Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: Atarassia_    09/02/2014    2 recensioni
to hunt hunted/hunted {v.} 1 cacciare; andare a caccia 2 essere alla ricerca di ; dare la caccia a.
Hunt. Caccia. Ricerca.
Perchè in fondo nella vita siamo tutti alla ricerca di qualcosa. Rincorriamo un oggetto, un sogno, un amore, un desiderio, noi stessi.
Protendiamo tutti verso un qualcosa che potremmo anche non raggiungere mai, ma l'attrazione che tutto ciò comporta è troppo forte per essere soffocata.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



The hunt
Capitolo Uno


 
 Thinkin’ maybe you'll come back
here to the place that we'd meet.
And you'll see me waiting for you
 on the corner of the street 
So I'm not moving,
 I'm not moving.
 
 
La luce del giorno penetra attraverso la finestra della camera. Lui si agita sotto le coperte e, tutto dolorante, prova a stiracchiarsi. Sbatte le palpebre più volte e si incanta a guardare il soffitto bianco. Il ticchettio dell’orologio gli ricorda che è ora di alzarsi e i rumori che provengono dalle altre stanze gli fanno venire il mal di testa. Si tira su di scatto ma una fitta intensa lo spinge di nuovo tra le coperte. Si porta le mani alle tempie massaggiandole e fa dei respiri profondi provando, questa volta, ad alzarsi con molta più calma.
Con lo stomaco in subbuglio, le gambe pesanti e la testa attraversata da continue fitte, si rifugia in bagno. Si libera di tutti i vestiti e rimane davanti allo specchio a guardare il suo riflesso. Si osserva confuso e si sforza di esaminare ogni dettaglio della sua pelle graffiata o segnata da ematomi.
Solleva lentamente le mani per poi accarezzarne i palmi sbucciati e a tratti incrostati di sangue. Sussulta quando sfiora un graffio ancora fresco e la mano sembra quasi bruciare tanto il dolore è forte. Tira su il ginocchio ricoperto da un livido che non sa nemmeno come si è procurato, e tasta la pelle mordendosi le labbra per non lasciarsi sfuggire dei gemiti. Allunga e piega la gamba più volte constatando che si tratta di un dolore sopportabile che, nel giro di pochi giorni, sarebbe di sicuro svanito. Per ultimo lascia il viso. Ha le labbra screpolate e secche, gli occhi gonfi e un ematoma che ricopre il tratto di viso tra un occhio e il limitare della mandibola.
Borbotta qualcosa di confuso e insensato prima di rifugiarsi sotto il getto d’acqua  fredda. Lascia che gli scivoli addosso e si illude che possa, con molta facilità, lavar via tutto il dolore. Afferra il flacone del bagnoschiuma e si strofina energicamente in tutte le parti del corpo. La pelle sfregata si arrossa e chiede pietà ma Harry è sordo.
Sì, Harry sembra sordo. Come se non cogliesse le grida di dolore che ogni minima particella di lui emette in ogni istante e continuasse a sfregare, a pizzicare la pelle ricoperta di tatuaggi, a pensare a lei, a cercare lei, come se non fosse successo niente. Forse non si tratta di essere o meno sordo, forse è lui che non vuole sentire, forse finge per non crollare, forse si è abituato a tutta questa situazione, forse ha bisogno che le cose vadano in questo modo perché solo così si sente vivo.
Si riveste in fretta e non perde nemmeno tempo ad asciugare i capelli, lascia che gocciolino sulle spalle bagnando la vecchia felpa dei Ramones. Con passo strascicato e sbadigliando raggiunge la cucina dove due paia di occhi lo scrutano intensamente.
Ma lui finge di non accorgersene e indifferente si aggrappa al lavabo per un urgente bisogno di acqua. Poi si siede e fronteggia le iridi infuocate di Lana che lo fissa adirata ma allo stesso tempo preoccupata.
La sua Lana e il suo carattere lunatico. Lana che un secondo prima ti abbraccia e un attimo dopo vorrebbe metterti le mani al collo; quella Lana che trova ogni minimo pretesto per arrabbiarsi, per rimproverarti fino allo sfinimento, ma che non riesce proprio a non preoccuparsi per le persone a cui vuole bene. Lana che spesso nasconde dietro a sguardi di troppo e espressioni funeree la sua voglia di abbracciarti e confessarti che a te ci tiene, forse anche troppo.
Lana, la sua piccola e tenera Lana dai capelli castano chiaro e gli occhi color nocciola. Lana che con un sorriso ti fa sciogliere e ti infonde coraggio. Una ragazza dalla corporatura gracile che Harry e Ed hanno bonariamente soprannominato Babù.
Qualcosa colpisce la sua fronte e viene riportato bruscamente alla realtà. Guarda confuso Ed che però si limita ad alzare le spalle e ad evitare che qualsiasi colpa ricada su di lui. Allora si gira verso Lana che, come se non fosse successo niente, continua a masticare la sua colazione senza mai distogliere lo sguardo dal suo. I due si fronteggiano e Ed li osserva, come ogni volta,  già sapendo chi sarà il vincitore.
-Dai, non avercela con me. Ti prego.- cede, infatti, Harry poco dopo con tono implorante e quasi disperato. La ragazza lo guarda sdegnata dalla testa ai piedi e stringe i pugni.
-Zitto.- tuona rimettendolo al suo posto con voce glaciale. Gli punta un dito contro scoprendo la piuma tatuata sul braccio destro in una notte folle a Tokyo.
-Quando lo capirai che non puoi andare avanti ancora per molto in questo modo?- riprende senza nemmeno dargli il tempo di replicare e la sua voce sale di diverse ottave.
-Babù…- Ed tenta inutilmente di calmarla e fermare il flusso di parole che da un momento all’altro potrebbe uscire dalla sua bocca.
Perché Ed, da buon spettatore, ha imparato quasi a memoria ogni caratteristica dei suoi amici. È in grado di distinguere i pensieri che passano loro per la testa, sa prevedere le loro mosse in anticipo. E così, con un solo sguardo, può capire se il toccarsi frenetico dei capelli da parte di Babù sia un segno di vergogna o di ansia, se lo sfregare la mano sul tessuto dei pantaloni da parte di Harry indichi che sia con la testa da un’altra parte o che abbia timore di aver fatto qualcosa di sbagliato, se l’arricciare il naso di Lei significhi che è confusa o infastidita, se il grattarsi il braccio di Lui indichi il suo imbarazzo o la sua felicità.
Ed tra i due è come la Svizzera: zona neutrale. Lui è quello che fa da collante tra le due parti, che tenta di limitare gli eccessi e di contenere i disastri. È quello che riporta la calma, che tranquillizza Lana e cerca di placare il carattere impulsivo di Harry. È quello che non si tiene troppo in disparte alle feste ma che sa temperarsi, quello che accetta di vedere commedie romantiche o film drammatici ma poi sa anche scherzarci su. Ed è Lana e Harry insieme, l’eccessiva maturità di una e l’irresponsabilità dell’altro, la pacatezza di lei e l’irruenza di lui.
-Non ci provare nemmeno Ed! E tu? Per quanto tempo ancora vuoi continuare così?- ribatte Lana inarrestabile e sempre più infastidita.
-Ti prego, basta.- implora Harry stanco per tutta quella situazione, così si alza e fa per andarsene. Fugge ogni volta che qualcuno prova a fargli aprire gli occhi, fugge ogni volta per tornare lì. Lui lo sa e non vuole sentire altro: lei un giorno, molto presto, tornerà lì per lui.
-Non ti azzardare a lasciare questa stanza. Sei un codardo Harry. Un codardo! Ma non ci pensi a noi? Non pensi a quanto male possa farci vederti ogni benedetto giorno conciato in quel modo? No, tu non lo sai come ci si sente. Basta che pensi a te e alla tua ossessione. Lei non tornerà più Harold, mai più! Se ne è andata e di te non ne vuole sapere più niente. Fattene una ragione!- tutti i buoni propositi di Lana svaniscono in batter d’occhio e, dimenticandosi della calma e del tatto, sputa fuori tutte quelle parole con rabbia, con frustrazione e rancore. Sono parole taglienti, che colpiscono dritte al cuore e feriscono senza pietà.
Harry si immobilizza e trattiene il fiato. Ed si porta le mani sulla faccia e inizia a ripetere una cantilena infinita, sottovoce, pregando affinché le cose non degenerino ulteriormente. Nell’aria c’è ancora l’eco delle parole di Lana, l’eco di quelle grida da troppo tempo trattenute.
E lei sta là, trema per la rabbia mentre la consapevolezza di ciò che ha fatto si insinua in lei. La vena del collo, quella vicina alla voglia, pulsa per lo sforzo. Abbassa la testa sconsolata e sussulta al suono dei vetri che si infrangono contro il muro.
-Io… Mi dispiace Harry. Non volevo…- goffamente prova a scusarsi mentre Harry inizia a respirare affannosamente.
-Andate tutti al diavolo!- impreca il ragazzo lasciando di corsa la stanza e calpestando, a piedi nudi, i vetri del bicchiere che lui stesso ha lanciato contro la parete in un rapsus di follia.

 
********
 
La gente cammina al suo fianco urtandolo senza molti problemi. Viene scosso a destra e a sinistra, ma quasi non se ne cura. In testa ha una meta e tutto il resto non lo scalfisce. Avanza incurante del freddo che si insinua sotto la sua maglia bucherellata e le Converse oramai rovinate. Il cellulare nella sua tasca vibra già da qualche minuto senza sosta ma non si cura di rispondere perché, semplicemente, non ne ha voglia.
Un sorriso spontaneo nasce sulle sue labbra non appena svolta l’angolo e riconosce l’insegna oramai familiare ai suoi occhi. La scritta “The Hunt” è sempre la stessa di quattro anni prima con tutte le sue decorazioni e sfumature colorate. Un posto significativo che sembra descriverlo a pieno. Là tutto è iniziato e là tutto continua a svolgersi. È il rifugio che Harry utilizza quotidianamente da quasi un anno, è il luogo che accoglie i suoi deliri e le sue pazzie, è quel posto in cui, per un paio di ore, si sente meno perso.
Con la mano spinge la porta e viene da subito investito dall’odore stantio della stanza che, vista l’ora, ancora non è completamente piena. Speranzoso, getta un’occhiata al loro tavolo ma, arriccia il naso trovandoci un gruppo di ragazzini che avranno più o meno quindici anni.
Stringe i pugni contro il tessuto dei jeans e si avvicina al bancone senza aver un’idea ben precisa in mente. Il cameriere lo riconosce subito e, forse, alza anche gli occhi al cielo perché non ne può più di trovarselo sempre lì.
Ordina qualcosa di forte, un “quel che ti pare ma basta che sia forte” e tamburella con le dita sulla superficie marmorea in attesa di essere servito. Non ci vuole molto prima che, sotto il suo naso, venga sventolato un intruglio che sa di menta ma anche di vodka, soprattutto di vodka. Senza esitare afferra il bicchiere e manda giù tutto in un solo sorso. Sente la gola bruciare e lo stomaco contrarsi per quell’improvvisa soluzione ghiacciata. Si lecca le labbra succhiandole a tratti per gustarne di più il sapore.
Il cameriere, questa volta, non ha nemmeno bisogno che lui gli dica qualcosa e subito gli fa trovare un nuovo bicchiere che fa la fine del primo. Gioca con le cannucce piegandole e rigirandosele senza sosta tra le dita. Gli si appanna la vista e in breve tempo non è più molto lucido. Inizia a farfugliare cose senza senso ammiccando verso delle ragazze che sono sedute al suo fianco. Queste, lusingate, ridacchiano e il suono gracchiante delle loro voci lo irrita a tal punto che, infastidito, volta loro le spalle bofonchiando qualche insulto.
Si guarda intorno e sente il sangue ribollirgli nelle vene. Si stacca dal bancone e con passo insicuro si avvicina a quello che è il loro tavolo. Non permette ai ragazzi che sono seduti lì nemmeno di accorgersi della sua presenza ma, inciampando, plana su di loro sovrastandone un paio con la sua mole.
Subito nell’aria si elevano espressioni di sorpresa o indignate e quelli, ingenui, iniziano a spintonarlo per toglierselo di torno. Le loro reazioni sono quello a cui Harry da tanto aspirava, un modo per confrontarsi con qualcuno, per sentirsi vivo.
Con l’enorme quantità di alcool che scorre nelle sue vene, si rimette in piedi per poi sferrare un colpo ai danni del primo malcapitato. Colpisce una mascella o forse una spalla, non saprebbe dirlo con precisione dato che ci vede doppio.
Gli amici del ragazzino, però, si riprendono dall’attimo di stupore e subito accorrono in sua difesa gettandosi contro di lui che, indebolito e senza i riflessi pronti, non riesce a reggere l’assalto e crolla contro un tavolo. Quelli sferrano qualche calcio e pugno colpendolo ripetutamente in posti doloranti che lo fanno contorcere sul pavimento.
Si porta le mani sulla testa per proteggersi e si rannicchia con le gambe al petto. Qualcuno interviene a sedare quella rissa e si preoccupa anche di sollevarlo da terra, sottraendolo alla derisione della gente.
Viene scortato fuori dal locale anche se è contro la sua volontà, ma poco valgono i suoi tentativi di opporsi e liberarsi da quella stretta dato che, poco dopo, si trova accucciato sui gradini del “The Hunt”. Sente la testa che inizia a vorticare e lo stato di coscienza affievolirsi sempre di più.
Una delle tasche ha ripreso a vibrare e, dopo alcuni tentativi vani, riesce a recuperare il cellulare. Lo porta all’orecchio  e sussurra frasi insensate.
-Lei non c’è. Non c’è, Lana. Non è tornata!- i sussurri si interrompono per lasciar spazio alle lacrime e ai singhiozzi che gli squassano il petto. Il suo è un pianto disperato e con le unghie graffia il cemento sotto la sua testa facendosi uscire il sangue.
-Frida. Frida. Frida.- ripete come un ossesso tra i residui del suo vomito lavati via dalla pioggia che ha preso a venir giù.
Da qualche metro più lontano, dei fari illuminano la sua figura e poi qualcuno sbatte la portiera. Tenta inutilmente di aprire gli occhi e mettere a fuoco la figura che si sta avvicinando.
L’ultima cosa che sente è il suo nome gridato ripetutamente e un qualcosa che colpisce la sua guancia, poi precipita in un tunnel nero.

 

 
Ecco a voi il primo capitolo della storia. Volevo dirvi, anche se credo che oramai sia più che evidente, la storia presenta un forte carattere introspettivo e lascia molto spazio a quelli che sono i sentimenti e i pensieri dei personaggi. Voi cosa ne pensate? 
Il capitolo si divide in due parti: la prima a casa con Lana e Ed, la seconda sempre al "The hunt". Per quanto riguarda i due amici, Lana e Ed, non sono pucciosi? E vi prego, ditemi che avete capito il personagio rappresentato da Lana. Insomma, per la sua descrizione e per il fatto che il concorso richiedeva un
 AU: Genderswap! non vi viene in mente niente? Sono sicura che ci siete arrivate!
Detto questo, lascio a voi ulteriori commenti pperchè non voglio annoiarvi ulteriormente o, forse, perchè oggi sono troppo sca**ta per fare qualsiasi cosa e non vedo l'ora di chiudere tutto, buttarmi sul letto e dormire sperando che sia già domani.
Con affetto,
Atarassia_

PS: Ringrazio tutte coloro che hanno inserito la storia tra le preferite, le ricordate e le seguite. E mando un grande bacione alle tre anime che hanno lasciato una recensione al capitolo precedente. Vi adoro! ^_^

 


 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Atarassia_