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Autore: MartaPanseri95    22/02/2014    6 recensioni
In quel momento capii più di ogni altra cosa che ciò che desideravo era averlo accanto, non mi importava che un giorno o l'altro lui se ne sarebbe andato, non mi importava sapere che era folle desiderarlo. Io lo volevo in quel momento. Lo volevo lì con me. Io desideravo lo spadaccino più abile al mondo, Zoro.
Genere: Azione, Erotico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Monkey D. Rufy, Nami, Nico Robin, Roronoa Zoro, Un po' tutti | Coppie: Nami/Zoro
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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La mattina seguente venni svegliata dal calore dei raggi del sole sul mio viso. Fu qualcosa di dolce e rilassante, aprii debolmente gli occhi ancora assonnati per cercare Robin, squadrai la stanza con gli occhi semiaperti. Non riuscivo a vederla.
Sospirai stiracchiandomi, quando mi alzai dalla branda percepii subito un brivido freddo corrermi lungo la schiena, le assi di legno erano fredde e ciò provocò in me l’immediato senso di gelo. Andai verso lo specchio più grande della stanza. Giocherellai con alcune ciocche di capelli mentre, intenta a dondolarmi davanti allo specchio guardavo la mia figura riflettersi. Il mio corpo era molto più femminile e adulto per certi versi.
Mi morsi il labbro senza nemmeno rendermene conto, era forse diventato un mio personale  sintomo d’ansia? Mi guardai dall’alto al basso, come si fa solitamente quando cerchi di trovare qualcosa di sbagliato, con sguardo critico. I capelli erano notevolmente aumentati in lunghezza, le ciocche erano più mosse e quel colore pescato li rendeva ancora più particolari. Più belli forse. Li raccolsi in una mano sollevandoli, qualche ciuffo cadde lungo il viso rendendo ancora più visibile la sua forma lievemente paffuta e all’apparenza morbida. Scossi la testa e i capelli caddero come una cascata, libera e indomabile. – Lasciali sciolti. Così non ti donano affatto! – Prego che qualcuno uccida quella vocina interiore un giorno, ogni volta è pronta a punzecchiarmi. Nonostante fosse fastidiosa, aveva ragione, legare i capelli non si sarebbe rivelata l’idea migliore.
Mi guardai in viso cercando di osservare ogni minimo centimetro della mia pelle, sorrisi, subito vidi formarsi delle piccole fossette ai lati delle labbra che non avevo mai notato prima d’ora. Anche la mia pelle era cambiata, era liscia e pareva setosa quasi. In quel momento venni assorbita da un vortice di ricordi, pochi anni fa’ avrei dannato il mio viso assieme alle conseguenze dell’adolescenza se mi fossi guardata allo specchio. Più di una volta cercavo di coprirmi il volto e le zone maggiormente arrossate con veli o cerotti, le spacciavo per ‘ferite da combattimento’ che nessuno vedeva mai una volta tolti i cerotti. Non rimpiangevo quei momenti di terrore quando sul mio viso compariva anche solo un minimo colorito rosso. Era snervante alzarsi dal letto con la paura di cosa potesse esserci quel giorno sul mio volto.
Una mano scorse lungo tutta la linea del mio corpo, centimetro dopo centimetro potei osservare come il tempo mi aveva cambiata. Le mie spalle, il mio bacino, persino il mio seno era cambiato. Mi sentivo per la prima volta cresciuta, il corpo giovane e acerbo era sparito e lasciava spazio ad un corpo più femminile e aggraziato. Le gambe longilinee erano diventate forse il mio punto di forza. Infilai i soliti jeans per poi sistemarmi il costume a tratti verde e bianco. Ero pronta per uscire. 
Solcai la soglia della porta dirigendomi verso il ponte, passai davanti alla stanza dei ragazzi. Era socchiusa. Mi fermai fissando per qualche secondo la porta della loro stanza – Dopotutto cosa vuoi che sia sbirciare un po’, loro lo fanno di continuo! – Pensai. Mi avvicinai alla porta, quella fessura tra la porta e lo stipite fu abbastanza larga per poter vedere cosa ci fosse all’interno della stanza. A differenza nostra, la loro stanza era arredata con letti a castello, era tutto completamente in disordine, sembrava di vedere il campo di battaglia della biancheria. Girai lo sguardo un po’ a destra e un po’ a sinistra – Dunque è qui che dormono e parlano – Non che non avessi mai visto dove dormissero, ma dopo due anni cambiò tutto. Persi come il ricordo della loro stanza. Affisse ad una parete vi erano i volantini con le taglie di ognuno di loro – Egocentrici – Pensai. Non vidi quella di Sanji però, che si vergognasse della sua foto? Gli armadietti posti contro il muro erano di color indaco e si vedeva quanto potessero essere vecchi. Tra i tanti oggetti che vidi, catturarono la mia attenzione tre spade. Quando capii di chi fossero intuii anche che probabilmente doveva trovarsi ancora in camera, non avrebbe mai lasciato le sue spade incustodite. 
Aspettai qualche secondo.
Dei passi. Sentii chiaramente dei passi provenire dalla camera, fissai senza vedere nessuno, il cuore mi batteva all’impazzata e stavo per essere scoperta se non avessi fatto più piano con la porta. Trattenni il sospiro che avevo intenzione di esalare, fu inevitabile in quel momento. La figura maschile di quel ragazzo prestante che la sera prima mi aveva fatta sussultare era intenta ad asciugarsi i capelli. Quell’aitante ragazzo a torso nudo mi lasciò a bocca aperta, si passava uno straccio fra i capelli muovendoli fortemente per asciugarli, il suo corpo era qualcosa che prima d’ora non avevo mai visto. La forma della schiena, così ben muscolata  e le spalle larghe estremamente forti, segno di virilità, donavano una forma perfetta anche alla sua vita stretta, non riuscii a non guardare come quegl’addominali regnavano su quel corpo così perfetto. Fu immediata la vista di due righe, se così si possono chiamare, che scendevano fin sotto i pantaloni creando una sorta di ‘v’. 
- Si chiamano addominali Nami! – Non era certo la prima volta che vedevo degli addominali, ma qualcosa in lui aveva catturato la mia attenzione. 
Vedevo le goccioline intrappolate tra i suoi capelli verdi, i suoi occhi chiusi e ancora assonnati forse non lo aiutavano molto in quel momento. Lo vedevo appisolarsi per poi scuotere la testa e ritornare a massaggiarsi il capo con lo straccio. Mi lasciai scappare un ghigno divertito, quando guardai verso di lui di nuovo mi accorsi che la sua attenzione era spostata verso di me e che molto probabilmente nell’arco di nemmeno un secondo me lo sarei ritrovato davanti. Rimasi abbagliata, prima era di profilo e nonostante fosse messo in quella posizione notai ogni piccola sfaccettatura del suo fisico. Ma ora, ora era davanti a me, e lui era bellissimo.
Chiusi subito la porta e corsi su per le scale il più in fretta possibile. Quando il sole picchiò sul mio viso capii che era sul ponte, lontana da lui.
“Nami, che fine avevi fatto?” La voce squillante e pronta di Rufy mi riportò con i piedi per terra.
Balbettai qualcosa e poi parlai “Ero a letto. Robin non mi ha svegliata”.
“Preparati perché stiamo per attraccare su quell’isola laggiù!” Indicò in direzione della polena una piccola isoletta, non era molto grande me forse ci sarebbe servita per cercare qualcosa di speciale. “La rotta per l’isola degli uomini pesce è dura da affrontare e non abbiamo né cibo né acqua a sufficienza per poter sostenere un viaggio così lungo.” Concluse. Cibo e acqua, ecco svelata l’utilità di quell’isola.
“Fra quanto dovremmo arrivare?” Domandai. 
“Secondo Franky, nemmeno un’ora!” Rispose. Saltò verso di me e in men che non si dica lo ritrovai al mio fianco, il suo solito cappello di paglia si muoveva spinto dalla forza del vento, lo teneva saldo con una mano mentre l’altra si appoggiava alla vita. Dopotutto quello era il suo tesoro, e non avrebbe permesso a nessuno di portarglielo via. 
I capelli cinerei danzavano nel vento assieme alla casacca rosso che lasciava scoperto il torso. Chopper e Usopp erano come incantati dalle onde del mare, erano seduti sopra una delle assi di legno e contemplavano il dolce mare che da tempo gli era mancato. Brook stuzzicava le corde della sua chitarra aggiungendosi al rumore delle onde che impetuose si infrangevano lungo tutta la nave. Era un momento rasserenante, quasi familiare.
Sentii il rumore della porta aprirsi dietro di me. “Zoro! Buongiorno, hai fatto tardi anche tu oggi vedo!” Esclamò Rufy girandosi di scatto verso l’amico. 
“Perché? Di solito non è Nami l’ultima ad alzarsi?” Esclamò appoggiandosi allo stipite della porta.
- Rufy ti prego. Taci non dir niente. – Pensai stringendo i pugni. 
“Nami è salita qualche secondo prima che tu arrivassi.” Esclamò ridendo. Prima o poi l’avrei certamente buttato a mare. Ammutinamento al capitano, tradimento verso la ciurma, ogni cosa mi sarebbe andata bene. 
Mi voltai cercando lo sguardo di Zoro, un lieve sorriso percorse il suo viso, inarcò un sopracciglio e con una leggera spinta si  staccò dallo stipite avvicinandosi. Percorse quei pochi metri in un attimo, non me ne accorsi nemmeno, la sua presenza costeggiava la mia.
“Sicuramente deve essersi trattato di un buon risveglio il tuo.” Esclamò con tono provocante.
“Cosa te lo fa credere?” Risposta secca, concisa e ad’effetto. Vediamo se ora avesse avuto da ridire.
“Sai…Se fossi rimasta per qualche altro secondo mi avresti visto completamente…”
“Zitto!” Alzai il dito puntandolo in aria come intermediario tra me e lui. “Non un’altra parola!” Scandii bene quelle parole affinché capisse quanto potesse essere imbarazzante per me parlare del fatto che l’avessi spiato, e quanto mi importasse che gli altri non lo sapessero. Era palese il fatto che avesse capito che fossi stata io a spiarlo.
Mentre si accingeva verso la polena, Zoro mi rivolse una piccola occhiata, mi osservò da capo a piedi senza distogliere lo sguardo. Quando si rigirò era già arrivato verso il timone della nave.
Tirai un sospiro di sollievo incamminandomi verso l’altalena dove era solita stare Robin. La ritrovai ferma con un libro in mano e l’attenzione completamente incentrata sul libro.
“Ehi Robin. Perché non mi hai svegliata?” Ruppi la concentrazione di quel momento, Robin mi rivolse un flebile sorriso. “Dormivi così beatamente!” Rispose. Come si poteva pensare di poter essere in collera con una donna così? Robin era come una sorella, l’unica che su quella nave ascoltava i miei problemi e i miei pensieri come solo una ragazza sapeva fare. Mi sedetti sull’altalena a fianco. 
“Come mai ieri hai fatto tardi?” Mi domandò senza nemmeno staccare lo sguardo dal libro.
“C-come?” Balbettai ansiosa. E subito mi morsi il labbro.
“Ieri sei uscita nel bel mezzo della notte e sei tornata dopo un bel po’ che eri fuori.” Sfogliò una pagina del libro.
“Ero andata a vedere le stelle. Era da tanto che non le guardavo.” Risposi aggrappandomi alle catene dell’altalena.
“Capisco. Ti sei schiarita le idee? Sembravi agitata ieri notte.” Esclamò chiudendo il libro e riportando lo sguardo su di me. 
Accennai un ‘sì’ con la testa rivolgendo lo sguardo a terra. Non potevo certo raccontarle di Zoro e men che meno della nostra conversazione. 
Mi dondolai leggermente spingendomi con i piedi, ogni movimento che facevo mi rievocava lui. Il suo profumo, i suoi capelli, le sue mani e il suo respiro. In quel momento mi accorsi che qualcosa sarebbe cambiato da quel momento in poi.
Rimasi a parlare con Robin per una buona mezz’ora. Parlammo di quanto ci fosse mancata la vita sulla nave, di come tutto fosse cambiato e del fatto che anche le cose più banali, una volta lontane, ci facessero ridere. Risi, come da tempo non mi capitava di ridere, Robin era la miglior compagna che si potesse avere. Era disponibile ed estremamente amichevole.
Si alzò per andare a vedere quanto mancasse per l’isola e inevitabilmente mi accorsi di come non solo io, ma anche lei fosse cambiata. I capelli lisci e neri le donavano un’aria misteriosa e agghiacciante, i suoi occhi colorati della stessa intensità del ghiaccio erano qualcosa di magnifico. 
Il colletto del corsetto blu leggermente scollato risaltava il colore dei suoi occhi, la pancia piatta e i fianchi stretti le donavano le sembianze di una dea. 
Si appoggiò alla balaustra sospirando, non avevo ancora avuto modo di chiederle dove avesse passato quei due anni di separazione. Il suo sguardo era sereno e rilassato, fisso sulle onde del mare. Le avrei posto la domanda in un altro momento.
Quando le coste dell’isola divennero sempre più definite e solo quando fu possibile attraccare, Rufy ci chiamò all’ordine sul ponte.
“Abbiamo bisogno di provviste, molte provviste. Il viaggio sarà uno dei più duri da affrontare, per questo motivo abbiamo bisogno di tutto l’occorrente. Armi, cibi, bevande e medicine. Questo è ciò che ci serve!” Esclamò una volta che Franky diede l’approvazione per poter scendere. “Ci divideremo in gruppi di due persone. Franky rimarrà a difesa della nave. Robin e Chopper faranno scorta di medicine, Brook e Usopp si occuperanno delle armi, Nami e Zoro delle bevande ed infine io e Sanji del cibo. La partenza è prevista nel momento in cui ogni membro è sulla nave, se ci dovessero essere dei problemi ricordate che la priorità è quella di fare rifornimento, per cui, non rispondete al fuoco con il fuoco e tornate alla nave in ogni caso. Sono stato abbastanza chiaro?” Esclamò serio. 
- Io e Zoro. Cos’è? Uno scherzo? – Non era possibile che mi avessero accoppiata a Zoro! Era assurdo dopo tutto quello che era successo poter pensare di passare un’intera giornata con lui alla ricerca di bevande, di qualunque genere esse si trattassero. 
Scesi dalla nave ci dividemmo come Rufy aveva prestabilito, ci incamminammo verso Nord cercando di arrivare il prima possibile al primo villaggio dell’isola. 
Zoro con passo repentino lasciava sempre tra me e lui almeno tre metri di distanza, lo seguivo da dietro mentre cercavo in tutti i modi un possibile argomento di cui poter parlare. Si sentiva soltanto il rumore dei passi contro il suolo, niente più. Non una parola. La situazione era imbarazzante e scomoda, non mi era mai capitato di non riuscire a parlare con un membro della mia stessa ciurma. 
Solo dopo un’ora di cammino iniziammo a scorgere le prime forme di abitazione, si trattava di un paese non particolarmente prosperoso, ma abbastanza ricco per le esigenze che chiedevamo.
Le strade brulicavano di vita, il brusio della gente che parlava e le urla dei bambini che giocavano per strada rendevano ancora più allegra quella cittadella. 
Quando il verde si fermò andai a sbattere contro la sua schiena. Arrossii abbassando lo sguardo, non guardai verso di lui per paura della sua reazione, sentii un ghigno soffocato farsi spazio sulle sue labbra. 
Entrammo in una locanda, abbastanza grande da poter contenere un centinaio di pirati circa. 
“Voi siete della ciurma di Cappello di Paglia!” Esclamò l’uomo dietro il bancone lasciandosi cadere il boccale di birra dalle mani. Tutti i presenti nella sala si girarono, non avevo mai avuto così tanti occhi puntati addosso, Zoro sembrava tranquillo, quasi spavaldo. Cercai in qualche modo di emulare il suo comportamento, se per qualche ragione fossi stata un peso per lui non me lo sarei mai perdonata. 
“Quanto riconoscimento…Ci servono delle bevande, nulla di più.” Il verde si avvicinò al bancone rallentando il passo. 
Ogni persona presente in sala si girava a parlare o sussurrare qualcosa. Hai visto? Sono ancora vivi. Tutti quanti. Guarda, quello è Zoro il cacciatore di pirati. La sua taglia è così alta da poter rientrare nelle supernove. 
Il loro brusio era sempre più insistente. I calici venivano buttati a terra e la gente senza farsi troppo notare usciva di soppiatto. Possibile che facesse così tanta paura? 
“Di un po’, hai da bere?” Domandò il pirata appoggiandosi al bancone.
“C-certo. Cosa volete? Cento, duecento boccali. Posso darvene quanti ve ne servono!” 
“Calmati amico. Veniamo in pace.” Gesticolò qualcosa con la mano sorridendo verso il proprietario della locanda. 
Passammo ancora un’intera ora per poter prendere tutto quello di cui avevamo bisogno e andarcene per ritornare alla nave. 
Non ci volle molto per capire che qualcosa era cambiato nel villaggio. Gli abitanti si rinchiusero nelle case lasciando le strade completamente deserte, ogni locanda si chiudeva dopo il nostro passaggio e ogni bambino veniva portato via.
“Qualcosa non va?” Domandò Zoro voltandosi completamente verso di me.
“Non hai come l’impressione che ci sia qualcosa che non vada?” Risposi. Guardai da una parte all’altra della cittadella cercando di scrutare il minimo movimento strano, ma nulla. Era completamente deserta.
“Muoviamoci ad arrivare alla nave. Gli altri saranno già arrivati!” Concluse continuando a camminare.
Camminammo nella direzione opposta dalla quale eravamo venuti, Zoro capeggiava la spedizione e io, come al solito lo seguivo. 
La lieve e dolce brezza di mare che si iniziava a sentire mi fece capire che eravamo quasi arrivati, i passi erano sempre più pesanti e la voglia di ritornare sulla nave si faceva sentire. 
Attraversammo il melo che prima avevo visto e segnato come punto di riferimento, era il segno che non ci eravamo persi come di solito succedeva se si seguiva Zoro. Le fronde degli alberi si muovevano intonando un fruscio quasi sensuale e soporifero. Era una delizia stare a guardare la natura terrena così da vicino.
La figura imponente e mascolina del pirata si fermò tutto d’un tratto. Portò un braccio davanti al mio bacino facendomi segno di fermarmi. La sua mano corse lungo la fodera della spada, c’era per ragione di cose qualcosa che non andava se Zoro decideva di ricorrere all’attacco con le spade.
Estrassi le tre parti del Clima Sansekutson in attesa di capire cosa non andasse. La mia risposta arrivò assieme ad una freccia scagliata da dietro un cespuglio.
Uscirono cinque uomini, tutti marines, armati di spade e frecce. 
“Bene bene vediamo chi abbiamo qui.” Un sesto uomo si fece avanti avanzando sugli altri, doveva trattarsi di qualche comandante mandato apposta dalla Marina, ma come facevano a sapere che eravamo attraccati su quell’isola?
“Il grande cacciatore di pirati Zoro e la bella piratessa Nami. Che gran giorno per la marina!” Esclamò battendo le mani l’uomo al comando. “E’ un peccato che non possiate salutare i vostri compagni. Chissà, magari vi ritroverete nella stessa cella un giorno. Prendeteli!” L’urlò fu il segnale d’inizio per lo scontro. 
Tre uomini con le spade alle mani iniziarono la loro furiosa corsa verso di me, schivai il primo fendente, il secondo arrivò subito dopo pochi secondi e riuscii a bloccarlo miracolosamente usando una delle tre parti del Clima, il terzo uomo essendo libero colse l’occasione e sfrecciando verso di me si preparò a sferrare il colpo. Chiusi gli occhi, sentii quasi come un soffio caldo sfiorarmi il collo. Quando riaprii gli occhi vidi del sangue colarmi lungo il petto, la lama affilata del pugnale mi aveva tagliata, non era andata in profondità ma aveva comunque toccato e lacerato parte della pelle. Guardai il marines davanti a me e capii per quale motivo non era riuscito a ferirmi più duramente. Una spada nera lo trapassava da parte a parte lasciandolo inerme e solo di fronte al suo destino.
“E’ una donna. Come ti è venuto in mente di colpirla?” Esclamò avvicinandosi all’orecchio del marines. Estrasse la spada lasciando cadere il corpo dell’uomo al suolo. 
Presi tra le mani il Clima puntandolo nella direzione dei miei avversari. “Black Ball: Thundercloud Rod!” Una nuvola nera come la pece uscii dal bastone, la utilizzai come lazzo e ogni volta che entrava in contatto con la carne viva di uno dei pirati questa rilasciava una potente scarica elettrica così forte da essere mortale. Il mio piano aveva funzionato, era bastato che si avvicinassero tutti e tre abbastanza da poterli attaccare, il potere di quell’attacco aveva un raggio minimo e andava sfruttato. Certo mi era costato un taglio lungo il collo, ma in quel modo tre marines erano fuori combattimento. 
Alzai lo sguardo verso Zoro, lui mi sorrise. Misi a posto il Clima e guardai nuovamente verso gli altri marines restanti. Era rimasto solo il comandante, a terra, tremante di paura. Non passò molto che questi si alzò pronto a correre verso la salvezza.
Zoro si avvicinò a me per poi abbassarsi su di me con aria interrogativa.
“Smettila di fissarmi così, sto bene. Non è nulla!” Esclamai rivolgendo lo sguardo altrove. Poggiai una mano sul collo, il sangue non smetteva di fluire. 
Il pirata avvicinò le sue dita sul mio collo, il suo tocco delicato mi fece capire quanto gli facesse paura toccarmi la ferita. Tremava. Come poteva tremare? 
“Forza torniamo alla nave!” Esortò lui alzandosi velocemente. Feci leva sulle gambe per alzarmi, ma qualcosa non funzionò, mi mancarono le forze e inevitabilmente caddi a terra.
Zoro urlò il mio nome avvicinandosi immediatamente. Subito mi si presentò l’idea che quel pugnale potesse essere avvelenato. 
“Controlla il pugnale!” Dissi bloccandomi con una mano la ferita sul collo.
“Sono sporchi. Dannazione! Erano intrisi di veleno!” Imprecò scagliando contro un albero il pugnale. 
Mi sentii sollevare da terra. In men che non si dica mi ritrovai abbracciata a lui come fossi un koala. Le sue braccia mi sostenevano da sotto e il suo viso era praticamente distanziato di poco dal mio. Il suo respiro era sempre più provocante, azionava in me un qualcosa di mai provato prima. Incrociai le braccia dietro la sua testa sospirando affannosamente a causa della ferita.
Le sue labbra si appoggiarono al mio collo con delicatezza, lo sentii succhiare sulla ferita e questo provocò in me un brivido così irrefrenabile da farmi accapponare la pelle.
“Z-zoro…” Esclamai balbettando.
Staccò le labbra lievemente. “Non ti sto facendo del male, sto cercando di succhiare via il veleno.” La sua voce calda e armoniosa mi tranquillizzò, appoggiò le labbra e riprese nel suo intento. 
Ebbi un sussulto quando sentii la sua lingua giocherellare sulla mia pelle. “Non ti agitare Nami. Non mordo.” Esclamò stringendomi a sé. “Non ancora.” Aggiunse una volta avvicinatosi all’orecchio. 

Era ormai il tramonto e nonostante mi sentissi meglio e in grado di poter camminare da sola, Zoro non volle sentire scuse. Mi prese sulle spalle e si incamminò verso la nave oramai ben visibile. I suoi capelli erano morbidi e il loro profumo era inebriante come pochi. Incrociai le braccia al collo e la stretta delle sue braccia si fece sentire sulle mie gambe. Il colore aranciato del mare e il sole quasi tramontato erano tutto ciò che di più dolce si poteva vedere. 
Passo dopo passo ci avvicinavamo sempre di più alla nave. 
“Mi piacciono le tue dita.” Esclamò rompendo il silenzio che si era creato. 
“G-grazie!” Non potevo credere alla mie orecchie, non lo vedevo in viso ma se lo avessi visto sarei stata sicura del suo visibile rossore. Rimasi piacevolmente lusingata dal suo complimento. Per ringraziarlo del complimento iniziai a disegnare, con la punta delle dita, dei piccoli cerchi sul suo petto. Lo sentii ridere debolmente. 
“Ci sono altre cose che mi piacciono…” Esclamò voltando la testa verso di me. Mi ritrovai a pochi centimetri dalle sue labbra. I nostri sguardi di incrociarono quasi se fossero magnetizzati. 
“Se te le dicessi, non credo che poi riuscirei a fermarmi.” Concluse voltandosi e continuando a camminare. Sentii spontaneo il bisogno di stringerlo a me, desiderando che non se ne andasse, che potesse dirmi quelle cose ogni giorno, ogni qualvolta ne avessi bisogno. 

- Nami, sai cosa significa vero?- Domandò la mia vocina interiore. La ignorai, quel momento era così bello che nemmeno lei lo avrebbe potuto rovinare.
  
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