggì all'altro ragazzo.
Ma Piton continuava a fissare la porta che sbatacchiava come se non potesse credere a quanto vedeva.
«È v-vero. L-lui è... “Moony”» sussurrò con improvvisa comprensione.
James lo afferrò per un polso e lo strattonò lungo le scale.
«Via, Piton! È pericoloso!».
Accade tutto con incredibile rapidità. La porta si frantumò sotto l'ultimo violento colpo del Lupo Mannaro, che si gettò su di loro con furia insanabile. James si lanciò su Severus e lo trascinò sul pavimento polveroso, coprendolo con il proprio corpo mentre l'animale li scavalcava. Perse equilibrio lungo le scale, ma tornò fulmineo sui proprio passi e abbassò la testa, mostrò i denti, gli occhi affamati iniettati di sangue. Il cuore di James perse un battito.
«Moony, amico mio...» biascicò piano, sollevando entrambe le mani con aria arrendevole. «Moony, sono io... sono Prongs. So che hai paura, ma va tutto bene, devi solo calmarti... hai imparato a controllarti, Moony... non mollare adesso, Moony, non--».
La creatura balzò una seconda volta verso di loro, ma questa volta venne intercettata da un animale grosso almeno la metà e dal fulgido pelo scuro.
“Padfoot”.
L'enorme cane si lanciò sul dorso del Lupo Mannaro, che si divincolò rabbioso e iniziò a sbattere da una parte all'altra del passaggio nel tentativo di liberarsi. Il suo ululato rimbombò fin dentro lo stomaco di James. Il cane non mollò la presa nemmeno quando venne schiacciato da tutto il peso del Lupo Mannaro contro la parete. Uggiolò di dolore e scosse la testa, ma rimase lì, saldo e deciso. Saltò davanti ai due ragazzi con i peli della schiena ritti dalla rabbia, abbaiando e ringhiando verso l'altro animale. Piton si era appena rimesso in piedi.
«C-che cosa...?».
Il cane balzò ancora. I suoi denti acuminati si conficcarono in una delle forti zampe del Lupo Mannaro, che si agitò a destra e a sinistra con un acuto ululato e si piegò dolorante su se stesso.
«Non fargli male!» gli gridò concitato James.
I due animali continuarono a lottare con ferocia crescente, e per qualche agghiacciante attimo nel passaggio segreto non si udì niente che non fosse il raspare degli artigli, i guaiti di dolore, mentre i denti baluginavano alla luce delle bacchette magiche... James credette di dover vomitare, ma quando vide il cane schiacciare il Lupo Mannaro contro la parete di pietra ebbe la prontezza di acciuffare Piton per la manica della camicia e trascinarlo via. Rischiarono di cadere entrambi lungo le scale; i loro piedi incespicavano sui gradini e le mani sudate tastavano alla cieca il muro.
James si chiese se quella discesa gli fosse mai sembrata tanto ripida e infinita.
Quando infine riuscirono a riemergere fra le radici del Platano Picchiatore, Piton cadde a carponi nell'erba umida e James si piegò in due, con le braccia strette allo stomaco. Quel po' di arrosto che aveva fatto in tempo a mangiare era in procinto di schizzargli fuori dalla bocca.
«V-voi... voi siete... siete...».
Le parole di Piton vennero superata da una voce dura e autoritaria.
«Qualcuno è ferito?».
James sollevò piano lo sguardo.
Silente avanzava a grandi passi verso di loro, con la veste viola che fluttuava lungo la sua scia e Madama Chips e Peter poco più dietro.
In vita sua James non aveva mai visto il Preside tanto furibondo. I suoi occhi azzurri brillavano al di là degli occhiali e sul suo viso non c'era nemmeno l'ombra del suo solito sorriso gentile. Sembrava un mago che non aveva mai sorriso – e sebbene James avesse trattenuto il fiato davanti a quell'apparizione impetuosa, non poté fare a meno di pensare che ce l'avevano fatta, era finita, Piton era salvo, non sarebbe accaduto nulla... “Moony e Padfoot stanno lottando”.
«È un Lupo Mannaro!» strillò Piton. «Lupin è un maledetto Lupo Mannaro! È là dentro, e sta--».
«Qualcuno è ferito!?» ruggì ancora Silente, afferrando James per una spalla e scuotendolo con decisione. «James, va tutto bene!?».
«S-sì...» mormorò il ragazzo. «Sì, stiamo bene. Nessuno è ferito, nessuno...».
“Moony. Moony è ferito, Padfoot è ferito, stanno combattendo, si stanno facendo male, si stanno...”. Avrebbe voluto gridare al Preside di fermarli, di salvarli, ma una piccola parte della sua testa osservò ragionevolmente che quella notte stava già assistendo a troppi segreti che sarebbero dovuti rimanere tali.
Madama Chips aiutò Severus a rialzarsi.
«È un mostro!» esclamò il ragazzo con disprezzo. «È un--».
«Ti prego di rimandare le tue osservazione a più tardi, Severus» lo interruppe franco il Preside. «Poppy, Reginald Cattermole è ancora in infermeria a causa di quella fattura Orcovolante?».
«No, Preside, è già rientrato nel suo dormitorio. L'infermeria è deserta».
«Ottimo. Ci sono molte cose che pretendono una spiegazione immediata e poche di esse devono giungere a orecchie indiscrete».
Severus aprì la bocca per replicare, ma il Preside lo zittì con una sola occhiata. Lo strano gruppo procedette in silenzio verso il castello, voltandosi solo di tanto in tanto per rivolgersi sguardi smarriti o astiosi. Peter trotterellò agitato al fianco di James, ma non disse una sola parola fino a quando non ebbero varcato i cancelli.
«Moony sta bene?».
«Non lo so».
Silente tenne aperta la porta dell'infermeria per fare entrare Madama Chips e Severus. James entrò a capo chino. Peter rimase fermo sull'uscio, incerto sul da farsi.
«Sì, signor Minus: anche tu» lo invitò Silente. La sua voce era tornata calma, il viso più rilassato, eppure c'era ancora una luce di mordente preoccupazione nei suoi occhi azzurri.
Una volta richiusa la porta, Madama Chips si affrettò a cercare fra le proprie dispense una Pozione Rilassante da somministrare ai due ragazzi. Piton si era lasciato scivolare su una sedia accanto alla prima finestra, ma James era rimasto immobile al centro dell'enorme camera. Aveva le unghie conficcate nei palmi delle mani e non se ne era nemmeno accorto.
«James» lo chiamò Silente. «Ti prego, siediti».
Il ragazzo lo ignorò. Scosse la testa e chiuse gli occhi, disperato.
«Remus è ancora là dentro, Preside. È ferito, è furioso, e si farà più male di quanto non se ne sia mai fatto e--».
«Quella cosa si farà del male?» strepitò Severus. «Stava quasi per sbranarmi!».
«Stai zitto!» urlò con improvvisa violenza James. «Tu non sai niente! Hai passato tutti questi anni a ficcare il naso nei nostri affari e non hai capito niente!».
«Non sono un idiota, Potter! Quel mostro è--».
James fu scosso da un tremito incontrollabile prima che ogni cosa diventasse insostenibile. Si gettò furente verso l'altro, con i pugni chiusi e l'intenzione di farlo a brandelli nello stesso identico modo in cui si stava facendo a brandelli Remus – e ogni pugno sarebbe stato un pugno con cui ancora non poteva colpire Sirius. Silente sollevò la bacchetta con un gesto repentino del polso e James avvertì la sensazione di finire nella salda presa di un gigante. Si divincolò invano, senza distogliere lo sguardo dal volto sudaticcio di Severus, ma non riuscì a muovere un solo passo.
«Non osare chiamarlo così!» reagì, il viso deformato dalla rabbia. «Non sei tu, la vittima: è Remus! Remus, capisci? Remus, e sarà una fortuna se domani mattina riuscirà ancora a respirare!».
«Ora basta» sentenziò lapidario Silente. Trascinò James fino al letto opposto a Severus e lo costrinse a sedersi. «Lo sventurato incidente di questa notte è stato generato dalla mancata lungimiranza di alcuni di noi e dall'avventatezza di altri... ma, grazie al cielo, non ci saranno conseguenze irrimediabili e vi prego di concentrarvi su questo punto in particolare. La stoltezza che avete dimostrato non rende onore a nessuno dei due». Severus fece per interromperlo, ma il Preside sollevò imperioso l'indice. «Sì, Severus. Sebbene io sia il primo a comprendere gli effetti che una curiosità tanto morbosa può suscitare in un ragazzo con la tua mente acuta, hai agito in modo del tutto sconsiderato e incauto. Dall'altra parte...» si voltò verso James con una smorfia tirata, «il signor Potter non ha certo esibito più accortezza. Per quanto onorevoli e sincere fossero le tue intenzioni, James, ti sei esposto consapevolmente a un pericolo ben più grande di quanto non potessi affrontare. Mi auguro che entrambi possiate fare tesoro di quest'esperienza: la ragione deve sempre precedere ogni azione».
Silente venne fermato da un deciso bussare alla porta. La McGranitt entrò nell'infermeria con un mantello malamente gettato su una vestaglia da notte azzurra e i capelli sciolti sulle spalle. Dietro di lei, con profondo sgomento di James, c'era Sirius. Aveva la divisa sgualcita e l'aspetto provato di qualcuno che era appena riemerso da una rissa sanguinolenta.
«Il signor Black ci ha finalmente onorato della sua presenza» sentenziò aspra la professoressa. «Non ho ancora capito dove fosse finito nell'ultima mezz'ora, né per quale motivo sia conciato come se fosse appena scampato dalla Piovra Gigante, ma sta bene».
Silente annuì.
«Grazie, Minerva. Cos'è successo al tuo viso, Sirius?».
Sirius distolse lo sguardo e si umettò nervoso le labbra.
«È stata colpa mia» mentì all'improvviso James. «Io... mi sono arrabbiato quando ho scoperto cos'aveva fatto e l'ho picchiato»..
«Oh, per amor di Godric...» gemette la McGranitt.
Madama Chips ricomparve solo in quel momento. Il vassoio rischiò di caderle dalle mani quando vide i lividi sul viso di Sirius.
«Santo cielo...» singhiozzò disperata mentre allungava una tazza fumante a James. «Servirà qualcosa di più forte di una Pozione Calmante».
«Servirebbe il Ministero della Magia» puntualizzò acido Severus. «Qualcuno dovrebbe informarlo al più presto dell'accaduto. Quello lì» sbottò all'indirizzo di Sirius, «voleva uccidermi. Erano d'accordo, lo so. Era il loro piano».
«Idiota» sibilò James. «Se ti avessi voluto morto, ti avrei semplicemente lasciato là sotto».
«Potter!» lo riprese la McGranitt.
«Ritengo che la calma stia nuovamente scemando» iniziò Silente con tono tranquillo. «Ora che siamo tutti presenti, ho la necessità di sapere cosa esattamente sia accaduto. La spiegazione del signor Minus è stata piuttosto... affrettata dalle circostanze, ecco. Signor Black, lei...?».
«È solo colpa mia» confessò amaramente Sirius. «James e Peter non c'entrano. E Remus nemmeno, dico davvero» aggiunse in fretta. «Non sapevano niente fino a quando non gliel'ho detto. La prego, Preside... Remus non lo sapeva. Non era un piano di tutti e quattro, noi non volevamo... io non volevo...». Deglutì a fatica, sviando ogni sguardo. «Pensavo sarebbe stato divertente. Non credevo che mi avrebbe dato ascolto, non... non pensavo... non ho pensato». I suoi occhi era lucidi. «Sono pronto a qualsiasi conseguenza, ma la prego... la prego, i miei amici non hanno fatto niente di male». Si arrischiò a sollevare appena la testa, e solo in quel momento James riuscì a vedere davvero quanto fosse tormentato. «La prego, non chiami l'Unità di Cattura. Remus è innocente».
Silente fece un profondo respiro e si aggiustò gli occhiali a mezzaluna.
«Credo di conoscere il signor Lupin abbastanza bene da sapere che mai avrebbe permesso quanto è accaduto. Ritengo pertanto che non sia assolutamente necessario l'intervento del Ministero».
«Sta scherzando?» si lamentò indignato Severus.
«Ma ciò che ha fatto, signor Black, va ben oltre qualsiasi bravata lei abbia fatto da quando è uno studente di questa scuola. Sono certo che in quanto Direttrice della casa di Grifondoro la professoressa McGranitt saprà trovare la punizione più adeguata. Cinquanta punti» sentenziò con fermezza, «verranno tolti a Grifondoro a causa della sua totale imprudenza... e della sua vergognosa mancanza di rispetto nei confronti di un amico» aggiunse in tono più pungente. «In quanto a lei, signor Piton... per quanto io sia ancora stupefatto che un ragazzo accorto come lei si sia lasciato trascinare in questo guazzabuglio di pessime scelte, non vedo alcun motivo per punirla. La curiosità in sé è pericolosa, ma sarebbe sciocco da parte mia fargliene una colpa. Ciononostante...» continuò con più decisione, intrecciando le dita fra loro e scrutandolo con espressione imperturbabile, «...la prego di mantenere il più assoluto silenzio sugli eventi di questa notte e su quanto ha scoperto in merito al signor Lupin».
Severus era senza parole.
«Remus Lupin è prima di ogni altra cosa un giovane mago» riprese il Preside. «Non mi è concesso addossargli la colpa della licantropia così come non mi è concesso addossare a lei quella della curiosità. All'epoca in cui venne orribilmente aggredito da un Lupo Mannaro, Remus non era che un bambino. In tutti questi dolorosi anni, non ha fatto altro che nascondersi a ogni plenilunio, infiggendo a se stesso le ferite e le torture che la creatura che dimora in lui non poteva sfogare in altro modo. Ha scelto di provocarsi tremende sofferenze pur di non crearne a chi gli stava intorno e le assicuro, signor Piton, che in pochi Lupi Mannari riescono a farlo con la sua ammirevole tenacia. Remus ha scelto di non diventare il mostro che tutti si aspettavano diventasse, e io non intendo negargli il mio appoggio. Ho piena fiducia in lui».
Severus si alzò in piedi.
«Bene» disse, tremando per l'offesa. «Se questo è tutto...».
Silente gli rivolse un'ultima occhiata penetrante.
«Posso confidare nella tua riservatezza?».
«È pazzesco...».
«Severus?».
Il ragazzo infilò le mani nelle tasche e arricciò nauseato il naso. Parve ragionare molto rapidamente sul da farsi, scrutando corrucciato il profilo della luna piena al di là del vetro della finestra. Poi scrollò le spalle e sbuffò.
«E va bene. Ma non mi importa né di Lupin né di loro. Lo faccio solo perché me l'ha chiesto lei».
Silente sorrise con gratitudine e si voltò verso la professoressa McGranitt.
«Minerva, posso gentilmente chiederti di accompagnare il signor Piton nei suoi dormitori? Sono certo che non veda l'ora di potersi infilare nel letto».
La donna annuì. Severus fece di tutto per ignorare James mentre usciva dall'infermeria, ma quando arrivò accanto a Sirius i suoi occhi neri avrebbero potuto incenerirlo. Rimasti soli in compagnia di Silente e di Madama Chips, i tre ragazzi si scambiarono uno sguardo confuso. “Perché non manda anche noi alla torre di Grifondoro?”.
Il Preside si sedette ai piedi del letto occupato da James, intrecciò le mani in grembo e li guardò con un sorriso garbato.
«L'amicizia che in questi anni avete dimostrato a Remus è straordinaria. La sua natura lo ha sempre reso povero di compagnie e svaghi» sospirò triste l'uomo. «Voi avete dimostrato una lealtà che in pochi adulti potrebbero vantare. Remus ha davanti a sé una vita ben più dura di quanto possiamo immaginare... ma spero che fino a quando vi avrà al suo fianco, saprà affrontare ognuna delle difficoltà che lo attendono».
«Noi ci saremo sempre» replicò con slancio James.
Sollevò lo sguardo su Sirius e sorrise appena. “Quell'idiota si è quasi fatto sbranare”. Sirius arrangiò un sogghigno un po' triste.
«Siamo amici» aggiunse Peter con un cenno deciso del capo.
«Sì» continuò James. «Ma se domani mattina Remus cercherà di Trasfigurarti in una biscottiera, Sirius, io non lo fermerò».
Silente ridacchiò con sincero divertimento, si alzò e si lisciò soddisfatto una piega della veste.
«Ritengo che anche voi abbiate bisogno di riposare, ora».
«Possiamo aspettare l'alba qui?» domandò speranzoso Sirius. «Per favore?».
L'anziano mago sorrise e gli scompigliò i capelli scuri.
«Solo se a Poppy non dispiace».
«Solo se faranno poco rumore» precisò la donna con una smorfia rassegnata. «Niente Fuochi Forsennati, niente Caccabombe, niente di tutto quello che fate di solito».
«Oh, io credo proprio che per questa sera abbiano vissuto sufficienti avventure» la confortò Silente sull'uscio. «Vi auguro una buona notte, ragazzi».
Rimasero in silenzio mentre Madama Chips medicava il brutto taglio sulla faccia di Sirius e la lasciarono borbottare per tutto il tempo su quanto fossero sprovveduti e impulsivi. Quando infine raccolse i medicamenti e si congedò da loro, la mezzanotte era già trascorsa da un pezzo.
«Remus stava bene?» domandò subito James a Sirius.
«Io... credo di sì. Era abbastanza intrattabile».
James gli rivolse uno sguardo eloquente, ma decise di lasciar perdere.
«Grazie, Padfoot».
«È stata colpa mia».
«Puoi giurarci» replicò franco. «Ma grazie per non avermi lasciato morire in compagnia di Mocciosus... sarebbe stato patetico».
Peter fece un blando tentativo di chiacchierare, ma dopo poco minuti James si assopì appoggiato alla testiera del letto; Sirius e Peter lo seguirono poco dopo, il primo sulla sedia e il secondo acciambellato come un gatto ai piedi di James.
Quando riaprirono gli occhi, la luce del sole filtrava già attraverso le finestre aperte e Remus era nel letto accanto, profondamente addormentato. Madama Chips lo aveva già ricoperto di bendaggi purulenti.
«Come sta?» chiese Peter.
«Respira» dichiarò James. «È già più di quanto non sperassi ieri notte».
«È conciato male».
«Moony è sempre conciato male».
«Questa volta è peggio».
«Ehi, respira. Non dimentichiamo che respira».
«Credete che riuscirà a rimettersi in forma prima del compito di Storia della Magia?».
James e Sirius si scambiarono uno sguardo scioccato.
«Wormtail... come, in nome di Godric, puoi pensare a Storia della Magia in questo momento?».
«Sì, amico, sul serio. Al momento non mi interessa molto sapere che accidenti hanno fatto i Troll nel XV secolo».
Remus si rigirò a disagio nel letto, borbottando qualche incomprensibile parola.
«Ehi, è sveglio!» esclamò vivace Peter. «Ehi, Moony! Moony! Moony, come stai?».
«Vuoi fargli venire un infarto?» lo rimproverò James. «Ehi, Mo--».
Il ragazzo alzò tremante un indice e fece loro segno di tacere. Poi farfugliò ancora qualcosa che non capirono, aprì piano gli occhi e sospirò dolorosamente.
«G-goblin, Sirius...» mormorò. «Il c-compito di Storia della Magia è s-sui Goblin».
C'era qualcosa di strano e forzato nella loro risata.
«C-che è successo? P-perché questa volta mi sento come s-se fossi stato investito dal N-Nottetempo?».
Fu James a raccontargli davvero quanto era accaduto. Gli raccontò dell'idea balorda di Sirius, della cena abbandonata a metà, della corsa verso il Platano e di Piton e ancora di Sirius che si trasformava in un cane e dava loro il tempo di fuggire... e poi gli parlò dell'infermeria, e di quell'idiota di Piton che strepitava, e di Silente, della McGranitt, dei cinquanta punti tolti a Grifondoro, e di come avesse il collo tutto indolenzito per aver dormito senza cuscino. Tentò in ogni modo di rendere il racconto quanto più buffo e allegro possibile, ma l'espressione di Remus rimase rigida e severa.
«Io mi fidavo di te».
«Mi dispiace» gemette Sirius. «Non volevo... non ho pensato a quello che... che... mi dispiace, Moony. Ti prego, perdonami».
Remus non disse niente. Scrutò prima James e poi Peter con espressione indecifrabile, le labbra tirate in una smorfia serrata. Trascorsero diversi minuti di angosciante silenzio prima che ritrovasse la voce.
«D'accordo» mormorò infine.
Sirius parve afflosciarsi dal sollievo. Gli gettò le braccia al collo, strappandogli un basso lamento e continuando a biascicare a velocità incredibile che non sarebbe mai più accaduto, che si sarebbe fatto perdonare, che gli avrebbe portato la borsa fino alla fine dell'anno – anzi, no: fino ai M.A.G.O. - e che era dispiaciuto e disperato e aggiunse tantissime altre parole che si persero in tutto quel piagnisteo.
James continuò a fissare il volto serio dell'amico: Remus aveva sollevato a fatica un braccio per rispondere alla stretta di Sirius, ma la delusione e il tradimento non smisero di brillare nei suoi occhi nemmeno per un istante.
Temette che qualcosa fra loro si fosse spezzato per sempre, ma poi si ripeté che era andato tutto bene, tutto bene... fece una battuta ridicola su quanto Sirius fosse una prima donna da palcoscenico e ridacchiarono alle sue spalle, prendendolo in giro.
Remus non sorrise.








   
 
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