01/03/2014
1 recensioni"CAPITOLO 1"
Evelyne Pain, che fino a quel’ momento aveva vissuto una vita monotona e semplice, senza particolari svaghi o doveri, al chiudersi della porta si voltò di scatto: Il suo cuore iniziò ad accelerare, mentre un rivolo di sudore le grondava dalla fronte. Sgranò gli occhi e corse nuovamente in direzione di quel cancello cercando di aprirlo: prima con le mani, non funzionò, prese un’ asta di ferro fra i rottami in giro, e cercò di forzarla a ‘mo di piede di porco; nemmeno la seconda opzione funzionò. Cosa poteva fare? I suoi sensi erano allerta, socchiuse gli occhi mentre un altro rumore ruppe la pace del castello, sembravano dei passi strascicati, uniti a delle catene. D’ un tratto, una voce parlò:
-Finalmente, ti stavo aspettando- Una voce profonda, ma allo stesso tempo spettrale, un brivido percorse l’ intera schiena di Evelyne che si voltò nuovamente, in cerca di chi avesse parlato. Non vide nessuno:
-Chi sei?- Emanò con poca sicurezza, con una voce quasi tremante, dubbiosa e, sicuramente, impaurita.
-Io sono il proprietario di questa villa, è un piacere conoscerti.-
-U-un piacere?- Aveva paura, non sapeva che dire, non sapeva che fare. Perché, se nulla di male voleva farle, allora quel alquanto improbabile, proprietario di casa, sembrava averla chiusa dentro?
-Evelyn Pain. Ti aspetto ormai da mesi, sento il tuo bisogno di conoscermi..- Fece una pausa che sembrò eterna.
-Hai paura, perché?-
La giovane ragazza fu sopraffatta da strane emozioni, che non era nemmeno sicura le appertenessero “come fa a conoscere il mio nome? Come fa a sapere chi sono?” Erano le domande più presenti in quel momento nella testa di Evelyne. Si fece coraggio ed alzò la testa, che fino a quel momento stava fissando i propri piedi tremanti, in cerca di una soluzione.
-Perché mi cerchi?-
La voce parve per un momento destarsi –Io non ti cerco Evelyne, sei tu che cerchi me.-
La ragazza scosse la testa –Io non ti cerco!-
-Dunque perché sei qui?-
Sobbalzo un momento e si fece ritta sulla schiena –Cercavo solamente un posto per me, non qualcosa che nemmeno si fa vedere. -
Rimurginò qualche secondo su ciò che aveva appena detto, averci pensato un po’ su avrebbe cambiato alcune parole, strinse la borsa marroncina contro di se e continuò a parlare
-Mi vuoi uccidere?-
La voce rise, una risata talmente spaventosa che fece arretrare Evelyne fino alla porta, sbattè spaventandosi ancor’ di più e si voltò “tranquilla, è solamente una porta”.
-Se avessi voluto ucciderti, stai tranquilla, non saresti qui.-
Evelyne singhiozzò, ed istintivamente portò la mano alla bocca trattenendo un urletto.
-Non avere paura. Vuoi conoscermi? Allora torna a trovarmi, se lo farai, allora potrò aiutarti, posso darti quel che cerchi, c’è solo una piccola clausola, ma te la dirò la prossima volta.-
“io non ho bisogno di niente, ho tutto ciò che mi serve, un lavoro, una casa..” Deglutì:
-Io non ho bisogno di niente.-
-Allora non tornare.-
Evelyne si svegliò madida di sudore, si trovava in camera sua, attorno a lei tutto era buio, sembrava una normalissima nottata di febbraio, una come tutte le altre. S’ alzò e si portò a fatica in bagno, accense la luce, e si bagnò la faccia, bevendo un lungo sorso d’ acqua, si specchiò osservando il proprio corpo, convinta di vederlo avvolto dal solito pigiama avorio. Sgranò gli occhi: indossava un maglioncino grigio, e dei leggings neri, proprio come nel suo “sogno”.