Benritrovati a tutti coloro che seguono il caso della povera piccola Bia da parte della M.Ammt Investigation. Purtroppo siamo stati duramente impegnati in questi ultimi mesi perché neanche Milena Gabanelli se la sentiva di collaborare a questo caso. "Troppo marcio", ha asserito la giornalista, "Storie troppo torbide.", queste sono state le sue parole.
Al momento si trova nello scantinato della nostra sede e sembra che stia valutando l'idea di fare una puntata che illustri la situazione nella Scuola di Magia.
Intanto, vi lasciamo leggere gli ultimi file relativi all'indagine. Grazie a tutti.
Xfile 008: le prime prove
La
prima prova consisteva nel recuperare una Pasqualina Gransorpresa; sembrava una
cosina facile, il problema stava nel fatto ogni uovo era protetto da un drago.
Però c’era un’altra complicazione: i
campioni previsti erano tre, loro erano in cinque, e i draghi a disposizione
erano quattro. Nel momento in cui si estrasse a sorte quale drago avrebbe
dovuto fronteggiare ognuno, decisero che l’ultimo ad estrarre avrebbe
combattuto contemporaneamente contro tutti i draghi. Poi Silente prese la
parola e decise autonomamente di far estrarre le miniature dei draghi da un
sacco nell’ordine di uscita dal calice. Un tizio della giuria protestò che in
questo modo la povera piccola Bia sarebbe stata leggermente sfavorita, ma s’accasciò
esanime su sé stesso in pochi secondi: nessuno trovò strana una siringa
contenente liquido verde nelle mani della professoressa McGranitt, la protesta
fu respinta e la povera piccola Bia dovette combattere contro quattro draghi
assassini.
Eccola
lì, al centro dell’arena circolare, con tutta la scuola che la indicava col
pollice verso e i quattro draghi tenuti fermi, anche se ancora per poco, dalle
catene. Erano tutti e quattro furibondi e frustrati perché erano stati
crudelmente beffati dai quattro precedenti studenti, e non vedevano l’ora di
sfogarsi su una creaturina indifesa.
Cominciò
a piovere, e la povera piccola Bia udì distintamente il fischio d’inizio: per
evitare che non lo sentisse, la professoressa Sprite aveva fischiato
direttamente nel suo orecchio sinistro.
Abbracciata
a Fulmine, la povera piccola Bia cominciò a piangere, vedendo i quattro enormi
draghi che marciavano verso di lei, liberi dalle catene e pieni di sete di
vendetta e di sangue. La meschina cominciò a correre, stringendo sotto braccio
Fulmine, ma era troppo lenta.
-Lascia
quel cazzo di sacco!-le gridò qualcuno dagli spalti. Che voleva dire? Ma certo!
Doveva lanciare la bacchetta contro uno dei draghi, così si sarebbe conficcata
nel suo occhio e sarebbe morto! Bia lanciò, e la bacchetta rotolò tra i piedi
del drago più grosso, che la pestò senza arrestare la sua corsa.
-Il
sacco, idiota!!!- gridò di nuovo la voce. Gatto? Lasciare il gatto? Come faccio
a separarmi da Fulmine, e lasciarlo indifeso ai draghi? Pensava Bia, che però
si chiedeva anche perché mai si fosse portata Fulmine in quell’impresa.
Continuava
a piovere, la piccola Bia era sempre più stanca di correre in cerchio per
l’arena inseguita dai quattro bestioni. Stanca, salì sulla roccia in cima alla
quale c’era la Pasqualina, ma Fulmine le scivolò di mano e finì per terra, ai
piedi dei draghi. Il drago verde lo calpestò.
-Fulmineeeeeeeeeeee!!!!!!!!-
gridò la povera bambina.
Ma
nella melma del campo, una chiazza grigiastra si allargò ai piedi dei draghi,
fino ad intrappolarli tutti. Si solidificò e i bestioni rimasero bloccati.
Fulmine
si era vendicato.
Silente
decise che era il momento di picchiare qualcuno.
La
povera piccola Bia raggiunse la Pasqualina e vinse la sfida, dedicando la
vittoria a Fulmine, che si era sacrificato per salvarla.
La
seconda prova
La
povera piccola Bia non sapeva cosa farsene di una Pasqualina Gransorpresa,
adesso che la sua inutile vita era ancora più triste e ancora più tetra senza
il fedele amico Fulmine. Non aveva più nessuno a cui stringersi quando si
addormentava la sera, con il fantasma del Barone Sanguinario che le raccontava
storie palesemente plagiate dai Piccoli Brividi ma modificate per essere ancora
più violente e macabre; non aveva più qualcuno cui rannicchiarsi quando il
professor Piton le spaccava in testa il pomello chiodato del suo bastone da
passeggio, al mattino; non aveva più un compagno con il quale confidarsi quando
veniva assalita e picchiata dai Tassorosso inferociti.
Una
vita attiva e spensierata come quella del suo gattone avrebbe quantomeno
meritato un degno funerale, con una bella lapide e una bella corona di erba
gatta, ma purtroppo il preside Silente, subito dopo la prima prova, aveva fatto
chiudere il campo e fatto portare via i draghi. Fulmine era ancora sul prato,
duro, freddo, grigio e sparso per terra, ancora che imprigionava le zampe dei
draghi rimaste lì per l’impossibilità di portarle via assieme al resto delle
bestie.
Il
mattino dopo sul posto erano accorse le squadre di martelli pneumatici magici
per liberare il campo dal cemento secco, e Fulmine fu portato via in tanti
sacchi di iuta sotto gli occhi umidi e vuoti della povera piccola Bia, che assisteva
allo scempio dalla finestra dell’aula di Trasfigurazioni, dove la professoressa
Mc Granitt l’aveva messa in punizione per aver superato la prima prova. La
sventurata bambina ora doveva riuscire a trasformare uno spillo d’argento in
una baita di montagna con inclusi Vecchio dell’Alpe, Diana e Bianchina, e non
sarebbe uscita di lì fino al compimento del sopracitato elementare incantesimo.
Ben conscia delle proprie capacità, la povera piccola Bia aveva portato in
quell’aula il sacco sul quale dormiva, i suoi libri, la macchinetta del caffè e
tutti i suoi oggetti, e già che c’era anche le insegne del Vermefungo visto che
il suo unico membro non sarebbe uscito da lì per un po’. Ovviamente nel
trasloco fu portata nell’aula anche la Pasqualina.
Silente
le concesse unicamente uno strappo alla regola, durante quella punizione:
uscire al momento della Seconda Prova, altrimenti eliminarla in quell’aula
avrebbe richiesto un intervento di Gazza, e a fargli pulire sangue e budella
poteva essere la volta buona che quello denunciava tutti alla CGL e mandava in
malora la scuola.
Inutile
dire che la povera piccola Bia non cavò un ragno dal buco, con quell’uovo
dorato: lo portò a dormire con sé, provò a farne una bella frittatina, lo
ammirò per ore intere, lo abbracciò e prese a rotolare per tutto il corridoio
del primo piano, finché la buona professoressa Cooman non prese tutto quel
dondolare sghembo per un orribile presagio di morte, e con un calcio degno dei
fratelli Bergamasco la rimise immediatamente al suo posto.
Al
giorno della Seconda Prova, Silente con un gran sorriso la portò al lago e la
mise sul molo assieme ad altra gente strana.
-Tuffatevi!-
disse qualcuno, e quei quattro mentecatti fecero un unico tuffo in acqua. O
meglio, il perdigiorno di Grifondoro sembrava un po’ riluttante, ma con un sano
bastone d’olmo il gioioso preside, che mai e poi mai avrebbe costretto qualcuno
a far qualcosa contro la propria volontà, li spedì entrambi a far compagnia ai
pesci, alle sirene, ai kraken, al Mostro di Lockness, a coccodrilli, leocorni e
piraña che affollavano il lago.
La
povera piccola Bia cominciò a divincolarsi nell’acqua fredda, le sue scarse capacità
natatorie erano pressoché inutili, le sue braccine e le sue gambine erano
intorpidite dal gelo. Invece di immergersi come gli altri concorrenti, annaspava
tentando di rimanere a galla, ma invece di andare verso la riva si dirigeva
verso il centro del lago.
La
benevola professoressa Cooman le sparò un dardo avvelenato con una cerbottana
sudamericana, e la bambina sparì sott’acqua. Poi la donna prese una tazza di
thè e cominciò a vaticinare di cattivi presagi, ammonendo gli astanti sulla
terribile sorte che attendeva coloro che asserivano di aver visto la “professoressa
con cerbottana”, noto presagio di morte.
-“Professoressa
con cerbottana” che numero fa per la Smorfia?- domandò sensatamente il
professor Vitious.
-Gioca
con tranquillità 32 e 18 sulla ruota di Corvonero.- annunciò solenne la donna.
Per la povera annegata, 17. È stata una disgrazia, nemmeno io potevo
prevederlo.-
Intanto,
priva di sensi, la povera piccola Bia affondava nel lago ghiacciato. Fu notata
da una dolcissima sirena dalla voce d’angelo, gli occhioni blu, i capelli di
fiamma e una lunga coda verde smeraldo che si precipitò a soccorrerla seguita
da un pesce palla giallo e un granchietto rosso.
-Ariel,
Ariel, lasciala dov’è! Non t’immischiare delle faccende degli umani!- le disse
polemico.
-Andiamo
Sebastian!- ridacchiò quella. -Potremmo rivenderla alla vecchia Ursula in
cambio della dentiera di papà!-
Purtroppo
però alle spalle del trio arrivarono due sirene urlanti dai denti aguzzi, li
pestarono come bonghi e li mandarono doloranti a cantare canzoncine demenziali da
un’altra parte.
Presero
la povera piccola Bia per i capelli e se la rigirarono tra le mani.
-IIIIIIIIK!!!
(trad.: “Ancora a buttare merda, quelli del piano di sopra?”)- Strillò una.
-EEEEEK!
EEEEEK! (trad.: “Stavolta non gliela faccio passare liscia, a quel lurido ubriacone
che si spaccia per preside.”)-rispose a tono l’altra.
-AAAIIIIIK!
IIIIIK! (trad.: “L’ultima volta era una lavatrice, poi è venuta giù una Ford
Anglia con manie omicide!”)- si lamentò la prima sirena mostrando i denti
acuminati.
-IIIIIIIEEEEEK!!
IEEEEK! IIIIIK!!! (trad.: “Usiamo quella!”)-
Le
due creature degli abissi presero la povera piccola Bia per un piedino nudo e
violaceo e la trascinarono in fondo al lago, nel Bronx della Città delle
Sirene.
Scansarono
un paio di pinnepiatte di ronda e si
diressero verso il garage di una delle due, dove era nascosta, legata e
trattenuta da catene e cordame, una Ford Anglia azzurra.
Le
sirene, sbronze perse alcuni mesi prima, l’avevano catturata in seguito ad una
bravata e l’avevano rinchiusa lì. Ma ormai era diventata “merce bollente”,
nessuno gliela comprava nonostante gli annunci su Kijiji ed Ebay. Erano andate
persino a Porta Portese ma niente da fare. E inoltre, l’anziana madre sorda di
una di loro, che viveva al piano di sopra, cominciava a lamentarsi per il
casino.
-EEEEK!
(trad.: “Leghiamola sul tettuccio e facciamole fare il rodeo!”)- sghignazzò una
sirena.
Così
la legarono con delle alghe sull’auto e tranciarono di netto tutti i legacci
della recalcitrante Ford.
L’auto
rendendosi conto di essere libera, accese i fari, gli abbaglianti, le quattro
frecce, i tergicristalli e partì anche l’impianto Pioneer di seconda mano che
le avevano installato Fred e George, con tanto di luci al neon che uscivano
dalle ruote. L’ultimo disco ascoltato dal famigerato duo, “Gigi D’Alessio and
friends forever and ever in a midsummer night's dream”, echeggiò in tutto il
lago: «Ogni giorno butti via quel che
resta del mio amore…» cantava melodioso Gigi. «Vorrei morire lontano da te, ma per morire ho bisogno di te, vorrei
comprare quel vuoto per dare al tuo corpo anche l’anima…» rispondeva
Freddie Mercury. «Scuuuusami! Se con te
sono stato nel letto anche a volte romanticoooo…» intonava Pavarotti.
In
un tripudio canoro la Ford sfrecciò verso l’alto come un fuoco d’artificio,
sfondò la superficie del lago sotto gli occhi allibiti degli spettatori
atterrando con un gran fracasso sul parcheggio delle scope e schiantando quelle
dei Malfoy, dei Silente e dei Beckham. Poi fece retromarcia e investì Gazza,
che faceva da parcheggiatore abusivo.
Sfrecciò
a tutta birra verso la Foresta Nera (sì, avete letto bene. Non “Proibita”.
Nera: La torta che stava mangiando Neville in quel momento), ma prima che
potesse avventarsi sul rubicondo bambino in lacrime e prima che la sua delicata
nonnina le frantumasse la carrozzeria ad ombrellate, qualcosa l’attaccò all’improvviso,
mordendo e lacerando il groviglio di alghe sul tettuccio.
Era
Victor “Pitbull” Krum, che sentendo l’odore di sushi si era lanciato all’inseguimento
del bottino. Quando però si rese conto che tra il verderame c’era la povera
piccola Bia che stava rinvenendo, pallida e tremante, sputò tutto e si allontanò
schifato.
Silente
guardò la scena con astio e strinse la bacchetta fra le mani adunche fino a
spezzarla.
-Minerva…-
sussurrò rivolto alla Vicepreside.
-“Potevi dirmelo, che i tempi cambiano ed io
capivo che…”, sì, mi dica preside.- si ricompose la donna smettendo di
usare la propria bacchetta come microfono.
-Chiama
la Rowling.-ordinò.