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Autore: Mikoru    24/02/2014    3 recensioni
Le storie narrano che in tempi di sventura, quando tutto sembra perduto, nasce sempre un eroe per riportare la speranza alla gente. Le storie sbagliano, poiché gli eroi non nascono, bensì vengono plasmati dagli eventi. E affinché ciò avvenga, devono prima essere designati e spinti lungo il giusto percorso.
Un grazie di cuore a Shainareth per il betaggio e l'incoraggiamento, e a chiunque di voi leggerà e (spero) apprezzerà questa storia.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Custode, Zevran Arainai
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Capitolo 08

Dubbi e Sospetti

Il sole si avviava lentamente verso il tramonto, la sua luce soffusa indorava le colline e si rifletteva sul vasto specchio d'acqua, tingendolo di una morbida tonalità giallo-ambrata. Dopo la tappa a Lothering, la loro destinazione era cambiata. Alistair, infatti, aveva optato per recarsi a Kinloch Hold, dove sorgeva la Torre del Circolo dei Magi; il suo intento era ricongiungersi quanto prima a Nevan, per poi riprendere il viaggio verso Redcliffe, anche se questo significava allungarlo di parecchio. Dopo una settimana di cammino, ora stavano costeggiando il lago Calenhad diretti verso nord.

Luniel rallentò il passo, dopodiché saltò sul parapetto della Gran Via e si appoggiò ad uno dei pilastri per ammirare con calma quel graduale mutamento di colori. In tal modo finì per farsi raggiungere dai compagni di viaggio, i quali procedevano ad una certa distanza dietro di lei.

«Ripensavo a Lothering» stava dicendo Alistair in quel momento. «Voi... voi non vorreste essere rimasta lì? Per poter aiutare più persone, intendo.»

Ci risiamo, pensò l'elfa con una punta d'irritazione. Era dalla loro partenza che l'altro Custode si tormentava all'idea di aver "abbandonato" – parole sue – gli abitanti del villaggio. Aveva detto e ripetuto agli Hawke di andarsene quanto prima e di convincere anche i loro compaesani che il pericolo era più vicino di quanto immaginassero; ciononostante, sembrava persuaso di non essersi impegnato abbastanza.

Sentì i loro passi che si fermavano.

Leliana sospirò paziente. «Alistair, ve l'ho già detto: se il Flagello non verrà fermato, moriranno tutti, anche coloro che hanno lasciato Lothering. Per quanto mi addolori non poter far altro per quella povera gente, io so di aver fatto la scelta giusta, perché stiamo servendo un fine più alto.»

«Dunque è giusto lasciar morire qualcuno per un fine più alto? Io… non ne sono sicuro. Non mi è sembrato giusto abbandonare tutte quelle persone, terrorizzate e indifese.»

Luniel voltò la testa. Vide il collega Custode con un'espressione tormentata in viso e la sacerdotessa avvicinarlo con un sorriso gentile, mentre alle loro spalle Morrigan roteava gli occhi con fare esasperato.

«State facendo ciò che dovete» disse Leliana al giovane uomo, in tono fermo. «Il peggio deve ancora venire, lo sapete meglio di me, e molti altri moriranno malgrado i nostri sforzi.» Gli posò una mano sul braccio. «Dovrete indurire il vostro animo.»

«Già» replicò l'altro. «Me lo disse anche Nevan e io ci ho provato. Ci sto provando. Ma non è facile. A volte, trovo che sarebbe meglio essere deboli.»

«Ma non potete permettervelo. In ogni caso, non avremo molta scelta.»

No davvero. Luniel tornò a guardare innanzi a sé. Dovevano essere forti per poter proseguire, per poter portare avanti il loro compito. E se Alistair fosse crollato, lei non era certa di poter resistere da sola; perché era lui quello che sentiva maggiormente il dovere insito nel loro Ordine. Lei, invece... lei si lasciava passivamente trascinare, sballottare dalle circostanze come una foglia nel vento. Cos'altro poteva fare, del resto? La sua vita non le apparteneva più, da quando aveva dovuto lasciare il clan. Era un Custode Grigio, sì, però non si sentiva motivata se non dal desiderio di uccidere quanti più prole oscura le fosse possibile, in un misero e patetico tentativo di vendicare almeno in parte la morte di Tamlen e la sua stessa disgrazia. Le restava solo quello.

“Non rimproverarti di essere sopravvissuta.” Le parole di Duncan le tornarono alla memoria. “Hai perso molte cose, lo so, ma potrai trovarne altre.”

Voltandosi di nuovo, la dalish osservò per qualche istante Alistair e Morrigan che si stavano scambiando smorfie e insulti come due marmocchi, e Leliana che ridacchiava nel guardarli. Poi il Custode sbuffò e guardò in avanti, intercettando lo sguardo di Luniel, e le sorrise allegramente, come se tutto fosse a posto; come se quella fosse una scampagnata e loro non fossero coinvolti in qualcosa più grande di loro, qualcosa che avrebbe potuto ucciderli; come se ogni brutto pensiero non avesse motivo di esistere.

È possibile? Anche se loro sono degli shemlen? Improvvisamente scossa dal pensiero che in tutti quegli anni potesse aver nutrito un rancore infondato, balzò giù con uno scatto e accelerò il passo, riportandosi accanto ad Ascher. Ripensò agli Hawke e alla gentilezza con cui l'avevano trattata... e si rese conto che per i molti umani che le avevano riservato solo disprezzo, ce n'erano altri che invece si erano comportati con rispetto. No! Scosse la testa con forza. Non dimenticare chi sei! Sei una dalish, ricordalo! «“Siamo gli ultimi degli Elvhenan e mai ci sottometteremo”» sussurrò a se stessa. «“Siamo gli ultimi degli Elvhenan e mai ci sottometteremo”» ripeté, aggrappandosi alle sue convinzioni con tutte le sue forze.

Aveva ancora senso, tuttavia? L'istintiva risposta negativa la lasciò confusa e smarrita. Sentì che si stava perdendo, che ciò in cui aveva sempre creduto si stava lentamente sgretolando sotto i colpi di una realtà ignorata per troppo tempo. Una realtà che, però, non era ancora pronta ad accettare.

La voce di Morrigan che la chiamava la strappò alle sue riflessioni. Si fermò, girandosi, e l'altra le domandò: «In qualità di nostro capo, quando intendi dare l'ordine di accamparci?»

Luniel sbuffò stancamente. «Io non sono il capo» ribadì per l'ennesima volta in quei giorni. Morrigan insisteva a chiamarla così, malgrado in realtà non avesse mai deciso alcunché; Alistair aveva chiesto spesso la sua opinione, certo, tuttavia fino ad ora Luniel si era limitata ad accettare supinamente le decisioni altrui.

La Strega si strinse piano nelle spalle. «Mi rifiuto di considerare Alistair come tale.»

«Umpf» fu la reazione dell'interessato.

L'elfa scosse il capo. «Io non–»

«Sono d'accordo con Morrigan» intervenne Leliana, in tono cinguettante. «Siete così carina che non si può dirvi di no, quindi meritate di guidarci.»

Luniel inarcò un sopracciglio, perplessa. «E questo cosa–»

La sacerdotessa si voltò verso Alistair. «Siete d'accordo anche voi, vero?»

«...c'entra?» Totalmente ignorata, la dalish attese con rassegnazione la risposta del giovane.

«A... ehm... a considerarla il nostro capo, intendete? Sì, sì, certo, non ho nulla in contrario.»

Morrigan quasi sghignazzò. «Tanto le scodinzolavi già dietro come un cane, almeno adesso la cosa è ufficiale» lo sbeffeggiò.

Leliana emise un risolino, portandosi una mano davanti alla bocca con fare aggraziato. «Ovviamente intendevo quello, Alistair, giacché non ho alcun dubbio sul fatto che pure voi riteniate Luniel adorabilmente graziosa» affermò, e gli scoccò un'occhiata allusiva, facendolo arrossire. «Chi potrebbe negarlo, d'altronde?»

Luniel gemette piano. Da quando la sacerdotessa l'aveva finalmente vista alla luce, ripulita e con i lunghi capelli in ordine, non le aveva più dato pace. Dopo il primo momento di delirio, quando si erano accampati la prima volta ed era esplosa in un gorgheggiante: «Oh, Creatore! Ma siete una bambolina!», non aveva perso occasione di esporre quella sua opinione.

L'elfa sapeva di essere carina. Come Leliana si era ben premurata di rimarcare, aveva lineamenti morbidi e regolari, il naso corto e piccolo, labbra turgide e occhi grandi, grigi, ombreggiati da ciglia lunghe e folte; il fisico era minuto e proporzionato, e i capelli lisci, di un bel castano dorato. Sentirselo ripetere ad ogni pie' sospinto, però, poteva essere snervante. E anche un po' inquietante, da parte di un'altra donna; soprattutto se lo faceva con quello slancio. D'altro canto, Leliana aveva dato l'impressione di entusiasmarsi per qualunque cosa rientrasse nella definizione di "grazioso", comprese le persone. Come aveva detto Alistair qualche giorno prima, sembrava più il tipo da “Oh, che bei colori!” che da “Ah ah ah! Sono la Principessa Sterminatrice! Trafiggi, uccidi, uccidi!”

L'elfa si lasciò sfuggire un sorrisetto, ripensando a quel commento. Per lo meno la sacerdotessa non l'aveva più infastidita con i suoi vaneggiamenti sul Creatore, dopo che le aveva imposto di evitarli per il loro quieto vivere.

«Mh?» Luniel strizzò gli occhi, scrutando la porzione di Gran Via che si estendeva dinanzi a loro inoltrandosi in mezzo a collinette boscose. «Abbiamo un problema...»

«Quale?» chiese Alistair, raggiungendola.

Lei tese il braccio e indicò davanti a sé. «La strada. Finisce laggiù.» A meno di mezzo miglio, infatti, l'imponente costruzione tevinteriana terminava e al di là si scorgevano soltanto le cime frondose di un bosco, indorate dai raggi radenti del sole.

«Oh, accidenti!» esclamò lui, battendosi una mano sulla fronte. «Me ne sono dimenticato!» Si voltò a guardare le tre donne. «Mi dispiace, dovremo tornare indietro fino alle ultime scale che abbiamo superato. Da qui non c'è modo di scendere.»

«Ci vorrà almeno mezz'ora» calcolò Leliana, pensierosa. «E impiegheremo altrettanto per arrivare di nuovo in quest'area... Temo che raggiungeremo Palefort con il buio.»

«Mi dispiace» ripeté Alistair, rammaricato e imbarazzato.

Morrigan sbuffò e guardò Luniel. «E mi chiedi ancora perché preferisco avere te come capo?»

L'elfa sospirò. «No, non me lo chiedo più» rispose stancamente. «Forza, torniamo indietro.»

Quando infine giunsero nuovamente all'altezza dell'interruzione, percorrendo un sentiero di terra battuta che costeggiava la Gran Via sul lato sinistro, era passata più di un'ora. All'incerta luce del crepuscolo, Luniel notò che l'antica strada appariva troncata in modo regolare: non c'erano macerie nei dintorni né tracce di un qualsivoglia crollo. Le sembrò strano, poiché finora ogni punto rotto della Gran Via che aveva visto mostrava quei segni di rovina, e le venne spontaneo farlo notare, fermandosi ad osservare la struttura con una certa curiosità.

«Perché non è semplicemente crollata» le spiegò Alistair, fermandosi accanto a lei. «Questa parte della Gran Via è stata smantellata secoli fa per costruire le fortificazioni di Palefort.»

«La pallida rocca che veglia la foce del Fiume Dane» intervenne Leliana. «È a questo che deve il proprio nome» aggiunse, posando una mano sulle enormi pietre che formavano la Gran Via. «Al colore bianco grigiastro di questi massi.»

«È tutto molto interessante» commentò secca Morrigan, «ma potreste riservare queste amene chiacchiere per quando saremo arrivati? Non mi dispiacerebbe dormire finalmente al coperto.»

Alistair le lanciò un'occhiataccia. «Nessuno vi vietava di accettare l'ospitalità degli Hawke. Se avete preferito dormire all'addiaccio e lavarvi nell'acqua fredda del torrente, non è colpa nostra.»

«Ah! Avrei dovuto fermarmi in un villaggio brulicante di templari?» rimbeccò l'altra. «Nella casa di un'altra apostata a chiedermi se sarebbero piombati lì per cercare di catturarmi? No, grazie.»

Ci risiamo, pensò Luniel alzando gli occhi al cielo. Incrociò lo sguardo di Leliana, la quale pareva rivolgerle la muta richiesta di intervenire a sedare quell'ennesimo battibecco, ma si limitò a scuotere il capo; che ci pensasse lei, se proprio ci teneva. Le voltò le spalle e si mise a grattare la testa grigia di Ascher. E mentre sentiva la voce della sacerdotessa tentare di sovrastare quelle dei due litiganti, per farli smettere, ebbe l'impressione di udire dei rumori provenire dalle ombre sempre più fitte tra gli alberi; impressione confermata dall'improvviso drizzarsi delle orecchie di Ascher.

Una freccia sibilò sopra la sua testa. «Piantatela subito, voi tre!» sbraitò, e subito dopo dalle ombre ad una ventina di passi da loro emersero sette umani, tutti con indosso armature di cuoio piuttosto malconce e armati di archi e spade di pessima fattura.

«Che bella sorpresa!» esclamò uno di loro. «Dei viandanti.»

Il litigio in corso alle sue spalle cessò all'istante e Luniel mise rapidamente mano all'arco.

«Banditi!» sputò Alistair con disprezzo.

L'uomo, probabilmente il capo, scrollò le spalle. «Ci si guadagna da vivere come si può.»

«Guadagnarvi da vivere?» sbottò il Custode. «Voi siete dei criminali.»

«Va bene, lo ammetto» rispose il bandito, con un atteggiamento quasi bonario. «Ma possiamo risolvere la cosa pacificamente. Dateci tutto quello che avete e vi lasceremo vivi. Altrimenti...»

Morrigan, il bastone in pugno, affiancò Luniel. «Pazzi. Io dico di dargli una bella lezione.»

«Sono d'accordo.» La dalish era perplessa. Davvero quei tipi intendevano attaccarli? Insomma, capiva che lei, Morrigan e Leliana potessero apparire come facili prede; un elfa dall'aspetto per nulla minaccioso, una donna in abiti discinti e una sacerdotessa intimorivano ben poco, in effetti. Però c'erano anche Alistair e Ascher. Alistair era alto, ben piazzato e armato, e Ascher era grosso almeno il doppio dei normali lupi del Ferelden, tanto che lei poteva tranquillamente salirgli in groppa; quando non fuggivano in preda al panico, le persone rimanevano comunque intimorite e circospette. Perciò, davvero, Luniel non si capacitava del fatto che quei briganti scalcagnati avessero scelto di attaccarli.

Dovevano essere molto disperati o molto stupidi.

«Ascoltate» intervenne Leliana. «Forse sarebbe meglio se ve ne andaste.»

«Anche perché noi non vi daremo niente» mise in chiaro Alistair.

Il capo dei banditi abbandonò ogni finzione di bonomia e si accigliò. «Allora lo prenderemo dai vostri cadaveri. Addosso, ragazzi!» esclamò, scattando in avanti insieme a quattro dei suoi.

«Avete scelto il bersaglio sbagliato» commentò Morrigan con un ghigno. Dalle sue mani promanò un Cono di Gelo che congelò tre banditi e rallentò il capo e un altro.

Mentre la Strega caricava un Fulmine e Alistair si lanciava contro il bandito rallentato, Luniel incoccò una freccia e la scagliò contro uno dei due ladri armati d'arco, colpendolo alla spalla e sbilanciandolo. Ascher corse verso di lui e lo atterrò con un balzo potente, e le urla terrorizzate dell'uomo si spensero in un rantolo strozzato quando il lupo gli affondò le zanne nella gola. A quella vista, il secondo arciere mollò l'arma e scappò. Luniel, già pronta a scoccare una nuova freccia, si voltò a controllare la situazione: il capo dei banditi e uno dei suoi uomini giacevano a terra morti; gli altri tre si erano scongelati, ma erano alle prese con Leliana e Alistair, il quale ne atterrò uno proprio in quel momento.

L'elfa sbatté le palpebre stupita, vedendo la sacerdotessa, armata di due pugnali, duellare agilmente malgrado la lunga veste; aveva pensato che scherzasse o mentisse quando aveva sostenuto di saper combattere. A quel punto, Morrigan lanciò un Fulmine sull'avversario di Leliana, stordendolo e permettendo all'altra donna di tagliargli la gola. Quando Luniel riportò lo sguardo sull'altro Custode, lo vide ritirare la spada dal ventre dell'ultimo bandito, che crollò a terra.

«Ma guarda» esordì Morrigan. «Non sapevo che nei conventi insegnassero a combattere.»

Leliana parve a disagio. «Come ho detto» rispose in tono dimesso, «non sono sempre stata una Sorella. Ho viaggiato parecchio e... Beh, si sviluppano diverse abilità viaggiando, sì? Sì, naturalmente... Ehm... Forse è meglio se andiamo, non credete?»

La Strega le lanciò un'occhiata scettica, ma non commentò. Disse invece: «Prima vediamo se possiamo trovare qualcosa di utile addosso a questi idioti.»

«Oh. Giusto» approvò la sacerdotessa. E, sotto gli occhi sbarrati di Alistair, iniziò a frugare i cadaveri con fredda metodicità.

«Ma...» iniziò a balbettare il Custode. «Non credo che...»

«Fatela finita» lo interruppe Luniel, che si era messa a rovistare nei vestiti dei banditi, pur essendo rimasta sorpresa nel vederlo fare a Leliana; la sacerdotessa non la raccontava giusta. «Non è il caso di farsi scrupoli e sarebbe anche stupido lasciare...» S'interruppe e sollevò un borsello, da cui provenne un tintinnio metallico quando lo scrollò. «...questo, ad esempio. Siamo praticamente senza soldi, vero?»

Alistair fece una smorfia prima di mugolare uno stentato: «Vero.»

«Allora dacci una mano, invece di star lì impalato» lo esortò Morrigan.

Lui le riservò un'occhiata gelida, dopodiché si rassegnò a svolgere a sua volta quel compito che tanto lo ripugnava.

Il villaggio di Palefort sorgeva lungo la riva sud del Fiume Dane, alle pendici di una massiccia collina rocciosa dominata da un forte altrettanto massiccio, benché di modeste dimensioni. Palefort era nato come postazione di vedetta, e in questo soltanto era sempre risieduta la sua importanza militare, anche se nel corso dei secoli la postazione si era ingrandita e, durante la Rivolta Fereldana, aveva avuto un ruolo considerevole. Quando Leliana terminò di spiegare, si trovavano davanti all'unica locanda del posto; Ascher, ovviamente, si era fermato fuori dell'abitato, ma questa volta Morrigan era rimasta con loro. Per fortuna avevano racimolato una discreta quantità di argenti dai loro aggressori e avrebbero potuto permettersi l'alloggio per tutti e quattro, e pure un buon pasto.

La locanda era piena di avventori, tuttavia non ospitava molti viaggiatori, quella sera, così poterono prendere una stanza ciascuno; poi, una volta portate le loro poche cose nei rispettivi alloggi, tornarono nel salone e sedettero ad un tavolo per cenare. Lo stufato di carne sembrò delizioso a Luniel dopo aver dovuto sopportare la "cucina" di Alistair, dal momento che per motivi noti solo ai Numi si era preso lui quell'incarico; che non lasciasse fare a Morrigan era inevitabile, dopo gli accenni che la Strega aveva fatto a proposito di veleni, ma l'elfa non capiva per quale motivo non lo permettesse a Leliana, se non perché lo riteneva un compito inadatto ad una Sorella della Chiesa. L'importante era che non lo chiedessero a lei... l'ultima volta che aveva preparato da mangiare era stato durante una caccia con Tamlen e Fenarel, solo un anno prima, e il risultato era stato un'intossicazione che li aveva messi fuori combattimento per un paio di giorni. E poiché era la quinta volta che accadeva, in aggiunta ad altri svariati incidenti culinari, si erano rassegnati ad accettare quella verità: Luniel e la cucina non andavano d'accordo.

Il ricordo degli amici le provocò un'ondata di malinconia che per qualche minuto la isolò da tutto ciò che la circondava: il chiacchiericcio degli avventori, il rumore dei boccali sbattuti sui tavoli, lo scalpiccio dei servi che correvano di qua e di là, l'odore acre del fumo che si alzava dal focolare, lo scoppiettio dei ceppi tra le fiamme... Si riscosse quando udì il proprio nome.

«...niel, Nevan e io siamo gli ultimi Custodi Grigi del Ferelden.»

La dalish guardò il giovane con un accenno di perplessità, avendo perso l'inizio del discorso. Tirando ad indovinare, però, avrebbe giurato che stesse recriminando sulla loro situazione. La qual cosa non l'avrebbe affatto stupita.

«Ripetilo un po' più forte, Alistair» gli disse Morrigan, caustica. «Non credo ti abbiano sentito, all'altro tavolo.»

«Non ho parlato a voce così alta» ribatté lui, piccato.

Leliana gli sorrise conciliante e gli disse, sottovoce: «No, certo, ma è meglio non accennare alle vostre identità. Questo è solo un piccolo villaggio, probabilmente ha pochi soldati e forse non sanno ancora della taglia su di voi, tuttavia non è il caso di rischiare.»

La Strega sbuffò. «Fra tanti deliri, qualcosa di giusto lo dice anche lei.» Prima che chiunque potesse replicare, si alzò e aggiunse: «Vado a dormire. Ci vediamo domattina.»

Nonostante tutto, Leliana le augurò la buonanotte con una certa cortesia, mentre Alistair bofonchiò contrariato. Luniel la guardò allontanarsi, sorseggiando la propria birra – quant'era amara, per le zanne di Fen'Harel! – e se ne rimase in silenzio.

Restarono al tavolo un'altra decina di minuti, dopodiché, ormai finite le rispettive birre, stabilirono di recarsi anch'essi a dormire.

«Lun, ciao.»

La ragazza aprì gli occhi di scatto e si mise a sedere. Nel buio, la sua vista elfica distinse benissimo la figura che stava in piedi accanto al suo letto. «Fenarel?» mormorò sconcertata. Cosa ci faceva lì? Come aveva fatto a trovarla? «Fen, che cosa...?» iniziò, ma lui si portò un dito alle labbra intimandole il silenzio.

«Parla piano, o lo sveglierai.»

«Lo sveglie–? Ma cosa stai...?»

Fenarel si spostò appena e le mostrò qualcosa alle proprie spalle. Di punto in bianco la stanza s'illuminò, benché fiocamente. Ma non era la sua camera, era... Una foresta? Come ci sono finita? Guardò meglio la sagoma a terra che l'amico le mostrava; stava rannicchiata dandole la schiena, perciò non poteva vederla in volto, eppure lei sapeva chi era. Un brivido diaccio le percorse la schiena, il respiro le divenne affannato, e si accorse di non riuscire a muoversi.

La figura a terra si alzò, lenta, lentissima; si muoveva talmente piano e in modo talmente goffo che sembrava nuotasse nel miele. Infine si voltò e Luniel urlò, un grido senza voce. Lei si portò le mani sulla gola, ma fu l'unico movimento che riuscì a compiere: il resto del suo corpo non le rispondeva, era come paralizzato. Il letto non c'era più, ora lei giaceva sul terreno muschioso.

Fenarel, con un ghigno orribile sul bel volto, la rimproverò: «Ti avevo detto di non far rumore, ora si è svegliato.»

Tamlen la fissò con occhi vitrei, quasi lattiginosi. Il suo viso era smorto e piagato, orribilmente simile a quello dei prole oscura. «Vieni con noi, lethallan. Torna dalla tua famiglia.»

«Tam l'ha fatto» intervenne Fen, i bei lineamenti che si contorcevano e diventavano lividi, cadaverici. «È tornato al clan, noi l'abbiamo riaccolto e lui ci ha resi una vera famiglia.» Fece un cenno e mostrò altre figure comparse dal nulla come spettri. Marethari, Merrill, Radha... Luniel vide il suo clan al completo, gli anziani e i bambini, i cacciatori e gli artigiani... ognuno di loro come Tamlen e Fenarel, gli occhi opachi e spenti, più simili a mostri che alle persone che lei conosceva. «Torna da noi» dissero tutti insieme, un coro agghiacciante.

«Vieni, da'len» la esortò la Guardiana, tendendo una mano.

«Vieni, Mahariel» si aggiunse Merrill. «Ci manchi tanto, sai?»

No! No, no, no! pensò disperata. Lacrime roventi le rigarono le guance. Era un incubo! Era un incubo, e doveva svegliarsi!

Tamlen si avvicinò. «Non resistere. Devi farlo, Lun. >i>Devi. Perché è colpa tua se siamo diventati così. E ora non puoi abbandonarci.» Lei non riuscì a parlare, di nuovo, e lo guardò atterrita. «Tu non mi hai trovato, Lun. Ma io ho trovato loro e adesso sono tutti come me.» Avanzò ancora, provocandole una scarica di panico. «E adesso renderò anche te una di noi, com'è giusto che sia. Vieni, lethallan, vieni. Paga per la tua colpa e sii felice con la tua gente!»

Si chinò su di lei, che finalmente urlò e spalancò gli occhi. E incontrò la punta di una lama a pochi pollici dal suo naso.

«Non muoverti» le ingiunse qualcuno.

«Si è calmata, infine?» disse qualcun altro. «Avanti, legatela, cos'aspettate?»

Mentre fissava sconvolta e boccheggiante la spada che le scintillava davanti, fu afferrata con malagrazia e le furono legati i polsi dietro la schiena. Dopodiché fu spintonata verso la porta della camera, ora aperta. Quattro soldati ad armi spianate la condussero fuori della locanda, dove già si trovavano un'altra decina di armigeri e Alistair, legato come lei e con un'espressione cupa. Morrigan e Leliana non si vedevano.

«Dove sono le altre due donne?» domandò un soldato, forse il capo. Aveva appena lasciato cadere delle monete in mano ad uno dei servi elfi della locanda. Ed ecco spiegata la spiacevole visita notturna.

«Non lo sappiamo» rispose un altro. «Le loro stanze erano vuote, ma le finestre aperte. Devono averci sentiti ed essere scappate.»

«Allora cercatele, idioti! Non possono essere andate lontano!»

Luniel scambiò una rapida occhiata con Alistair. Se loro erano fuggite, c'era una vaga possibilità che riuscissero a liberarli. Al momento, però, disarmati e in minoranza com'erano, non poterono far altro che lasciarsi portar via.

Luniel scrutò la cella che li "ospitava". Di pianta quadrata, piuttosto larga e con pareti di solida pietra, era completamente spoglia; nemmeno un mucchietto di paglia per fare da giaciglio. Di fronte a lei, nella fila di robuste aste metalliche, era incassata la porta attraverso cui erano stati letteralmente scaraventati; sopra la sua testa, a circa otto piedi d'altezza, una finestrella lasciava filtrare la fioca luce lunare e proiettava l'indistinta ombra delle sbarre al suolo.

«Accidenti, fa freddo qui dentro» commentò Alistair, appoggiato alla parete alla sua sinistra. Aveva solo le braghe e la camicia, e si sfregò le braccia con le mani.

In effetti era tutto fuorché caldo, in quella prigione. «Muovetevi un po'» gli suggerì distaccata, abbracciandosi le ginocchia che la corta tunica non arrivava a coprire.

«Non avete freddo?»

«Meno di voi, sicuramente» gli rispose; la temperatura era alle soglie del tollerabile, ma non l'avrebbe mai ammesso.

«Immagino sia una delle tanti doti naturali degli elfi» dedusse Alistair. Poi commentò in tono allegro: «Sapete? Finire in prigione era un'esperienza che mi mancava.»

«Anche essere ammazzato... ma a questo si può rimediare» bofonchiò Luniel, fissandolo malissimo attraverso le palpebre ridotte a fessure. Se fosse stato zitto, quel servo elfo non l'avrebbe udito e non sarebbe corso a denunciarli.

Il giovane ridacchiò. «Non nell'immediato, mi auguro.»

«Mmm...»

Lui si fece di colpo serio. «Vi hanno sbatacchiata un bel po'. State bene?»

«Sì.»

«Davvero?»

«Sì!» sbottò lei. «Per l'arco di Andruil, si può sapere perché mi assillate così?»

Alistair quasi mise il broncio. «Scusate se mi preoccupo per voi» replicò sulle sue.

«Non ve l'ha chiesto nessuno.»

«Sì, invece» rispose piano lui e Luniel si voltò a fissarlo stupefatta. «È stato Duncan. Dopo averci raccontato cosa vi è accaduto, si è raccomandato che Nevan e io ci prendessimo cura di voi.»

L'elfa rimuginò alcuni istanti su quell'ammissione, mordicchiandosi il labbro, infine sospirò. «Non c'è che dire, siete tenace.»

Alistair fece un vago sorriso. «Nevan direbbe che è il mio lato templare.»

«Siete davvero un templare?» chiese conferma, e le sfuggì una smorfia di profonda avversione.

«Non avete fatto caso ai commenti di Van e della Strega?»

«State decisamente sopravvalutando l'attenzione che vi ho dedicato...»

«Oh.»

«Lo siete o non lo siete?» domandò ancora Luniel, più seccamente.

«No, in realtà no. Però ho studiato molti anni per diventarlo.» Il giovane rimase in silenzio per qualche istante, poi domandò: «La cosa vi infastidisce?» Evidentemente l'avversione era trapelata anche dalla voce; con quella scarsità di luce non poteva certo averla vista in viso. «Voi non siete una maga, perché mai dovreste avere problemi con i templari?»

Luniel emise un verso di scontento. «Ho perso il conto delle volte in cui il mio clan è stato costretto a scappare o a combattere perché dei templari volevano catturare la nostra Guardiana e la sua apprendista.» Ebbe voglia di prendere a calci qualcosa o qualcuno, per sfogare il moto di collera. «Voi shemlen e la vostra maledetta Chiesa... Non vi è bastato toglierci la nostra terra, dovete anche cercare di toglierci la nostra libertà.»

Lui rimase saggiamente zitto e non tentò inutili difese. Dopo alcuni minuti si limitò a dire: «Mi dispiace. Davvero. Siete libera di non credermi, ma è la verità: mi dispiace.»

Le sembrò sincero. Tuttavia non gli rispose, nuovamente turbata dal pensiero che, forse, si era sbagliata nel giudicare gli umani e si era lasciata fuorviare da secoli di ostilità e diffidenza. Scosse il capo con forza, per scacciare quell'idea molesta, poi alzò il viso verso la finestrella. «Se almeno riuscissi a dare un'occhiata fuori...» borbottò, cambiando discorso. Non sarebbe riuscita ad arrampicarsi: le pietre della parete erano allineate in modo quasi perfetto e non le fornivano appigli adeguati.

Alistair le arrivò accanto e si accovacciò rivolto verso il muro, un ginocchio a terra. «Salite sulle mie spalle.» Lei esitò e lui sospirò. «Potreste mettere da parte il vostro orgoglio, una volta tanto, e accettare l'aiuto di un umano? Serve anche a voi, eh.»

«Mmm» mugugnò la dalish, riconoscendo intimamente che il giovane aveva ragione. Gli passò dietro, gli salì sulla schiena e infine sulle spalle, e appoggiò le mani al muro antistante. «Ci sono.»

Alistair strinse le proprie intorno alle sue caviglie e si rialzò piano, con prudenza. «Ehm... Vi assicuro che guarderò soltanto di fronte a me» disse.

Luniel sbuffò. «Provateci soltanto, a guardare in alto» ribatté asciutta.

«Certo, potrebbe valerne la pena...»

Ma quel ragazzo odiava la vita o cosa? L'elfa gli rifilò una leggera tallonata sulla spalla. Gliel'avrebbe data più forte, a dire il vero, ma non voleva rischiare di sbilanciarlo, dato che correva il rischio di cadere anche lei.

«Chiedo scusa» le giunse da sotto, in tono ben poco contrito.

Luniel, all'altezza della finestra, si aggrappò alle sbarre e si alzò sulla punta dei piedi, aguzzando la vista; l'apertura si affacciava sul bosco... oltre trecento piedi sotto. Sbuffò. Se anche fossero riusciti a divellere le sbarre – impossibile, visto che erano ben infisse nelle pietre – non sarebbero comunque riusciti ad evadere, solo a schiantarsi. Inoltre, questione non da poco, sarebbero stati privi di armi ed equipaggiamento; dubitava seriamente, infatti, che i soldati non avessero provveduto a requisirli dalle loro stanze alla locanda. E a lei avevano rubato il bracciale; non se ne sarebbe mai andata senza tentare di riprenderselo. Per reazione, si passò la mano sul polso nudo.

«Le scanalature nella parete sono molto interessanti.»

Luniel abbassò lo sguardo verso la testa del giovane. «Cosa?»

«Niente, era solo per spezzare il silenzio. Novità?»

Lei sbuffò, rinunciando a capire cosa passasse per la testa di quello strano shemlen. «Da qui non usciamo di sicuro» gli rispose, domandandosi per l'ennesima volta dove fossero Morrigan e Leliana. Non riteneva probabile che li abbandonassero al loro destino, dal momento che l'una e l'altra – più o meno volontariamente – erano coinvolte in quella vicenda. Tuttavia non immaginava cosa potessero fare per tirarli fuori da quel guaio.

Udì un frullo d'ali e, quando risollevò lo sguardo sulla finestra, un corvo balzò dentro e le gracchiò in faccia. D'istinto, vedendolo così pericolosamente vicino ai propri occhi, Luniel mollò la presa sulle sbarre e scattò all'indietro. Alistair si sbilanciò e caracollò a sua volta all'indietro. Lei lanciò uno strillo, cercò di ritrovare l'equilibrio e cadde in avanti. L'attimo dopo si ritrovò bocconi sullo sterno dell'umano gemente, e – realizzò impallidendo – solo un colpo di fortuna le aveva evitato l'imbarazzante inconveniente di finirgli con la faccia fra le gambe. Il corvo gracchiò rumorosamente e Luniel ebbe la precisa sensazione che stesse... ridendo?

Si mise a sedere di scatto, finendo quindi a cavalcioni su Alistair, e alzò la testa a guardare il volatile. «Morrigan?»

Quello volò giù, iniziando a trasformarsi ancor prima di toccare terra, su cui posò i piedi con grazia invidiabile. Di nuovo in forma umana, la Strega delle Selve fissò i due con un ghigno di scherno e un lampo divertito negli occhi. «Ricordami di farlo più spesso» disse all'elfa.

«Scusate, Luniel» intervenne Alistair, con voce affaticata. «Non che mi dispiaccia avervi sopra di me, tuttavia se poteste cortesemente spostarvi dal mio addome...»

Luniel balzò in piedi in un istante, folgorandolo con un'espressione rovente più o meno quanto le proprie orecchie. Per fortuna non c'era abbastanza luce perché i due umani potessero accorgersene.

Il giovane si alzò e si spolverò il retro delle braghe. «So che state pensando a come uccidermi, e con metodi lunghi oltre che dolorosi, ma suggerisco di rimandare a quando saremo fuori di qui.»

«Ie, ar tu na'din» bofonchiò lei.

«Eh? Che avete detto?» le domandò lui, perplesso.

«Niente!» replicò brusca.

Morrigan ridacchiò. «Niente di gentile, ho l'impressione.»

«E dov'è la novità?» commentò Alistair.

Luniel, accigliata, si rivolse all'apostata. «Dov'è Leliana? Come avete fatto a scappare?»

L'altra scrollò le spalle. «Sono abituata a dormire con un orecchio sempre teso, e immagino che anche la nostra santarellina abbia abitudini simili. Ho sentito del trambusto, ho capito che erano soldati e ho preferito non rimanere ad aspettare. Mi sono trasformata e sono volata via. E mentre lo facevo, ho visto Leliana uscire anche lei dalla finestra. L'ho raggiunta e abbiamo stabilito una specie di piano. Ora sta aspettando fuori del villaggio.» Emise uno sbuffo. «Vediamo di farvi uscire. Vado a recuperare le chiavi.» Si trasformò in un gatto e scivolò attraverso le sbarre.

«Ci stiamo davvero lasciando salvare da lei?» domandò Alistair, inquieto.

«A quanto pare.»

Lui sospirò. «Creatore, non perderà occasione di rinfacciarcelo.»

Attesero per alcuni minuti, fin quando Morrigan non ricomparve tenendo in una mano una torcia e nell'altra una grossa chiave, che inserì nella serratura facendola scattare. Aprì la porta e li incitò a muoversi. «Venite» disse la maga quando i due furono fuori. Li condusse su per delle strette scale fino ad una stanzetta, dove due soldati stavano accasciati sul tavolo. All'esclamazione soffocata di Alistair, Morrigan sbuffò sonoramente. «Li ho solo addormentati e poi tramortiti» mise in chiaro, poi indicò un grosso cassettone addossato alla parete. «Lì c'è la vostra roba. Svelti.»

I due Custodi indossarono le proprie armature, dopodiché recuperarono le sacche; in un angolo del cassettone c'erano il sacchettino dei loro pochi risparmi e il bracciale di Luniel, che la ragazza afferrò e infilò in un lampo, con un profondo sospiro di sollievo che le valse la medesima occhiata incuriosita da parte dei due shemlen; occhiata che lei ignorò. Infine prelevarono le loro armi da una rastrelliera poco distante.

«Ho sentito che il nobilotto che tiene questo forte non si trova qui, al momento» spiegò Morrigan, mentre Luniel finiva di allacciarsi la cinta dei dar'misu, i suoi pugnali elfici, e Alistair si fissava quella della spada. «Credo sia l'unico motivo per cui non vi hanno impacchettati ben bene e spediti a Denerim. Immagino che Loghain avrebbe gradito il regalo.»

«Ah, senza dubbio» commentò aspramente Alistair, innervosendosi come ogni qual volta veniva nominato il traditore che aveva condannato a morire Re Cailan e i Custodi.

Senza aggiungere altro, in silenzio, abbandonarono la stanza salendo altre scale che li condussero ad un corridoio stretto e poco illuminato. Morrigan apriva la strada, portando la torcia, pronta a lanciare un incantesimo di Sonno su chiunque avessero incontrato. Tuttavia la sorveglianza sembrava parecchio scarsa; forse, approfittando dell'assenza del loro signore, i soldati stavano battendo un po' la fiacca, tanto più che era notte inoltrata. E, forse, qualcuno era ancora fuori a cercare Morrigan e Leliana. Meglio così.

Una volta usciti dall'area delle prigioni, imboccarono un corridoio e incapparono in tre soldati, i quali non fecero in tempo a spalancare le bocche che furono investiti dalla magia di Morrigan. Due di loro crollarono subito addormentati, ma il terzo, più resistente, si limitò a barcollare con aria stordita. Luniel gli corse subito addosso, colpendolo violentemente sotto il mento con l'elsa di un dar'misu e facendogli perdere i sensi. Li legarono usando le loro stesse cinture e li imbavagliarono dopo aver strappato dei pezzi di stoffa dalle loro vesti, poi li nascosero in una delle nicchie del corridoio ricoperte da ampi drappi su cui erano disegnati dei simboli araldici.

Sperando che la fortuna continuasse a girare a loro favore, ripresero ad avanzare rapidi, pur con accortezza e dovendo spesso rintanarsi in stanzine o piccoli corridoi per evitare qualcuno, fino ad arrivare presso il portone d'ingresso. Non c'erano soldati, ma la dalish ricordava che al di fuori c'era un piccolo cortile con una postazione di sentinelle; lì di sicuro si trovava qualcuno di guardia.

Tolti i fermi, Alistair socchiuse la porticina incassata nel portone e scrutò fuori. Si ritrasse, segnalando che c'erano probabilmente quattro soldati. «A meno che non abbiano cambiato dopo il nostro arrivo, due stavano presso l'ingresso» sussurrò, «nella postazione di guardia. Altri due stanno camminando sugli spalti.»

«Se sono così sparsi non posso addormentarli tutti nello stesso momento» mormorò Morrigan, gettando la torcia, ormai inutile, sul pavimento di pietra.

«Allora usciamo e corriamo, semplicemente» propose Luniel. «Si accorgeranno comunque della nostra fuga, non ha più senso cercare di far tutto di nascosto. Perderemmo ancor più tempo.»

Alistair ci rimuginò per qualche istante, poi scrollò le spalle. «Come strategia non è il massimo, tuttavia non sembrano esserci alternative migliori. Siamo troppo pochi per creare un diversivo. Limitatevi ad addormentare i due soldati nella guardiola quando ve lo dirò. Per lo meno cerchiamo di aspettare il momento in cui avremo meno possibilità di essere visti dagli altri due. Venite, usciamo di qui, intanto, e fermiamoci nell'ombra del portone.»

Morrigan fece un secco cenno d'assenso e richiamò l'incantesimo, pronta a lanciarlo, poi tutti e tre superarono la porta. La fortuna era sempre dalla loro: grossi nuvoloni scuri si erano radunati in cielo, andando ad oscurare luna e stelle e riducendo così la visibilità.

«Ora!» sussurrò Alistair. La maga agì come programmato, poi si lanciarono attraverso il piccolo cortile, riparandosi all'ombra dell'arco di accesso, sprovvisto di porte o cancelli. Dalla postazione delle sentinelle non giunsero gridi di avvertimento, e nemmeno dagli spalti. «E adesso corriamo il più velocemente possibile. Se anche ci avvisteranno, avremo comunque un vantaggio e dovremmo fare in tempo a ripararci nel villaggio, fino ad uscirne.»

Luniel e Morrigan fecero cenno di aver compreso. Alistair diede il segnale e ripresero a correre.

Quando alle loro spalle echeggiò un qualche tipo di avvertimento, erano ormai lontani.


Incredibilmente, è passato poco più di un mese dall'ultima pubblicazione. Wow. Comunque, dubito che diventerà la norma, ma forse – forse, preferisco mettere le mani avanti XD – potrebbe essere che riesca a sfornare il resto della storia con un po' di velocità in più. L'incognita è sempre l'ispirazione vagabonda, però di contro c'è che per certi versi sono più serena (entro i limiti della mia attuale situazione, che implica la presenza di un bel po' di strascichi a livello emotivo) e ho davvero voglia di scrivere, laddove prima facevo tanta fatica.

Come sempre, grazie a chi legge, a chi recensisce e alla mia beta Shainareth. ^_^


L'angolo degli approfondimenti

- Per quanto riguarda il fatto che gli elfi vedano al buio (fatto che avevo già accennato nel primo capitolo)... dal momento che il gioco è carente in spiegazioni, per questa come per molte altre cose mi sono basata sui romanzi di Gaider, dove l'autore afferma esplicitamente che ne sono in grado, e sul canon ricavato da informazioni sulla Wiki.

- Dato che fra i Dalish non esistono i cognomi, ho deciso che il presunto cognome del Warden (“Mahariel”) è in realtà un soprannome. Davvero, è l'unico dalish che abbia un nome di famiglia, il che mi pare poco sensato; che sia l'unico, intendo. Capisco che, per il gioco, fosse necessario un nome ben preciso per definirlo (come per Cousland, Amell, ecc.), ma in termini di “logica nella storia” ritengo che questa necessità non sussista più.

- La frase «Ie, ar tu na'din» significa «Sì, ti ucciderò». A parte il ie = sì (che ho ricavato dal gallese), l'altra frase l'ho trovata nella sezione della Wikia dedicata al linguaggio elfico. Santa Wikia, non smetterò mai di dirlo!

  
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