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Autore: PapySanzo89    19/02/2014    6 recensioni
Seguito di A Little Ray of Sunshine.
One shot non per forza collegate tra loro, stralci di vita di Sherlock e John con Sunshine.
Insomma, nella terza stagione hanno detto che sarà una bambina e io gongolavo troppo. u.u
NOTE: parentlock
Genere: Fluff, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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RATING: Fluff, un poco malinconico, fluff. XD
 
Ringrazio Linny per il betaggio <3
 
 
 
Famiglia.
 
 
 
 
 
Il cellulare di Sherlock suona e lui non ci farebbe minimamente caso –essendo che sta concludendo un esperimento sul terriccio trovato fuori da una scena del crimine- se non fosse che la suoneria è quella personalizzata per la scuola della sua bambina.
Sposta gli occhi dal microscopio e fissa per qualche istante l’iPhone e sente la suoneria crescere ogni secondo che passa finché –dopo essersi ricordato che John è al lavoro in clinica e che probabilmente l’avranno chiamato ma lui non è riuscito a rispondere- si sporge sul tavolo lasciando perdere l’esperimento e lo afferra, rispondendo.
«Signor Watson? Salve, sono la professoressa d’inglese di Sunshine, ci siamo visti qualche volta alle riunioni genitori-insegnanti.»
Sherlock pensa che la cosa sia altamente improbabile perché lui non ha mai partecipato a una cosa simile: è John quello che si fa cambiare i turni sul lavoro per poter partecipare a certe scempiaggini. E comunque il cognome è Watson-Holmes, grazie tante.
Sherlock continua a non dire niente aspettando che l’insegnante vada avanti.
«La chiamo per qualcosa che è successo oggi in classe, niente di così grave, non si preoccupi, ma vorrei chiederle se per caso riuscisse a venire a prendere Sunshine e fermarsi per un paio di parole.»
Sherlock per un attimo si allarma e si alza dallo sgabello della cucina togliendosi la vestaglia e iniziando a vestirsi come meglio può rimanendo al telefono.
«Sta male?» riesce a chiedere in tono un po’ troppo apprensivo e fa mente locale se magari Sunny si fosse comportata in modo strano quella mattina, qualcosa che poteva fargli supporre che avesse la febbre o un principio d’influenza ma dall’altra parte della linea, fortunatamente, gli rispondono con un semplice no.
Comunque, per quanto Sherlock riesca ad essere multitasking la maggior parte delle volte, adesso ha difficoltà a mettersi la camicia, abbottonarsi i polsini, infilarsi le scarpe eccetera senza mettere giù il telefono, quindi la saluta dicendole che arriverà il prima possibile e mette giù senza aspettare risposta.
Quando esce di casa manda un messaggio a John per sicurezza avvertendolo che è andato lui a scuola dai maestri e che, appena saprà qualcosa, glielo comunicherà. Poi mette il cellulare in tasca e chiama un taxi.
 
Venti minuti dopo cammina per i lunghi corridoi della scuola a passo sicuro non prestando attenzione alle bidelle che lo stanno seguendo chiedendogli cosa stia cercando: sa qual è la classe e sa come raggiungerla, non ha bisogno di aiuto. Quando arriva dinnanzi la porta nemmeno bussa, entra e cerca con gli occhi sua figlia, interrompendo a metà quella che pare essere la lezione di scienze. Una bidella cerca di scusarsi con l’insegnante ma lui non vi fa caso,  scorge i volti dei bambini uno per uno per tentare di trovarla ma non la vede lì in mezzo. Eppure è sicuro di non aver sbagliato sezione. Quando i suoi occhi scorgono Hamish, e il bambino alza la mano in un piccolo cenno di saluto, Sherlock è nuovamente sicuro di non aver sbagliato aula.
«Mi scusi, le serve una mano?»
Sherlock si volta verso la donna e vorrebbe risponderle in maniera sarcastica ma lui e John ne hanno già parlato: doveva evitare di farsi odiare da tutti gli insegnati della scuola. Il motivo non gli era ancora ben chiaro ma John aveva usato metodi piuttosto convincenti per dissuaderlo dal dare risposte caustiche. E insomma, John nudo è sempre un valido argomento.
Quindi fa un paio di respiri prima di voltarsi verso di lei e tenta con tutte le sue forze di non notare la lavagna e chiederle chi le ha dato la licenza d’insegnante perché tutto ciò che vi legge sopra risulta incomprensibile a lui, figuriamoci a dei bambini di otto anni.
«Ho ricevuto una chiamata dalla scuola. Sono venuto a prendere Sunshine.» dice solo e spera che possa bastare e che gli dicano dov’è sua figlia perché non ha tutto il giorno libero, ma la donna poggia il gessetto sulla cattedra e gli va incontro.
«Può venire un attimo con me?» ed è evidente che quella della donna non sia una domanda perché va ad aprire la porta e gli fa cenno di uscire. Sherlock sbuffa e in pochi passi è di nuovo fuori dall’aula, sente l’insegnante dire “tranquilli bambini, torno subito” e la vede richiudersi la porta alle spalle.
Sherlock inizia a spazientirsi ma non lo dà a vedere: congiunge le mani dietro la schiena e aspetta.
La donna si volta e finalmente Sherlock spera che gli spiegheranno che sta succedendo.
«L’insegnante che l’ha contattata si trova dietro questo primo angolo, tre porte più avanti sulla sinistra, non si può sbagliare.» lo dice con voce gelida mal celando lo sguardo infastidito «E non si permetta mai più di interrompere una lezione irrompendo così in una classe. Spero di essermi spiegata.» e detto ciò torna in classe senza aggiungere altro, chiudendo la porta con un po’ troppa enfasi.
Sherlock inarca un sopracciglio e il suo pensiero è uno e uno solo: dovrà riproporre a John l’idea di cambiare scuola.
Sbuffa e si dirige lungo il corridoio: gli stanno facendo perdere tempo, se lo sente.
Non appena arriva dinnanzi alla porta di quella che evidentemente è la segreteria, nuovamente non bussa e apre la porta come se fosse la cosa più giusta e normale del mondo e, finalmente, i suoi occhi scorgono la sua bambina, seduta su uno sgabello davanti alla maestra che si trova dietro la scrivania.
Sunny alza il viso per guardare chi sia entrato ma non appena vede il padre sulla soglia abbassa di nuovo lo sguardo a terra e inizia a muovere avanti e indietro i piedi nell’aria, nervosamente. Sherlock le si fa vicino in pochi passi e le si accuccia davanti, prendendole il volto tra le mani e valutando se abbia o meno qualche sintomo stagionale. Inutile dire che non si fida affatto del giudizio degli insegnanti. Sunshine lo guarda per mezzo secondo e poi distoglie lo sguardo, colpevole.
Mmh, deve aver combinato qualcosa. 
La maestra d’inglese fa un piccolo colpo di tosse per attirare l’attenzione e Sherlock si volta verso di lei, alzandosi dalla sua posizione e sedendosi sulla sedia che la donna gli sta indicando.
«Sono contenta che sia riuscito a venire. So che lei e suo marito siete molto spesso impegnati e...»
«Cos’è successo?» non ha sicuramente né voglia né tempo di perdersi in convenevoli così va dritto al punto. La donna si zittisce e alza un sopracciglio: è evidente che non le piace essere interrotta ma a Sherlock non potrebbe importare di meno.
«Oggi sua figlia ha colpito un’altra bambina con un astuccio durante la ricreazione senza apparente motivo e poi le due sono andate avanti a picchiarsi. Non è successo nulla di grave, la compagna è in classe e si è procurata solo un piccolo livido durante la caduta a terra quando Sunny l’ha spinta. Per contro Sunshine si è chiusa a riccio in uno strano mutismo e non vuole andare avanti a fare lezione, men che meno ci vuole dire cosa sia successo. È sempre stata una bambina tranquilla e attenta e siccome ogni tanto una zuffa capita abbiamo evitato di mettere una nota disciplinare, abbiamo comunque dovuto avvisare i genitori della compagna e loro passeranno più tardi, a quel punto le faremo sapere cosa pensano di fare loro. Sunshine comunque non ha mai dato problemi quindi crediamo non sia possibile che sia successo dal nulla, vedremo se con la compagna riusciremo a capire cos’è successo. Quando sono tornata dentro richiamata dal fracasso ho assistito solo a un compagno di classe che tentava di dividerle.»
Sherlock resta stranamente in silenzio e ascolta tutto e la sua mente fa da sola il collegamento che con ogni probabilità quel bambino era sicuramente Hamish, un collegamento che al momento non è richiesto.
Poi si volta verso Sunshine che continua a fissarsi imperterrita le scarpe e non dice una parola mentre si morsica forte il labbro inferiore per non scoppiare a piangere.
Sherlock la guarda ma non le dice niente e probabilmente questo preoccupa ancora di più la bambina.
«Grazie per avermi chiamato. Vedremo come risolvere la faccenda e chiedo scusa per il disturbo arrecato.»
Detto ciò si alza e Sunshine lo imita, andando a prendere lo zaino e mettendoselo in spalla. La maestra sta per aggiungere qualcosa ma Sherlock se ne va senza degnarla di uno sguardo con Sunny che gli sgambetta dietro.
Attraversano il corridoio in silenzio, Sunshine resta dietro a suo papà e gli guarda le spalle ampie, stringe forte i passanti del suo zainetto e corruga le sopracciglia: si sente triste.
Non appena girano l’angolo una massa di ricci scuri entra nel campo visivo di Sherlock e Hamish gli va a sbattere contro le gambe.
Il bambino alza gli occhi azzurri verso di lui e poi guarda avanti per incontrare il viso di Sunshine che ora guarda le mattonelle del corridoio, d’improvviso si sente una mano accarezzargli la testa e nota che
Sherlock gli sta arruffando i capelli in quello che potrebbe quasi sembrare un gesto d’affetto. Quasi. O magari di ringraziamento.
«Sunshine, saluta Hamish che poi andiamo.»
La bambina fa un timido saluto e lo ringrazia piano poi torna a seguire il padre. Hamish la saluta con un cenno della mano e poi sbuffa -seccato di tutta la situazione- tornando in classe.
 
Quando si ritrovano fuori dall’edificio, in mezzo al cortile, Sherlock si volta verso sua figlia che continua a non parlare e si abbassa sui talloni come poco prima in segreteria, guardandola in viso.
Sunshine finalmente lo guarda e ha gli occhi pieni di lacrime che cerca di trattenere. Sherlock le dà un bacio sulla fronte e le fa una carezza sulla guancia.
«Tesoro, cos’è successo?»
E Sunshine scoppia a piangere e gli circonda il collo con le braccia andando a singhiozzargli vicino l’orecchio. Sherlock allunga una mano e le accarezza la schiena e alla fine si solleva prendendola in braccio e continuando ad accarezzarla piano, uscendo dal cortile. Sunny va avanti cinque minuti buoni prima di riuscire a parlare di nuovo.
«Tu sei il mio papà.» dice all’improvviso e Sherlock si blocca momentaneamente sul marciapiede senza capire.
«Sì.» risponde allora, tornando a camminare e stringendola ancora un po’ di più a sé.
«Tu sei mio papà proprio come lo è papà.» singhiozza ancora e lo stringe più forte «E la mamma non c’è più ma tu sei il mio papà lo stesso.»
Sherlock crede di aver capito dove la cosa stia andando a parare e non gli piace proprio, sospira, pensando che prima o poi sarebbe capitato.
«Sì.» afferma nuovamente e le lascia un bacio tra i capelli mentre lei tira su col naso, ma alla fine continua.
«Abbiamo fatto il tema sulla famiglia in classe e io ho scritto dei miei due papà e della mamma che non c’è più e Caroline mi ha preso in giro. E ha detto che tu non sei mio papà. Che non ti assomiglio per niente. E che sei tanto strano. Ma lo ha detto solo perché lei un papà non ce l’ha, ecco. E non sei strano. Sei il mio papà.» Sherlock si ferma nuovamente e prende fuori dalla tasca del cappotto un pacchetto di fazzoletti e lo porge alla bambina che si scosta di poco da lui e prende il pacchetto tra le mani tirandone fuori un fazzolettino di carta. Sherlock le guarda gli occhi rossi e ancora colmi di lacrime mentre Sunny inizia a soffiarsi il naso. Poi Sunny finalmente lo guarda in viso e corruga di nuovo le sopracciglia, lacrimando ancora un poco.
«Mi dispiace papy, non volevo farle male.» singhiozza e tira di nuovo su col naso e Sherlock le sorride, benevolo.
Ogni tanto si chiede com’è possibile che i Watson lo difendano sempre con le unghie e con i denti, qualsiasi cosa capiti.
Non le dice nulla perché lui non è bravo con le parole, solitamente quello bravo è John ed è sempre lui a risolvere le piccole crisi che si creano.
Sunshine però capisce tutto di Sherlock –esattamente come ci riesce John- e capisce che non ce l’ha con lei, allora un po’ si rilassa e torna ad abbracciarlo, chiedendo di nuovo scusa.
«Tesoro, non è successo nulla di così irreparabile…» evita di farle qualche esempio da cui seriamente sarebbe impossibile uscire (come ad esempio la morte, qualche amputazione e via discorrendo) anche se sarebbe calzante per farle capire esattamente la gravità della situazione perché l’ultima volta che aveva provato a farle un esempio simile Sunny aveva pianto per quasi dieci minuti di fila, inutile dire che John ne fu altamente scontento. «Stasera ti va di dormire con me e papà?» chiede semplicemente per cambiare discorso e la bambina si aggrappa di più al suo cappotto e struscia la guancia bagnata di lacrime contro la sua.
«E vuoi che andiamo a trovare papà sul lavoro?» le domanda a quel punto, indipendentemente che lo studio sia dall’altra parte rispetto alla loro attuale posizione. Sunny annuisce contro la sua gola e Sherlock cambia direzione di marcia.
 
Sarah guarda entrare Sherlock con in braccio Sunshine e alza entrambe le sopracciglia: è strano vederli lì, solitamente Sherlock non si fa mai vedere assieme alla bambina nello studio.
Lascia un attimo la propria postazione e va loro incontro, sorridendo alla bambina che la sta guardando mezza addormentata tra le braccia dell’altro, dev’essersi fatta una dormita tra le braccia di Sherlock.
«Strano vedervi qui.» asserisce tranquillamente senza nemmeno salutare, passando una mano tra i lunghi capelli di Sunny.
«John è impegnato?» si limita a chiedere Sherlock e Sarah annuisce.
«Non ha avuto un momento libero oggi, non ha nemmeno fatto la sua pausa pranzo. Ha ancora tre persone da visitare e poi avrà finito.»
Sherlock fa un cenno vago con la testa e fa per dirigersi in sala d’aspetto, sulle sedie di plastica.
«Allora aspetteremo qui.»
Sarah pare sorpresa della cosa, solitamente sarebbe entrato come una furia –pazienti o meno- e pensa che decisamente quel comportamento non sia normale. Poi pensa che generalmente Sherlock non sia normale quindi non ci pensa più.
Però…
«Posso prendere io gli ultimi tre pazienti, così entrate prima senza aspettare ore.»
Gli occhi di Sunshine si puntano nei suoi e si fanno un pochino lucidi e la sente ringraziare piano. Sherlock tenta di ringraziare a suo modo ma non gli viene fuori nulla di particolarmente brillante. Chissà come mai per le frecciatine era una specie di mostro mentre per i ringraziamenti si dimostrava quasi pietoso.
Alla fine Sarah fa uno strano gesto con la mano e fa accomodare uno dei pazienti di John in un’altra stanza.
 
John manda fuori l’ennesimo paziente e si siede nuovamente alla scrivania: è totalmente stravolto da quella giornata.
Avrebbe fatto aspettare il prossimo paziente almeno cinque minuti perché non aveva avuto nemmeno il tempo di andare in bagno o di controllare i messaggi sul cellulare (un’abitudine mai dimenticata). Ma prima che possa fare anche solo il gesto di aprire il cassetto della scrivania per prendere il telefonino, vede la porta aprirsi, sta per dire al paziente che deve aspettare ancora un po’ quando dei ricci a lui conosciuti fanno capolino nella stanza.
Sherlock chiude la porta dietro di sé e si appoggia contro di essa con uno sbuffo per poi aprirsi in un largo sorriso. John lo guarda sorpreso e poi sorride di rimando, alzandosi e avvicinandoglisi per potergli dare un bacio di benvenuto e per poter appoggiare su di lui il suo corpo con tutta la propria stanchezza.
«Che ci fai qui?» chiede curioso, Sherlock non si presenta mai sul suo lavoro senza una motivazione che comprende il andiamocene, dobbiamo lavorare o il mi annoio davvero tanto, visitiamo i pazienti insieme asserzioni alla quale John risponde sempre con un secco e deciso no e tenta di mandarlo via, con scarsissimo successo oltretutto.
Sherlock lo guarda per qualche secondo prima di alzare le braccia e cingergli i fianchi, poggiando il viso nell’incavo del collo del marito.
«Mi hanno chiamato dalla scuola di Sunny.»
John si irrigidisce sotto le sue mani.
«Mi hanno chiamato per andarla a prendere perché era successo qualcosa. Alla fine non era nulla di grave, una semplice zuffa tra compagne di classe.»
John alza le mani per infilarle in quella matassa scura di ricci per massaggiare la cute del detective che sospira pesantemente, sembra esausto.
«Sunshine sta bene?» chiede John e Sherlock annuisce.
«Cos’è successo?» prova ancora e questa volta Sherlock mugugna qualcosa.
«Hanno fatto uno stupidissimo quanto inutile tema in classe riguardante il nucleo familiare. Ed indovina che argomento è saltato fuori e chi di noi due è stato additato come il non-padre di Sunshine.»
John si tira indietro e guarda Sherlock negli occhi. Per quanto Sherlock tenti di non darlo a vedere la cosa non deve avergli fatto particolarmente piacere e stranamente lui si sente incredibilmente incazzato.
 
Sherlock, dopo aver sentito John dire le peggio cose verso una bambina di otto anni e un’insegnante che non ha idea di come relazionarsi con dei bambini (non con questi termini, le sue espressioni erano decisamente più colorite di così), si sente quasi più leggero e tenta di evitare di ridere delle espressioni colleriche di John e delle minacce totalmente a vuoto che sta facendo (o perlomeno spera che siano a vuoto, sarebbe stato assolutamente noioso e controproducente dover chiamare Mycroft per tirare fuori John dalla prigione). È anche per questo che ama totalmente John.
Sherlock gli si fa nuovamente vicino e senza che John possa fare granché si sente prendere il viso tra le mani del detective e improvvisamente Sherlock lo sta baciando, piano, con affetto e devozione. John sospira e si calma, le spalle si rilassano e ricambia il bacio, facendo una carezza al fianco del marito.
Poi Sherlock interrompe il bacio e gli sussurra direttamente sulle labbra.
«Sunny è qui fuori, siamo venuti a trovarti. Ma volevo parlarti prima da solo.»
John annuisce premendo la fronte contro quella dell’altro.
«Fammi abbracciare la mia bambina, o giuro che i piani che ho in mente tenterò di metterli in pratica entro questa notte.»
Sherlock ghigna.
«Caroline non ne sarebbe affatto contenta.»
John sposta di scatto la testa e fa una faccia piuttosto contrita che Sherlock definirebbe quasi buffa.
«Sai quel è il problema? Che dobbiamo dirle che queste cose comunque non si fanno e che non sono giuste perché le mani non si alzano mai tranne che per difendersi.»
Sherlock alza gli occhi al cielo e non dice nulla, ma John lo capisce, come sempre.
«Non possiamo di certo dirle che ha fatto bene!»
Sherlock fa un vago cenno con la mano e borbotta qualcosa sul fatto che al massimo potevano toglierle la Wii per un pomeriggio o due e che comunque Sunshine si era già pentita abbastanza e aveva fatto ammenda. John poggia le mani sui fianchi e sorride, non vorrebbe dargli ragione, ma diavolo quel discorso sui genitori gli aveva dato troppo fastidio!
«Mi chiedo come fai a stare così tranquillo, se avessero detto a me una cosa del genere sarei andato in escandescenza.»
Sherlock, vedendo il viso congestionato di John, non fa fatica a crederlo: è riuscito a prendersela per cose che non erano dirette a lui. Però se dovesse pensarla al contrario e qualcuno avesse detto a John che non era il padre di Sunshine probabilmente lo avrebbe cercato per sgozzarlo nel sonno. Senza il probabilmente.
«Tu ti sei sempre preoccupato -e tuttora ti preoccupi- troppo di che cosa la gente dice o potrebbe dire, John. La mia bambina mi chiama ancora papà, quindi non vedo dove stia il problema.»
Il dottore sbuffa nuovamente infastidito dal dover dare ragione a Sherlock, ma alla fine alza gli occhi ad incontrare quelli dell’altro e finiscono col guardarsi e sorridersi: non serve dirsi molto altro.
 Sherlock si sposta e va ad aprire la porta, facendo cenno a Sunshine –seduta lì dinnanzi con lo zainetto tra le mani- di entrare. La bambina si alza e corre nella stanza dove John la sta già aspettando a braccia aperte e la solleva in braccio non appena sente le piccole braccia circondargli il collo.
«Ciao scricciolo.» la saluta dandole un piccolo bacio tra i capelli e lei lo guarda con il labbro sporto in fuori e le sopracciglia aggrottate. John sa perfettamente che non dovrebbe trovare buffa quell’espressione ma proprio non riesce ad evitare di sorriderle e scuotere brevemente la testa.
«Papà mi ha raccontato cos’è successo, quindi dopo un’attenta analisi abbiamo scelto la punizione che più ritenevamo giusta.»
Lei annuisce e si torce le mani nervosamente, John tenta di essere più serio possibile.
«Niente videogiochi per due giorni.»
Sunshine annuisce e rimane in ascolto, pronta a sentire la seconda parte della punizione ma suo padre rimane in silenzio.
Sherlock si avvicina a loro e si poggia di lato con una spalla su John.
«E non alzerai più le mani su una tua compagna di classe, ci siamo intesi?» questa volta il tono è realmente serio e lei fa cenno di sì con la testa e guarda con gli occhioni blu entrambi i suoi genitori. John, che sente le braccia indolenzirsi, la riappoggia a terra appena in tempo per sentire qualcuno bussare alla porta.
Sarah entra dentro senza aspettare il permesso e annuncia che sono arrivati altri pazienti senza appuntamento e che non riesce a tenerli a bada da sola, John alza una mano per dire di aver capito, scompiglia i capelli di Sunshine, fa una carezza sulla schiena di Sherlock e i due capiscono di non poter più rimanere lì. Una volta Sherlock avrebbe storto il muso e sarebbe rimasto che Sarah lo volesse o no, ma fortunatamente si era fatto un pochino più responsabile.
John vede Sherlock e Sunshine uscire e nota che il marito gli lancia un’ultima occhiata e gli sorride, si ritrova a sorridergli di rimando come un idiota. Si siede alla sua poltrona, si massaggia gli occhi con una mano e fa entrare il prossimo paziente.
 
La sera si ritrovano tutti e tre a letto, con Sunshine poggiata di lato su John e Sherlock che ogni tanto –quando aspetta che Greg gli risponda ai messaggi- alza lo sguardo dal cellulare per puntarlo sulla televisione e sulla protagonista di quella specie di cartone animato che io ho dei capelli magici che risplendono quando canto [1] e si chiede come sia possibile essersi fatto convincere a portare la tv in camera, poi punta gli occhi su Sunny e John accoccolati e smette di farsi domande inutili. Greg gli risponde e lui continua a dare spiegazioni sul caso che è riuscito a risolvere quel tardo pomeriggio.
John passa una mano tra i capelli di Sunshine e lei ride nel vedere il protagonista parlare con un camaleonte, a lui viene da sorridere di conseguenza.
La scuola li ha richiamati verso l’ora di cena informandoli di aver parlato con Caroline e che la madre di quest’ultima non intende richiedere sospensioni o note disciplinari verso Sunshine perché capisce la situazione e chiede scusa a nome della figlia. Alla fine sembrava che Caroline avesse detto le cose come stavano.
Sunshine allunga i piedi e li appoggia su un fianco di Sherlock e Sherlock li accarezza con un mano, osservando lo spettacolo oltremodo pietoso che i due protagonisti del cartone stanno dando di loro su una barchetta in mezzo al mare.
John accarezza la schiena di Sunny e vedendola sorridere radiosa dice una cosa senza senso.
«Un giorno troverai anche tu un principe…» si ferma alla parola principe notando che quello che stanno guardando fuggire con la protagonista sia in effetti un ladro «… così.» conclude la frase non sapendo che altro dire e nota lo sghignazzare di Sherlock, che si avvicina un po’ di più a loro e Sunny cambia posizione riappoggiandosi nuovamente a Sherlock –posizione che aveva cambiato perché il papà stava messaggiando- e dice la sua.
«Ma io preferisco Hamish.»
E John scoppia a ridere sonoramente quando nota la faccia sconvolta di Sherlock e quando lo stesso Sherlock si porta la figlia in grembo, dimenticando il telefonino sul materasso che vibra annunciando un messaggio.
John prende il cellulare e lo sposta sul comodino, avvicinandosi poi a uno Sherlock che stringe un po’ troppo forte la figlia e poggiandoglisi addosso con tutto il proprio peso su un fianco.
Sherlock digrigna i denti e gli intima di smetterla di ridere e che la situazione si sta facendo assolutamente grave. John alza il viso e gli bacia la mascella facendolo zittire e sbuffare per qualche secondo, poi Sherlock si volta e gli restituisce quella leggera carezza baciandogli la fronte.
In effetti John deve smetterla di preoccuparsi di cosa la gente può o non può dire, ha tutto quello che vuole proprio lì in quel letto, e Sherlock è il miglior padre e il miglior marito che potesse mai capitare a sua figlia e a lui.
 
 
 
 
NOTE:
[1] Rapunzel XD e lo amo! <3
Giusto per dire, Linny mi ha scritto che lei tifa per la Sunnamish, o per la Hamminy, Eli invece mi ha proposto Sumish, e io ho riso talmente tanto che ho tirato fuori Hanny (che sembra pure il diminutivo di Hannibal ma shhh) e niente, rido. XD Ditemi la vostra u.u
 

 

   
 
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