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Autore: Nelith    02/03/2014    3 recensioni
[...]Kath era sempre stata incuriosita dall'emporio, le sembrava solo un negozio dove vendevano erbe, cure e rimedi di ogni tipo; ma tutti i discorsi sentiti le facevano pensare a cose ben diverse.
Tutti erano d’accordo su una cosa: non aveva importanza la richiesta, bastava solo avere abbastanza denaro o, in caso contrario, qualcosa da scambiare. Imure era ben disposta anche a chiedere favori in cambio di aiuti, per questo motivo non riceveva visite solo dalla nobiltà cittadina. Kath si era sempre chiesta se mai un giorno sarebbe entrare nell'emporio con una richiesta e poter parlare con Imure in persona.[...]

Storia scritta per il contest "La ragazza e…la spada" indetto da darllenwr. Prima classificata.
Genere: Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Nebbia

 

Kath si presentò come da richiesta tre giorni dopo. Arrivò poche ore prima del tramonto, attraversando la nebbia grigia che avvolgeva Emonsy da un paio di giorni. Una sottile pioggerella si mescolava all'umidità dell'aria, rendendo l'atmosfera ancora più spettrale e silenziosa.

Dalla finestrella della porta filtrava una calda luce giallo-arancio; questa volta non attese fuori sotto l'acqua, entrò subito ritrovandosi avvolta dagli odori della bottega e da una risata fin troppo squillante. Kath guardò nella direzione del bancone vedendo una donna che dava le spalle alla porta e che rideva in modo fin troppo esagerato, mettendo nella borsa un schettino di erbe e alcune fiale. Ignorò la donna dirigendosi verso la stufa, ansiosa di togliersi il mantello anche se, quella risata e la pomposa acconciatura di quei capelli biondi, le era familiare. Rimase in disparte fino a quando la donna non si congedò, solo allora la riconobbe per Fidess Ver Ivase.

Imure accompagnò la nobildonna alla porta salutandola, poi appese il cartello "chiuso" alla finestrella di vetro.

«Vuoi un tè?»

«Volentieri» Imure si allontanò con il suo passo da folletto e sparì dietro la tenda, mentre Kath occupava la sedia usata fino a poco prima da Fidess. Poco dopo fece ritorno e prese uno dei contenitori di erbe che aveva dietro il bancone, dopo averli osservati tutti con la dovuta attenzione. Appoggiò il barattolo vicino alla bilancia a piatti e appoggiò su uno dei due piattini un piccolo peso di metallo, versando nell'altro una certa quantità di miscela. Kath non riuscì a resistere e prese il coperchio del contenitore per annusare l'infuso. Questa volta era molto speziato; riconobbe la cannella, i fiori garofano, cardamomo, forse un po' di pepe e molte altre spezie che non riusciva a mettere a fuoco.

Imure la guardò sorridente e la ragazza arrossì; sentendosi colta in fallo riappoggiò il coperchio sul bancone. Poco dopo il barattolo era stato richiuso e collocato sullo scaffale, nell'esatto momento in cui il bollitore iniziò a fischiare nella saletta posteriore.

Le tazze che portò questa volta erano di vetro opaco con piccoli disegni geometrici sfaccettati. L'acqua nella teiera si tinse di un rosso intenso non appena le erbe furono messe in infusione. Kath osservò l'acqua colorarsi attraverso il vetro, ipnotizzata da quei giochi di sfumature.

Alcuni minuti dopo Imure versò il liquido nelle due tazze e l'aria - già satura di profumi - si riempì anche dell'aroma speziato dell'infuso.

«Questa volta non sei rimasta fuori al freddo» Kath scosse la testa e respirò il profumo intenso del tè. «Sei sicura di quello che vuoi fare?»

«Sì».

«Allora potrai agire questa notte stessa. Bevi il tuo tè, poi ti dirò come fare».

 

Kath si trovava davanti una piccola ampolla che sembrava contenesse del fumo ma, quando la prese in mano e l'agitò tra le dita, vide che all'interno vi era uno strano liquido.

«Berrai quest'essenza quando sarai nel parco della fontana, davanti a villa Zenshor. Agirà nel tragitto tra la fontana e i cancelli. Non farti spaventare dalla sensazione strana che proverai, continua a camminare anche se non sentirai più il tuo corpo, la tua mente farà il resto».

«Cosa succederà?» chiese Kath titubante.

«Diventerai parte della nebbia, una foschia che sembrerà trasportata dal vento»

Kath la guardò incredula, ma le persone parlavano di lei come una strega se non addirittura come demone - anche se non ricordava dove avesse sentito definirla così - e non poteva che essere così, vista la sua apparente giovane età. Inspirò profondamente per scacciare l'insicurezza, doveva farlo. Nella sua testa una vocina le diceva di non farlo, ma cercava di zittirla «Come troverò la Biancheossa e come riuscirò a prenderla se sarò di nebbia?»

«La pozione ha una durata limitata. In quella forma vedrai senza difficoltà la stanza dove viene conservata la spada. Segui un bagliore rosso scuro, quasi nero; raggiunta quella luce troverai Biancheossa. Non ti preoccupare per la tua consistenza, prenderai la spada senza problemi».

La ragazza annuì e fece per alzarsi ma la mano di Imure la trattenne a sedere; quella mano piccola e delicata aveva la stessa forza di una morsa d'acciaio. «Non ancora Kath Ver Motry, appena il sole sarà tramontato. Questo è un incantesimo di oscurità, agirà quando il sole avrà abbandonato questo cielo» appena lasciò andare la presa, Kath si massaggiò il braccio intorpidito. In un primo momento maledì la sua stoltezza: a cosa aveva chiesto aiuto? Poi allontanò per l'ennesima volta quella paura, il contratto era chiaro, non c'erano stati inganni.

«Devo restare qui fino al tramonto?»

«Sì, manca poco ormai» Imure prese un altro po' di tè, non aveva nessuna fretta.

«Cosa devo prenderti da villa Zenshor? E dove si trova?»

«Dovrebbe essere nella stanza di Navor Ver Zenshor, è un cammeo bianco con intarsiato un teschio dai lunghi denti affilati su una montatura di metallo brunito. Non avrai problemi a riconoscerlo. Si trova nella cassaforte» tese un foglietto rettangolare scritto in una lingua che Kath non aveva mai visto «Appoggialo tra l'ingranaggio della combinazione e la serratura, la aprirà lui. Troverai il cammeo in una scatolina bianca, prendi anche quella, potrai metterla in tasca senza difficoltà» Kath annuì, almeno non le aveva chiesto di uccidere anche qualche Ver Zenshor, non era mai stata sua intenzione eliminarlo. In lontananza il meccanismo dell'orologio iniziò a suonare, battendo sei rintocchi. Quando anche l'ultimo si disperse nell'aria della sera Imure annuì. «È ora di andare. Hai un’ora di tempo»

«Così poco?»

«Durante questo periodo non potrai essere sfiorata da nessuna arma, nulla potrà ferirti né bloccarti la strada. Potrai passare per le fessure delle porte e le serrature, da ogni crepa su un muro che dia sulla stanza successiva. Riconoscerai i percorsi, li vedrai, sono piccoli puntini luminosi. Tu avvicinati con l'intenzione di passare e il tuo corpo agirà di conseguenza, come per afferrare la spada. Sentirai il suo richiamo appena berrai la pozione e saprai esattamente dove andare. Sappi che è stata accuratamente nascosta, probabilmente, quando sarai ormai vicina, sparirà; guardati attorno con molta attenzione» Imure mise le tazze nel vassoio e si alzò «Un'ora è un tempo più che sufficiente per fare ciò che devi» poi sparì dietro alla tenda che separava la stanza posteriore.

Kath afferrò l'ampolla e uscì, immergendosi nell'aria fredda e umida della notte nebbiosa. Si mosse con calma, con il mantello che ondeggiava sinuoso alle sue spalle, non poteva mostrare la fretta che aveva.

Poche erano le persone che giravano a Emonsy, il clima non invogliava la gente a stare fuori dopo il tramonto, ma con l'arrivo del caldo sarebbe stato diverso; le strade si sarebbero riempite anche nelle ore più buie - illuminate dalle lampade a gas che adornavano le strade - i negozi sarebbero rimasti aperti per molto tempo, inondando le vie con i profumi delle loro merci. Il mercato dell'equinozio era sempre stato uno dei preferiti di Kath, era il periodo del risveglio dopo l'inverno, quando la città riprendeva vita. Il cielo notturno in quel periodo s’illuminava di bagliori colorati grazie ai fuochi d'artificio. Quando era piccola assisteva a quello spettacolo dal tetto della sua casa, nella parte sud orientale di Emonsy, ma con il passare del tempo era stata costretta a partecipare alle feste della nobiltà, osservando il cielo dai giardini o dalle verande delle ville, agghindata con lunghi e valorosi abiti dai colori vivaci. Detestava partecipare alle feste, i corsetti le impedivano di respirare e le ampie gonne le rendevano difficile camminare e muoversi come desiderava. Al contrario di sua sorella, Kath non era mai stata un'amante di quelle celebrazioni e appena ne aveva avuta l'occasione - giusto un anno prima - era andata nell'accademia militare di Mihran. Mentre percorreva il grigio ciottolato di pietra costellato di pozzanghere,  ricordò le urla di Firal, sua madre, non voleva che sua figlia entrasse nella guarnigione, aveva altri progetti per lei. Suo padre, invece non aveva obiettato facendo infuriare ancora di più la moglie. Kath sorrise, Agoth l'aveva sempre capita, ricacciò indietro le lacrime, adesso doveva occuparsi di della spada, poi di Bazkel Ver Kaynn e solo dopo avrebbe potuto dar libero sfogo alla disperazione, cercando i colpevoli di quel massacro.

Quando sollevò lo sguardo, vide che era arrivata in prossimità della fontana. Si avvicinò alla struttura e fece scorrere le mani sulla pietra levigata. Mentre girava attorno alla fontana intravide, con la coda dell'occhio, una piccola figura accovacciata, seminascosta tra due alberi che cercava di scaldarsi; se non fosse andata al coperto, magari davanti ad un fuoco, difficilmente sarebbe sopravvissuta alla notte. Kath scosse la testa e si tolse il mantello, lei aveva una casa a cui tornare. Si avvicinò con calma e le passò il mantello attorno alle spalle. La figura non aveva alzato lo sguardo neppure per un momento, Kath pensò che fosse ormai tardi e si allontanò con un sospiro. Aveva fatto solo pochi passi quando sentì uno sguardo pungente trafiggerle la schiena. Quando si voltò verso la figura era sparita, ma nella mente della ragazza era rimasta impressa una strana immagine: dal volto in ombra spiccavano solo due bagliori scarlatti, come piccole fiamme roventi. Ma lo strano individuo non c'era più, assieme al mantello di Kath. Scosse la testa per allontanare quell'immagine e la sensazione di pericolo che le aveva procurato.

Devo preoccuparmi solo di Biancheossa. Davanti a lei, oltre il parco, si diramavano i vicoli della città e la strada principale da cui scorgeva cancello di villa Ver Zenshor, illuminato dalla luce fredda delle lampade a gas. Kath poteva vederlo attraverso la nebbia che si muoveva strisciando per terra; si sedette sul muretto di pietra della fontana e sfilò l'ampolla dalla tasca della giacca. Il liquido in essa contenuta sembrava emettere una strana luce opalescente. Inspirò profondamente e l'aria fredda e umida della notte le si riversò nei polmoni. Stappò l'ampolla e trangugiò il fluido.

Aveva una strana consistenza tra il liquido e l'impalpabile, come se avesse bevuto della nebbia. La fiala di vetro si dissolse tra le sue mani poco dopo che fu svuotata e Kath iniziò ad avanzare.

Dopo qualche passo iniziò a sentirsi diversa, più leggera e il vento sembrava quasi sospingerla, trasportandola verso il cancello. Due guardie stavano appostate all'ingresso avvolti nei loro mantelli bruni, cercando di scaldarsi; nelle loro mani stringevano le lance con impresso sulla punta lo stemma del casato Ver Zenshor. Kath voleva fermarsi, non pensava di poter superarle senza essere vista, avrebbe dovuto trovare un'altra strada ma, alle sue spalle, il vento sembrava pensarla in un altro modo e pochi secondi dopo si trovò davanti alle sbarre del cancello, tra le due guardie che si scambiavano commenti irritati sul turno di notte.

Kath li guardò entrambi ma nessuno dei due sembrò notarla; sorrise tra sé e poco dopo fu oltre il cancello. Il suo corpo attraversò le sbarre senza difficoltà, come se non esistessero.

Fu una strana sensazione, sentiva le sbarre e sentiva il suo corpo aggirarle come se fosse fluido. Per alcuni istanti rimase intontita da quella sensazione - che le provocò una leggera nausea -, ma si riscosse e tornò a concentrarsi sulla villa di mattoni davanti a lei. Quattro alte torri s'innalzavano dai punti cardinali della casa. Kath osservò l'edera rampicante che copriva una parete della villa, salendo verso una delle torri, aggirando la finestra dall'intelaiatura di metallo e salire verso il tetto.

Vide la torre est avvolta in una strana luce scura, quasi palpabile; non capiva se era il vento ad esserle favorevole o qualcosa nella torre la chiamava, ma si trovò ad essere sospinta verso essa.

Magari entrambe le cose. Mentre si dirigeva verso la torre osserva la parete di mattoni, scorgendo piccoli fori luminosi sulla superficie. Fu tentata di fare come le aveva suggerito Imure, ma non voleva rischiare di entrare troppo distante dalla torre e farsi vedere da qualcuno. Sentì i passi di alcuni uomini muoversi verso di lei, le guardie pattugliavano il giardino.

Questo è strano. Perché tutta questa sorveglianza? Più che per abitudine che per vera necessità si acquattò dietro a dei cespugli per celarsi e li sentì parlottare.

«Per quanto tempo dovremmo continuare con questi turni?» chiese il primo.

«Fino a quando sarà necessario» il suo compagno rispondeva con sufficienza, doveva aver sentito quella domanda almeno qualche decina di volte.

«Secondo te cercheranno di attaccare anche noi come hanno fatto con i Ver Motry?»

«Meglio non correre rischi, non credi? E sai bene che Lord Navor è fissato con la sorveglianza» le voci si allontanarono lasciando sola Kath. La ragazza si voltò guardando furiosa i due uomini, avrebbe voluto eliminarli con il pugnale che aveva infilato nello stivale, solo per provocare scompiglio, ma non poteva rischiare di perdere altro tempo. Accelerò il passo e arrivò davanti alla torre; vide un piccolo foro cremisi - un colore che non aveva riscontrato nelle altre vie d’accesso e che, probabilmente, era causato dalla presenza della spada - sulla parete della villa e vi si spinse.

L'interno dell’edificio non era molto illuminato, pochi globi di vetro adornavano il soffitto, ma la luce che emettevano era tutt'altro che intensa. Tese le orecchie ma non sentì nessuno avvicinarsi, non aveva idea di come sarebbe potuta apparire agli occhi delle guardie all’interno; fuori le tenebre l’avevano protetta ma all’interno?

Si mosse furtiva, attratta dalla luce quasi nera che sembrava indicarle il cammino da seguire, pulsando sulle pareti adornate da quadri dalle cornici lavorate e sulla pavimentazione lucida. Fu costretta a entrare in una stanza, un'anticamera che immaginava l’avrebbe condotta a ciò che le interessava. Entrò in parte dalle fessure e in parte dalla serratura, quella sensazione non le piaceva, non era naturale e, in qualche modo, la disgustava. Le sembrava che il suo cuore fosse la cosa più rumorosa all'interno dell'edificio, ma non riusciva a calmarsi.

L'anticamera aveva un gigantesco tappeto che rappresentava la villa, con il giardino e le fontane; era una versione più antica dell'edificio, più piccola, con un giardino più spoglio e meno rigoglioso. In un angolo vi era raffigurata una strana entità avvolta dalle ombre; si poteva intravedere solo due furiosi occhi incandescenti, sembrava quasi cercare di avvicinarsi alla villa ma senza successo.

Kath vi fluttuò sopra senza difficoltà, non prestando troppa considerazione al disegno, osservando i divanetti di velluto verde scuro appoggiati alle pareti. Si stava avvicinando alla seconda porta quando, con la coda dell'occhio, vide che su una parete era appeso un grande specchio antico e notò il suo riflesso; la sagoma del suo corpo era indistinguibile, delineata a malapena nella bruma. Quando vide quell'immagine, o meglio quando non si vide, si sentì vacillare.

Nessun'esitazione. Cercò di concentrarsi sull'ambiente, aveva seguito il pulsare ritmico della luce ma in quella stanza sembrava essere svanito. Eppure deve essere da queste parti. Si guardò attorno smarrita, aveva dato per scontato che fosse oltre la porta, ma adesso non ne era più convinta. Il tempo che aveva a disposizione era poco e ne aveva sprecato già molto.

Più si sforzava di non guardare lo specchio più vi si sentiva attratta, allora smise di lottare e si avvicinò vetro. Vide dei piccoli sbuffi di foschia muoversi attorno a lei, come piccoli tentacoli senza consistenza. Faceva di tutto per non guardare il suo riflesso e puntava lo sguardo negli angoli della superficie riflettente, come guidata dalla foschia.

Quando fu davanti allo specchio iniziò ad osservare la cornice: era di metallo brunito raffigurante piante rampicanti che si aggrovigliavano tra loro e qualche animale che sembrava sbucare dal folto della foresta. Notò, quasi per caso, una piccola scintilla di luce oscura proveniente da un lato dello specchio. Appena la mise a fuoco ricominciò a sentire il ritmico richiamo di Biancheossa. Fu più facile dei tentativi precedenti, il suo corpo attraversò la fessura riconoscendo i meccanismi della porta nascosta e aggirandoli in piccoli vortici di bruma, attratta dall’energia pulsante della spada.

Davanti a lei si apriva un corridoio buio da cui filtrava la misera luce della fessura e che non aiutava a migliorare la visibilità, ma Kath si accorse di non averne bisogno; davanti ai suoi occhi tutto era avvolto da uno strano bagliore iridescente bruno rossastro. Arrivò alla fine del corridoio in rapidi flutti di nebbia, superando il cancello in ferro battuto vide segni di graffi sul lucchetto e sui cardini, ma sembrava che non fosse stato divelto in nessun modo.

In molti devono aver tentato di entrare ma le difese devono essere stare più che valide. Guardò i mattoni di pietra facendo scivolare sulla superficie una mano vaporosa. Loro non devono aver avuto l'aiuto di Imure. Chissà perché non hanno chiesto a lei. Scrollò mentalmente le spalle. Le sembrava strano che qualcuno avesse provato a impadronirsene senza il suo aiuto. Proseguì il cammino, attirata dal richiamo della spada che si faceva sempre più intenso Forse pensavano che il prezzo sarebbe stato troppo elevato. Si trovò davanti ad una piccola sala circolare, priva di ogni abbellimento, sembrava quasi una cappella. Nel mezzo vi era un piedistallo di pietra su cui si arrampicava uno strano rampicante rosso. Sollevò lo sguardo verso l'alto, notando un particolare soffitto a cupola, sulla cui sommità si trovava un foro coperto di vetro; una finestrella da dove filtrava la luce delle ore diurne, quando il sole era allo zenit e probabilmente anche nelle ore notturne, quando la luna compiva il suo giro. In quel momento nulla risplendeva oltre quella finestra e la pianta sembrava essere morta tanto era rinsecchita. Kath vide che le radici dell'edera sorgevano dalla pietra come se fosse nata dalla roccia e non avesse bisogno di terriccio o acqua. Scrollò le spalle, non le interessava e avvicinò una mano fumosa all'elsa della spada che sporgeva dal groviglio di viticci. Qualcosa si opponeva, sembrava quasi che non le volesse permetterle di avvicinarsi all'elsa, ma la spada la stava chiamando e con un leggero sforzo sentì la barriera che la contrastava incrinarsi e frantumarsi. Sentiva l'energia della spada scorrere come fosse acqua tra le sue dita di foschia e, come aveva detto Imure, riusciva a toccarla senza difficoltà; inspirò profondamente, voleva contemplare l'arma che stringeva tra le mani, ma non aveva tempo da perdere. Spostò la mano dall’elsa alla lama, avvolta in uno strano bendaggio, e si girò verso l'uscita più in fretta che poteva.

 

Alle sue spalle la pianta che imprigionava Biancheossa fino a pochi istanti prima si sgretolò, lasciando per terra solo un mucchietto di polvere.

 

Tornò in fretta sui suoi passi ma, invece di uscire, si diresse verso la zona padronale della villa. Conosceva piuttosto bene casa Ver Zenshor, ricordava le feste a cui aveva partecipato, l’ultima solo un anno prima, e non ebbe difficoltà a trovare il percorso corretto.

Non incrociò nessuna guardia, sembrava che arrivasse quando loro avevano già svoltato l'angolo, sentiva solo le loro voci o i loro passi disperdersi nel corridoio.

Attraversò la sala dei ricevimenti deserta e buia. Mentre fluttuava veloce sul marmo chiaro, cercava di portare alla mente i ricordi delle vetrate illuminate dai lampioni, l'orchestra di archi che suonava sul palco e la pista da ballo piena di danzatori che indossavano abiti variopinti. Ricordò il rumore, la musica e le chiacchiere bisbigliate, le risate delle dame alla battuta del loro cavaliere. Aveva sempre odiato quella calca, ma adesso che attraversava l'ampia sala deserta la rimpiangeva. Il soffitto drappeggiato sembrava quasi una creatura fatta a brandelli, con pezzi di carne che penzolavano dalle ossa. Da quando penso a certe cose? Scosse la testa, non era mai stata macabra, anche se aveva meditato con molta attenzione sulla vendetta nell’ultimo periodo, non si era mai soffermata sui dettagli più truculenti. La sua doveva essere una vendetta rapida.

Ritornando nei corridoi trovò la scala che conduceva agli alloggi dei nobili; la stanza di Navor Ver Zenshor ritrovava nei piani più alti, nella torre sud.

Nessuno intralciò il suo cammino, l'unica cosa strana, e che la metteva in apprensione, erano le immagini piene di sangue che le si affacciavano nella mente accompagnate dai rintocchi dell'orologio cittadino che scandiva una nuova ora.

 

La stanza di Navor Ver Zenshor era piuttosto sfarzosa; le pareti erano tappezzate di arazzi dove non vi erano mobili a coprirle. Vari divanetti e poltroncine erano stati sistemati o vicino alla libreria o verso le finestre. Kath si guardò intorno spaesata, non sapeva dove cercare. Inspirò profondamente un paio di volte poi chiuse gli occhi. Aveva bisogno di riflettere.

Una parete sembrava essere fatta di un materiale diverso, più solido.

Deve essere lì. Si avvicinò al muro e scostò l'arazzo che lo ricopriva, rivelando una spessa lastra di metallo con tre sottili ruote dentellate da ruotare per inserire la combinazione. Kath armeggiò con una mano, dove ricordava di avere una tasca, ed estrasse il foglietto che le aveva dato Imure. Rimase sorpresa di sentire senza problemi il tessuto dei pantaloni, non era impalpabile come si era aspettata. Forse è perché siamo fatti della stessa sostanza. Scacciò dalla testa quei pensieri, non aveva tempo per riflettere sulla natura dell'incantesimo di Imure.

Ispezionò il bordo della lastra di metallo per capire dove si trovasse la serratura, poi vi avvicinò la piccola pergamena. Il foglio le scivolò tra le dita, come attratto dal meccanismo, e si attaccò alla cassaforte; nel giro di pochi attimi i simboli che erano stati tracciati su di esso iniziarono a liquefarsi, creando qualcosa di nuovo. Kath fu presa da un conato di vomito mentre osservava il disegno prendere forma, si voltò dando le spalle alla parete inginocchiandosi per terra, per cercare di recuperare l’autocontrollo. Qualcuno in lontananza sembrava ridacchiare, alzò lo sguardo per individuare l'autore della risata ma non vi era nessuno nella stanza. Lo scattare della serratura fece sparire anche la spiacevole sensazione che le stava rivoltando le viscere: aprì lo sportello della cassaforte e cercò la scatolina bianca. A una prima occhiata non trovò nulla ma, grazie alla sua nuova vista, individuò una piccola fessura sul fondo .Dopo un paio di tentativi riuscì ad aprire il nuovo scomparto; la scatolina bianca era lì, sembrava quasi che la stesse aspettando. La afferrò e la mise in tasca - dopo averla aperta per vedere il contenuto - poi chiuse lo sportello. Si era preparata per avere un nuovo attacco di nausea alla vista del sigillo ma era sparito, dissolto nell'aria proprio come era successo con la fiala.

Il suono di un corno riecheggiò nella quiete di villa Ver Zenshor, non sapeva se l'allarme era stato suonato per via della sua intrusione o a causa di qualcun altro ma non le interessava, ormai aveva finito. Fluttuò in fretta verso la finestra ed uscì dagli spiragli. L'aria fredda e umida della notte solleticò la sua pelle di nebbia. Dando retta solo al richiamo del vento si gettò dal balcone; si rese conto dell'altezza solo quando ormai non poteva più tornare indietro, non sarebbe mai riuscita a sopravvivere ad un balzo di quattro piani. Ma grazie alla sua nuova forma, scivolò senza alcuna difficoltà sulla superficie ruvida della parete, strisciando verso terra e giungendo al suolo sana e salva, producendo solo un piccolo sbuffo di nebbia.

Devo smettere di pensare a me come una creatura di carne e sangue. Appena pensò quelle ultime parole altre immagini di morte si affollarono nella sua mente, lasciandola disgustata, facendole tornare la nausea. Si impose di rimettersi in piedi, allontanando quei pensieri.  

Alle sue spalle la villa iniziava a illuminarsi, molte luci filtrarono dalle finestre seguite da voci concitate. Non prestava attenzione a ciò che dicevano, non le interessava, doveva uscire da lì in fretta, prima che l'incantesimo svanisse e ormai mancava veramente poco.

Non si acquattò per terra quando arrivarono le guardie nella direzione opposta, passò direttamente tra loro. Uno dei soldati intravide una sagoma nella nebbia muoversi sospinta dal vento, si voltò per vedere meglio ma c'era solo la foschia; scosse la testa e accelerò il passo per raggiungere i suoi compagni, doveva esserselo immaginato.

 

Kath scivolò oltre il cancello senza aver incontrato nessuna difficoltà, la pozione di Imure era stata straordinaria. Aveva superato il parco con la fontana quando i suoi passi ripresero a ticchetta sul freddo selciato costellato di pozzanghere. Kath non si fermò, ignorò il senso di nausea che sembrava non volerla più abbandonare e corse veloce lungo la strada, stringendo Biancheossa attaccata alla cintura con una mano, mentre con l'altra si assicurava che la scatolina che desiderava la strega fosse al suo posto nella tasca e che non scivolasse fuori.

I capelli scuri si agitavano durante la corsa, nonostante fossero appesantiti dall'acqua che non aveva mai smesso di cadere gelida e sottile.

Riconobbe l'emporio di Imure quando era ancora lontano, una luce rossastra filtrava dalla finestra come a indicarle il cammino; non era l'unica abitazione illuminata, ma in qualche modo era quella che lei notava di più.

Entrò nella bottega chiudendosi la porta alle spalle, riuscendo a malapena ad arrivare al bancone e accasciandosi sulla sedia che aveva usato prima.

Dietro di lei la porta si chiuse con un "click" ma non ci fece caso, aveva appoggiato la fronte al legno scuro cercando di riprendere a respirare normalmente. Pochi istanti dopo sentì l'aroma dolce di uno degli infusi di Imure, la ragazza stava versando il liquido caldo nelle tazze di porcellana nera, sorridendo.

«Questo ti aiuterà a sistemare lo stomaco. Immagino non sia stata un'esperienza piacevole»

«Credo dipenda dal sigillo che mi hai dato» rispose Kath fissando la tazza fumante che le veniva offerta.

«No. È dipeso dalla condizione in cui versavi, eri più sensibile all'energia emanata dall'incantesimo, dopotutto è stato così anche per quella spada; l'hai trovata solo perché vedevi la sua energia». Imure sorrise innocente, mantenendo lo sguardo rivolto all'infuso verde; nel riflesso, sul liquido, qualcosa di ombroso si muoveva e rideva. «Hai il cammeo?» Kath annuì e sfilò la scatola dalla tasca, appoggiandola sul bancone, poi tornò a rivolgere la sua attenzione al liquido dolce che sembrò farle passare l'intorpidimento.

Imure allungò una mano verso la scatola, le dita tremarono mentre sfiorava la bianca superficie liscia. L'afferrò portandola vicino al corpo poi l'aprì con estrema calma. Se Kath avesse sollevato lo sguardo verso la ragazza avrebbe potuto vedere un sorriso irto di zanne adornare il viso, demolendo quell'apparenza delicata, ma la ladra era stremata e non riusciva a sollevare lo sguardo dal bancone; la tazza si avvicinava in modo automatico alle sue labbra.

«Grazie, Kath Ver Motry». Imure chiuse la scatola sorridendole amichevole, come sempre.

«Credo che andrò a dormire» disse alzandosi e compiendo alcuni passi stentati verso la porta. Girò la chiave della serratura e fu travolta dall'aria gelida della notte.

«Dov'è il tuo mantello?» chiese quando vide Kath sulla soglia in procinto di uscire.

«L'ho perso» e sparì chiudendosi la porta alle spalle.

La porta si chiuse con uno scatto senza che Imure muovesse un dito, lasciò la scatola del cammeo aperta sul bancone e, con un cenno nella mano, fece spegnere la maggior parte delle luci, lasciando solo le cinque candele di un candeliere d'argento a illuminare la stanza. Imure si diresse nella stanza posteriore e tornò fuori con un mantello scuro; lo stese sul bancone avvicinando la tenue luce delle candele poi tornò sul retro per prendere ciò di cui aveva bisogno.

«Grazie mille Kath Ver Motry, sapevo che tu saresti stata perfetta» sibilò mentre iniziava a tracciare scuri segni rossi sul mantello. Il cammeo, poco distante da lei, sembrò prendere vita e il teschio inciso su di esso produsse una risata stridente che si propagò per la bottega, accompagnando la voce sommessa di Imure mentre proseguiva il rito.

***

Kath era distesa sul letto, non ricordava neppure come fosse arrivata nella sua stanza. Fece scivolare la mano sul materasso e sentì l'elsa di Biancheossa, doveva averla appoggiata lì prima di sdraiarsi. Si sedette sul letto rigirandosi la spada tra le mani; finalmente poteva guardarla anche se illuminata solo dalla debole luce della lampada a olio sul comodino. L'elsa era finemente lavorata con motivi sinuosi che sembravano aggrovigliarsi tra loro. Tra questi viticci di metallo intravide come piccole teste bianche - simili a maschere - che cercavano di uscire dal groviglio, senza successo. A Kath sembrò di sentire urla d'odio provenire da quegli esseri e distolse immediatamente lo sguardo.

«Sono troppo stanca, questa notte mi ha distrutta» si alzò a fatica dal letto e andò a sistemare la spada dentro l'armadio, ma non prima di aver osservato la lama piatta e incurvata. Rimase particolarmente sorpresa della sua forma, non se l’aspettava, suo padre non gliene aveva mai parlato. Passò una mano sulla lama, era lunga quanto un braccio e sembrava incurvarsi, allargandosi verso la punta, creando nella parte interna una strana escrescenza acuminata, mentre nella parte più vicina all’elsa era sottile. L’impugnatura non aveva alcun tipo di guardia e si piegava in senso contrario a quello della lama, come se volesse bilanciarla.

Avrebbe voluto togliere quello strano bendaggio che la ricopriva, ma era troppo stanca e qualcosa le suggeriva che non era ancora giunto il momento adatto. Tornò verso il letto e - dopo essersi tolta gli indumenti - si sistemò sotto le coperte, addormentandosi immediatamente.

 

   
 
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