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Autore: REDRUMILLA_    03/03/2014    2 recensioni
Harry Styles e Louis Tomlinson sono due ragazzi tutto fuorchè normali. Harry è un indeciso cronico, si aggrappa a chi gli è vicino per vivere e, pur provando in tutti i modi a dare una ragione a tutto quel vuoto che sente dentro di lui più passa il tempo e più si sente inadatto, solo, incompreso.
Louis invece é un ragazzo rabbioso, incazzato con il mondo, con il padre drogato e alcolizzato, con la vita che gli ha giocato un brutto scherzo. Il bullo della scuola, quello che tutto ammirano per la bellezza ma disprezzano per lo spinoso carattere da duro. L' unica cosa in comune che questi due esseri così diversi hanno è un semplice, quanto contorto rapporto di familiarità. Sono fratelli.
Come puó complicarsi ulteriormente un rapporto ormai compromesso? Come puó peggiorare l'irrecuperabile?
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[Larry] [Successivamente Ziam]
Se siete sensibili o facilmente influenzabili evitate di aprire!
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Quello che forse ti sarai dimenticato è che: Harry e Louis sono fratelli, sono stati separati per 7 anni e si sono rincontrati a scuola per il trasferimento
della madre di Harry a Doncaster. Il padre di Louis è un drogato/alcolizzato e vivono in una catapecchia. Prima eri odiava suo fratello per quello che gli aveva fatto ma col tempo l'ha
perdonando arrivando a fare due importanti scelte: Innamorarsi di suo fratello ed entrare a far parte della sua band. Adesso le cose vanno meglio ma Harold deve nascondere il sentimento che prova.
Nello scorso capitolo ancor di più dopo aver scoperto che il fratello non è mai stato attratto da un ragazzo ed è irrimediabilmente etero. Questo capitolo è pieno zeppo di contenuti discordanti, soprattutto da parte di Louis.
Non prendeteli come "cambio di personaggio/ipocrisia" poichè il povero Tomlinson è confuso, vulnerabile e tanto tanto tanto impaurito, anche se non lo da a vedere.


Buona lettura, 
Capitolo 10: Solo io e te


Harry Styles
 
 
Il buio era il padrone incontrastato della mia asettica camera; Le pareti in quell’immobile silenzio assomigliavano a spranghe di ferro, fredde, carcerarie. Tutto in quella stanza non faceva che ricordarmi quanto fossi inadeguato e psicologicamente instabile.
Dopo aver abbattuto tutte le possibili teorie su un probabile bipolarismo, mi presi, con assurda lentezza, la testa fra le mani e cercai di escogitare un modo per uscire dalla mia precaria situazione, per smettere di essere così instabile emotivamente.
Avrei potuto decidere di accettare tutto quello che mi succedeva, tutta la merda che mi cadeva inesorabilmente addosso, come un qualcosa che sarebbe passato.
Come una valanga, che, dopo aver travolto sotto di se migliaia di povere e ignare vittime, se ne andava.
Mentre i superstiti cercavano, lentamente, di riportare il tutto alla normalità.
O meglio, a un qualcosa che non vi assomigliava affatto, ma che sarebbe diventata presto routine, col tempo.
Forse avrebbero potuto scoprire cose che mai avrebbero trovato se quel disastro non fosse accaduto.
Dubito che qualcosa potrebbe surclassare il dolore provato dalle perdite, ma di certo li avrebbe resi più forti.
Ma allora perché io, superstite da chissà quante catastrofi naturali, me ne stavo in questo asettico letto, a valutare ancora una volta le condizioni di degrado senza reagire?
Avevo innumerevoli volte detto a me stesso che non mi sarei più pianto addosso, come una checca – cosa che probabilmente ho tutta l’aria di essere diventato – e sarei andato avanti, avrei ricostruito la mia città e costruito una barricata, per evitare ulteriori danni.
E invece miei cari ho toppato ancora una volta.
Perchè ,quando Louis se n’è andato dalla gelateria, improvvisamente, dicendo che doveva prepararsi a, parole sue, “La migliore performance di sempre”, dove ovviamente “Gli avremmo fatto il culo”, perché ehi:  “Oh, Harry, ci imploreranno prostrandosi ai nostri piedi, di suonare ancora li!”, non ho risposto con un “Si Louis! Andremo fortissimo!” ma ho semplicemente aspettato che uscisse definitivamente dalla porta, nascondesse le sue piccole mani nelle felpa e sparisse dalla mia visuale, voltando l’angolo frettolosamente.
Sono rimasto a fissarlo, scappare di nuovo via da me.
E adesso, come nelle migliori cinepanettoni, sono atteso dai miei compagni di band, entusiasti come mio fratello, poiché “Ammettiamolo è stato un culo assurdo!”, e di certo questa mia condizione di depressione comica non può e non deve compromettere il gruppo.
Anche se, in questo assurdo momento, pensare che dovrò cantare con questo magone allo stomaco davanti a innumerevoli persone, camerieri, coppie sbavose e un Louis sicuramente dannatamente sexy, mi uccide.
Un etero Louis dannatamente sexy.
Un “Non ho mai lontanamente pensato di essere dell’altra sponda ma, ehi! Sei mio fratello, ti accetto per quello che sei!” Louis dannatamente sexy.
Mancavano dieci minuti e sarei stato ufficialmente in ritardo e il mio sedere non aveva la ben che minima voglia di alzarsi.
Mi ridussi a vegetare altre quindici minuti, continuando a pensare che farmi passare una cotta del genere sarebbe stato davvero difficile.
Di certo non mi sarei potuto allontanare da lui, dopo anni che non ci vediamo non mi sembra proprio il caso di spingerlo di nuovo via da me.
La mia mente stava letteralmente navigando alla deriva quando, un trillo mi scosse, buttando l’ancora.

“Dove cazzo sei, Styles?”

Vedo che il biondino si prende troppe libertà.
Dopo aver risposto, dicendo che avevo avuto un contrattempo in famiglia decisi che era meglio smettere di piangersi addosso e reagire anche se, ammettiamolo, ero spacciato.
Non facevo che proiettarmi davanti agli occhi l’immagine di mio fratello imbarazzato e sconvolto.
Mi sollevai lentamente dal letto e, mentre mi strascicavo in bagno, decisi che stasera avrei avuto un look diverso, mi sarei vestito di tutto punto e avrei fatto colpo.
Maschio o femmina che siano, stasera me ne sarei fregato.
Mi lavai velocemente i capelli, soffermandomi sull’asciugatura: Stasera non avrei avuto i miei soliti ricci ribelli alla rinfusa.
Presi una spazzola e li pettinai, mentre passavo il phon, all’indietro fino ad ottenere un onda morbida al posto di tante piccole ondine impazzite.
Passai in rassegna ogni maglietta e camicia che avevo ma non trovai un granchè.
La passione di mia madre per le camicie a quadretti però dette i suoi frutti. Indossai una camicia a quadri rossi e neri e, lasciandola aperta, la coronai con una maglia bianca semplice con l’unica particolarità di avere tre piccoli bottoncini sul davanti e degli strappi sulla vita.
Misi i miei soliti jeans neri ma, decidendo che quella sera sarei stato un duro, indossai quelli rotti che mia madre voleva aggiustare.
Avevano un taglio sul ginocchio, dovuto a una mia recente caduta per le scale, classico.
Completai il tutto con degli stivaletti di camoscio marrone scuro e le mie solite collane.
Mi specchiai velocemente, prima di uscire e notai che in fin dei conti i miei capelli non erano messi proprio come speravo, quindi, con un gesto veloce, corsi in camera di mia madre e presi un suo foulard che misi incastrato fra i miei ricci a mo di corona.
Ok, adesso poteva andare.
Arrivai all’appuntamento con mezz’ora di ritardo e la cosa non piacque molto a Zayn che appena arrivato mi lanciò il quaderno con gli spartiti e mi indicò la strada da fare per arrivare al luogo del concerto.
Durante il viaggio la situazione migliorò. Niall si avvicinò a me e mi premette il mento sulla spalla, dicendo.

“Non preoccuparti Styles, non siamo in ritardo. Stai calmo, canticchia qualcosa e rilassati.”

Di conseguenza Liam mi sorrise e poi tornò a guardare uno Zayn che a sua volta puntava il suo sguardo verso di me, compassionevole.
La mancanza di mio fratello non sembro turbare nessuno, quindi intuì che fossero d’accordo che lui sarebbe andato prima al locale.
Capì che il Paprika era un locale importante, frequentato spesso da Louis e gli altri tre, sperai fosse un luogo non troppo confusionario e pieno d’alcool, alla fine avevo deciso di non toccare nessun alcolico venuti qui a Doncaster.
Avevo deciso di cambiare vita, avevo deciso che almeno una cosa positiva in quel trasferimento ci sarebbe stata: Non avrei più partecipato ai festini degli amici di Nick, che finivano sempre con troppo alcool e abbondante fumo.
Città nuova vita nuova
E non avrei infranto la mia promessa la prima sera che uscivo, mai.
Arrivammo stanchi al locale, con il fiato corto dovuto alla nostra camminata sostenuta, colpa del mio ritardo.
Mi sentii colpevole perché, se il fiatone non mi fosse passato e non mi fossi ripreso completamente, avrei compromesso tutta la band.
E quei ragazzi mi avevano dato tanto, troppo, per deluderli.
Inoltre non avrei potuto sostenere il volto di mio fratello deluso, triste e rannicchiato su se stesso, come quando nostra mamma ci vietava di uscire a giocare con i soldatini, o quando non ci portava al parco giochi perché doveva lavorare.
Ma scanso tutte le mie possibili speranze lo vidi li, nella stessa posizione di quando aveva poco più di otto anni: La testa era rivolta verso il basso, il suo sguardo fissata una corda della chitarra che continuava a stuzzicare, sperando di accordarla con l’altra mano.
Non si muoveva se non per cambiare corda, se non per l’ennesima volta, accordare la già perfetta chitarra nera lucida.
Non era da lui. Era così eccitato per l’imminente esibizione, perché quella tristezza nel suo volto coperto dai lunghi e scompigliati capelli marroni?
La voglia di abbracciarlo e sussurargli all’orecchio che tutto sarebbe andato per il verso giusto, avremmo sicuramente finito per fare una bellissima figura e non c’era assolutamente niente per cui preoccuparsi.
Alzati Lou e mostra il sorriso per cui, ormai da settimane, non faccio altro che sognare la notte.
Quel sorriso che mi scalda quando le folate di vento mi fanno rabbrividire, quando i miei stupidi compagni di classe aprono la finestra consci di dar fastidio.
Quel sorriso per cui mi sveglio di buon umore la mattina e per cui corro a fine pausa pranzo per venire il prima possibile in aula a poterlo ammirare ancora ed ancora.
Quando cerco di fare stupide battute che non rivolgo a te per imbarazzo, ma che mostrano i tuoi adorabili canini appuntiti.
Vorrei dimenticarmi per un attimo del sangue che ci lega e stamparti un dolce bacio su quella candida guancia coperta da quei capelli che parevano così morbidi.
Dannazione, sarei potuta stare un intera sera solo ad accarezzarteli, per farti addormentare con la mia ragione di vita, il tuo dolce sorriso stampato sulle labbra, mentre sospiri contro il mio petto.
 

Louis Tomlinson

 
"“Harry non devi essere imbarazzato, so che stiamo piano piano imparando a conoscerci ed è normale che tu sia imbarazzato ma, santo dio, non permettere che questa tua spontanea dichiarazione rallenti tutto!”
Dissi, sperando di sbloccarlo da quello stato catatonico in cui era caduto.

“Voglio tornare ad essere tuo fratello, senza imbarazzo, senza paura di mostrare le mie debolezze, come paura di scoprire le tue. Senza preoccuparmi se sei etero, bisessuale o ami leccare il sedere alle scimmie.
Siamo fratelli, ti amerei anche se tu indossassi un orribile camicia Hawaiana a fiori, giuro! Riuscirei anche a camminarti accanto senza preoccuparmi della gente, e sicuramente non riderei di te. Anche se ammettiamolo, avresti davvero dei pessimi gusti Harold.”

Avevo fatto centro. Un dolce sorriso si fece spazio fra le sue labbra e mi lasciò intravedere il mio passatempo preferito da bambino, le sue fossette.
Mentre eravamo seduti accanto, appiccicati in una sedia sola per mangiare, mentre aspettavo che mi fosse servito il pasto, infilavo le mie dita nelle piccole buche che aveva Harry sulle guance e, mentre lui imbarazzato rideva ancora di più, io mi incantavo con la sua risata.
La risata che sin da piccolo avevo sempre pensato fosse la migliore mai udita.
E proprio per quella fragorosa risata da fanciullo, ogni motivo era buono per farmi notare, per dire battute stupide o per finire nei guai.
Per sentirla di nuovo, più forte di prima.
Risi al pensiero che ero dipendente dalla sua voce.

“Scusa Lou” disse mentre continuava a soffocare una risata che fremeva dall’uscire dalla sua bocca ed espandersi in tutta la stanza, riempiendola.

“Di nulla! Poi sicuramente sarà figo avere un fratello gay. Mi sento un ragazzina ma, davvero, tutti i più bei ragazzi sono gay, e tu sei davvero bello.”

Mi tappai subito la bocca con la mano destra, cercando di rimangiare le parole dette, come se avessi per sbaglio innescato una bomba a mano e ormai non ci fosse più possibilità di scappare.
La reazione fu immediata, le sue guancie si tinsero di un rosso acceso, e un sorriso colpevole si fece largo fra le mie labbra.
Andava bene così.
Avevo fatto la figura dell’emerito idiota ma andava bene così.
Mi sarei successivamente chiesto il motivo di tale affermazione, adesso dovevo ancora una volta bearmi del volto imbarazzato di mio fratello e dio, non me lo sarei perso per nulla al mondo e non potevo che essere felice di essere il motivo di tale reazione.
L’eterosessualità Tomlinson, dove l’hai nascosta?
Avrei potuto anche dimenticarmi cosa ero stato, cosa avevo fatto e che merda ero diventato perché ehi, la mia vita ha sempre avuto come centro gravitazionale, mio fratello.
Avrei potuto dimenticare tutto, per riniziare a creare tutto da capo.
Distruggere tutto per nascere qualcosa di nuovo, assieme a lui.
Non sarei stato Louis Tomlinson figlio di quell’idiota alcolizzato da cui prendevo il cognome ma sarei stato semplicemente Louis.
La persona più importante per Harry.
"

Dannazione, avrei tanto voluto non dire quelle parole, non tanto per la reazione ma per la situazione che mi avrebbe aspettato dopo averlo riaccompagnato a casa.
Quando, dopo essermi assicurato che fosse salito in camera sua, mi accasciai sul pavimento freddo del suo terrazzo, cercando di non pensare, di non provare nemmeno a sfiorare l’argomento.
No, non mi sarei mai interrogato sul motivo per il quale avessi detto quella stupidaggine.
E infatti adesso mi trovo a pensare e ripensare a quello che ho fatto, lottando con la determinazione a non volerlo sapere.
Adoravo davvero tanto mio fratello, ne ero sicuro.

“Ciao Louis!” Disse Liam, poggiandomi la mano sulla spalla.

“Se continui ad accordare quella chitarra finirai per rompere le corde! Penso sia apposto così!”

Sempre il dannato vecchio Payne, sicuramente adesso non avrebbe capito il motivo del mio disagio ma presto avrei dovuto parlarne con lui.
E di cosa dovevo parlare con Liam? Della mia dipendenza da Harry? Alla fine non era niente di nuovo.

“Ehi Lou!” balbettò e quasi sussurrò un volto riccio alle mie spalle.

“Harold!” Mentì che tutto andasse bene, più a me stesso che a lui.

“Non sei emozionato? Tocca a noi, stiamo per esibirci per la prima volta con un vocalist! Dio, sarà un successo!”

Alla fine era meglio dimenticare della mia confusione e concentrarsi su quello che avremmo dovuto fare pochi minuti dopo.
Dettai tutte le direttive a Zayn, che non aveva partecipato all’ultima prova ma che avevo intuito avesse provato molto con Liam.
Infatti comprese al volo quello che volevo spiegargli e, senza nemmeno accorgermene, il locale era pieno e ed il proprietario ci stava presentando.
Molte facce mostrarono palesemente il loro disprezzo per quel cambio di programma, pensando la musica techno avrebbe accompagnato tutta la loro serata all’insegna dell’alcool.
L’avremmo sicuramente fatti ricredere.
Oh se ci saremmo riusciti.
 
***
 


Harry Styles
 
 
Le canzoni procedettero senza intoppo alcuno, la mia voce stava lentamente assumendo un tono più rauco del solito ma nessuno sembrò farci caso, anzi, la mia voce piaceva.
Notai come goffamente delle ragazze che avevano all’incirca la mia età tendevano la mano verso di me, per afferrarla.
Dio, è una cosa così da boyband che canta canzoni pop, per quanto mi piacciano le canzoni commerciali non finirei mai a cantarle con altre persone facendo movimenti allusivi e ambigui.
Nono, io, Harry Styles, l’idolo delle folle? Ma per piacere.
Allungai quindi la mia mano, impacciato, e la scontrai goffamente verso le loro che di risposta si abbracciarono entusiaste.
Allibito.
Mi voltai verso Louis e camminai verso di lui, come di consueto ormai e, mentre cercavo di allungare la corda del mio microfono verso di lui, saltellando convulsivamente, venni afferrato da qualcosa di caldo.
Una mano mi afferrò l’avambraccio e si andò presto ad unire alla mia.
Era davvero piccola.
Stavo per scrollarmela di dosso, in un gesto incondizionato ma poi vidi a chi apparteneva e per Dio, rimangiai tutti i propositi di offendere il possessore di quel minuscolo arto.
Strinsi la mia mano così forte che mi portò irrimediabilmente a alzare lo sguardo, impugnando saldo il microfono e cantare il ritornello con i suoi magnifici occhi, ormai stetti a fessure, su di me.
Era uno sguardo strano, non come quelli che mi riservava di solito, quei sguardi che da bambino non faceva altro che regalarmi.
Uno sguardo che non avevo mai visto in lui, non era un qualcosa di negativo o intimidatorio era più come quello di un animale che guardava la sua preda per fare in modo che tutti gli altri suoi simili capissero che apparteneva a lui, e a lui soltanto.
Scacciai quel pensiero dalla testa perché, ehi, Louis di certo non è geloso.
O meglio, non avrebbe motivo di esserlo anche se quella sera se avessi voluto, e fossi stato un tantino più eterosessuale, non sarei andato a letto da solo.
Finì l’ultima canzone in scaletta e, per ringraziare le fan dovetti separarmi da quella presa calda che sapeva di casa.
Casa.
Oh si, avevo ritrovato in mio fratello qualcosa che pensavo di aver perso, la familiarità.
La reciprocità e l’amore fraterno. O meglio, leviamo il fraterno.
Finimmo con un chiassosissimo applauso e, se avessimo avuto un po’ più di coraggio e sfrontatezza, ci saremmo lanciati sul pubblico a braccia aperte poiché quella era una sensazione che ti riempiva i polmoni, che ti diceva ad alta volte: “Ehi, sei vivo” e ricordare quella citazione famosissima di un recente libro: “E in quel momento, giuro, eravamo infinito.” Era inevitabile.
Avevo sempre desiderato diventare un cantante, fin da quando ero piccolo, fin da quanto cantavo in bagno con mio fratello mentre mi chiedeva di sbrigarmi a far pipì.
La musica aveva accompagnato tutta la mia vita e anche adesso sa darmi quel supporto che cerco, quel trampolino di lancio per dire addio alle preoccupazioni o per crogiolarmi in un dolore che non andava rivelato.
Perché alcune volte con le note, gli acuti e un microfono in mano si dicono tante di quelle cose che mai avremmo potuto spiegare altrimenti.
L’amore, la felicità, l’angoscia.
La musica può darti tutto questo e togliertelo con un semplice cambio di ritmo, con delle lentissime dita che scorrono su un pianoforte o affamate che pizzicano le corde di una chitarra elettrica.
Perché dire che essa è la colonna sonora della mia vita è scontato, ma è la mia più assoluta verità.
E sarebbe assolutamente egoistico tenersela tutta per se.
 
***

 Le ore successive passarono e l’elettrica prese il posto che prima avevamo noi. Piatti montati in pochissimo tempo e la sala si era trasformata in una vera e propria discoteca ed io, dall’eccitazione per il successo che aveva avuto la nostra band, non ho fatto fede ai miei buoni propositi, infrangendoli alla grande.
Ma d’altra parte come potevo rifiutare dei drink gratis? Sarebbe stato assolutamente irrispettoso verso le ragazze che me li offrivano.
O almeno credo.
La mia testa è come se stesse galleggiando in una bolla, le voci di persone così vicine a me sembrano lontane anni luce.
Le mie mani si muovono nervosamente sul tessuto dei mie pantaloni e un sorriso tirato padroneggia sulla mia faccia insieme a due occhi stanchi gli facevano da contorno.
Avevo bevuto troppo.
O almeno credo di averlo fatto.
Beh, era successo per forza ed avevo avuto anche delle brutte allucinazioni perché di certo il rumore che avevo sentito non poteva essere che la voce di Louis.
Che detto fra noi: Non si vedeva da circa un ora.
Urlai a Niall, cercando di contrastare il rumore troppo forte delle casse poste poco lontano da me.

“Era la voce di Louis? Mi sa che ha fatto un bel casino!” E finita quella frase troppo lunga per poter essere detta in quelle condizioni, mi accasciai sulle gambe del mio dolce amico irlandese e cominciai a ridere istericamente.

“Harry, alzati dalle mie gambe, su su, stai sveglio! Non voglio portarti in braccio a casa, pesi sicuramente più di me, con quei tuoi due metri di gambe.”

Era proprio un dolce amico irlandese.
Caro lui.

“E comunque si, è parso di sentirla anche a me la voce del tuo amichetto. Sarà seriamente finito nei guai.”

E senza volerlo, Niall aveva appena scandito l’inizio di quella serata movimentata che difficilmente avremmo dimenticato.
Il sipario si aprì con un affannato Louis che cercava di fare il disinvolto mentre usciva dalla cucina con la patta dei calzoni abbassata e dei capelli che differivano molto da quelli che possedeva a inizio serata.
Era stravolto, chissà cosa aveva fatto? Cosa ci faceva con i calzoni sbottonati in una cucina?
Finalmente le mie confuse supposizioni da ubriaco si poterono concretizzare e rivelare del tutto sbagliate perché, poco dopo, dalla porta era uscita una ragazza bionda molto formosa con un davanzale abbondante.

“Sei un finocchio Tomlinson, non farti rivedere mai più in questo posto, mai più, mi hai sentito bene?!”

La rabbia della ragazza era palpabile  e mio fratello era spaesato, probabilmente aveva bisogno di aiuto.

“Che cazzo è successo?”

Disse Zayn, tornando dalla pista assieme a Liam, sconvolto dalla situazione.

“Oh, nulla, la ragazza ha frainteso! Ve lo dico io, Louis non è gay!” e risi.

Non riuscivo seriamente a capirci nulla, la musica rimbombava nelle mio orecchie, in procinto di scoppiare da un momento all’altro, e fu in quel momento che la sentì.
La voce di mio fratello che chiamava il mio nome, voleva il mio aiuto, voleva che lo aiutassi.
Forse era solo una futile illusione da troppi drink ma non avevo tempo per ragionarci su e scegliere razionalmente poiché tutti e quattro ci stavamo muovendo impacciati verso di lui; per levarlo dalle grinfie di quella donna che probabilmente non aveva e non avrebbe mai capito mio fratello.
Louis non è gay biondina, e se a te questo può suscitare un sospiro di sollievo a me invece lo toglie.
Perché pensare di rincorrere qualcosa che non raggiungerò mai, cara tettona è una merda.

“E poi chi sarebbe questo fantomatico Harry eh?”

Sentì pronunciare il mio nome fra la folla e non potei che alzare la testa e spintonare due ragazzi accanto a me per poter vedere quello che stava succedendo.
Cosa hai detto Louis, cosa c’entro io? Dimmi che non è una di quelle serate dove devo fare il serio perché non ci riuscirei.

Dimmi che sta solo scherzando.

“Hanna per piacere, sta zitta!”

Aveva nel frattempo sistemato la zip dei suoi jeans e passato una mano fra i suoi capelli sudati e irrimediabilmente attaccati alla fronte.

“Devo stare zitta Louis, davvero? Quindi basta che bevi un po’ e cominci a sussurrare il nome di un ragazzo? E io dovrei stare zitta?”

Cosa?
Per un attimo dimenticai tutto l’alcool che avevo in corpo e compresi.
Come potevo non capire, era stata abbastanza chiara.
Allora decisi che dovevo raggiungerlo, al più presto.
Dovevo abbracciarlo e sussurrargli fra i suoi splendidi capelli ramati che andava tutto bene, che lei non lo meritava e che mi dispiaceva.
Mi dispiaceva avergli procurato dolore perché nessuno più di me sapeva quanto facesse male.
Quindi spintonai ancora una volta le persone che ci separavano e lo raggiunsi con un ultimo slancio in avanti.
Lo presi per una mano e senza aspettare una sua reazione di alcun tipo lo portai lontano da li, lontano dai suoi problemi.
Ma al contrario mio che, come lui avevo deciso di allontanarmi da tutto e da tutti, lui non era solo.
Lasciai la sua mano tremante solo quando raggiungemmo il bagno e, appoggiando il suo esile corpo con la schiena sul lavandino, mi sedetti.
E quando stavo per parlare, per chiedere spiegazioni, mi fermai a fissare il pavimento.
La musica ormai ci raggiungeva solo parzialmente, l’odore di alcool era attenuato e il silenzio non faceva che farci frizzare le orecchie e girare orribilmente la testa.
Un dolore insopportabile che si univa ad un acre odore di pipì mi pizzicava le narici e mi portava ad avere forti strizzoni a livello dello stomaco.
Strizzoni che cercavano di scappare, procurandomi conati di vomito sempre più forti e frequenti.
Finché non scesi da dove ero seduto e in attimo alzai la tavoletta del water e lo feci.
Vomitai tutto quello che avevo bevuto, mentre una mano calda, che ormai conoscevo bene quella sera, spostò dolcemente i miei ricci dalla fronte, sorreggendola.
Mi ero ripromesso di smetterla, di diventare forte, fermo sulle mie decisioni e invece ne avevo appena infranta una, poche settimane dopo averla abrogata.
Vomitare mi ricordò quando conobbi Nick, in quel maledettissimo locale a Holmes Chapel in cui mi rifugiai appena riuscì a scappare per la prima volta di casa.
Quel giorno avevo bisogno di sfogare i miei problemi e l’alcool mi era sembrato la soluzione migliore, che sciocco.
Che debole.
E come pensavo di poter sorreggere mio fratello quando non riuscivo nemmeno a far sopravvivere me?

“Harold stai bene?”

Allora mi alzai, deambulai con il suo aiuto verso il lavandino dove era seduto e mi sciacquai la bocca, cercando di far passare quel disgustoso odore di debolezza, ricordi, alcool e sesso.
Perché quel giorno, in quello squallido pub di periferia,annebbiato dall’alcool, persi la mia verginità con Nick, a cui mi sarei irrimediabilmente legato pochi mesi dopo.

“Si, tutto ok Louis.”

Basta Harry, basta. Adesso tuo fratello ha bisogno di te, dimostra che possiedi la forza per aiutarlo, dimostra che sei qualcuno.

“Cosa è successo?” cercai di chiedere, aspettandomi che non avrebbe risposto.

E invece lui lo fece.

“Io..”

Si fermò subito, aveva paura, era sconvolto, disorientato e tanto tanto smarrito.

“Io ho detto il tuo nome mentre stavo con Hanna.”

Compresi subito, come avevo già fatto dieci minuti fa, grazie alla divulgazione che Hanna aveva fatto, in tutta la sala, della notizia.

“Non so come sia successo Harry, non lo so. Io non sono gay, a me piacciono le donne, io non..”

“Tu non sei attratto dagli uomini.” Completai io, sperando riuscisse a riprendere fiato per poter continuare.

Dal suo viso non scendeva neanche una lacrima, ma i suoi occhi erano proiettati nel nulla, appannati e assenti.

“Io non lo so. No, non credo.”

Si avvicinò a me a passo lento, cadenzato, cercando di studiare la mia reazione, i miei movimenti, e non lasciò nemmeno per un attimo il contatto che si era creato fra le nostre iridi.
Prese il mio mento fra le mani, spostando l’altra dietro al collo, solleticandomi la schiena.

“E’ solo che tu sei bello Harry. Lo sei sempre stato. Quando eri piccolo tutti si complimentavano con mamma perché eri uno splendore. Quei bei capelli ricci che ti ricadevano sulle spalle e un sorriso vispo che non
abbandonava mai il tuo viso e quelle gote rosse che tanto invidiavo.
Ma alla fine no, non invidiavo nulla di te perché io potevo avere tutto. Io avevo te.
I tuoi sorrisi dipendevano dai miei e viceversa e, dio se ero contento.
Quando all’alba tu ti svegliavi perché sorgeva il sole e pensavi che dormire fosse solo una perdita di tempo, io non sospiravo mai, non mi lamentavo.
Non lo facevo perché svegliarmi, se tu eri accanto a me, non era assolutamente una maledizione bensì una fortuna. Quel giorno avrei potuto bearmi della tua risata per più tempo, e se fossi riuscito a convincerti  saresti rimasto nel mio letto a parlare e a scompigliarmi i capelli con le tue mani paffutelle.
Tu eri il mio tutto. Il mio bellissimo tutto.”

Le parole di mio fratello mi arrivarono addosso come una doccia fredda quanto piacevole.
Come una scarica elettrica in pieno petto.
Rimasi tutto il tempo a bocca aperta, fissando i suoi occhi farsi acquosi, occhi che intimavano paura ma anche tanta determinazione.
E tanto amore.

“Io non so cosa sia tutto questo che sto provando, forse è semplicemente affetto, un affetto che ho serbato per così tanto tempo che avendolo tirato fuori tutto un colpo mi ha spiazzato. Forse è solo la mancanza della tua presenza nella mia vita, forse la solitudine che ha dominato la mia vita per sette anni ma, Harry..”

Lo fissavo ancora, mentre balbettava parole senza senso, parole a cui io avrei potuto benissimo darne uno, un senso che probabilmente sapevamo entrambi, un qualcosa di spaventoso che sapevamo sarebbe arrivato. Che anche se abbiamo cercato in ogni modo di celare ha avuto la meglio.
E io glielo avrei permesso, avrei permesso a questo qualcosa di uscire perché ero stanco e volevo solo essere felice.
Volevo solo vivere come facevo quando lui era assieme a me.
E quando, facendo un passo avanti congiunsi le nostre labbra non provai tristezza, nemmeno terrore, solo una forte liberazione.
Come se per un intera vita avessi solo aspettato quel momento. Ed in effetti era così.
Ma adesso che era arrivato era qualcosa di superiore alle mie aspettative.
Non chiesi nulla a Louis, aspettai semplicemente di capire se anche a lui andava bene così.
Che quella sera saremmo stati solo Harry e Louis, non saremmo stati altro.
Non eravamo uomini o donne, non eravamo fratelli o familiari, eravamo solo vivi.
Ed eravamo felici.

“Io non sono gay Harry..” sussurrò sulle mie labbra, ridendo spaventato ma senza spostarsi da me.

Senza togliere la mano che aveva appoggiato cautamente sul mio fianco e senza frenare il movimento che stava facendo sui miei capelli.
Perché anche lui l’aveva capito. Anche lui sapeva che sarebbe finita così comunque.
Perché diciassette anni d’attesa bastavano, un intera infanzia era sufficiente e i pianti contro il cuscino di un intera adolescenza erano anche troppo.
Adesso basta.
E fu in quel momento, quando lui chiuse gli occhi, che l’assenso era arrivato.
Iniziò a baciarmi dolcemente, come per paura che qualcosa potesse allontanarmi da lui, come se una sola mossa falsa e avrebbe rovinato il desiderio di un intera vita.
E giuro, non avevo mai baciato nessuno così, senza fretta alcuna.
Mentre le nostre labbra imparavano a conoscersi e i nostri nasi a trovare lo spazio nelle guance qualcosa nel mio petto si fece sentire.
E quel qualcosa stavolta non era un drink di troppo, non era un ricordo amaro e sporco, per la prima volta quel qualcosa era vero amore.
 



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Hello cicci pasticci! 
Sono tornata dopo una lunga assenza a cui sono sicura siete abituati x°D Ho deciso che ormai è inutile che vi dica che aggiornerò a breve o cose simili perchè sapere che non sarà così, quindi metto le cose in chiaro:
Aggiorno ogni mese/mese e mezzo e per facilitarvi il "ricordo" vi metto il riassunto sotto il bannerino fatto con tanto ammoreh LEGGETELO SE NON VI RICORDATE!
Io per esempio dimentico sempre la fanfic se nel titolo non mi ci scrivono: "OH, CICCIA! QUESTA E' LA FANFIC DOVE LOUIS FA QUESTO E HARRY FA QUESTO CON QUESTO E BLA BLA" ma ovviamente non vi posso mettere nel titolo: "HARRY E LOU SONO DEGLI INCESTUOSI RAGAZZETTI CHE SI INCULETTANO ALLEGRAMENTE" quindiiii vi metto subito, SOTTO IL BANNER, la descrizione molto shalla che leggete in due nano secondi!
Ho poco da dire su questo capitolo, anzi nulla.
Si capiscono molte cose e i larry dopo 10 capitoli si baciano e DIO, NON VEDEVO L'ORA.
Io sapevo che nel 10 si sarebbero baciati ma sapete.. durante la stesura non sai mai se vai troppo per le lunghe e ti tocca slittare al capitolo dopo e via discorrendo..
tipo la ziam dovevo iniziarla nel capitolo 10 ma, avendolo tipo fatto di 13 pagine ho deciso, per non complicarvi le idee, di mettere solo degli accenni e slittare probabilmente al 12 e non all'11 che sarà sempre molto LARRY :3
Boh, non saprei che altro dire..
Sono un po' di fretta e voglio finirmi di vedere i braccialetti rossi xD
Comunque.. se volete (E FATELO) lasciatemi una recensione! Come ho sempre detto e sempre dirò IO NE NECESSITO.
Mi aiutano ad aggiornare prima e mi spronano a scrivere meglio e a migliorarmi e giuro, mi scaldano sempre il cuore.
Quindi nulla, io vado!
Grazie e a fra un mese <3 
 
 
 
 
 
 
  
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