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Autore: Lotiel    29/03/2014    2 recensioni
Una storia che spero riuscirà a colpirvi nel cuore e rimanervi nella mente.
-Devo prendere ciò che custodisci.
Lo sguardo di lei si rabbuiò per qualche istante prima di sollevarlo da terra e posarlo su di lui, scostò poi la mano come se le parole dell’uomo l’avessero infastidita.
-Sai che contravverrei alle regole.
Disse lei cercando di mantenere la sua voce calma, sentendo che nel cuore il pensiero di piangere stava prendendo spazio.
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Prologo




SECONDA PARTE

Hori entrò nella caverna. Questa non aveva nulla di accogliente e la luce del sole ne illuminava solo l’entrata come a voler denotare l'oscurità che vi regnava all'interno. L'uomo, addentrandosi, vide un piccolo chiarore che si intensificava via via verso il fondo della grotta e questo gli risultò alquanto strano, dato che aveva sempre pensato che su quelle montagne non vivesse nessuno. Era strano anche che Elaide avesse permesso ad un semplice essere umano di vivere lì.

Si avvicinò cauto e con il passo morbido aderendo la schiena al muro. Posò la mano destra sull’elsa della spada sguainandone per metà la lama lucente. Il cuore gli palpitava così forte che aveva paura di essere sentito. 

Hori giunse alla fonte di luce e vide una figura china su un fuoo di fortuna. Non sembrava pericolosa, ma era meglio non fidarsi di nulla. 

I suoi passi si apprestavano a diventare sempre più vicini e la figura ebbe un tremito, il che fece sussultare Hori facendogli compiere un piccolo balzo all’indietro.

Sentì un sospiro sommesso e cercò di mantenere la calma tentando di avvicinarsi di più. Si sentiva ancor più spaesato perché quando lui viveva lì non aveva mai sentito parlare di un eremita, ma era pur vero che mancava anche da troppo tempo per fare supposizioni affrettate.

-Hori, perché te ne stai lì?

Sobbalzò appena sentì il suo nome essere pronunciato e aveva anche riconosciuto la voce, debole e lieve all’udito. Aggrottò la fronte stupito di quella presenza che aveva lasciato molto tempo prima a vagare per le strade tortuose della città di Ubilia.

-Sono sorpreso di vederti qui.

Hori si avvicinò riponendo la spada nel proprio fodero. Sapeva bene di potersi fidare di quell’uomo che molte volte lo aveva tolto dai guai. La cosa che si chiedeva era perché era lì.

-Mio caro Hori, a volte il destino è beffardo. Infine ci ritroviamo sempre.

Ad Hori, quella risata limpida gli fece ricordare i vecchi tempi. La figura scostò il cappuccio del mantello che ricopriva il suo viso, rivelandone le fattezze maschili. Un uomo dal viso ovale e avanti con gli anni, solo alcune rughe creavano righe sulla pelle che sembrava non risentire degli anni che gli occhi facevano ben vedere.

-Cosa ci fa qui un mago dell’Antico Ordine?

Chiese Hori tra il curioso e lo spaventato, rigirando le dita delle mani con una certa nota di nervosismo, aveva paura che l’uomo cercasse la stessa cosa che cercava lui.

L’uomo parve accorgersi delle preoccupazioni che attanagliavano il cuore del suo inaspettato compagno.

-Tranquillo, non cerco nulla qui. Sono solo di passaggio.

-Di passaggio?

Ripeté sbalordito Hori che aveva sgranato gli occhi inconsapevolmente. Quando si accorse di averlo fatto chinò il capo cercando di scusarsi per quella reazione. Eppure lui aveva dovuto attraversare la montagna e ancora non si trovava neanche a metà strada, solo per trovare ciò che lo avrebbe scagionato.

L’anziano lo guardò bonariamente non riuscendo a trattenere una risata dall’espressione del volto di Hori e cercò a stento di non beffeggiarlo come soleva fare tanti anni prima, anche se la tentazione era davvero tanta.

-Sono venuto solo a cercare la Dama della Montagna per chiederle alcune cose che purtroppo non posso dirti.

Il mago sbuffò e fece l’occhiolino a Hori che lo guardava ancora più stupefatto. Sarebbe ripartito il giorno dopo passando per quel passaggio angusto e sarebbe ritornato nella sua città natale.

Fece cadere il discorso senza proseguire e chiese al giovane ciò che si accingeva a fare.

-Ci conviene ora riposare, sono stanco e credo che lo sia anche tu.

Hori non volle indagare su quel che il vecchio mago doveva dire alla Dama che aveva incontrato il giorno stesso, ma si decise a seguire il consiglio del saggio, il problema era che aveva paura di addormentarsi. 

La voce tardava a ritornare, ma gli attanagliava lo stomaco al sol pensiero di sentire di nuovo le accuse nel sogno che ricorreva.

Prima però consumò un pasto veloce e poi si coricò sul cuscino di fortuna che aveva fatto con il mantello che si era portato dietro. L’uomo chiuse gli occhi per la stanchezza che sicuramente aveva sfinito il suo corpo per tutto il giorno e, infatti, dopo pochi minuti, si addormentò.

 

Uno sguardo omicida sovrastava quella debole figura marina che tentava invano di ritornare nel suo elemento naturale. La sirena veniva trascinata per i capelli lungo la spiaggia e le grida spaziavano nel luogo aperto.

Qualcuno la tirava senza fatica mentre la figura mitica si dimenava sbattendo la coda a terra e cercando di afferrare le mani del suo assalitore. Uno stridore fastidioso si sentiva fuoriuscire dalla bocca della sirena che sembrava non turbare lo sconosciuto.

Era una notte buia e senza stelle il che rendeva difficile riconoscere i visi di entrambi. Improvvisamente la figura la sovrastò e con un pugnale ricurvo colpì la sirena una prima volta. La povera creatura gridava e si difendeva con le unghie che contenevano veleno. La sirena colpì la figura di striscio sul braccio lasciandogli un marchio indelebile.

La figura la colpì nuovamente e ancora una volta, fin quando la sirena non cessò di muoversi e gridare. Una risata tremenda si sentì riecheggiare nell’aria, mentre con lo stesso pugnale aprì il petto della sirena estraendone il cuore ancora palpitante.

Aveva le mani macchiate del sangue della creatura, stringendo quell’organo ancora vivo. Il liquido vitale gli scivolò lungo la manica della maglia che portava. Pose nella bocca della sirena un fiore di ibisco, simbolo di ciò che Hori rappresentava un tempo.

Conservò il cuore in una bisaccia e prese il corpo sanguinante e freddo, avviandosi verso il mare nel quale entrò senza problemi.

-Vendicami e ritrova la mia vita.

 

Si era svegliato di soprassalto con il sudore che imperlava la fronte. Il cuore aveva accelerato i battiti e il respiro si era fatto più veloce e ansimante, aveva portato una mano a coprire il petto. Hori sentì un dolore lancinante all'altezza del cuore e la voce che gli aveva ripetuto ciò che lo attendeva.

Continuava imperterrita a tormentarlo sapendo bene che lui stava facendo tutto quello per se stesso, per essere lasciato finalmente in pace. Ma alcune cose del sogno non si spiegava.

Com’era possibile che un semplice essere umano fosse capace di riportare il corpo della sirena in acqua e scomparire dentro il mare?

Hori scosse il capo cercando di capire qualcosa da ciò che aveva visto, ma non era riuscito a vedere colui che l’aveva uccisa, colui che doveva essere condannato al posto suo.

Perché la voce stessa non gli diceva chi era stato?

I dubbi cominciarono a tormentarlo, più si avvicinava a ciò che doveva recuperare più i sogni si facevano chiari senza però riuscire a riposare.

Si voltò verso il giaciglio del mago e si accorse che era vuoto. Hori corrugò la fronte alzandosi di scatto e cercando in tutta la caverna per poterlo trovare. Si accorse dopo che accanto al suo giaciglio di fortuna era posata una pergamena e un sacchetto marroncino, si avvicinò aprendo la carta e lesse ciò che il compagno gli aveva scritto.

 

“Non preoccuparti per me, pensa solo a trovare quello che cerchi.

Io tornerò nella mia città perché ha bisogno di me.

Ti lascio queste speciali piante di felci, presto ne avrai bisogno e ti aiuteranno nella tua ricerca. So cosa cerchi perché me ne ha informato la Dama della Montagna, ma devi stare attento.

Riuscirai nel tuo intento, ne sono sicuro.

Gome, Mago del Sacro Ordine”

 

Strinse il foglietto nella mano e sorrise, sapeva che era tipico di lui lasciarlo così e non era certo la prima volta da quando lo conosceva. Prese il sacchetto e lo aprì stando ben attento a non essere precipitoso. Al suo interno vi si trovavano delle felci dal colore viola, assai strano per quelle piante e alquanto rare da trovare. Lo ringraziò sentitamente in silenzio prima di riprendere  il suo cammino. Decise di togliere la veste lunga che gli dava solo impaccio nella scalata, lasciando i pesanti pantaloni e la giacca che si era portato nel fagotto. 

L’uomo mise il mantello sulle spalle e coprì il viso con un lembo di questo, legando poi il sacchetto con la felce alla cintola. Mangiò fugacemente qualcosa e si rimise in viaggio e, uscendo dalla grotta notò che il sole stava sorgendo proprio in quel momento.

Dalla parte opposta della caverna vide il passaggio che il giorno prima Elaide gli aveva permesso di oltrepassare. Volgendo poi le spalle all’apertura riprese la sua scalata che quel giorno l’avrebbe portato all’entrata della grotta che stava cercando, per la quale mancava davvero poco.

Ad ogni passo che si protendeva a fare il cuore accelerava i battiti, rivelando la sua ansia e paura per ciò che si sarebbe apprestato a riportare. La cosa che gli sembrò più strana era che non aveva incontrato alcuna creatura a sbarrargli il cammino.

Forse erano anche scomparse da quella montagna da quando Elaide ne era la dama.

Hori sbuffò richiudendosi il mantello sul petto e incrociando le braccia, l’aria fredda sul viso stava diventando pungente e fastidiosa.

Dopo poche ore trascorse nello scalare quei ripidi sentieri, grandi poco più di dieci piedi, si fermò per bere un po’ di quell’acqua che stava per finire. 

Hori alzò il capo posando la borraccia sulla bocca e poi la vide, la caverna che stava cercando. Si affrettò a riporre la borraccia quando un sorriso felice gli comparve sul volto. Finalmente non avrebbe più dovuto vivere in quella condizione e avrebbe potuto ottenere nuovamente il rispetto delle altre divinità.

Arrancò per giungere lì e arrivatovi posò le mani sulle ginocchia per lo sforzo appena fatto, ma riprese subito le sue forze animato dalla felicità che stava provando. Un rumore sinistro lo fece desistere da quello che si stava apprestando a fare, facendolo sobbalzare e cadere a terra. Strisciò  indietro alla vista della bestia che gli si parò davanti in difesa della grotta.

Non aveva mai visto il mostro che sembrava poco socievole e poco propenso a contrattare. Si alzò di scatto estraendo la spada, posizionandosi in difesa allargando le gambe e flettendo le ginocchia. 

Hori osservava fisso con i suoi occhi chiari quelli della bestia colore del sangue. Era ricoperta da folti peli candidi e somigliava molto ad un lupo bianco, solo che al posto di una coda ne aveva tre ed era grande almeno venti volte più di un normale animale. Le fauci erano digrignate in un latrato di rabbia e la saliva colava dai denti come acqua.

La situazione si faceva più rischiosa ora e non doveva cantare vittoria troppo presto. Cosa gli era saltato in mente, pensava che non avrebbe incontrato nulla e nessuno?

Strinse con più veemenza la spada, portando la punta verso l’animale e indietreggiò ancora di qualche passo.

Hori piantò i piedi a terra e la spada ben puntata verso la creatura. Anche se il suo corpo tremava sentiva di dover andare avanti, non poteva mollare ora che era così vicino. Improvvisamente pensò che se avesse avuto almeno la metà dei poteri di cui era stato privato, avrebbe potuto creare un diversivo per poter passare, ma doveva contare sulle sue sole forze, nessuno sarebbe venuto a aiutarlo. Lui, il figlio rinnegato di Selandra.

Sentiva crescere una frustrazione fino a quel momento estranea, mai provata prima; era rimorso che aveva cercato di reprimere fino a quel momento, di non aver agito per tempo quando tutto quel che stava facendo, sarebbe risultato più facile.

La bestia ringhiò nuovamente facendolo sobbalzare, muovendo qualche passo verso Hori che pian piano alzò il capo per guardare la creatura. Non doveva avere paura, con questa convinzione cercava di riprendere il coraggio che gli era venuto meno pochi minuti prima.

Un lampo improvviso squarciò l’aria e una figura minuta comparve al fianco della creatura. Hori sgranò gli occhi nel vedere Elaide lì, ferma accanto al mostro che lo accarezzava ad una zampa.

  



Angolo dell'Autrice

Questa storia l'avevo già postata tempo fa, ma visto che la dovevo rivedere, l'avevo tolta dal sito. Ringrazio naturalmente chi ha letto anche questa parte e che la storia la trovi interessante.
Ricordatevi che lasciare ad un'autrice il proprio commento la aiuta a crescere, quindi vi chiedo solo di spendere due minuti del vostro tempo per farmi sapere cosa ne pensate. Ho diviso in cinque parti il racconto, altrimenti sarebbe risultato troppo pesante da leggere tutto d'un fiato.
Questa invece è la mia pagina FB dove scoprire curiosità e altro su personaggi da me inventati e sulle mie storie.

 
Lotiel Scrittrice - Come pioggia sulla neve

   
 
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