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Autore: Gogol    20/06/2008    3 recensioni
Postato sesto capitolo, un nuovo personaggio entra in gioco e i fuochi artificiali esplodono!
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Demyx, Paperino, Pippo, Sora
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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<< No! >>

Il grido è secco, acuto. A quel suono, le lucide bolle d’acqua emesse dalle orchidee marine scoppiano con piccoli e umidi plop.

Negli appartamenti privati del Palazzo reale di Atlantica, l’atmosfera incomincia a farsi frizzante.

Eric la guarda, guarda Ariel. E ovviamente si domanda, come chissà quanti hanno fatto prima di lui, perché la sorte non ha voluto concedergli di essere divorato dalle murene.

I capelli rosso fiamma della giovane sirena sono scompigliati e spettinati, ricadono disordinatamente sulla piccola fronte aggrottata. Da quanto, dopo la notizia, non hanno più visto un pettine? Probabilmente sua moglie troverà il modo di addossargli anche quella colpa, ne è sicuro. Eric, dannazione, perché non hai riflettuto? Ma è inutile piangere sul salemarino versato. La verità è che lui, il principe di terraferma giovane e bello, non ha mai saputo resistere ad un bel faccino. Era sembrato tutto perfetto, all’epoca.

All’epoca, come pensava, doveva amare davvero la figlia del lord dei Mari. Altrimenti non avrebbe saputo spiegarsi come aveva fatto a sollevare il Tridente, il simbolo stesso della monarchia dei tritonidi, ed a conficcarlo con un lancio da maestro dritto nel cuore di Ursula, dopo che Sora aveva ingaggiato con la Strega una violenta lotta. Un altro dei suoi pensieri ricorrenti, negli ultimi mesi, era che forse avrebbe fatto meglio a lanciarsi dritto fra i tentacoli dell’obesa cecaela.  Eric si sforza di rimanere calmo, di essere per l’ennesima volta ragionevole.

<< Non è colpa di noi due se Myde è diventato quello che è, Ariel. E’ semplicemente …  è semplicemente successo. Lo abbiamo educato come meglio abbiamo potuto. >> L’ho educato. Posso contare sulle dite di una mano tutte le volte che Myde ha visto sua madre! Cosa pensava fosse, un cagnolino?

La sirenetta sibila, inviperita. << Non dire … non dirlo, e addossati le tue responsabilità! >>

Le – tue – responsabilità. Addossarsi le … << Questo NON ha senso! >> esclama il principe consorte passandosi sconvolto le dita fra i capelli bruni. << Ariel, non puoi dirmi questo. Ci siamo sforzati, lo abbiamo cresciuto. Il Regno mi sia testimone, pensi che  potessimo evitare quello che è successo a Myde?

Sta alzando la voce. E’ qualcosa di pericoloso, anche per il principe consorte, alzare la voce con la futura regina destinata a sedere sul Trono del Mare, ma a questo punto Eric sta perdendo il controllo. Lo sta perdendo dopo anni di asservimento, di cerimonie di corte alle quali era puntualmente messo in ridicolo e lo è ancora oggi, dopo vent’anni – vent’anni! – di asservimento totale e completo a quella donna – ragazzina che un vecchio decrepito gli ha fatto sposare sulla tolda di una nave. Adesso è pericolosamente vicino al punto di rottura. Vent’anni buttati al vento, chi avrebbe pensato che fosse così facile rendere la sua vita un inferno?

Era cominciato tutto con capricci di poco conto, tranquillamente ignorabili. Probabilmente è nervosa, ricordava confusamente di aver pensato Eric. Era così che lei lo aveva fregato.

Per piacere, puoi dire al maggiordomo di mettere meno zucchero nel cappuccino? Oh, questa musica è assolutamente orribile, Sebastian sta decisamente perdendo il suo tocco. Eric caro, mi compreresti quella nuova perla? Da abbinare alla collana di granato rosso, s’intende! Che cosa pensavi, si può sapere! Ah, e voglio anche …

Era diventata imperativa in poco tempo, ma lui aveva subodorato la fregatura troppo tardi. C’erano state le lamentele sul cane, sul maggiordomo, sui fiori marini e terrestri che le regalava in segno di riappacificazione. Il loro rapporto andava disgregandosi, se non velocemente, a ritmo sostenuto.

Affrontando attentamente la questione, Ariel doveva aver preso lezioni contrattuali dalla Strega del Mare prima che lui la infilzasse con il tridente. Quale moglie avrebbe stilato un contratto matrimoniale in cui le righe piccole lo legavano a lei a vita?

C’ è stata la cacciata di Max. Come aveva potuto lasciare che Max venisse spedito lontano dal palazzo, in un qualche lurido canile? Lo stesso cane che aveva salvato dall’incendio della nave e che lo aveva sempre accompagnato. Poi anche James, l’anziano capo dei servitori. Troppo anziano, a sentire Ariel.

Eric adesso è davvero arrabbiato. E ha deciso di ribellarsi.

Ariel non ha ancora finito di parlare. Gli sta riversando addosso insulti su insulti, grida isteriche, recriminazioni.

<< Non  ce la faccio più, ti ho dato Atlantica, ti … >>

<< Ariel, basta. >>

<< … tutto e tu niente, non hai neanche saputo e … >>

<< Basta. >>

<< … are Myde co … >>

<< Basta! >>

<< … si deve, brutto st … >>

<< BASTA !!!!! >>

Ariel arretra sconvolta. << E- Eric, io … >> Ma lui non si ferma ha sopportato troppo. Come lei ha detto più di una volta, per rimprovero, con quel suo tono irritante, ha decisamente sopportato troppo.  << Tu NON hai educato Myde. L’unico che ci ha provato sono stato io, mentre tu te la spassavi con i tuoi amanti sia in terra che in mare. Per te Myde  era solo uno svago. E adesso che va in giro a rubare cuori, adesso che è diventato tutto quello che abbiamo sempre detestato, tu non piangi per lui. Tu sei soltanto preoccupata della tua **** di REPUTAZIONE!!! >>

Silenzio. Eric ansima, sbuffa, riprende fiato. Ariel lo sta fissando con i suoi occhi blu mare, con uno sguardo talmente glaciale che potrebbe sigillare Atlantica sotto un pack.

Si è spinto troppo oltre e lo sa. Ma sa anche che questo momento doveva, prima o poi, arrivare. Lo aveva saputo da quando aveva scoperto che Ariel aveva più di una dozzina di amanti. Eppure aveva voluto pensare che qualcosa fosse ancora a posto. Che si potesse ricominciare. Che concetto stupido.

Ariel lancia un piccolo strillo spezzato e guizza via dalla stanza, infilando la porta aperta con un colpo di pinna. In questo momento, tanto Eric è furiosotristedeluso, le sottili tessiture magiche che gli permettono di respirare sott’acqua potrebbero esplodergli in faccia.

<< Ariel! Fermati! >> La sua voce rimbomba per i corridoi e per i colonnati del palazzo. Eric arresta la sua corsa e si appoggia ad una colonna, ansimando. La sirenetta volteggia sopra di lui, con un cipiglio bizzoso.

Myde era nato dall’unione di un umano e di una sirena. Da Eric aveva ereditato l’aspetto, da Ariel l’eredità della magia innata di manipolazione. Il principe ricorda. Myde sapeva controllare l’acqua con una potenza ed una precisione del tutto fuori dal comune. Era in grado di plasmarla in qualsiasi foggia, di concentrarla così tanto da renderla solida. Forse anche i geni di Re Tritone avevano  fatto la loro parte, trasmettendo al nascituro una parte della magia del Tridente che il sommo lord di Atlantica controllava. Eric non si intende di magia, non è uno dei Signori del mare, il titolo attribuito al popolo che da sempre domina sulle specie marine inferiori, ma sa che il potere di Myde sarebbe dovuto essere controllato in modo corretto. Non con campi di contenimento e limitatori, come aveva voluto, fuori di sé, Ariel. Se Myde fosse cresciuto bene, un giorno avrebbe potuto diventare qualcuno di importante. Un lord, un potente … ma era umano. Myde aveva aspirato da sempre al possesso del Tridente. Aveva un regno e non poteva ottenerlo tutto per sé. Il Trono del mare spettava solo al Popolo del mare, non a un ibrido fra due razze. Ad un umano con la scintilla innata che sarebbe dovuta appartenere unicamente a sirene e tritoni. Forse se n’era andato per quello.

Anche Ariel, come tutte le sirene, possedeva la capacità di usare quel tipo di magia. Gran parte di essa si era manifestata retroattivamente, confluendo nella sua splendida voce. La principessa era in grado di tessere veri e propri universi con le sue meravigliose melodie, o meglio lo sarebbe stata se avesse deciso di applicarsi seriamente almeno al canto. Non lo aveva, ovviamente, fatto. Buffo, o forse non poi tanto, che Myde potesse controllare le sue creazioni tramite il suono emesso da un citar. Aveva tutto della madre, Myde. Quel che aveva avuto dal padre, era stata la sua maledizione.

Comunque, anche la sirenetta poteva usare qualche banale trucco con la magia. Volteggiava beffarda attorno ad Eric, il visetto lacrimoso trasformato in una maschera di disappunto vivente.

<< Ariel … >>

Non lo ascoltò. Non l’aveva mai fatto. Una bolla, che Eric seppe in anticipo essere dura come il granito, slittò verso di lui.

Eric era steso a terra. Percepiva confusamente la presenza di molti tritoni attorno a lui, e la voce di Ariel che strillava. Adesso era acuta e dissonante.

Non seppe mai dove lo portarono; da quel momento la sua vita divenne una nebulosa indefinita.

*

Ebbe solo un unico sprazzo di lucidità. Si trovava in un piccolo spazio chiuso, assieme a sua moglie. Si sentiva la lingua impastata. Cercò di parlare, ma solo quando la sirena gli rispose capì di essere riuscito a parlare davvero.

<< Il contratto a vita? Fossi in te, caro, non mi preoccuperei di questo. >>

Scivolò con grazia impareggiabile fuori dalla cella, e chiuse la porta dietro di sé.

**

Il Keyblade intercettò in volo il primo Heartless, disgregandolo in una manciata di pulviscolo. Sora balzò in avanti, la Catena regale in pugno, e gli Shadow si lanciarono in massa verso di lui.

Il Custode si mosse fluido, intercettando le goffe zampate degli esserini neri con l’elsa della sua arma. Le ombre indietreggiarono frenetiche mentre i loro cuori luminosi, liberati dall’involucro di tenebra, si levavano verso il cielo. Sora mulinò il Keyblade e portò una spazzata verso terra come diretta prosecuzione del gesto, slittando verso l’ultimo Heartless rimasto. Questi emise un gridolino, sollevando le antenne, poi il Keyblade lo falciò con metodica precisione, dissolvendolo.

Era finita. Sora sbuffò, lasciando scomparire la sua arma con uno sprazzo di luce. <>

 << Ahyuck! >> La voce profonda e familiare del Capitano dei Cavalieri reali lo raggiunse da dietro le spalle. << Quello era l’ultimo sopravvissuto. >>

Sora, a quel punto, potè tirare il fiato mentre si voltava verso il compagno. Pippo, allampanato ed esageratamente alto come sempre, contrasse i suoi buffi lineamenti da cane antropomorfo in un sorriso di comprensione mentre legava il suo scudo dietro le spalle. L’uniforme verde, strapiena di tasche dell’amico era spiegazzata, e capello ed occhialoni da pilota ricadevano di sghembo sul lungo naso. Poco più in là, Paperino stava caracollando sulle sue zampe palmate arancioni verso di loro; ovviamente, stava sbraitando d’ irritazione. Il Mago di corte li raggiunse, incurante delle piume biancastre talmente arruffate da far sembrare il suo piccolo corpo tondeggiante un quadrato. L’abito azzurro era strappato in più punti, e lo scettro che il pennuto brandiva era in più parti scalfito e pieno di tacche; anche il becco era cosparso di piccole bruciature.

Osservando i suoi due compagni di viaggio, Sora dovette ammettere che erano davvero malridotti. Da più di sette anni erravano insieme per i mondi, combattendo gli Heartless e portando soccorso a chi era afflitto dalla piaga dell’ombra. Adesso il Custode del Keyblade aveva diciotto anni; gli anni di combattimenti lo avevano reso temprato e irrobustito. I suoi lineamenti si erano induriti, ed avevano da perso da tempo i tratti giovanili.

Lo Shadow che Sora aveva appena ucciso era l’ultimo esponente di una fastidiosa infiltrazione nei pressi della Terra dei Dragoni. In realtà erano poco più che una banda disorganizzata, tuttavia, complice il terreno accidentato ed ideale per gli attacchi improvvisi, erano riusciti a spazzare via due campi dei soldati di frontiera e a minacciare da vicino la Città Imperiale. Sora aveva perso il conto di quante schermaglie simili si erano consumate da quando aveva ottenuto il Keyblade.

<< … dovremmo rimetterci in sesto! >> Paperino terminò la frase, sbuffando rumorosamente.  Il Custode si riscosse dai suoi pensieri. Anche lui aveva riportato delle ferite non gravi, che tuttavia gli dolevano.

<< Il Palazzo reale non ci negherà ospitalità, dopo tutto quello che abbiamo fatto per loro >> Aggiunse pensieroso Pippo. << Che ne dici, Sora, è una buona idea? >>

Il Custode rifletté. Non potevano continuare a combattere ed a lottare in eterno. Potevano prendersi uno o due giorni di riposo. Curarsi le ferite, trovare un Moguri che riparasse le armi e poi ripartire. Di certo, non si sarebbero fermati poi così tanto, no?

Sospirò. << E sia. Cerchiamo di raggiungere per tempo la capitale. >>

Paperino e Pippo esultarono gioiosi.

***

Mal di testa. Stanchezza. Mal di testa.

Sora aveva affondato la faccia in uno dei cuscini, la mente ancora rimbombante del suono dei tamburi e delle trombe. Stava disteso su di un grande letto a baldacchino con cortine di seta, il materasso talmente morbido che era pressoché certo che ci sarebbe annegato.

La Città imperiale, se ne era ricordato troppo tardi, non era il luogo perfetto per ottenere un accoglienza rapida e discreta. L’arrivo del Custode del Keyblade, salvatore dei Mondi, e dei suoi fidi amici, gli Onorevolissimi Pippo e Paperino, aveva richiesto oltre due ore di cerimonie, presentazioni, interminabili protocolli. Adesso che finalmente Sora era disteso sul letto, dovette costringersi a tirarsi su. Prima di dormire doveva curarsi le ferite, e lo imbarazzava lasciare che a farlo fosse una delle cortigiane che l’Imperatore gli aveva messo a completa disposizione. Aveva sempre fatto da solo. Questa volta sarebbe stato uguale.

Scese dal letto a piedi nudi e sobbalzò quando udì bussare alla porta. Dio, chi sarebbe arrivato quella volta?

<< Lord Sora, chiedo umilmente il Vostro munifico perdono! E’ giunta una missiva indirizzata esplicitamente a Voi con grande urgenza, il cui contenuto non mi è dato sapere … >>

Sora aprì la porta bruscamente. Desiderava solo prepararsi un impacco di foglie di Paopu e bambù, e poi dormire. Davanti a lui, quello che sembrava una sorta di scoiattolo troppo cresciuto dai lineamenti orientali si inchinò – almeno la coda gli mancava, notò Sora – e gli porse la lettera. Il Custode ringraziò ed arginò con un cenno della mano gli innumerevoli ossequi che il tizio stava riversandogli addosso. Quando venne bruscamente congedato, troppo per le intenzioni di Sora, il paggio sembrò più che felice. Schizzò via nel corridoio, ciabattando con un’agitazione che Sora trovò amaramente comica.

Gettò un’occhiata alla lettera mentre applicava il suo unguento curativo sulle gambe e sulle braccia.

Ma che … ?

Sora, ti prego. E’ successa una cosa terribile. Ti prego, vieni subito ad Atlantica.

Se non lo farai, non so cosa mi accadrà.

Era firmata semplicemente “Ariel”.

Oh, mer …

****

I turboreattori della gummiship, la tozza navetta di trasporto per i viaggi intergalattici di Sora, ruggirono un’ultima volta prima di spegnersi. La navicella planò lentamente sulla spiaggia, i supporti metallici d’atterraggio sbriciolarono i sassi piegandosi su sé stessi per favorire l’atterraggio.

Sora staccò le mani dai comandi, sforzandosi di non vomitare. Paperino era il dannatissimo pilota, non lui. Ma i suoi due compagni di viaggio avevano avuto la brillantissima idea di avere … una reazione allergica alle fragole? Tutti e due? Probabilmente, considerò scendendo la scaletta della gummiship verso terra, i suoi grandi amici lo avevano fregato. Sora era dolorosamente consapevole di non essere quel che si dice una mente brillante; loro due di certo ne avevano, per una volta, approfittato. D’altro canto, chi avrebbe potuto biasimarli? Loro non erano obbligati a seguirlo se non dal giuramento di Re Topolino, ed il Re era morto molto tempo prima. Sora li aveva trascinati in due settimane di battaglie e scontri all’ultimo sangue contro Heartless e cattivoni locali vari. Forse era giusto che, a questo punto, che la loro lealtà si prendesse una vacanza.

Questo pensiero non gli impedì di imprecare ad alta voce quando, arrivato a terra, la testa iniziò a girargli. Maledizione. Sforzandosi di non vomitare, diede il segnale vocale di stop alla gummiship ed iniziò a risalire l’erta davanti a lui.

Ariel lo aspettava nella grande casa colonica che si ergeva sulla collinetta della spiaggia, un maniero terrazzato ed arredato riccamente che un tempo era stata la dimora di suo marito, Eric. Sora si domandò cosa fosse successo. Ariel era stata esiliata dal mondo marino? Gli Heartless avevano sterminato il popolo marino e lei era l’unica sopravvissuta? Una morsa d’angoscia gli strinse il cuore. Non essere ridicolo, si impose mentalmente. Respirò. Perché diamine era così nervoso?

Prese coraggio e, raggiunto il portone della villa, bussò.

*****

Toc. Toc.

Appena i battenti del portone ebbero risuonato, il cuore balzò in gola a Sora. Ariel. Che cosa poteva esserle successo? Si sentiva nervoso, e per qualche ragione desiderò che non fosse Eric ad aprire. Ma … stupido, stupido, dannato stupido, esplose fra sé e sé. Che cosa stava pensando di …

La porta si spalancò, e Sora dovette richiudere la bocca.

Ariel era bellissima, ancora più bella di come la ricordava quando era poco più di una bambina. Avanzò composta verso di lui, il viso serio, come a lutto. Era nella sua forma umana, rilevò Sora, ma questo non la rendeva meno meravigliosa. Un ampio vestito le copriva il corpo, insolitamente sobrio. Ariel era sempre stata una donna appariscente. Piccoli orli azzurri si intravedevano fra le maniche a sbuffo, simili a tante piccole lacrime. I capelli rossi erano lucenti, pettinati in una coda di cavallo che le ricadeva fin sulle spalle nude.

E, d’un tratto, Sora credette di sapere cosa fare. La raggiunse, e le prese le mani.

<< Ariel, che cosa è successo. Sono … sono venuto appena ho potuto. Come stai? >>

I grandi occhi azzurri della principessa si spalancarono e Sora vi colse contentezza, ma anche mestizia. << Ariel >> Ripeté, più deciso << che cosa è successo? >>

La sirena in forma umana si avvicinò ancora. Sora poteva sentire il suo profumo sulla pelle.

<< E- Eric se n’è andato. Qualche giorno fa. Mi ha- mi ha lasciato, ed io … >> La sua voce si fece tremante, e lacrime simili a zaffiri spuntarono nei suoi occhi che avrebbero potuto annegare anime.

In quel momento, Sora non pensò che nessun pericolo imminente minacciava Atlantica, che nessun Heartless era spuntato nemmeno a pagarlo, che aveva lasciato il suo breve e meritatissimo periodo di riposo per quello che molti avrebbero giudicato un falso allarme.

Non pensò nulla di tutto questo. Invece, la abbracciò stretta e si fece condurre, in silenzio, nella casa.

******

Erano seduti su un divano, sulla terrazza più grande della villa intera. Un divano in una terrazza? Sora non ebbe tempo per simili interrogativi. Portò un po’ del vino alle labbra, mentre ascoltava la voce spezzata della sirena raccontare quello che era successo.

Aveva già dimenticato la chiamata fin tropo brusca. Ora, era capace solo di ascoltare.

Ascoltò e sentì tutto. Sentì del suo rapporto con Eric, di come lui bevesse fin troppo. Incredulo e scandalizzato la ascoltò parlargli delle sue amanti, dei suoi affari sottobanco con alcuni tritoni infidi, delle sue giornate intere passate in bettole e bordelli. Quando arrivò a Myde, raccontandogli con voce incrinata come Eric avesse lasciato che fuggisse dal palazzo reale e lo avesse incitato a non dire nulla a sua madre, Sora spezzò il bicchiere in due.

<< Bastardo >> Mormorò, prima di rendersene conto. Ariel lo osservò con espressione spaesata, e Sora si rese conto con orrore di aver distrutto uno dei bicchieri del servizio buono. <> Idiota! Idiota! Idiota!

<< Non preoccuparti >> sussurrò la sirena, avvicinandosi a lui e premendosi contro il suo fianco. << Lui … mi ha lasciata, per fortuna. >>

Sora non sapeva cosa fosse più forte, se le emozioni contrastanti che Ariel gli provocava o la furia ed il ribrezzo che provava nei confronti di Eric, quel giovane gentiluomo che si era dimostrato un ubriacone irresponsabile e malvagio. Prima che se ne rendesse conto, aprì la bocca e gli diede fiato.

<< Eric ha perso un tesoro, Ariel. >> Inorridì. Lo aveva detto davvero? La vista cominciava ad annebbiarglisi. Aveva bevuto pochissimo vino, smettendo non appena Ariel gli aveva parlato dell’alcolismo di Eric. Le palpebre diventarono pesanti. Mentre la sua mente cosciente sprofondava chissà dove, senti Ariel dirgli che andava … tutto … bene ….

*******

La prima cosa che emerse dal bianco fu altro bianco, quello delle lenzuola. Un piccolo, minuscolo frammento di coscienza ritornò alla sua mente.

Che … cosa …

Passarono diversi minuti prima che il suo cervello riuscisse ad elaborare un pensiero coerente, e con esso l’ordine di muoversi. Sora stiracchiò le gambe. Il battito ritmico del suo cuore gli rimbombava nelle orecchie. Si sentiva intorpidito, i piedi gli formicolavano. Era come se non avesse più del tutto il controllo di sé.

Soffocando uno sbadiglio si girò, confusamente.

Oh mio – !!!!

Ariel era distesa accanto a lui, coperta da niente altro che le lenzuola bianche.

Il cuore di Sora perse un battito. Con orrore, senza neanche respirare, il Custode si ritrasse come se avesse visto un serpente a sonagli. NO! NO, NO, NO!

Idiota, stava sussurrandogli una vocina insistente in testa. Freneticamente Sora spalancò gli archivi della sua memoria. Non poteva essere! Che cosa avevano …

Insomma, la risposta era ovvia.

Ma nella sua mente c’era solo il bianco, quello dell’incoscienza. Troppo idiota per ricordare qualcosa . Troppo idiota e troppo ubriaco. La vocina continuava a martellargli in testa.

Impietosa.

Assillante.

<> Ululò Sora, e si precipitò fuori dalla stanza.

Si fiondò giù dalle scale con il rischio di spezzarsi il collo, scansando sedie e vasi ingombranti. Un rumore di cocci risuonò alle sue spalle. Sora si ficcò le mani fra i capelli, e fuggì verso la gummiship.

********

Il volto di Riku, sgranato dal megaschermo ovale della sala video della gummiship, si spalancò in un’espressione di sorpresa. Sora riprese fiato, esausto. La porta d’ingresso della gummiship era sbarrata da un lucchetto e da una grossa spranga di ferro. Sembrava appena uscito da un incubo il Custode, i capelli sporchi e spettinati, la faccia stravolta in una smorfia di orroredisgustospaventoterrore. Sul megaschermo, il viso di Riku sembrava un identica copia di quello di Sora.

<< Ti sei risvegliato. >> Riku sembrava star saggiando le parole. << Nel suo letto. >> << E … >>

<< SI! >> Esplose Sora, allargando le braccia. << Lo abbiamo fatto, ti rendi conto? Lo abbiamo … >>

Sora si sarebbe aspettato quasi tutte le reazioni possibili. Stupore, spavento, freddezza, irritazione, terrore. Ma non fu assolutamente preparato quando Riku scoppiò in una risata clamorosa.

<< Senza Paperino e Pippo a farti da balia ti cacci in guai grossi, eh? >> Sora boccheggiò. Bastardo! << Ti ho chiesto di darmi un consiglio, **** ! Che devo fare?!? >>

Era esausto. Lui, il Custode del Keyblade, il salvatore dei mondi, era in crisi a causa di una notte con una sirenetta. << Riku … ti prego. >> Era incredulo. Era … era sull’ orlo del pianto, dio! Come poteva lui, Sora, sentirsi così?

Anche Riku, a giudicare dalla faccia sgranata che lo osservava dallo schermo, sembrava piuttosto sorpreso.

<< OK Sora, OK. >> Quelle parole furono come nettare per lui. Riku aveva di sicuro avuto a che fare con le donne in quella maniera, prima di quel momento! Lui lo avrebbe potuto aiutare …

<< Resta calmo, Sora. Resta – calmo. >> Quasi come se l’amico fosse un esperto psicoterapeuta, Sora prese un gran respiro tendendo le braccia in basso.

<< Ariel era sconvolta, a quanto mi dici. Tu, Sora, hai fatto la cosa peggiore che potessi fare. Insomma, sapevo che eri ottuso, ma non TALMENTE TANTO! >> Sora era come inchiodato sulla poltrona da cui osservava lo schermo.

<< Tu gli hai dato una speranza, e poi l’hai abbandonata. Aveva bisogno di conforto, tu le hai offerto una nottata e … sarai stato come Eric, ai suoi occhi. L’hai abbandonata. Ancora. >>

Schiacciò il tasto destro del telecomando prima di rendersene conto. Riku aprì la bocca, e lo schermo divenne nero.

Sei come Eric. L’hai illusa. L’hai ingannata.

Doveva tornare da lei.

Ariel!

Non pensò a quello che faceva. Squarciò la porta e i suoi cardini con un lampo, evocando il Keyblade con intensità quasi dolorosa. Si fece strada tra i frammenti di lucchetti, catene e sbarre; balzò sulla sabbia della terraferma, perse l’equilibrio, cadde.

Ariel!

Si rialzò, inzaccherato fino al midollo. Barcollò e si lanciò verso la villa, con la velocità massima che poteva sostenere.

Oh Dio, Ariel, aspettami!

*********

<< SORA !!!! >>

La voce lacera l’aria. IL Custode si arresta, mentre il Keyblade si smaterializza dal suo palmo.

Ariel.

Adesso il profumo di lei, la sua voce, il suo corpo, invade tutti i pensieri di Sora. La vede precipitarsi giù verso di lui. Sorride di speranza, l’abito strappato in più punti.

Si raggiungono e si abbracciano al centro esatto della spiaggia, e Sora non ha il tempo di pensare all’assurdità dell’intera situazione, dalla nottata di sesso a questo. Gli sembra di trovarsi dentro un telefilm di seconda mano, eppure si ritrova a stringere Ariel con tutta la sua forza, premendo la bocca contro la sua.

Quando si staccano, lei lo guarda intensamente.

<< Ho avuto paura che tu avessi fatto come lui. >>

Lo guarda. Lo guarda, e non c’è nessun bisogno di specificare chi sia questo lui.

<< Non lo avrei mai fatto >> sussurra Sora, con voce roca. E’ completamente sedotto, incantato. << Io ti amo, Ariel. >> Ecco. L’ha detto. Non si rende conto che forse quella è solo attrazione fisica, che una notte di sesso (lo avranno davvero fatto, poi?) non basta per legarsi ad una persona.

Tristemente, se ne rende conto quando è troppo tardi.

<< Sora … vuoi sposarmi? >>

Oh, ca …

Non è stata una reazione volontaria, spingerla via da sé.  Ora è Sora a fissare sconvolto la sirena. Finalmente, l’inverosimiglianza della situazione gli entrata in testa, a suon di martellate parrebbe.

Ariel indietreggia oltraggiata. << Sora. >> Il tono è più freddo, duro. Il giovane aggrotta la fronte. << Vuoi – sposarmi? >>

Ora sì che, Sora è certo, la sua voce ha assunto un tono pericolosamente minaccioso e metallico.

Rifletti, dannazione. Rifletti, rifletti, rifletti …

Nella mente del Custode, un lampo squarcia le tenebre. C’ è una possibilità! Assume quella che dovrebbe sembrare un’aria piuttosto adulta, e superiore a tutto.

<< Ariel, >> incomincia, misurando bene le parole << una notte di sesso non basta per decidere di andare all’altare. So che sei ancora sconvolta per quello che ti ha fatto Eric, ma … >>

Esasperata, la sirena scuote la testa. Incredulo, Sora la sente imprecare oscenamente, come probabilmente nemmeno quell’Eric avrebbe mai fatto.

<< Pensavo che sarebbe bastato chiamarti per farti cadere fra le mie braccia. >> Mormora con tono leggermente isterico. Respira troppo velocemente. << Ma tu dovevi fare il pesce lesso, vero? >> Scuote la chioma rossa. << Ho drogato il tuo vino, mi sono spogliata e mi sono messa a letto accanto a te. Ma questo NON poteva ancora bastarti, vero? TU, SORA, mi sposerai e rimpiazzerai ERIC!!!! >>

Sora è sconvolto, ma almeno ha recuperato un pizzico di lucidità. <>

Sul bel visetto della sirena si fa strada un sorriso molto simile ad un sogghigno. Le onde del mare lambiscono la spiaggia e si increspano; spruzzi di spuma schizzano in alto nel cielo.

Sora vede avanzare quello che inequivocabilmente è un tritone in forma umana in mezzo alle onde. Poi ne sorgono altri due dalle acque. Tre. Quattro. Una moltitudine di tritoni che avanzano sulla spiaggia, lance, spade e gladi in mano.

<< Allora, Sora? Ci hai ripensato? >>

Sora guarda Ariel, e capisce che l’addio al celibato non sarà proprio come se lo è immaginato.

  
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