Capitolo 2
“E lui è stato calmo? Cioè, voglio dire, fosse stato il mio fratellone…”Lily continua a parlare, ma figurarsi se la ascolto. Camminiamo per i corridoi della scuola e tutti ci guardano incuriositi, come al solito. Io non li bado, sto ancora pensando a ieri. Quando sono entrata in camera Lily è saltata giù dal letto e ha iniziato a bombardarmi di domande. Io le ho detto che avevo sonno.
“Domani… domani ti dirò tutto…”
E così è stato. E lei si è subito preoccupata, ma sembrava anche un po’ sollevata.
“Lo sapevo che dovevi mollarlo, quel tizio. Non è mai piaciuto al mio fratellone…” dice Lily mentre entriamo in classse, riportandomi nel nostro mondo.
Io ridacchio. “Lily, al tuo fratellone non piace nessuno”
“Tu e Liz sì!” mi fa lei sorridendo. Io ricambio e mi siedo sul banco di fianco a lei.
La campanella è suonata da più o meno quattro minuti, almeno secondo il mio orologio, ma di Elizabeta neanche l’ombra. Non capisco come faccia… è una ragazza bellissima, ha degli ottimi voti, è rappresentante di classe… e arriva sempre in ritardo.
Sono così attenta a controllare la porta per veder arrivare una chioma castana e disordinata per non accorgermi che manca anche il professore.
Finalmente vedo Elizabeta correre in classe, buttare lo zaino per terra, sedersi e mormorare con il fiatone un “Ciao ragazze”
“Ancora in ritardo, eh Liz?” Chiede Lily con un sorriso.
“Katyusha dice che non è riuscita a svegliarmi e che russavo come un trattore… ma… il professore?” fa lei cercando di prendere fiato.
“È in ritardo” dico io, resami conto solo in quel momento della mancanza del prof Beilschmidt. Vabbè, tanto siamo già abbastanza avanti col programma in matematica. Ma solitamente lui è puntuale….
“Ma Nat! Non ti ricordi di quello che è successo la settimana scorsa?”
“Sono più occupata a pensare a quello che è successo ieri.”
Lei mi guarda curiosa, e io le racconto tutto.
“Bhè” dice con tono pensieroso “La settimana scorsa mi sono davvero spaventata.”
Io penso. La settimana scorsa… hum… ecco… più o meno era andata così.
Eravamo tutti in mensa a mangiare quello schifo di hamburger mezzo verde che ci danno spacciandolo per cibo, quando abbiamo sentito un urlo. Era stata Felicia, la prof di storia. Nessuno si era preoccupato più di tanto, perché è risaputo che se si trova nel piatto qualcosa che non è cibo italiano sviene, esattamente come il suo collega, nonché fratello, il professor Lovino. Però era bastata un’occhiata per capire che qualcosa non andava. Il professor Ludwig stava tossendo abbastanza rumorosamente. Ad un certo punto si era alzato di botto, per poi ricadere addosso alla professoressa Vargas a cui era venuto tipo un colpo al cuore. Si sentiva solo un enorme brusio generale e poi hanno portato il prof. Beilschmidt in infermeria, e poi…
“Non l’abbiamo più visto” completa Lily per me.
“Ma c’è una cosa che mi preoccupa ancora di più.” Dice Elizabeta, sottovoce.
“Alex?” chiede Lily, sempre sottovoce. Mi danno un po’ fastidio quando fanno così.
“Sì.” Dice Liz, palesemente incavolata, girandosi verso il banco vuoto in fondo alla classe.
Alex non veniva mai a scuola. Era un bullo, aveva pessimi voti, e vi posso giurare che ormai sul suo banco c’era uno strato enorme di polvere, perché Yao, il bidello, non aveva mai pulito quel banco da quando Alex aveva cercato di rapire il suo panda. Ora chiedetevi: Perhcè Natalia, una delle ragazze modello della scuola, si è fidanzata con un tipo del genere?
Perché era bello. Aveva i capelli marroni, con uno strano ciuffo all’insù, gli occhi rossi e portava sempre, dico SEMPRE gli occhiali da sole. Era il capitano della squadra di baseball della scuola, e inoltre…
“Insomma, hai visto anche tu, no Nat?” mi fa Liz tutto d’un tratto.
“Oh. Sì… Bhè… ecco…”
Liz sta per chiedermi qualcosa, forse se ho ascoltato il loro discorso, quando veniamo interrotte.
Qualcuno è appena entrato in classe.
“Buongiorno ragazzi” dice lo sconosciuto con un sorriso.
“Io sono il vostro supplente di matematica, Toris Laurinatis."
Sgrano gli occhi. Lui mi guarda e sorride, mentre Lily mi fissa stranita e Liz cerca nello zaino il suo libro.
Guardo l’ombrello che ho poggiato per terra, vicino al mio banco.
Fantastico, penso, prima di lasciarmi cadere sulla sedia e prendere il quaderno di algebra.