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Autore: vanessa_    20/03/2014    2 recensioni
Estate del 1839.
Un uomo particolarmente cupo passa le sue giornate a scrivere musica. Viene colpito da un tremendo e perenne blocco dello scrittore e cade ancora di più in depressione.
Poi arriva lei: la sua ispirazione.
[Per quanto possa sembrare strano, è ispirato all'inimitabile Giacomo Leopardi, il miglior poeta italiano che sia mai esistito]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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capitolo 3: La Lettera.

Solamente alle quattro del mattino era riuscito a prendere sonno. Si era alzato dallo sgabello del suo strumento e si era lasciato cadere di spalle sul suo morbido materasso, addormentandosi in volo. Verso mezzogiorno Mary era andata alla porta delle sue stanze picchiando e chiamando ad alta voce.
-Mary, vattene!-riuscì a brontolare Harry con la faccia affondata nei morbidi cuscini. Quando sentì i passi della ragazza farsi sempre più lontani e i suoi lamenti sempre più simili a dei sussurri, si trascinò fino all'ingresso di camera sua. Non appena aprì la porta il suo sguardo cadde su un foglio piegato su se stesso svariate volte. Con fare curioso ed assonnato Harry lo afferrò e richiuse la porta alle sue spalle iniziando a leggere. Sospirò.
-'La ringrazio, Clarissa'..-sussurrò ripetendo le parole scritte dalla giovane. Analizzò con precisione ogni singola caratteristica della calligrafia della ragazza. Notò le O e le A non del tutto segnate, con uno spiraglio di un millimetro aperto. Notò la grandezza delle L maiuscole e il ricciolino che le piaceva fare ad ogni R.
Sorrise avidamente e ripiegò il foglietto, dirigendosi subito verso la cucina, dove sperava di incontrare Clarissa per discutere di nuovo con lei dell'argomento. Non appena scese le scale sentì una voce femminile che sembrava lo stesse rimproverando e non appena si voltò ne ebbe la certezza; era Mary.
-Sono ore che vi chiamo per la colazione. Ormai abbiamo ripulito tutto e fra qualche minuto sarà pronto il pranzo, vedete di presentarvi almeno a quello-teneva fra le mani uno strofinaccio che le piaceva scuotere ogni volta che riprendeva il riccio. Harry sbuffò.
-Mary! Dove è Clarissa?-domandò all'improvviso fermando la donna che stava per scomparire nelle cucine.
-E' in giardino..-sospirò portandosi quel pezzo di stoffa sulla spalla destra e le mani sui fianchi generosi.
Harry non si preoccupò nemmeno di ringraziare e riprese a scendere le scale, fino ad arrivare all'ingresso. Tutte le volte che apriva quel portone provava una sensazione atroce; non gli è mai piaciuto il sole, il calore e l'aria fresca. O forse dice così per abitudine, dato che il sole lo vede solo in dipinti e dalla finestra.
Percorse tutto il dialetto controllando ogni singolo angolo affinché potesse intravedere quella chioma di boccoli mori. Fece il giro dell'intera casa, fin quando non raggiunse il labirinto di siepi basse dentro la quale si trovava lei.
-Clarissa!-urlò per attirare la sua attenzione. Lei si voltò immediatamente e rispose.
-Mi dica, signore-drizzò la schiena e smise di raccogliere fiori color porpora, che ora nascondeva dietro alla schiena per evitare di essere scoperta.
-Questa..-iniziò il discorso indicando la lettera ed inoltrandosi nel labirinto, avvicinandosi sempre di più alla ragazza.-L'avete scritta voi?-le domandò socchiudendo  gli occhi infastiditi dalla forte luce del sole. Clarissa annuì ed abbassò la testa, come è solita fare in situazioni di vergogna o disagio.
-Lo sapete che nessuna di queste parole ha senso, vero?-usò un tono di sarcasmo, quasi come se la stesse prendendo in giro. La ragazza non sapeva se volesse burlarsi di lei o rimproverarla.
-Perché dite questo?-lasciò cadere a terra il mazzo di fiori, fulminando l'uomo che di fronte a lei trovava divertimento in quella situazione.
-I sentimenti di cui voi parlate, non sono altro che scienza in realtà e la gente si 'innamora' grazie alla mente, non al cuore-
-Se fosse vero allora anche voi potreste innamorarvi-
-Non riesco a coglierne il senso, cara-
-Usate troppo la testa, perché non avete un cuore, signore.-Clarissa non seppe mai da dove uscirono quelle parole. Fece scomparire dal volto di Harry quell'odioso ghigno e s'incamminò impaurita verso l'uscita pregando di non essere ripresa, ma le sue preghiere non furono abbastanza. Il riccio la richiamò afferrandole bruscamente il polso con forza.
-Così mi fate male..-si lamentò cercando di lasciare libero il suo avambraccio, ma Harry aveva troppa forza nelle braccia per permetterglielo. A lui non interessava niente del dolore che le stava causando, perché in quel momento era troppo impegnato a tenere i suoi occhi pieni di ira fissi su quelli impauriti di Clarissa.
-Voi siete solo la puttana del momento in casa mia, non vi potete permettere di darmi dell'uomo senza cuore-sbraitò gettando a terra la lettera accartocciata.
-Guardatevi! Avevate ragione; siete proprio come vostro padre e mi sbagliavo a credere che non foste un idiota.-si riuscì finalmente a liberare dalla presa. Si massaggiò il polso dolorante tenendo lo sguardo basso e soffrendo nel silenzio che era calato fra i due. Harry sapeva di aver esagerato, ma lui esagera sempre e non gli importa più che cosa accada dopo una delle sue scenate. L'abitudine aiuta.
-Stupida prostituta-esclamò a bassa voce dopo, incamminandosi verso l'interno della casa. Era ancora in vestaglia e Clarissa ricordava di trovare interessante all'inizio questa sua caratteristica, mentre ora pensa solo che sia da idioti. Perché del resto, Harry era un idiota per lei, ora.
Da idioti che aspettano che la vita gli faccia piaceri e che la fortuna gli cada addosso. Idioti che odiano il mondo intero soltanto perché odiano sé stessi. Idioti che insultano senza sapere niente della loro vittima. Idioti come Harry.
Aspettò che svoltasse l'angolo per iniziare a correre fino alla porticina sul retro per i dipendenti. Entrò direttamente in cucina e si sedette coprendosi il volto con le mani, sbuffando.
-Tutto bene, Clarissa?-le domandò Bonnie, una delle cuoche. Clarissa disse di sì, annuendo pure, ma la verità è che voleva piangere per potersi sfogare. Bonnie questo lo comprese, ma non voleva forzare la nuova arrivata a raccontare. Se avesse voluto farlo si sarebbe sfogata subito, pensò.
Nei giorni successivi il signor Styles si riprese, mentre suo figlio sembrava star ignorando Clarissa più del solito e anche se potrebbe risultare impossibile, è così. Ma alla giovane non importava visto che nemmeno lei non voleva più averci niente a che fare. Nessuno dei due sbirciava più l'altro attraverso la finestra delle proprie stanze e cercavano entrambi di auto convincersi di detestarsi a vicenda, ma tutti sappiamo che un artista senza la sua musa ed una musa senza il suo artista non possono vivere a lungo.
Mary era al corrente di tutto, ma non voleva mettere il naso in faccende che non la riguardavano perché sapeva come avrebbe reagito il suo padrone. Harry non era il tipo che la lascia passare liscia a tutti, anzi, tendeva ad essere orgoglioso e vendicativo con chiunque.
-Mi potete passare il vino, padre?-erano tutti a tavola e dal giorno del litigio ne erano passati tre.
-Chiedete a Clarissa, è più vicina-gli occhi di Harry caddero sul volto seccato della giovane che stava già allungando la mano per afferrare la caraffa di bronzo, cercando di non incrociare lo sguardo del riccio.
-No, ho detto che dovete chiedere prima che ve lo passi. Imparate ad essere cortese con le fanciulle..-lo incitò il padre. Harry sbuffò e rivolse di nuovo lo sguardo a Clarissa, che stava aspettando una domanda. Fece trascorrere i secondi, finché la madre non lo incitò di nuovo con un po più di severità.
-Datemi il vino..-il padre lo fulminò in attesa che rimediasse alla sua maleducazione.-Per favore-aggiunse in fine in uno sbuffo. La ragazza fece come richiesto e gli diede la caraffa fra le mani, rimanendo poi in silenzio  e riuscendo nel suo tentativo di non guardarlo mai in volto.
I signori Styles si assentarono qualche minuto dopo, refilando una scusa e chiedendo ai due giovani di attenderli in sala perché più tardi gli avrebbero dato una notizia.
-Litigano-affermò indifferente Harry.
-Come, prego?-chiese confusa Clarissa.
-L'assentarsi significa litigare per un tempo indeterminato nella lingua dei miei genitori-brontolò bevendo l'ennesimo sorso di vino rosso.
In effetti fu così. Passò un bel po' di tempo, e tutto quel che si poteva sentire in quel totale silenzio erano le urla che ogni tanto si scagliavano contro i due che si erano nascosti nella stanza di fianco. Nessuno dei due ragazzi poteva alzarsi perché era stato chiesto ai maggiordomi di non lasciarli uscire; volevano a tutti i costi dare loro la notizia, ma solo dopo averne discusso.
-Sentite..-affermò improvvisamente Harry interrompendo quell'eterno ed imbarazzante silenzio. Si passò una mano nei capelli e li strofinò, con fare assonnato.-So che siete ancora turbata per quello che è successo l'altro giorno..-
-Mi avete dato della puttana e della stupida-precisò Clarissa.
-Voi mi avete chiamato senza cuore e idiota. Siamo pari-si difese immediatamente.
-Non esiste una parità fra gli insulti..-
-Siete troppo moralista-
-Smettetela di peggiorare la situazione. Ho intenzione di accettare le vostre scuse, comunque-
-Io non ho mai detto di volermi scusare-
-Mi avete detto che siamo pari-
-Ciò non significa che mi dispiaccia per quel che ho detto-
-Volete dire che mi dareste di nuovo della puttana e della stupida?-
-Non lo so, voi mi dareste ancora dell'idiota e senza cuore?-
Clarissa sospirò, arrendendosi di fronte alla mente contorta e la battuta sempre pronta di quell'uomo che la stava facendo diventare pazza. Provava un certo interesse nei suoi confronti, ma allo stesso tempo avrebbe voluto non vederlo mai più in vita sua. Le rendeva la sua residenza lì molto più complicata, piacevole e indecente del normale.
-Siete un uomo impossibile-affermò incrociando le braccia al petto, scuotendo la testa. Harry sorrise e si versò un altro bicchiere di vino.
-Lo so-esclamò soddisfatto. Proprio mentre Clarissa era sul punto di controbattere, le porte si aprirono e entrambi i signori Styles comparvero. Sembravano avere uno sguardo sereno, nonostante si fosse sentita benissimo tutta la loro vivace discussione.
Decisero che toccasse a Christopher spiegare la notizia. Si trattava di un viaggio, un viaggio per incontrare la famiglia reale, che si era generosamente proposta di ospitare tutti per una settimana intera per motivi di lavoro. Pare che il signor Styles stesse organizzando un unione con un membro dei reali per poter arrivare un gradino più in alto nella scala delle classi sociali. La giovane rimase sbalordita e chiese il motivo per cui sarebbe dovuta venire anche lei.
-Perché oltre al fatto che siete la mia dama, perciò vi porto ovunque e quando voglio, siete anche l'unica che parla con mio figlio-sorrise Christopher ammiccando ad entrambi i ragazzi.
-Quindi la portate come mia tata?-domandò con fare maleducato Harry.
-No. Sappiamo che voi tendete ad annoiarvi in qualsiasi luogo che non sia la vostra camera da letto, perciò vogliamo portarvi un'amica-questa volta fu Adelaide ad intervenire, anche se dal suo sguardo non sembrava molto entusiasta di avere sulle spalle il peso di Clarissa anche in viaggio.
Harry non disse più nulla. Si alzò dalla sedia e si allontanò verso le sue stanze, con aria indifferente. Non sembrava infuriato, ma nemmeno entusiasta o rattristato.
Non avevano chiesto il  parere di Clarissa, ma la cosa non la stupì. Era solamente parte dei dipendenti e non si aspettava di certo che mi chiedessero se avesse voglia di andare o meno. Rimase tutta la sera a pensare al fatto che avrebbe incontrato la regina Vittoria fra meno di due giorni e si sentì quasi mancare il fiato. Non sapeva se l'avessero presentata come amica di Harry o sgualdrina di Christopher. Attese due notti, per poi essere aiutata da Mary per preparare tutte le borse qualche minuto prima della partenza.
Ad Harry non piaceva l'idea di uscire dalla sua villa, ma poteva farlo semplicemente perché sarebbe stato con la famiglia e non avrebbe corso pericolo di immischiarsi con gente di classi sociali inferiori, come temeva la madre. Durante tutto il viaggio in carrozza era rimasto in silenzio. Era in carrozza con Clarissa, mentre nell'altra ci stavano i signori Styles che discutevano riguardo all'improvvisa amicizia scoppiata fra i due giovani.
-Non credo sia un bene..-borbottò la moglie.
-Smettetela di preoccuparvi, Adelaide, sono solamente amici e lo sappiamo che non succede spesso con nostro figlio-rispose a tono Christopher. Zittì la donna che era ormai più che abituata ad essere messa a tacere con poche parole e ad essere sottomessa dal prepotente marito.
Nel frattempo, nella seconda carrozza, anche Clarissa ed Harry parlavamo, ma con meno frequenza. Il riccio si limitava a produrlo dei versi indistinti ad occhi chiusi per ogni domanda gli venisse posta dalla giovane che non aveva la minima idea di come comportarsi una volta arrivati a corte.
-Cercate di darvi una calmata, i reali non mordono. Sono solo degli stronzi-
-Come potete saperlo?-
-Tutte le persone con soldi lo sono, altrimenti non avrebbero i soldi, appunto-
-Non vi seguo..-
-Per avere soldi devi essere stronzo-
-Quindi, secondo voi, io non sono stronza?-
-Perché dovete sempre mettervi al centro dell'attenzione, Clarissa?-
-Io? Siete voi che non fate altro che fare il ciarlatano e il cafone.-
Harry sbuffò, mettendo fine alla discussione che sembrava essere destinata a durare molto di più. Rimase così in silenzio, sforzandosi di non incrontrare gli occhi di Clarissa che non facevano altro che scrutarlo ogni secondo trascorresse.
Quando furono a metà viaggio decise di voltare lo sguardo e notò il volto angelico della giovane appoggiato delicatamente allo schienale del suo sedile. Stava dormendo ed il riccio non poté fare altro che studiare ogni singola caratteristica del suo volto con attenzione. Notò le ciglia lunghe, le guance con un leggero colorito rosa, le labbra carnose e socchiuse. Dedicò anche molta attenzione alle mani, che si trovavano entrambe posate elegantemente sulla gamba destra timidamente distesa sotto l'enorme gonna che rapiva buona parte dello spazio in carrozza.
Harry ogni volta che la vedeva era ispirato da cotanta bellezza. Aveva l'irrefrenabile istinto di sfiorarle la pelle, ma sapeva che non sarebbe stato opportuno, soprattutto perché di lì a pochi minuti dopo, il cocchiere fermò i cavalli ed annunciò l'arrivo al palazzo. Il pianista sbuffò e diede una leggera spinta alla spalla di Clarissa dicendo con voce ferma siamo arrivati. La ragazza sbadigliò e si stiracchiò contendendosi dalla voglia di allungare le braccia, le gambe e spalancare la bocca in un enorme sbadiglio. La presenza di Styles glielo impedì.
Scese prima Harry, che fu poi obbligato da un'occhiataccia del padre ad aiutare la giovane a scendere dalla carrozza stringendole la mano. Furono scortati fino all'interno, mentre dietro di loro una decina di servitori reggevano i loro bagagli. Era tradizione presentarsi subito ai reali non appena si avesse varcato la soglia del palazzo. E così fecero.
Entrò prima Christopher, accompagnato dalla moglie che lo teneva a braccetto e dietro di loro i due giovani che preferivano di certo stare a lecita distanza, nonostante la pace fatta.
-Sua maestà, il nobile Christopher Styles e la moglie Adelaide Mendelssohn -annunciò l'uomo in divisa all'entrata. La regina Vittoria rivolse un enorme sorriso e tutti gli ospiti.
-Benvenuti a corte-affermò mantenendo il sorriso e evidentemente squadrando la coppia che stava alle spalle dei signori Styles.
-E' sempre un piacere vedervi, Styles-si alzò dopo aver posato un bicchiere sopra un vassoio sorretto da servitore. Si avvicinò e Christopher e abbassò il capo in segno di rispetto salutando dignitosamente la regina.
-Ditemi Christopher, chi sono i due giovani dietro di voi?-buona parte delle persone nella stanza si voltarono verso Clarissa ed Harry.
-Questi, vostra maestà, sono mio figlio Harold e una sua dama di compagnia Clarissa-la informò immediatamente e sorridendo il signor Styles. I due fecero un inchino. La regina fece un cenno di testa e prese in disparte l'uomo, accompagnato dalla moglie. Iniziarono a discutere mentre Clarissa ed Harry se ne stettero lì in piedi ad osservarli, sognando riguardo a cosa stessero discutendo.
Più tardi vennero tutti accompagnati nelle proprie stanze e ci fu un piccolo imprevisto. Clarissa e Harry furono messi nella stessa camera matrimoniale, e non appena chiesero spiegazioni gli venne risposto che a corte non avrebbero potuto sapere che un uomo di cui la regina si fidava ciecamente aveva una prostituta personale, così disse a Vittoria che si trattava della dama del figlio, così non avrebbe corso alcun pericolo.
-Soltanto perché credono che abbia una puttana non significa che ci debba dormire insieme-si ribellò Harry di fronte al padre.
-Se chiedessimo alla regina di farvi spostare sospetterebbe di qualcosa. Lei crede di avervi fatto un piacere mettendovi a disposizione la vostra puttana quando volete-
Durante questa accesa discussione fra uomini, Clarissa se ne stava seduta sul letto e pensava a quanto fosse disgustoso il fatto che stessero parlando di una donna, di una persona, di lei. Non avevano nemmeno chiesto se lei avesse preferito starsene lì o pretendere un'altra stanza, perché tanto il suo parere non conta, vero? Ma doveva starsene in silenzio e sorbire.
Non appena il padre uscì dalla camera Harry sbuffò, tirando fuori il peggio di sé. Ovvero la sua fragilità.
-Lo sai, io nemmeno ci volevo venire qui e adesso mi trovo incatenato in una camera con la prostituta di mio padre perché lui non vuole fare brutta figura.-non sembrava arrabbiato, ma sul punto di crollare.
-Dormirò sulla poltrona-Clarissa cercava di strappagli dal volto almeno un piccolo ghigno, ma non ci riuscì. Il riccio sbuffò e scosse la testa, senza dire più nessuna parola per lunghi ed eterni minuti.
-Non è questo il punto. Mio padre crede che non valga niente e mi tratta come se fossi uno della servitù-confessò.
-Lui vi vuole bene-
-No, non è vero-
-Siete il suo unico figlio maschio; lui deve volervi bene-
Harry si sentiva confortato dalle parole della ragazza, anche se non lo dava a vedere per questioni di orgoglio. Puro orgoglio che nessuno, nemmeno la dama di cui credeva di essersi invaghito, poteva disfare. La osservava in silenzio. Il loro rapporto era formato da eterni silenzi che valevano molto più di mille parole.
Clarissa fece per alzarsi ed andarsene, ma fu fermata dalle parole del riccio che sentiva il forte bisogno di qualcosa, anche se non aveva la minima idea di che cosa si trattasse. Rimasero svariati secondi così; la mano di lui stretta intorno al braccio della giovane che osservava impaurita dall'improvvisa azione dell'uomo.
Fu un attimo. Un attimo fuggente quello in cui le loro labbra si scontrarono formando un perfetto puzzle. Nessuno dei due sembrava pentirsene, nessuno dei due sembrava volersi ribellare. Non è ben chiaro chi fosse a baciare chi, sappiamo solamente che in quella stanza ci stavano due ragazzi, nel loro solito silenzio, a gustarsi la scintilla che in loro stava per accendersi.
Le mani di Harry si posarono sui fianchi di Clarissa, e quelle della giovane sul collo del pianista. Entrambi avevano gli occhi serrati e, mentre il loro cervello li spingeva a pensare a che diamine avrebbero fatto dopo quell'enorme sbaglio, i loro cuori combattevano per scacciare via quei pensieri negativi per lasciare che i due vivessero il loro momento.
  
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