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Autore: A q u i l e g i a    14/03/2014    1 recensioni
Satoshi è un uomo come tanti: incastrato in un matrimonio senza amore, con un lavoro mediocre e un'esistenza che non susciterebbe l'invidia di un disgraziato.
Kasumi è una ragazza che mente per professione. Guadagnarsi la fiducia di uomini sposati, baciarli e raccogliere delle prove sul tradimento compiuto per mogli desiderose di divorzio: era questa la sua vita.
E se, un giorno, queste due persone si incontrassero, cosa succederebbe?
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ash, Gary, Kenny, Lucinda, Misty | Coppie: Ash/Misty, Kenny/Lucinda
Note: Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Anime
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はな

した


hanabi no shita de
 

無月

「moonless sky


~


Il silenzio di quella notte d'estate era turbato da un leggero cigolio, tra l'armonia dei cicalecci dei grilli e i suoni sommessi della strada. Lo si riusciva a sentire sin dall'ingresso nella modesta abitazione, in quella camera da letto priva di luce, sommersa dal buio: era un rumore fastidioso e ripetitivo, mentre due sagome, perfettamente avvolte dal buio, si contorcevano in una magnifica danza nel mezzo delle lenzuola. I loro cuori, sebbene uniti in una sola e pulsante entità, avevano paura di essere scoperti in quel vincolo inscindibile qual è l'amore e il piacere di quell'istante non era che un'atroce sevizia.
«Satoshi non tornerà prima della mezzanotte, conoscendolo. Non ti preoccupare» le parole di Hikari erano soavi e armoniose, ma l'angoscia nei suoi verbi era ben percettibile all'occhio dell'amante, Kengo.
La giovane donna poggiava al petto dell'innamorato; lo accarezzava affettuosamente, con dei tiepidi movimenti. Poteva sentirne i battiti, uno dopo l'altro, e ciò le donava il sorriso.
«Conoscendolo, dici» nonostante si fidasse dell'amata, Kengo non poteva non rimanere dubbioso davanti alla vacuità delle sue parole.
«Sono appena le undici...» ribatté lei «È ancora presto!»
Kengo non si era calmato. Ciò che lo tradiva era il suo cuore stesso, i cui picchiettii erano irregolari e scalpitanti. Però amava stare sotto le lenzuola con Hikari; era il momento in cui la sentiva più vicina. Tuttavia, questa paura che lo martoriava tutte le volte, quei sobbalzi ad ogni scricchiolio sospetto e quei continui sguardi alla porta della camera lo rendevano nervoso: non potevano andare avanti così.
Non appena le luci della camera si riaccesero, i due si mostrarono nelle loro nude forme, coperte solo in parte dal bianco delle lenzuola. La notte era fresca, lo si percepiva dalla leggerissima brezza che irrompeva dalla finestra socchiusa, ed era piacevole, rilassante; eppure tutto ciò non scalfiva il temperamento di Kengo, sempre teso come i fili di una ragnatela: bastava così poco per farlo spezzare. Hikari lo sapeva bene, sapeva che la situazione era in un momento di stallo e che oramai continuare ad aspettare non aveva più alcun senso. Cercò di proferire una parola, magari incoraggiante, come “Animo!” e voleva poter affermare che tutto si sarebbe risolto, nel bene e nel male, nel giro di poco, ma la prima che non avrebbe creduto a quella parola sarebbe stata proprio lei.
«Credi che sia il caso?» domandò improvvisamente Kengo, ancora scoperto.
«Come, scusa?» rispose con una frase e un'espressione interrogative.
«Credi che sia il caso di continuare questa relazione?» Kengo sorrise, ma non era allegria, era rassegnazione e dolore, insieme, nello stesso momento.
«Non farmi queste domande, ti prego...» eppure era ciò che stava chiedendo a se stessa. Ma faceva male, molto male.
«Ma che senso ha se non posso esprimere nulla? Cosa ci sto a fare qui se non riesco a farti capire ciò che provo per te?» le sue parole erano molto sincere, lo si capiva dallo sguardo. Hikari lo conosceva bene: sapeva distinguere la serietà nei suoi occhi.
«Se credi che la nostra relazione sia una perdita di tempo...» iniziò lei, chinando il capo, in modo che il suo volto venisse coperto dai lucenti capelli blu «Se lo credi davvero, allora è meglio che te ne vada» non lo dava a vedere, ma stava piangendo. Lo dicevano le sue parole, spezzate ad ogni respiro; ma non le piaceva sentirsi così vulnerabile.
«Già, forse è il caso»
Si vestì con grande rapidità e lasciò la stanza; lo avrebbe voluto fermare e dirgli che la cosa più importante per lei era Kengo, era sempre stato così, ma non riuscì a trovare le parole per dirglielo. Emise alcuni suoni, acuti, smorzati e fragili, che non raggiunsero nemmeno le sue orecchie. Era rimasta così, seduta sulle lenzuola disfatte di un letto ormai vuoto, indossando semplicemente un intimo bianco. Senza nemmeno alzare gli occhi, raggiunse l'armadietto a fianco al letto e frugò nel primo cassetto. Vi trovò una piccola scatolina, ovoidale, con sopra incastonata una pietra dal color del vino; la aprì e ne rovesciò il contenuto sul legno. Erano cinque pillole, ceree, più piccole dell'unghia di un mignolo. Ne prese due e le ingoiò senza esitazioni, per poi infilarsi sotto le coperte.
Le girava la testa, ma lo voleva nascondere a se stessa. Dopotutto, andava tutto bene.


Kasumi se ne andò da quel fast food con poco preavviso, salutando dolcemente Satoshi lasciandogli il suo numero di cellulare. Lei era fatta così, non amava dilungarsi in conversazioni noiose con i soggetti da circuire: saltava direttamente al sodo. Era solita ricevere, nel giro di un giorno, un messaggio da parte dell'obiettivo, spesso un semplice “Buongiorno” di primo mattino. Era patetico, ai suoi occhi. Si aspettava che anche Satoshi seguisse l'esempio dei suoi predecessori, in fondo le avrebbe semplificato il lavoro se si fosse dimostrato interessato nei suoi confronti.
Satoshi, dopo il congedo della ragazza, era rimasto in quel locale, fino all'orario di chiusura, stringendo in mano il foglietto strappato da un'agenda, con sopra scritte numerose cifre. Lo rigirava tra le mani e lo fissava, lo osservava e lo riguardava come se fosse un'illusione, una fantasticheria elaborata dal suo pensiero; ma non poteva non farsi venire dei dubbi a riguardo.
Quella notte era particolarmente buia, nonostante la luce artificiale dell'immensa città in cui Satoshi viveva. Non c'era una stella in cielo e la luna era avvolta da spesse nubi; il che doveva presagire brutto tempo. L'aria estiva delle undici era fresca, grazie al venticello che tirava da nord, e pulita perché lo smog dato dalle auto era minore la notte.
Respirò a pieni polmoni, camminando per le vie della città, in attesa che passasse l'ultimo autobus diretto a casa. Si chiedeva come mai una persona così carina gli avesse dato il suo numero, nonostante la fede in bella mostra e un'aria piuttosto trascurata. Difatti, erano ormai tre giorni che non si faceva un bagno e la barba che, ora ispida, necessitava di essere rasata; ma era comunque felice di risultare ancora interessante. O almeno così credeva.
Kasumi non era una bella persona, di questo ne era particolarmente convinta. Aveva assunto, specialmente negli ultimi anni, un comportamento più cinico di quanto non lo fosse in realtà, come se non gliene importasse nulla di ciò che la circondava e che tutto le spettasse di diritto, malgrado sapesse bene che tutto nella vita va conquistato.
Non diede peso al lavoro che stava svolgendo, ossia quello di ingannare Satoshi, lo reputava uno dei tanti che doveva portare a termine, quindi non si fece problemi nel ritornare da Shigeru. Lui, d'altra parte, era una delle poche persone che la desideravano veramente e la cosa piaceva molto a Kasumi.
Si ritrovò un'altra volta in quel letto, però questa volta non c'era alcun velluto sopra il suo corpo, bensì un'altra persona; una che la accarezzava, che le dava grandi soddisfazioni lungo tutto il corpo. Quella notte, priva di luna, passò lentamente, in attimi di pura passione, senza che i loro reciprochi corpi trovassero riposo. Kasumi vedeva tutto ciò come un'occasione per eludere i problemi della sua vita per abbandonarsi al sesso con un giovincello inesperto.
Il sudore, in quell'impeto di trasporto, cominciava a stillare dalle loro membra, rendendo quegli abbracci e quelle continue unioni umide e spiacevoli, ma forse era proprio questo a rendere il tutto tremendamente eccitante. Kasumi si addormentò, infine, tra le braccia dell'amante, calde e forti, lasciando completamente scoperte le parti più intime del suo corpo per via del caldo.
Il bollore delle coperte svanì lentamente durante la notte e il sonno di Kasumi fu piacevole e coccolato dai continui abbracci di Shigeru. I suoi pensieri non erano diversi dai suoi soliti e i suoi sogni non parevano turbati, malgrado una brutta sensazione. Nulla di particolarmente importante, solo un presentimento.
La mattina arrivò nel giro di qualche ora, troppo poche perché la stanchezza della ragazza potesse completamente svanire, ma abbastanza da non avere le occhiaie agli occhi; il che era già gran cosa.
Si svegliò di sua volontà, senza che una sveglia irrompesse nel suo sopore; era abituata a destarsi attorno alle nove e quella mane non fu un'eccezione. Era curiosa di controllare le mail del suo cellulare, sperava che tra di esse ce ne fosse una di Satoshi; eppure non ve n'era traccia. Non era particolarmente mattiniera, per cui non poteva essere troppo presto, ma era comunque insolito. O meglio, non se lo aspettava. Che fosse quello spiacevole presagio sopraggiunto nei suoi pensieri la sera prima?

«Evidentemente non gli interesso;» ammise Kasumi a Waki-san «con tutta probabilità, a quel tipo piacciono le donne racchie!»
La ragazza sedeva con le gambe accavallate sulla scrivania del suo datore di lavoro, mentre alzava gli occhi al soffitto in segno di rassegnazione.
«Non può certo augurarsi che perda il senno per la sua persona dopo un solo e fugace incontro!» la rimproverò l'uomo, grattandosi il capo ricoperto di forfora.
«Al massimo sono riuscita a entrare nelle sue fantasie erotiche.» concluse incrociando le braccia.
«Contenga il linguaggio, gliene prego. Tuttavia, suppongo che sia il caso di smuovere le acque ancora un po'. Sono convinto che basti un ulteriore incontro, magari “casuale”, perché il piano riesca»
«Faccia come meglio crede, arrivati a questo punto. Mi dica solo dove e quando.» disse Kasumi, alzandosi dalla sedia e stiracchiandosi le spalle rumorosamente.
«Seguiremo i suoi spostamenti e la notificherò.»
Kasumi era sempre stata una ragazza pessimistica, questo lo sapeva fin troppo bene, ma sentiva di avere ragione, questa volta. Potrà sembrare bizzarro, ma tutta la situazione, ai suoi occhi, pareva surreale. D'altronde, la definivano uno “schianto”, anche se vestita con stracci, dunque fare la seduttrice era una delle sue poche abilità. Non poteva permettere che il suo onore venisse calpestato da quel bimbetto.
Kasumi scese in strada, unendosi a quell'infinito flusso di gente che percorre ogni giorno gli immensi viali di quella grande città.
La brezza della sera, il calore della folla, il chiasso, gli schiamazzi, le grida, i rumori e quel pungente odore, di erba e di fiori, di cui s'impregnavano le giornate estive. Kasumi continuava a camminare, in mezzo a quel bailamme di persone, diretta verso casa.
«Devo giocare tutte le mie carte» pensò con convinzione la ragazza. A stento riusciva a sentire i suoi pensieri, divenuti sempre più spesso un'accozzaglia di parole e di frasi, brevi flash del passato e tante, troppe preoccupazioni. Staccare per un attimo e ricominciare con la testa svuotata; come in quelle lontane vacanze estive.
«Le mie carte...» riprese a pensare «Sensualità. Che cosa stuzzica di più la fantasia di un uomo?»
Si fermò. La ressa si era diradata, allontanandosi dalle arterie e ora poche persone incedevano su quei marciapiedi. Si guardò intorno e dall'altra parte della strada, un piccolo viale alberato da fiori di ciliegio già sfioriti, notò una profumeria.
«Che sia proprio il profumo? L'arma vincente di una donna, dopo le sue curve e la sua femminilità?»
Attraversò le strisce pedonali con lentezza – amava che le auto dovessero fermarsi al suo passaggio – ed entrò nel piccolo negozio.
Non poté non notare la figura della persona che stava facendo degli acquisti. Satoshi, il suo bersaglio, si trovava inerme a così poca distanza. Che fosse uno scherzo del destino o una banale coincidenza poco le importava, d'altro canto se la vita le aveva offerto una chance così succulenta, perché non approfittarne?
«Satoshi-san?» domandò innocentemente, non appena varcato l'ingresso.
Quegli si voltò, con leggero stupore, e fece un grande sorriso.
«Come mai sta facendo questo genere di compere?» proseguì Kasumi, indicando la busta contenente un nuovo modello di profumo, non troppo costoso.
«Ah...» tartagliò l'uomo «Diciamo che devo scusarmi con una persona...»
Era ben palese di chi si trattasse, non ci sarebbe voluto un genio per capire che quel regalo era destinato alla moglie, ma Kasumi impersonava il ruolo di una ragazza sbadata, sciocca: doveva fingere di non capire.
«Spero sinceramente che Waki-san sia qui a documentare questo incontro...» implorò Kasumi, la quale non riponeva troppa fiducia in quell'uomo.
«È qui per comprare del profumo?» domandò improvvisamente Satoshi.
«Ah... ci stavo pensando. Lei che ne dice?»
«Penso che quello che ha addosso le stia molto bene.»
Lo disse con un grande sorriso, ma Kasumi si era resa conto di come quella conversazione fosse in realtà pesante e superficiale. Con un atteggiamento del genere, non sarebbe mai riuscita a rapire il suo cuore; anzi, forse il semplice fatto di entrare nelle sue fantasie sarebbe divenuto remoto e difficile da credere!
«Ha già cenato, signorina?» chiese nuovamente.
«No, non ancora. Mi sta per caso invitando?»
«Perché no? Conosco un locale carino, qui nelle vicinanze!»
Kasumi non poteva non domandarsi il perché di quella situazione e che cosa passasse nella mente di quel Satoshi. Aveva bisogno di tempo, per capirlo, ma allo stesso tempo doveva agire e anche in fretta.

Mangiate a sazietà!” recitava lo slogan del “Onaka-ippai”, minuscola bettola situata nella laterale della laterale del piccolo viale della profumeria; uno ramen-ya che funge anche da ristorante, appariscente quanto una gallina in un pollaio: una piccola porta in legno, scorrevole, e un'insegna. Ma alla fin fine è sempre più intimo e confortevole di uno di quei costosi locali del centro città, gremiti ogni giorno da folle di clienti.
I due si sedettero sul bancone e ordinarono una scodella di ramen. D'altronde, quello c'era e nient'altro.
«Sai...» iniziò Satoshi «anche se non sembra, qui servono il miglior cibo della città!»
«Tu dici?» anche se non lo dava a vedere, l'idea di una locanda tanto squallida e povera le faceva venire la nausea.
L'odore di fritto, di carne e di brodo infestava le pareti del locale, spoglie, dipinte di un verdolino chiaro, e non c'era anima viva, se non il cuoco. Kasumi non sapeva se definirlo un mancato gesto romantico o uno scarso interesse nei suoi confronti.
Non si sentiva di escludere né l'una né l'altra ipotesi, ma certo non era così che dovevano andare le cose. E, nel frattempo, il suo animo implorava che Waki-san fosse nelle vicinanze, nel caso dovesse succedere qualcosa: Satoshi era un uomo imprevedibile, ormai questo lo aveva capito e anche bene. Tuttavia non poteva dare nulla per certo: l'appuntamento poteva anche finire con un semplice saluto. Chi poteva dirlo?
Si stupì non poco, quando il ramen giunse in tavola. L'espressione del cuoco, un vecchio uomo stempiato, con il grembiule sporco e le mani grandi e pelose, era beffarda e quasi soddisfatta. Perché la pietanza era davvero deliziosa, lo riconosceva. Alla pari se non superiore dei grandi locali!
«È davvero squisita!» esplose improvvisamente «Non ci speravo minimamente! Complimenti vivissimi!»
Satoshi sogghignò compiaciuto, mentre assaporava a sua volta la prelibatezza, con un grande e tenero sorriso sul volto.
«E io cosa ti dicevo? Il vecchio non delude mai, ricordatelo!»

L'appuntamento era andato bene, alla fine. Chiacchiere, risate e uno strano calore, familiare. Avrebbe voluto ripetere l'esperienza da capo, con Satoshi. Era piacevole stare in sua compagnia, oramai era arrivata a considerarlo come uno dei suoi lavori più piacevoli e divertenti. E forse il fatto che Satoshi non pareva interessato solo alle sue forme, la faceva sentire a suo agio, bene.
I due camminavano, da soli, lungo una via appartata. Non l'uno a fianco all'altro, bensì distanti; sembrava che Satoshi la stesse dirigendo.
«Io dovrei girare a destra.» annunciò Kasumi «È tardi ed è il caso che torni a casa»
Satoshi si voltò, avvicinandosi alla ragazza. Aveva uno strano sorriso, un po' melanconico. Kasumi si chiedeva se si fosse realmente divertito; se lo avesse fatto solo per stare con lei o per sviare dai suoi problemi. D'altronde, il regalo alla moglie doveva essere una sorta di scusa, per un litigio. Forse stava male per quello: l'idea di stare per perdere la persona che ama.
«Oggi mi sono davvero divertita grazie a te, Satoshi» ammise Kasumi, cercando di lasciare trasparire al meglio la sua innocenza, arricciando una ciocca di capelli.
«Anche io, Kasumi» confessò «... ma potrei farti un ultimo regalo?»
«È qualcosa di più straordinario del ramen del vecchio?» scherzò, lasciando sfuggire una docile risata.
«Dipende dai punti di vista... Su, avanti, chiudi gli occhi!»
Kasumi eseguì quel simpatico ordine, allungando le mani come se stesse facendo l'elemosina. Sarebbe stato certamente qualcosa di banale. Però poteva trattarsi anche di qualcosa di interessante, o di divertente; era presto per giudicare.
Improvvisamente, accompagnato da una brezza cordiale che accarezzava la sua pelle, avvertì una dolce e tenera sensazione di calore alle mani; gliele stava stringendo.
E poi lo percepì. Era una sensazione diversa, un tepore accompagnato da un timido schiocco.
Un bacio.

 


*


Angolo autrice


Salve a tutti!
Ecco a voi il secondo capitolo, appena sfornato e ancora fumante, di Sotto i fuochi d'artificio! Lunghetto, almeno un po' più del primo, ma spero si riesca a leggere senza troppa fatica. In quanto ai contenuti, ho interrotto la scena sul più bello, anche se mi rendo conto che la cosa non spicchi certo per originalità. Una svolta la si avrà solo dal prossimo capitolo, dove le cose si faranno considerevolmente più interessanti e verranno spiegati gli avvenimenti che hanno spinto Satoshi a fare quel che ha fatto.
Per il resto, come al solito, lasciatemi un commento e ditemi se ci sono errori, sviste, critiche o – perché no, eh – complimenti.


Per ora è tutto,
al prossimo capitolo!


-Saku-

 

  
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