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Autore: Kimberly Heiwa    01/03/2014    2 recensioni
Sono in atto le estenuanti lotte con Logan e Rory si sente persa. Sciolta, vuota dentro l'anima. Ha bisogno di qualcos'altro. Ha bisogno di qualcun altro. Ovunque lei si giri tutto crolla sotto i suoi occhi e le lascia scoperto un muro, una parete alta e impolverata. Una volta pulita, rivela la sua reale bellezza: colori sgargianti ricoprono la sua superficie, i mattoni scoperti permettono di capire da quanti anni è stato costruito, i chiodi testimoniano un tentativo di abbattimento, e poi ci sono i ricordi. Tanti e importanti ricordi, ricordi di tante cose, cose condivise come CD e videocassette, come baci rubati e un amore lasciato in sospeso. Ma il muro è ancora solido, è ancora in piedi. È soltanto stato ricoperto dai detriti che ha portato il tempo. Quando Rory infila la mano in una fessura, scova una piccola chiave. A cosa possa servire non lo sa, ma lo scoprirà presto. Nel momento in cui avrà bisogno le tornerà utile, poiché le permetterà di aprire una porticina con su scritto «Solo in caso di emergenza», dove sarà custodita la foto di una persona nascosta per non soffrire: Jess Mariano. È lui l'unica ancora di salvezza, l'unica via d'uscita.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jess Mariano, Logan Huntzberger, Nuovo personaggio, Rory Gilmore, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 8 – There she goes

 

There she goes

there she goes again

Racing thru' my brain

And I just can't contain

This feelin' that remains

(The La's - There she goes)

 

New York, la “Grande Mela”, la metropoli americana per eccellenza, la ospita ancora una volta. In tutti questi anni non ha cambiato molto il suo volto; si è soltanto modernizzata ancora di più.

I taxi gialli affollano le sue intricate vie, la gente cammina sui marciapiedi, Times Square splende di luci a neon e Broadway incanta il mondo con i suoi musical.

Ricorda quando ci capitò la prima volta: era appena sedicenne e pensava che gli hot dog non fossero consentiti nella metropolitana... “Come sei provinciale!” le aveva detto. Il suo sorriso entusiasta adesso, nel risentire quella voce, si affievolisce e lascia che un senso di malinconia si impossessi di lei.

È passato del tempo, lei è cambiata, lui è cambiato, New York è cresciuta. Quel mondo caotico che le era estraneo, a quel tempo, con Jess accanto, non le pareva così spaventoso. Ma ora non è lì con lei e Rory si sente piccola, come un puntino perso in uno spazio bianco, come una goccia nell'oceano. Sola e indifesa, in mezzo a milioni di persone che camminano freneticamente accanto a lei, che parlano al cellulare la cui marca è ben conosciuta; persone che parlano in slang stretto; persone che non conosce.

Il primo impatto con questo mondo così modernizzato è come il primo giorno di scuola: le scale sembrano avere troppi scalini, pare che le pareti non trovino mai un soffitto su cui appoggiarsi, le lancette dell'orologio non vogliono decidersi a girare in tondo e a mensa è un'impresa fare nuove amicizie.

New York è di nuovo la novità per i suoi occhi azzurri.

Il foglietto che ha in mano oramai è tutto stropicciato e la scritta a matita è sul punto di sbiadirsi.

 

MacDougal Street,

Greenwich Village,

New York

 

Il cielo è leggermente grigio. Il sole si fa timido e si nasconde dietro ad una nuvola, mentre una folata di vento le scompiglia i capelli e le fa quasi sfuggire di mano il piccolo pezzo di carta.

In una frazione di secondo, si sente un tuono provenire dall'alto e rimane ancora poco prima che si metta a piovere. Proprio in quella frazione di secondo, il cellulare le squilla in tasca.

Rory attraversa la strada e si mette al riparo sotto qualche balcone un po' sporgente e cammina più veloce che può, nell'intento di orientarsi, trovare l'appartamento e rispondere al telefono che si fa sempre più insistente.

È sicura che sia sua mamma. Ci potrebbe scommettere. Quella donna ha un tempismo perfetto.

Però il cielo non è dalla sua parte: come un bambino capriccioso, si mette a piagnucolare nel momento sbagliato, proprio come se lo facesse apposta.

«Maledizione!» ripete Rory, tre o quattro volte.

Nel momento in cui sembra essersi scatenato il diluvio universale, quasi non si accorge di essere capitata nei paraggi di Washington Square. Le rivolge a malapena uno sguardo fugace, senza però ricordare che, qualche anno prima, là, su quella panchina ora fradicia e vuota, un ragazzo stava leggendo un libro. Un ragazzo... be', non uno qualunque. Leggeva, leggeva per occupare il tempo. Leggeva ed era consapevole che la ragazza su cui era sicuro di aver fatto colpo sarebbe giunta da lui, avrebbe ceduto al suo cuore. La conosceva fin troppo bene. Jess era sempre stato di poche parole, ma mai di pochi sguardi. I suoi occhi parlavano da sé, senza l'ausilio della voce e della bocca. Erano tacite parole, ma di certo non incomprensibili.

Le sembra di rivederlo, di rivivere quelle stesse emozioni che le avevano fatto torcere lo stomaco dall'ansia; le sembrava di sentire il suo cuore pronto ad esplodere solo all'idea di parlargli.

Quella panchina adesso è in balia della pioggia che sembra la stia lavando dai ricordi. E l'acqua porta via con sé anche qualche cosa da Rory.

Chissà dov'è adesso, si chiede. Con chi è... dopo la loro discussione.

La pioggia non sembra cessare, così è obbligata a rimandare le sue riflessioni.

«MacDougal Street... MacDougal Street... dove sei? Ah, ecco! MacDougal Street» dice, già infreddolita e zuppa.

All'inizio della via, per fortuna, c'è l'annuncio che aveva visto su internet.

 

Ehi, tu! Sì, sì, proprio tu che stai leggendo!

Sei uno studente?

Sei uno straniero che è appena arrivato a New York?

Stai cercando un appartamento in affitto a basso prezzo, chiunque tu sia?

Be', allora il numero 38 fa al caso tuo.

Che stai aspettando? Affrettati, i metri quadri vanno a ruba presto!

 

Be', a dirla tutta, l'annuncio che aveva visto sul computer era, diciamo... più formale. Però la sostanza era la stessa.

Ma Rory di New York e delle sue intricate vie ci capisce poco o niente.

Come diavolo sono numerati?, si tormenta.

Le sue dita oramai implorano pietà di tornare al calduccio nelle tasche della giacca, ma sono troppo indispensabili per metterle via. Almeno, non adesso.

Si sta quasi per disperare quando ecco un altro indizio. Sembra una caccia al tesoro. Dev'essere molto fantasioso o fantasiosa chi mette annunci del genere.

 

Ehi, ancora qua? Non hai ancora trovato il 38?

Be', allora ti serviranno intense lezioni di orientamento newyorchese...

Comunque, ehm, vedi quella palazzina rossa? Ecco.

Sì, proprio quella con il Ten Hundred Miles* al piano terra.

Go ahead!

 

Simpatico, il tipo. Sebbene non conosca ancora il sesso di quella persona, è quasi sicura che si tratti di un maschio, un ragazzo dal pessimo umorismo, oserebbe dire.

Dopo altri dieci minuti di cammino, giunge al numero 38 di MacDougal Street.

La lista degli inquilini palazzo è alquanto lunga... ma il simpatico personaggio che mette annunci bislacchi ed ha spirito da vendere si distingue certo dagli altri, con un nome del genere: Kowalski J.

Poco prima che schiacci, il portone si apre dall'interno, così ne approfitta ed entra.

L'aria all'interno della palazzina profuma di rose e di altri aromi fruttati che non sa riconoscere.

Il colore non è solo presente sulla facciata, ma anche dentro: le pareti sono tinte di un giallo limone splendente, con il battiscopa rosso e le scale sono fatte con un marmo colorato, così anche il pavimento lucido.

Dire di sentirsi a casa è piuttosto affrettato, ma Rory si sente già a suo agio.

Certo, non è Stars Hollow... non è New Heaven... ma si adatterà come ha sempre fatto. Sì. Lo farà.

Purtroppo, però, come tutte le cose troppo belle, c'è sempre una pecca: l'ascensore è rotto. Ciò non sarebbe un problema se la palazzina non avesse sette piani e l'appartamento che cerca non fosse al settimo piano. «Evviva!» esclama ironica.

Con lo spirito sportivo in vacanza, Rory si rassegna e comincia a salire, anche se la sua voglia è pari a zero.

Adesso questo palazzo comincia a darle sui nervi.

Al terzo piano boccheggia già. Al quarto la sua lingua tocca terra. Al quinto si deve aggrappare saldamente al corrimano. Al sesto... lasciamo stare, che è meglio. Al settimo le sembra di non avere più un corpo.

Che cos'è un muscolo? Ah, non chiedetelo ad una moribonda, farnetica.

Si ravviva un po' quel disastro che sono i suoi capelli dopo una moderata attività fisica e dopo la pioggia, inspira ed espira. Ora è pronta. Ce la puoi fare, si dice. Prepara un sorriso, calcola le parole, allunga un dito per suonare il campanello, ma l'ansia ha già preso il sopravvento. In questi casi, è meglio non pensare troppo, ma agire.

«Chi è?» chiede una voce maschile. L'intuito di una donna non sbaglia mai. Parola di Daphne di Scooby Doo.

Un sorriso malizioso le compare sul volto.

«Mi chiamo Rory Gilmore, sono qui per l'appartamento...» dice, dopo essersi schiarita la voce.

Percepisce dei passi alquanto pesanti farsi più vicini.

Non ha neanche il tempo di fare un bel respiro profondo che il misterioso J. Kowalski toglie il gancio dalla porta e si piazza dinanzi a lei.

È alto, con gli occhi nocciola, i capelli color miele un po' arruffati e lunghi fino alle orecchie. Il fisico asciutto scompare nella tuta extra large, ha le labbra sottili e porta gli occhiali.

La squadra per un attimo con uno strano ghigno sul viso per poi scomparire nell'appartamento.

«Posso?» si affretta a chiedere Rory.

«Mm-mm» asserisce lui. Non è di molte parole, di persona.

Rory richiude la porta alle sue spalle e si vede costretta ad usare l'olfatto e l'udito per raggiungere la cucina, la stanza in cui dovrebbe trovarsi adesso lui, poiché si sentono rumori di cucchiai che sbattono contro la ciotola dei cereali.

L'appartamento è a dir poco enorme: conterà almeno dieci stanze, di cui una è un'ampia mansarda; la cucina ha pareti in pietra e legno, dallo stile molto montanaro. C'è anche un caminetto e un arco in mattoni sul rustico.

«Wow» le sfugge via.

«Dicono tutti così quando entrano» bofonchia l'altro, con la bocca piena di quella che sembra una pappa di avena.

Però, che coraggio, pensa Rory. Un proprietario che accoglie una cliente in tuta mentre sta facendo colazione e che nemmeno si presenta deve avere una bella faccia tosta.

Già scocciata da questa vergognosa presentazione, cerca di arrivare subito al dunque: «Come funziona per l'appartamento?»

Kowalski si alza trascinando i piedi – e ciò le dà sui nervi – e si dirige verso una bacheca su cui sono appese delle chiavi.

«Hai la 8 H. Al corridoio centrale subito a sinistra. Fa' attenzione, la tipa del 7 B ha qualche rotella fuori posto» la liquida, tornando alla sua colazione.

Lo sguardo di Rory è tra il deluso e l'indignato.

«Tutto qui? Le presentazioni per te sono un optional?» gli domanda con lo stesso suo tono.

Il cucchiaio cade rumorosamente sul bordo di un piatto e Kowalski J. Le rivolge uno sguardo scocciato.

«Piacere, Kowalski» le dice, laconico.

«Mi pare che sul campanello ci fosse anche una J, se non sbaglio. È decorativa o sta per... che ne so, Josh? Jeffery? Jim?» ribatte lei, adagiando le mani sui fianchi per apparire più imponente.

Kowalski finge di essere divertito dal suo humour da provinciale.

«Sta per Joe, Joe Kowalski. Contenta? Ora, se non ti dispiace, finirei di mangiare» cerca di tagliare corto lui.

Rory sorride, soddisfatta.

«Sprizzi simpatia da tutti i pori» dice, ironica.

Joe fa una smorfia e mastica qualche fiocco d'avena con più vigore.

 

L'interno 8 H è accogliente, a differenza del proprietario.

C'è una grande finestra che volge su Washington Square, un letto a una piazza e mezza già rifatto, un armadio capiente, una scrivania e qualche scaffale per i libri. Non ci sono né tende e né vestiti.

A guardare meglio c'è anche un minuscolo bagno, con lavandino, gabinetto, box doccia e bidet.

Rory posa le valigie e apre la finestra per far saturare ancora di più la stanza di aria newyorchese, versione bagnata dalla pioggia, però. Adora quell'odore di umido che la terra e l'asfalto emanano.

E vuole che la sua stanza sia personalizzata.

Per ora questo spazio le piace. Ora che ci fa caso, nota che è già presente un libro nello scaffale: è Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway. Quel nome le ricorda qualcuno. Ancora una volta.

Lo apre e scorge un foglietto inserito tra le pagine a mo' di segna libro:

Benvenuto nell'appartamento 8 sezione Hemingway Ernest (H).

Hai mai letto Il vecchio e il mare? Se no, dovresti. Merita.

Non ti piace Hemingway? Allora cambia stanza, o straniero!

Buona continuazione.

P.S. La scelta inquilino-autore è puramente casuale.

 

A quel Joe piace tappezzare ogni angolo di foglietti, a quanto pare. Chissà se troverà qualche altro post-it in un altro posto della stanza...

È da molto che non legge Hemingway. Forse proprio da quando aveva sedici anni...

“E io prometto che darò un'altra possibilità ad Hemingway” aveva detto, rossa in viso.

“Ernest ti avrebbe dedicato pagine straordinarie” aveva continuato lui.

La malinconia prende il sopravvento. E Rory non vuole fermare i ricordi, perché, dopotutto, le piace ricordare quei tempi. Le piace ricordare loro due insieme. 

NDA: Hola amigos! Corto ottavo capitolo. Vi piace?
*: Ho dovuto cambiare il nome del ristorante poiché esiste davvero. 
Bye! 

Kim.

   
 
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