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Autore: VenoM_S    22/03/2014    1 recensioni
Cosa fai quando non ricordi niente e l'unica cosa certa è che stai fuggendo?
Come possono le persone che ami scomparire in una notte senza lasciare traccia?
Quanto ancora credi di poter mantenere il tuo segreto, se chi sa tutto ti sfugge tra le dita?
Una Cerva, un Cacciatore e una Regina, in una città ignara dove tutti vedono, ma nessuno può sapere.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Cacciatore

Capitolo 3

 

Era un uomo alto, con i capelli bruni e la barba corta. Le braccia muscolose tenevano in mano un lungo arco di legno, in cui era già incoccata una freccia abbellita di piume ambrate. Teneva legato, alla cintola, un coltello senza fodero. Sulla casacca di pelle erano rimaste impigliate alcune foglie secche, a causa del rapido inseguimento tra gli alberi, che adesso cadevano lentamente mentre si muoveva circospetto nei pressi della Fonte, cercando con gli occhi la preda.
Non capiva dove poteva essersi cacciata quella cerva, la radura era così piccola da non poter dare molte possibilità di nascondersi. Si girò verso lo specchio d’acqua, osservando le alte pareti di roccia e l'intrico di cascatelle che vi scendevano. Sembravano una grossa ragnatela. L'immobilità così anormale del laghetto lo colpì, ma non fu solo quello ad attirare la sua attenzione.
Nel fango spiccavano delle piccole impronte.

«È entrata in acqua, quindi. Ci saranno delle grotte dietro le cascate» disse fra sé.

Iniziò ad immergersi lentamente, tenendo l’arco pronto al minimo movimento. 
La giornata stava giungendo al termine, il rosa pallido di qualche minuto prima era già scurito in un rosso intenso, e in lontananza la notte iniziava la sua corsa. Non aveva molto tempo per trovarla, probabilmente sarebbe stato più conveniente accamparsi sulla riva erbosa e attendere la mattina seguente per continuare le ricerche con più luce. Ma voleva assolutamente dare un’occhiata in giro, esplorare quel luogo l'avrebbe reso più sicuro sul da farsi. 
L’acqua gli arrivava oramai oltre la cinta, e dell’animale non c’era nessuna traccia. Le piccole cascate che circondavano il lago non celavano nessuna grotta o cunicolo abbastanza grande per nascondersi. 

Un movimento fra le rocce lo fece scattare. Tese la corda dell’arco, il braccio sinistro diritto, la mano destra a sfiorargli quasi la guancia, la freccia incoccata e pronta a partire verso il bersaglio. Trattenne il respiro qualche secondo, concentrandosi nel prendere la mira per non essere impreparato ad un eventuale altro movimento. 
Leggeri cerchi andavano allargandosi lungo la superficie immobile del lago, partendo da un gruppo di rocce ammassate una sopra l’altra nei pressi di una cascata più grande, praticamente l’unico punto in cui l’acqua sembrava muoversi davvero.

«Lì c’è spazio per una grotta» pensò Conor con una punta di soddisfazione. 
Avvicinandosi ulteriormente verso il lato sinistro della cascata trovò, dietro la parete d’acqua, un largo cunicolo di cui però non riusciva ad individuare il fondo. Sarebbe stato un gioco da ragazzi impedire alla cerva di uscire da lì, per poterla cercare con calma in un secondo momento.

Portava sempre con sé una corda lunga e molto resistente, incredibilmente leggera e sottile, confezionata in una città lontana. Suo padre gliela donò quando concluse la prima battuta di caccia, nella Foresta, alcuni anni prima. 
La usava per creare trappole, per lo più, ma poteva tornargli utile in una moltitudine di situazioni. In questo caso la usò come supporto su cui legare e intrecciare vari rami tagliati da un albero vicino, così da bloccare l’ingresso - e l’uscita - dalla grotta. 
Adesso che la cerva era sistemata poteva tornare sulla riva, accendere un fuoco e cercare qualcosa da mangiare. Non aveva portato nulla con sè convinto che sarebbe stata una giornata di infruttuose ricerche come le altre, non una all’insegna di inseguimenti nella Foresta.
Colse alcune more ed un paio di frutti che assomigliavano a delle mele, ma più piccole - era incredibile la quantità di alberi da frutto presenti in quella radura - si sedette vicino agli alberi e dopo aver raccolto qualche ramo caduto nei dintorni accese un piccolo fuoco con la pietra focaia che portava sempre legata al collo come un pendente.

Convinto di aver sistemato una volta per tutte la faccenda, e con la speranza di scoprire finalmente le sorti della sua famiglia, si addormentò.

 

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La Notte era limpida, nessuna nuvola oscurava le stelle, che si mostravano in tutta la loro infinità. La spiaggia erbosa era bene illuminata dal bagliore biancastro della Luna e dal piccolo fuoco di Conor, che andava via via spegnendosi, non più ravvivato dall’uomo che ormai dormiva da qualche ora. Sull’acqua immobile andavano allargandosi dei grandi anelli, mentre occhi curiosi osservavano quel Cacciatore comparso così all’improvviso, saggiando differenze e analogie.

Nel “muro” di rami davanti al grande cunicolo dietro la cascata spiccava, nero, un varco.

 

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Note: eccoci arrivati al terzo capitolo (di nuovo più corto di quello che mi appariva da Word, mannaggia) vissuto in prima persona dal nostro Cacciatore. La prenderà, questa cerva così sfuggente? 

  
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