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Autore: Meyc    23/02/2014    0 recensioni
Laura Di Manta, diciottenne romana. È una ragazza introversa, cinica e sarcastica. Con la sua cerchia di amicizie, vive una vita normale, più o meno spensierata. Un giorno conosce, come chiunque nel corso della propria vita, delle persone molto diverse da sé. Laura passa dall'essere diffidente nei loro confronti all'adorarle, e dall'adorarle al temerle. Scopre che la sua esistenza sarà per sempre condizionata dal loro incontro, come se il giorno in cui si conobbero segnò l'inizio di una tappa della sua vita, e deve decidere se può accertare queste persone, o se preferisce liberarsene, e stare in pace con se stessa.
Genere: Drammatico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi girai a destra, sinistra, guardai nuovamente di fronte a me… ma niente. Non c’erano più. Se fossero corsia via me ne sarei accorta, ma non era così: si erano come dissolti nel nulla. Era un qualcosa di assolutamente assurdo, impensabile, ma non mi venne in mente nessun’altra ipotesi plausibile. In realtà lo sparire come nulla fosse non sembrava molto plausibile, ma a che altro potevo pensare? Era come se, in tutta quella realtà così assurda, io fossi rimasta paralizzata. Avevo ancora le mani sul cofano anteriore della macchina, il cui autista imprecava e mi guardava. Lentamente ripresi coscienza e mi mossi, togliendo le mani e indietreggiando, come se fossi in slow motion. Ero piuttosto sicura che chiunque lì intorno, dalle vecchiette che parlavano e mi guardavano curiose, a Carlotta che, evidentemente impaurita, aveva lasciato cadere a terra una bustina e mi era venuta incontro. Era sbiancata, come se fossi io quella che aveva rischiato la vita, mentre a tale triste destino erano scampati quei due, che mi insospettivano sempre più. Guardavo Carlotta sperando che capisse, anche con un solo sguardo, tutta la faccenda, per quanto improbabile fosse. Perché, in tutta onestà, non è che non volessi parlare, ma non sapevo che parole usare. Non ci riuscivo. Mi sentivo tremendamente idiota, non capendo dov’erano finiti. Ed ero furiosa con loro, per avermi fatta passare per la pazza. Ma mi stavo arrabbiando col nulla, dato che continuavo a non vederli. A prendere la parola fu Carlotta.

-Stai bene? Ma come hai fatto a non notare la macchina?!!-

Era, da una parte, premurosa e preoccupata, dall’altra furiosa. E la capivo, in parte. A quel punto le dissi tutto. Di Luca ed Andrea, del cinema e di quel momento. Ciò che la lasciò più scettica fu la descrizione dei due, ma mi capì. Mi credette e la preoccupazione, a poco a poco, le passò. Ciò che lasciava basita anche lei era il modo in cui erano scomparsi, e passammo in poche parole tutto il tempo che ci rimaneva a camminare e cercare di capire. Ma l’abilità di dissolversi rimaneva l’ipotesi più plausibile, nei limiti. Tornata a casa, mi sentivo ancora scossa, ma cercai di non darlo a vedere o mia madre non mi avrebbe lasciata in pace. Era una brava donna: grande lavoratrice, presente e premurosa. Ma non accettava che tu, sua figlia, non le dicessi cosa ti turbava: se ti vedeva strana (e, da buona mamma, non le sfuggiva mai un tuo stato d’animo, negativo o positivo che fosse) ti tormentava fino a quando non le dicevi tutto. Non lo faceva con cattiveria, le sue intenzioni erano sempre positive, ma non capiva che in quei momenti volevo solo stare sola, calma e senza parlare. Magari poi le avrei raccontato tutto, ma quando me la sarei sentita io. Fortunatamente, quella sera scampai dall’interrogatorio. Forse stavo cominciando a nascondere meglio le mie emozioni, il che può essere negativo e positivo al tempo stesso. Passarono diversi giorni, da quel momento. Giorni in cui non ebbi notizia di Luca ed Andrea. In fin dei conti, li avevo incontrati un paio di volte per casualità, e non avevo nulla che mi permettesse di rimanere in contatto con loro, di cercarli o quant’altro. L’ennesima giornata scolastica finì. Ero in quinto, dunque ogni lezione era carica d’ansia, essendo gli esami vicini. Ma cercavo di non pensarci, o avrei peggiorato le cose. Velocemente misi ogni cosa in cartella ed uscii da quella prigione, diretta verso casa. Durante il cammino, pensavo a come programmare la giornata. Una volta tanto, i miei pensieri non erano occupati da quei due. E dunque, chi incontrai?

-Oh, eccoti, finalmente!-

Esclamò Luca, e solo in quel momento lo notai, con accanto la sua amica. Sobbalzai, essendo sovrappensiero, e in men che non si dica assunsi un atteggiamento astioso.

-Che volete?-

-La solita amicona, mi dicono.-

Disse ben presto Andrea, con un’evidente nota di sarcasmo.

-Perlomeno non rischio la vita e poi scappo via, fregandomene di chi ha rischiato la propria per corrermi incontro.-

Ero furiosa. Si comportava male e poi pretendeva anche di far ironia. Luca, che da subito si era contraddistinto come il calmo e pacifico, prese la parola.

-Laura, scusaci, davvero. Non volevamo, è che… non lo so, in realtà. Andrea era arrabbiata e voleva andarsene via, ed io l’ho ovviamente seguita. Poi la macchina ci ha quasi preso, e noi per paura siamo corsi via. È stata una reazione che non ti saprei spiegare, ma siamo qui per chiederti scusa.-

Non ascoltai nemmeno le scuse. C’era un’altra cosa che mi premeva, che davvero non capivo.

-Se foste corsi via, vi avrei visto. Siete spariti nel nulla. Non è umanamente possibile.-

Entrambi assunsero un’espressione stranita, incerta.

-Spariti nel nulla? No, abbiamo solo iniziato a correre. Non so perché non ci hai visti.-

Non ero solo io. Nessuno, li aveva visti. Gli occhi di tutti i presenti si erano riversati su di me, nessuno che si fosse voltato a cercare loro che, a quanto pareva, avevano iniziato a correre. E non erano di certo due figure che passavano inosservate. Chi non nota un ragazzo alto due metri ed una ragazza dai capelli verdi? Tuttavia qualcosa, nelle loro espressioni, mi appariva così sincero che non indagai oltre. Ma volevo ancora andarmene, perciò fu ciò che feci.

-Va bene, ma ora lasciatemi in pace. Non vi conosco nemmeno, a dire il vero. E tutto ciò che voglio è andarmene a casa.-

Ripresi a camminare, senza neanche degnarli di uno sguardo. In piccola, piccolissima parte mi sentivo in colpa. Ma avevo bisogno di pensare.
  
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