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Autore: Ma_AiLing    08/02/2014    5 recensioni
Questa non è “La storia dei Malandrini„ ma la storia di una loro avventura. Perché un giorno, al loro quinto anno, una parola spunta nelle vite dei quattro amici, di Severus Piton e di Lily Evans. Una parola che provocherà malintesi, scherzi e risate. Una parola che riecheggerà ancora per i corridoi di Hogwarts: Waddiwasi!
***
Dal capitolo 1:
«Oh Mocciosus, vaa...» ma James si interruppe, vedendo che alle spalle di Piton si stava avvicinando il professor Vitious.
«Va... Cosa?» gli chiese il ragazzo dai capelli unticci, uno strano brillio negli occhi. «Cosa c'è? Il coraggioso Grifondoro ha paura di dire una parolaccia?» lo prese in giro Piton, recuperando la sua arroganza. «Credevo che tu fossi sprezzante verso le regole».
«Va... Va... Vaddivasi!» sbottò allora James, punto sul vivo.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Remus Lupin, Severus Piton
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Giuro solennemente di non avere buone intenzioni'
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Riassunto:

Durante l'ennesima discussione con Piton, James esclama una strana parola, "Waddiwasi". I Malandrini fanno credere a Piton che si tratta di una parola antica, che poi viene fatta passare per una runa e poi ancora per un incantesimo.

Mentre scherzano su ciò che è successo, ai Malandrini viene davvero l'idea di creare un incantesimo che risponda alla parola "Waddiwasi" e che permetta di zittire Mocciosus, sparando qualcosa nel suo naso ogniqualvolta che egli lo ficca negli affari altrui.

Si intrufolano quindi nel Reparto Proibito della biblioteca, dove riescono a trovare le istruzioni per creare un incantesimo, che consistono di fatto nella preparazione di una pozione. E quale luogo migliore per distillarla se non il bagno di Mirtilla Malcontenta, cara amica di Peter?

Nel frattempo appaiono nelle bacheche degli studenti alcuni annunci che invitano a partecipare a una "Caccia al Significato" della misteriosa parola che è Waddiwasi. Metà scuola partecipa, tra cui due amiche di Lily (Angela ed Elizabeth), senza sapere che il tutto è organizzato dai Malandrini, i quali hanno nascosto dei significati inventati in biblioteca per far impazzire Severus, ancora alla ricerca del significato. Severus e Lily capiscono che sono i Malandrini gli artefici di tutto, ma non dicono nulla al resto della scuola per orgoglio.

Sabato mattina, a una settimana di distanza dalla gita ad Hogsmeade, dove verrà proclamato il vincitore della "Caccia al Significato", James e Sirius vanno alla ricerca dell'ultimo ingrediente per la pozione: un rametto dello stesso legno della bacchetta di chi berrà la pozione, ovvero Sirius, il quale se la cava in Occlumazia, pratica utile nel creare un incantesimo in quanto permette di concentrarsi.

 

 

La conoscenza dei Centauri ~

 

Remus e Peter avevano passato poco più di mezzora in biblioteca, perchè con tutta la gente che bisbigliava era impossibile concentrarsi. L'avviso dell'imminente uscita a Hogsmeade aveva messo una gran fretta a tutti quegli studenti che avevano deciso di partecipar al gioco. 

Dopo aver passato il resto della mattinata in Sala Comune, i due amici si erano recati in Sala Grande per pranzare. Lì si erano seduti vicino alle compagne, uno di fronte all'altro, tenendo i posti accanto per James e Sirius. Chiacchierando con le ragazze vennero a sapere che Angela e Elizabeth avevano trovato uno dei significati di Waddiwasi (che per loro era il significato). 

«Quindi?» chiese Mary alle amiche, posando la forchetta. 

«Quindi cosa?» le chiese Angy. 

«Quindi cosa significa?» 

Elizabeth e Angela si guardarono tra loro sorridendo maliziose. 

«Secondo te non era una perdita di tempo?» disse Elizabeth ammiccando agli altri. 

«Se volete fare le preziose, tenetevelo pure per voi» disse Mary alzando le spalle, come se non le importasse. «E sono ancora convinta che sia una perdita di tempo». 

Elizabeth e Angela se la stavano ridendo sotto i baffi: Mary era talmente orgogliosa che non avrebbe mai ammesso di essere interessata al significato, ed era troppo divertente stuzzicarla. Elizabeth incrociò lo sguardo di Lily seduta di fronte a lei: un guizzo di divertimento attraversò gli occhi della rossa, anche se poi distolse lo sguardo, probabilmente per evitare di scoppiare a ridere. 

«Ridete, ridete, ma non si sa neanche chi ha organizzato tutto!» disse Mary. 

«Qualcuno che si firma "SP", è ovvio» disse Angela. «Tu che ne pensi, Lily? Non potrebbe essere stato... il tuo amico?» le chiese Angy lanciando un'occhiata a Elizabeth, sapendo che non sopportava il Serpeverde e che era meglio non pronunciarne il nome completo in sua presenza. 

«No, mi ha detto che non è stato lui» rispose Lily. «Invece penso, anzi spero, che chi ha organizzato il tutto lo abbia fatto bene». 

A Peter andò di traverso il succo di zucca e iniziò a tossire forte, lanciando occhiate preoccupate a Remus, il quale, vista l'agitazione dell'amico, si premurò di trovare un altro argomento di conversazione. 

«Mary, sei poi riuscita nel tuo intento di spiare i Tassorosso a Quidditch?» chiese alla bruna. 

«Non ho spiato, gli allenamenti sono aperti al pubblico!» esclamò la ragazza indignata, per poi accorgersi del sorriso del ragazzo. 

«Lupin, non è la giornata buona per le prese in giro» disse, ma nascondeva un sorriso tra le labbra. «Sai dov'è James, invece? Devo riferirgli gli schemi che probabilmente userà il Cercatore di Tassorosso» aggiunse, con gli occhi che le brillavano di soddisfazione. 

«Gli dirò di cercarti» le rispose Remus. 

Con la scusa di raccogliere il tovagliolo che "fatalità" le era caduto, Lily si avvicinò a Remus, e gli sussurrò: «Non hai risposto alla domanda "Sai dov'è"». 

«Meglio il silenzio» le rispose il licantropo facendole l'occhiolino. Lily alzò gli occhi al cielo della Sala Grande: Remus era un Malandrino, non c'era più speranza di farlo tornare il timido e ligio ragazzo che era stato il primo anno. Ma in fondo, i Malandrini erano anche simpatici, a volte. E, accidenti a lei, era troppo curiosa di vedere come se la sarebbero cavata con la storia del Waddiwasi, per rivelare tutto alle amiche.

I lunghi tavoli erano ormai semi deserti. Solo Remus, Peter e qualche Corvonero erano rimasti nella sala: di Sirius e James, nessuna traccia. 

«Sono in pericolo!» squittì Peter. 

«No, semmai vogliono farci uno scherzo» disse Remus tranquillo. 

«E se si fossero persi?» domandò Peter spaventato: la Foresta era grande, e bastava distrarsi un attimo per perdere il sentiero e finire chissà dove! 

«Persi? Quei due? No...» rispose Remus, ma una piccola ruga era comparsa tra le sopracciglia: forse Peter non aveva tutti i torti a essere preoccupato. 

«Da quanto sono spariti?» chiese Remus, mostrandosi più ansioso di quel che credeva di essere. 

«Qu-quattro o cinque ore» balbettò l'altro. 

«Magari sono andati nelle cucine, qua non è rimasto molto» disse Remus, alludendo ai vassoi quasi tutti vuoti presenti sul tavolo. 

Sotto pressione di Peter, andarono nelle cucine, ma gli Elfi Domestici non fecero altro che alimentare la preoccupazione di Peter: James e Sirius non si erano fatti vedere neppure lì. 

«Altro che incantesimo per zittire Piton, sarebbe più utile qualcosa che mostri dove sono le persone!» sbottò Remus. Peter lo fissava mangiucchiandosi le unghie. 

«E ora che facciamo?» gli chiese, perché di sicuro Remus aveva un'idea. Remus trovava sempre una soluzione a tutto.

«L'unica soluzione che mi viene in mente è chiedere aiuto ad Hagrid» disse Remus sospirando. 

I due amici si avviarono così verso la casa del guardiacaccia, ognuno pensando al modo in cui avrebbero informato Hagrid della situazione e a come chiedere il suo silenzio con i professori. Prima che se lo aspettassero, arrivarono di fronte alla porta di legno. Titubante, Remus stava per bussare, quando la porta si aprì e qualcuno con una zazzera di capelli neri gli andò a sbattere contro. 

 

Alcune ore prima Sirius e James si erano inoltrati in silenzio nella Foresta, fino a quando non avevano più intravisto dietro di loro la casa di Hagrid, il lago, o il castello. Allora si erano tolti il Mantello, per poter procedere più spediti e senza dover fare attenzione che il manto magico non si impigliasse fra i rami e si strappasse. 

«Se mai succedesse, vedresti mio padre infuriato!» aveva detto James all'amico che gli camminava accanto. 

Si inoltrarono ancora verso il centro della foresta, facendosi luce con le le bacchette tese dinanzi a sé, ma di un abete nemmeno l'ombra. 

«Possibile che si trovino solo sui margini?» aveva sbuffato Sirius. 

«Sarebbe il colmo!» esclamò James. «Camminiamo ancora un po', al massimo lo prendiamo quando torniamo indietro. Invece, io avrei voluto vedere qualche creatura magica, ma a quanto pare oggi è troppo difficile trovare ciò che si cerca!».

Continuarono a camminare senza più parlare, tendendo l'orecchio a ogni fruscio o scricchiolio che potesse indicare la vicinanza di qualche essere oltre a loro due. Poi, all'improvviso, si videro due archi puntati contro. 

I centauri! Erano anni che né James né Sirius ne vedevano uno, più precisamente dal loro terzo anno, quando si erano persi durante una punizione, e un centauro di nome Fiorenzo li aveva ricondotti da Hagrid. Lo stesso centauro che in quel momento si trovava davanti a James, e che una volta riconosciuto il ragazzo abbassò l'arma. 

«Fiorenzo!» lo richiamò contrariato l'altro, un centauro dalla barba e capelli rossicci e dal manto marrone. 

«Sono solo studenti, Conan. E li conosco, sono innocui» li difese Fiorenzo, ma l'altro centauro, quello di nome Conan, continuò a tenere l'arco puntato su Sirius. 

«Dei puledri non dovrebbero girovagare da soli, i vostri maestri sono degli incoscienti» disse duro Conan. 

«Perchè?» chiese James, lasciandosi scappare un ghigno: li aveva chiamati puledri

Sirius gli lanciò un'occhiataccia: era troppo difficile stare zitti? Lui aveva ancora una freccia puntata contro, e di sicuro non sarebbe stato saggio lanciare un incantesimo contro un centauro. 

I due centauri non risposero alla domanda di James, ma restarono a fissarsi negli occhi. Dopo un tempo che a Sirius parve infinito, anche Conan abbassò l'arco. 

«Andatevene» disse secco. Sirius e James si guardarono interdetti. 

«Cosa c'è di pericoloso in questo tratto di foresta?» chiese Sirius, riacquistando la sicurezza e la spavalderia che gli erano tipiche. 

Fiorenzo cercò lo sguardo del compagno, il quale tuttavia continuava a tenere gli occhi fissi sui due ragazzi. 

«Creature che non dovrebbero esserci» rispose infine Fiorenzo. «Seguitemi, vi conduco fuori». 

«Fiorenzo! I Centauri non sono guide al servizio degli umani!» lo riprese l'altro. 

«Hai visto i movimenti delle stelle» gli ricordò Fiorenzo. «E meglio che questi due ragazzi non si inoltrino in parti della foresta da cui non uscirebbero vivi». 

James non ci stava capendo niente: movimenti delle stelle? Sapeva che i centauri leggevano il futuro nel cielo, ma cosa centravano loro due con le stelle? C'era qualcosa di così importante nel loro futuro che era addirittura scritto negli astri? Avere un destino importante poteva essere pericoloso, eppure nonostante tutto si sentiva lusingato, e orgoglioso. Si voltò verso Sirius, ma quello era perso nei suo pensieri, totalmente diversi da quelli dell'amico. 

Sirius non poteva tollerare la possibilità che il suo avvenire fosse già stato deciso. Era lui, e solo lui, l'artefice del suo destino, e non voleva credere che le stelle potessero influenzare il suo futuro. Non gli importava che fossero avvenimenti importanti, nessuno poteva imporgli qualcosa che lui non avrebbe voluto fare: né Centauri né stelle potevano tenergli testa. 

«Venite» disse Fiorenzo, riscuotendoli dai loro pensieri. 

I due ragazzi lo seguirono senza fiatare, d'altronde l'alternativa era rimanere con Conan, "il centauro dall'arco pronto", come l'aveva chiamato Sirius nella sua testa, e non era la più rosea delle aspettative. 

«Fiorenzo, nelle stelle c'è davvero scritto il nostro destino?» chiese James. Il centauro si fermò. 

«Gli altri centauri non vi risponderebbero. Abbiamo fatto un patto quando abbiamo ricevuto la Conoscenza: non ne avremmo rivelato i segreti a nessuno». 

«Ma il futuro è già deciso?» chiese Sirius caparbio. Fiorenzo restò in silenzio per qualche istante. 

«Mai definitivamente. Nelle stelle scorgiamo gli avvenimenti fondamentali verso cui sta tendendo l’universo, ma tutto può sempre cambiare. Se voi vi foste inoltrati ancora, il futuro sarebbe stato diverso, ma certi eventi ci sarebbero stati lo stesso. Personalmente, credo sia meglio così». 

«Cosa avremmo trovato di tanto pericoloso?» chiese James, il quale non credeva ci fossero pericoli davvero mortali dentro il perimetro della scuola. 

Fiorenzo ignorò la sua domanda, o almeno così pensò James, perché il centauro proseguì diritto senza accennare a una risposta. Sirius, alla sua sinistra, sbuffò infastidito. 

«Almeno puoi dirci se qui intorno c'è un abete?» chiese Felpato. 

«A cosa vi serve?» domandò Fiorenzo. 

I due ragazzi si guardarono da dietro le spalle del centauro, indecisi su cosa rispondere. Il silenzio si stava protraendo, così James disse la prima cosa che gli venne in mente. 

«Ci siamo dimenticati di festeggiare il Natale». 

Se avesse potuto, Sirius avrebbe strozzato l'amico (perché lanciare l'Avada Kedavra è pur sempre illegale!). Se l'alternativa era dire una panzana del genere, tanto valeva ammettere la verità! 

«Pensi davvero di poter ingannare un Centauro?» chiese Fiorenzo, guardandolo divertito. James si sentì un babbeo ad aver dato quella risposta. 

«Scherzava. Scherza sempre» disse Sirius, cercando di salvargli la faccia. 

«Quindi a cosa vi serve?» chiese nuovamente il centauro. Pareva che stesse giocando con loro all’infinito botta e risposta per dimostrarsi il più furbo tra i presenti. Gara che non detta si svolgeva spesso tra James e Remus, James e Sirius, James e Lily, in pratica con chiunque venisse in contatto con James. Perchè lui doveva avere l’ultima parola.

A Sirius però, l’atteggiamento  del centauro stava iniziando a dare sui nervi: non rispondeva alle domande, e poi pretendeva risposte! Se lo ricordava diverso, più accondiscendente. 

«Ci serve per una pozione» rispose James, restando sul vago. Fiorenzo lo penetrò con gli occhi e sorrise in modo criptico, come se avesse capito perfettamente quale pozione volevano fare. 

«Una pozione... Conan è più esperto di me in materia, ad ogni modo, eccolo là, sulla destra. Ma vi sconsiglio di prendere un suo ramo, se la vostra intenzione è creare un incantesimo» disse Fiorenzo, lasciando i due stupefatti. 

«Come...» balbettò James. 

«I Centauri sono esseri antichi e hanno una conoscenza molto più vasta degli umani» disse Fiorenzo, intenerito dalle espressioni dei due ragazzi. «Ci fu un tempo antico in cui i centauri addirittura insegnavano agli umani gli incantesimi basilari. Poi insegnarono loro a crearli, e fu l'inizio della fine» sospirò mesto. 

«Perché dici così?» chiese Sirius, colpito dal tono di voce che aveva usato la loro guida nell'ultima frase. 

«Tempi lontani che non vengono narrati. Voi umani, superbi come siete, non accettaste più la superiore conoscenza di noi centauri, e ve ne andaste. Ora solo i racconti più antichi narrano di quei tempi in cui uomini e centauri convivevano pacificamente» iniziò a spiegare Fiorenzo. «Dopo quella separazione, i centauri diventarono più selvatici, o più vicini alla Natura, dipende dal punto di vista. Ad ogni modo, gli umani crearono gli incantesimi più disparati, tra cui quelli che voi chiamate "Maledizioni Senza Perdono". Avete osato spingervi oltre i limiti naturali, e avete visto come era adirato Conan per la vostra presenza: ha visto suo padre morire, ucciso dall'Anatema-che-uccide. Una storia triste sulla morte di un innocente». 

James e Sirius non riuscirono a commentare. Le sensazioni di ripugno e vergogna per le ingiustizie create dai maghi avevano serrato loro la gola. 

Sirius ritirò il soprannome che aveva affibbiato a Conan, invidiando in cuor suo la sua sorte: se era così arrabbiato con i maghi, forse era perché suo padre era stato un genitore come si deve. Sirius non sapeva se avrebbe provato dolore a vedere Orion morire, e un po' si vergognava di questi pensieri, di questa mancanza d'amore, ma poi si riscosse e pensò che no, non era colpa sua, ma di Orion e Walburga: loro per primi gli negavano l’amore, e non potevano quindi aspirare ad un amore filiale da parte sua. Non dopo quello che gli facevano passare. 

«Ma il passato è ormai passato. Se vi può rallegrare, so che al di là dell'oceano c'è una collaborazione tra... Chiamiamoli umani» disse con una vena ironica, «e un centauro, il quale insegna loro come sopravvivere, esattamente come nei tempi andati». 

«Perché hai usato quel tono?» chiese James. «Hai detto "umani" come se non lo fossero». 

«Quello è un abete adatto alla vostra pozione» disse il centauro. 

«Se ti chiediamo il perché ci rispondi?» chiese Sirius esasperato. 

«C'è un nido di Asticelli su quel ramo, e gli Asticelli abitano solo gli alberi da bacchetta. Immagino non abbiate con voi dei porcellini di terra per tenerli buoni, giusto?» 

I due ragazzi non sapevano che dire: ovvio che non ce li avevano, mica pensavano di dover tenere distratti degli Asticelli! 

«Se siete veloci magari non vi attaccano. Potete provarci» disse loro il centauro. «Ma prendete la corteccia senza che se ne accorgano, o vi inseguiranno». 

Sirius tirò fuori da una tasca il coltellino serramanico che portava sempre con sé per ogni evenienza, e grattò via un po' di corteccia dalla base del tronco. Forse fece troppo rumore, o forse gli Asticelli erano molto sensibili, fatto sta che iniziarono a saltare giù dai rami per avventarsi su Sirius.  

«Protego!» urlò James, e uno scudo invisibile si dilatò tra il suo amico e le creature che piombavano per attaccarlo. 

«Ma cosa...» mormorò Sirius, il quale, intento nel suo lavoro non si era accorto del pericolo. Quando alzò la testa e vide tutti gli esserini che si erano fermati a poche spanne da lui, bloccati dall'incantesimo di James, urlò dallo spavento e si buttò di lato rotolando sulla terra, appena in tempo perché gli Asticelli non gli precipitassero addosso. 

«Filiamocela!» esclamò alzandosi. I tre avanzarono velocemente tra gli alberi, il centauro trottando e i due ragazzi correndo per stargli dietro, fino a quando non raggiunsero un sentiero, dove Fiorenzo li congedò. 

«Qui vi lascio, amici. Non è ben visto che un centauro esca dalla foresta. Seguite questo sentiero, vi porterà vicino alla casa di Hagrid».  

I due amici annuirono, ma non fecero in tempo a ringraziarlo che quello era già sparito tra gli alberi. 

«Me lo ricordavo più simpatico» borbottò Sirius. 

«Forse l'altra volta non lo avevamo bombardato di domande» scherzò James. Poi si avviò per il sentiero, seguito da Sirius, pensando alle domande rimaste senza risposta: i pericoli della Foresta, il loro destino... Ma ben presto giunsero in vista della casa del guardacaccia, e ciò interruppe il filo dei loro pensieri. 

«Che ne dici di passare a salutare Hagrid?» propose James. Sirius alzò le spalle indifferente. «Andiamo». 

Vennero accolti da una tazza di tè appena fatto e da dei biscotti durissimi, ma che una volta immersi nel tè diventavano masticabili. Parlarono un po' di scuola, ma poi il discorso volse inevitabilmente sul Quidditch. 

«Questa volta vinciamo, poco ma sicuro!» disse James. «Brian ha fissato allenamenti un giorno sì e uno no, nelle prossime settimane!» 

«Bella scusa» gli bisbigliò Sirius. «Per evitare Mirtilla, intendo!» aggiunse ammiccando. 

«Non sono mica uno sprovveduto!» sussurrò James di risposta. «E poi è palese che a Peter piaccia, non voglio mettermi in mezzo». 

«Ehi, voi due» li chiamò Hagrid, indaffarato vicino al caminetto. «Che cos'è che avete di tanto segreto che non posso sentire?» chiese sorridendo. 

«Niente. E poi, l'hai appena detto tu che è segreto, no?» rispose James sfoderando un ghigno. 

«In verità, non ti abbiamo parlato della nuova spasimante di James» disse Sirius, con gli occhi che brillavano. 

«Direi che si è fatto tardi!» disse James a voce alta. «Felpato, andiamo. Ci si vede, Hagrid!» e si avviò verso l'uscita, trascinandosi dietro un Sirius divertito. Hagrid li salutò ridendosela sotto i baffi: beata gioventù! 

James aveva aperto la porta ed era uscito in tutta fretta, ma andò a sbattere contro qualcuno, cadendogli addosso. 

«Ma che... Remus!» esclamò riconoscendo. 

«Ragazzi, che ci fate qui?» chiese Sirius chiudendo la porta dietro di sé. 

«Noi? Che ci fate voi qui, semmai!» esclamò Peter accigliato.  

«Abbiamo preso un tè» rispose James semplicemente, alzandosi e tendendo una mano a Remus per aiutarlo a sollevarsi. 

«Tutta la mattina per un tè?» chiese il licantropo un po' scocciato, spazzolando via la polvere dai pantaloni. James guardò Sirius, il quale gli rispose con un'alzata di spalle. 

«Ma no, siamo andati nella Foresta, come vi avevamo detto» rispose James. 

«E avevate detto che sareste tornati per pranzo!» disse Peter. 

«È per quello che siete così... Così?» chiese Sirius incredulo. Davvero si erano preoccupati perché erano stati via qualche minuto in più? 

«Non dovevate preoccuparvi!» disse infatti James, come se gli avesse letto nel pensiero. 

«Già, non abbiamo mica rischiato di venire fatti allo spiedo dai Centauri, o di essere inseguiti da un branco di Asticelli!» ironizzò Sirius, avviandosi verso il castello, seguito da James che rideva, e gli altri due dietro. 

«Ditemi che avete trovato il ramo di abete e che non avete rischiato la vita per niente!» chiese Peter apprensivo.  

James si voltò a guardarlo divertito. «Dovresti prendere le cose con più filosofia, Peter, e non agitarti per ogni nonnulla» gli disse. «E comunque, è ovvio che abbiamo il ramoscello, ma ora andiamo in cucina, che i biscotti di Hagrid non sono il miglior pranzo che si possa fare!» 

«Concordo in pieno!» disse Sirius.  

A differenza di Hagrid, la cucina degli Elfi soddisfò pienamente le papille gustative dei due compari, i quali si ritennero decisamente soddisfatti della mattinata: ancora qualche giorno, e poi la pozione sarebbe stata pronta, e finalmente avrebbero creato un incantesimo, il loro primo incantesimo.

 

 


 

Angolino di Ma_AiLing:

Salve... Ok, probabilmente non finirò mai di scusarmi per il mio ritardo. Perché davvero, mi dispiace, ma non ho potuto evitarlo. Tra scuola e patente sono stata super impegnata, però almeno l'attesa è stata ricompensata con un capitolo lungo, almeno per quanto riguarda i miei standard. E spero anche bello! O quantomeno decente ;) 

E c'è un'altra cosa che non smetterò mai di fare: ringraziarvi. Carissimi lettori che seguite, ricordate, preferite e recensite questa storia: grazie per la vostra pazienza, per me è stata preziosa. Davvero: GRAZIE *___* 

Ora devo darvi la brutta notizia: non ho la più pallida idea di quando pubblicherò il nuovo capitolo. Scusate, davvero, scusatemi, ma la quinta si sta rivelando più impegnativa del previsto. Ad ogni modo, non abbandonerò questa storia, di questo sono sicura :) 

Ancora una cosa, anzi no, quattro: 

1. Ho rimesso il riassunto, come avrete notato. Mi pareva il minimo, dopo mesi chissà chi si ricordava dove eravamo rimasti! ;) 

2. Il Centauro che nomina Fiorenzo, quello che insegna a sopravvivere a degli "umani": avanti, so che almeno una persona tra voi sa a che saga letteraria mi riferisco! Vi lascio indovinare ;) 

3. Nel caso non si fosse capito: inoltrandosi nella Foresta James e Sirius avrebbero trovato le care Acromantule di Hagrid, e non è certo che ne sarebbero tornati vivi (mica hanno una Ford Anglia volante, loro!) e se James muore, addio Harry, il bambino-minaccia per Voldy diventa Neville e il futuro cambia. Questa era la logica di quel passaggio ;) 

4. La bacchetta di Sirius. Io ho cercato, ma non si fa cenno da nessuna parte su come fosse la sua bacchetta ai tempi della scuola, quindi mi son letta l'approfondimento sui legni delle bacchette che si trova su Pottermore, e tra tutti i legni analizzati l'abete mi sembrava il più adatto al carattere si Sirius. Ecco cosa dice: 

“Il mio [di Olivander] esimio nonno, Gerbold Octavius Olivander, ha sempre definito quella di abete 'la bacchetta del sopravvissuto', perché l'aveva venduta a tre maghi che, in seguito, avevano superato indenni un pericolo mortale. Senza dubbio questo legno, provenendo dall'albero più resistente in assoluto, crea bacchette che richiedono ai loro legittimi proprietari un potere stabile e propositi fermi, mentre sono uno strumento scarso nelle mani di una persona indecisa e incostante. Le bacchette di abete sono particolarmente adatte alla Trasfigurazione e preferiscono un padrone dal comportamento deciso, determinato e, di quando in quando, intimidatorio„ 

Sirius è sopravvissuto ai dissennatori per dodici anni senza impazzire, per non parlare del bacio che ha evitato grazie alla giratempo. In Trasfigurazione non dico niente dato che è un Animagus, e sui propositi fermi... Cavolo, è andato contro la sua famiglia per i princìpi in cui credeva! Quindi secondo me è la più adatta, ecco. 

 

Fine delle note chilometriche! :) 

Ancora grazie per la vostra pazienza: siete dei lettori speciali *__*

AiLing

   
 
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