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Autore: Love_in_London_night    30/03/2014    4 recensioni
Chloe e Shannon. Ci sono attrazione e feeling, eppure qualcosa li frena.
Ma cosa avrà mai fatto lui per incontrare un simile tornado? E, soprattutto, cosa succederà tra loro?
Dalla storia: "«No, grazie». Sogghignò Shannon. «Ho bisogno di proteine che solo un animale morto può darmi. Inoltre mi sento di troppo, ma me ne vado contento: se andate avanti così va a finire che vi ritrovate lo stesso in tre a fine serata». Ammiccò divertito nell’indicarli con il mento.
Lo fulminarono entrambi con lo sguardo.
«Tornando al discorso di prima…» iniziò Logan che sapeva benissimo che ne avevano parlato. Gli uomini erano più pettegoli delle donne, esattamente quanto le donne parlavano di sesso di più e pure peggio degli uomini. «Ti chiedo solo di non complicare la vita a Chloe, perché – credimi – non ne ha davvero bisogno. Mi piacerebbe però che vi conosceste abbastanza affinché fosse lei a spiegarti il perché di queste mie affermazioni. Magari se impari a capirla scopri una persona che ti può piacere, o forse una che non ti interessa per nulla». Cercò di indugiare la ragazza. «Pensi di potercela fare?»
"
Challenge accepted, but remember: he's a cheater.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Shannon Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lost in the city of Angels'
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Capitolo 4

Beautiful love
 
 
Da quand’è che non sapeva più baciare?
E se non fosse mai stata in grado di farlo?
Perché nessuno dei suoi ex gliel’aveva fatto notare?
Forse avrebbe dovuto chiamare Grant.
Cristo, la vita di un umano medio era soggetta a stimoli. Visivi, tattili, percettivi, mentali. In Shannon li aveva ritrovati tutti insieme, con buona pace degli ormoni e dei suoi peggiori istinti primordiali.
Figurarsi se gli stimoli riguardavano i corpi: lì si che ogni parte diventava ricettiva. E così era stato nel baciarlo. Dio, non avrebbe più smesso. Avrebbe potuto fare l’adolescente e passare tutta la notte nel tentativo di mangiargli la faccia. Amoreggiare come due ragazzini nell’auto fino a non avere più fiato nei polmoni, consumare la lingua ed esaurire la saliva.
Aveva adorato ritrovare le labbra umide di Shannon a contatto con le proprie, far scivolare la lingua nella bocca di lui, sentire i denti del batterista che le mordevano le labbra.
Al solo pensiero sentiva ancora i brividi.
Eppure ricordava anche come sotto casa sua, nell’abitacolo della macchina, lui le avesse rivolto un sorriso radioso, tanto che si era convinta che l’avrebbe baciata di nuovo, magari con ancora più passione dato che non c’era nessuno che li guardava con tatto d’occhi, invece si era limitato ad accarezzarle una guancia con il pollice, avvicinarla a sé per un bacio all’angolo delle labbra e augurarle infine la buonanotte.
Suo zio Lenny si era preso più confidenza di Shannon.
Guardò il display del cellulare per l’ennesima volta, ma niente. Nulla. Nada. Niet. Nothing. Rien.
Senza contare, appunto, che da quando erano usciti aveva smesso di farsi sentire.
Ed erano passati cinque giorni. Cinque. Dannatissimi. Giorni.
L’unica deduzione a cui era giunta era che baciava da schifo, ma così schifo che anche Miley Cyrus con un martello era riuscita a fare di meglio.
Ehi, fermi tutti, Terry Richardson, il regista del video, non era amico dei Mars? Magari avrebbe potuto chiedere a Logan il numero per poi domandare a lui quello di Miley per delle ripetizioni intensive.
Sempre se Shannon le avesse dato un’altra possibilità di ripetere la cosa.
Difficile crederlo per come si erano messe le cose.
Affondò la testa nel cuscino. Tutta quella situazione era pure peggio del licenziamento e della fine della storia con Grant. Quella con Shannon non era nemmeno iniziata!
Cioè, non erano arrivati nemmeno alla ‘meta’.
Non poteva pensare ai sentimenti che iniziava a provare per lui, se no si sarebbe buttata dal suo piccolo terrazzino.
Si alzò di scatto, sapeva cosa ci voleva in quel momento: cioccolato.
In un vasetto di Nutella avrebbe affogato ogni suo dispiacere e, magari, avrebbe fatto pratica con il cucchiaino riguardo i baci e la lingua.
Se Miley ce l’aveva fatta con un martello, lei poteva usare una stoviglia.
 
Perché era così coglione?
Era passata una settimana da quando erano usciti. Una fottuta settimana.
E lui era sparito nel nulla, totalmente terrorizzato.
Perché? Eh, bella domanda.
Stava suonando fuori tempo un’altra volta, ops. Jared l’aveva fulminato con lo sguardo.
Forse perché stava succedendo qualcosa di diverso in lui, e doveva rispettarne i tempi. O perché era difficile pensare che si erano baciati e non era stato lui a dettare i ritmi a quella situazione. Non doveva succedere per Agnes, doveva accadere perché lo volevano. E lui lo voleva, ma Chloe?
Forse doveva controllare che dopo quei ragionamenti non gli fosse spuntata una vagina nei boxer al posto della Shanaconda, perché sembrava una donna. Eppure non riusciva a farci nulla, Chloe lo atterriva.
Dio, però, quelle labbra. Per non parlare del suo corpo così vicino a quello di lui.
No, quello che stava suonando non era giusto, lo vide dallo sguardo di Tomo che stava facendo il possibile pur di non fare saltare i nervi a Jared, giusto per evitarsi una sfuriata inutile.
«Il batterista fa schifo».
Non gli aveva prestato attenzione, Shannon aveva percepito una voce che durante l’esecuzione non doveva esserci, certo, ma era famigliare, tanto che non lo distrasse dai propri voli mentali.
«C’è uno squalo con tre bocche che sta mangiando Jared».
Il ritmo, doveva cercare di tenere il ritmo. Quale, non lo sapeva nemmeno lui.
«Chloe, cosa ci fai qui nuda e con i capelli verdi?»
Shannon alzò lo sguardo dalla batteria concentrando gli occhi oltre il vetro della sala registrazioni. Una bacchetta gli scivolò dalla mano, mentre con l’altra continuava ad accanirsi passivo su un piatto.
Dov’era Chloe? Non la vedeva.
Ehi, ma da quanto gli altri avevano smesso di suonare e lo stavano fissando?
Oh, si interruppe anche lui.
«Bene, cinque minuti di pausa per tutti, è meglio» annunciò Jared posando la chitarra.
«Dieci per Shannon così riesce a masturbarsi». Continuò a prenderlo in giro.
«Ok, facciamo quindici in modo da darmi il tempo di fare una sveltina con Logan» concluse facendo ridere tutti, mentre la diretta interessata cercava di scacciare con la mano il pensiero.
Non che le dispiacesse, ma non le servivano gli occhi della crew puntati addosso. Fossero spariti per caso sarebbe stata una cosa che poteva passare inosservata, così no.
Ma che problemi si stava facendo? Jared scherzava. Forse.
Si ritrovarono nella cucina di casa per bere un caffè e far distendere i nervi a Shannon. Tomo, Jared e Logan lo conoscevano troppo bene per non sapere che qualcosa lo turbava. Era evidente, sembrava avesse il mestruo, e di solito era Jared quello con il ciclo.
«Ciao eh, uomo col nome da donna» lo salutò Logan mentre lui si versava quasi un litro di caffè in una tazza.
«Parla la donna con il nome da uomo». Quasi grugnì, per poi tornare a fissare il caffè fumante come se fosse pronto a dargli un pugno in faccia.
Logan provò a vedere quanto fosse presente. «Sono incinta. Diventerai zio. Però avranno il corpo per metà umano e metà delfino».
Jared e Tomo fissarono Shannon per aspettare una sua reazione.
Lui alzò lo sguardo solo un paio di minuti dopo. «Sì?!»
«Shannon, cos’hai?»
«Niente, niente. Davvero». Minimizzò il tutto con un gesto della mano, poi bevve il caffè per evitare altre risposte tanto evasive quanto pessime.
«Come sta Chloe? Non la sento da quando dovevate uscire…» Logan cercò di spostare il terreno su un argomento delicato, per vedere come avrebbe reagito lui. Era dovuto a lei il suo nervosismo?
«Anche tu? Oddio, sarà ancora viva?» rispose, preoccupato.
«Cioè… Tu non la senti da quando siete usciti?» Tomo si inserì nel discorso con grazia, cercando di non destabilizzare più del dovuto l’amico. Se avesse preso di nuovo parola Logan gli avrebbe dato del coglione misogino e, perché no, pure del cacasotto.
«Ha fatto così schifo?» il famoso tatto di Jared.
«No anzi, è andato pure bene. Ho incontrato Agnes, ci siamo baciati…»
«Agnes?» domandò allibito il fratello.
«Baciati?» Logan era sorpresa.
«E perché sei così teso?» Tomo, San Tomislav, protettore dei cacasotto in amore.
«Una cosa per volta» ringhiò Shannon, perché dovevano interessarsi alla sua non vita sessuale e sentimentale?
Poi li guardò in faccia cercando un po’ di calma, forse erano le persone giuste: Tomo era sposato e Jared e Logan beh… era come se lo fossero.
«Stava andando tutto a meraviglia, quando siamo andati a prenderci un caffè dopo la cena. Mentre aspettavo Chloe fuori dalla caffetteria ho visto Agnes. Mi sono irrigidito e Chloe l’ha notato, venendomi così in soccorso. Mi ha baciato davanti a lei, ed è stato bello. Bellissimo. Però non so, mi sono teso mentre la riaccompagnavo a casa»
«Perché?» Tomo si stava accarezzando la barba, sembrava soppesare con interesse le parole dell’amico.
«Perché volevo fare io il primo passo, anche perché diciamocelo: non è che ci siamo proprio baciati davanti ad Agnes. È stato più un fingere. Dopo ci abbiamo riprovato, ma non era così che volevo accadesse. Forse ho bisogno di più tempo…»
«Perché…» Tomo sorrise, quella volta non era una domanda, quanto più un invito a continuare. Lo stava incalzando, quasi volesse portarlo a una considerazione.
«Perché con lei sto bene. Non mi pesa quando c’è, mi fa piacere passare del tempo con lei. Se non la sento o la vedo mi manca. Forse mi sarebbe piaciuto aspettare di capire cosa vuol dire tutto questo»
«Semplice» riprese Tomislav.
«Cosa?» Shannon sembrava perso. Fissò il fratello, ma anche lui stava annuendo convinto.
Tutti scemi in un colpo? Fissò la tazza preoccupato. Cosa avevano messo nel caffè, marijuana?
«Ti piace».
«Sai che novità» sogghignò. Iniziò a guardarsi in giro per capire se c’era qualcosa da mangiare, sapeva che di lì a poco sarebbero entrati nella fase della fame chimica.
«No, Shan. Intendo che ti piace davvero, che ti stai innamorando». Tomo sorrise indulgente, come si faceva con i bambini quando si spiegava loro un nuovo concetto.
Rise divertito, erano uno spasso, davvero.
«Ok, io amo il caffè, la mia batteria, le donne – tutte – e il sesso. Non posso ridurmi a una soltanto».
Insomma, non si innamorava dai tempi del liceo, circa. Non poteva aver sbagliato qualcosa proprio in quel momento, a quarantasei anni e all’apice della sua carriera, dove anche solo respirare gli faceva cadere a terra uno stuolo di donne, anche se a lui ne piaceva una soltanto.
Sesso. Bingo.
«A proposito, da quant’è che non fai sesso?» la domanda di Jared sembrava innocente.
«Da pochissimo» sogghignò. Poi si interruppe.
Fece un paio di rapidi calcoli e inorridì. Dio, erano passate più di due settimane. Esattamente da quando Chloe l’aveva chiamato al telefono e lui aveva scaricato la tipa perché si era divertito di più al cellulare che durante la notte.
Nemmeno nei periodi più bui era stato così tanto senza… Praticare.
La cosa di cui però non riusciva a capacitarsi era come il sesso non gli passasse nemmeno nell’anticamera del cervello, a meno che Chloe fosse nei paraggi. Lì allora la Shanaconda rispondeva in un batter d’occhio, la sua velocità nel diventare ricettiva era inversamente proporzionale a quella della bocca di articolare frasi di senso compiuto.
«Non così poco, vero?» Jared incrociò le braccia al petto, la faccia soddisfatta. «Fammi indovinare… Non ci avevi nemmeno pensato».
Che cazzo? Ora suo fratello gli leggeva nella mente? Cos’era, lo shatush gli conferiva doti divinatorie?
«No ragazzi, vi state sbagliando di grosso. È una ragazza meravigliosa, davvero, ma l’amore è come…» ci pensò un attimo. «Il crowd surfing: non fa per me».
Lo guardarono tutti sconcertato. Da dove tirava fuori certi paragoni?
Forse dovevano iniziare tutti a prendere in seria considerazione che il caffè fosse drogato.
« Perché?» fu la domanda spontanea di Logan. Oltre a sapere perché aveva tirato fuori il crowd surfing, voleva capire cosa avesse l’amore di tanto sbagliato ai suoi occhi.
« Perché non ho controllo sulle mie azioni. Stessa cosa vale per il bagno di folla:  sulla gente e – soprattutto – sulle loro mani, non ho alcun potere. E vale anche per i sentimenti». Finse un brivido, come se la cose lo spaventasse a morte.
Logan, però, al momento si era focalizzata su altre parole, tanto che guardò Jared sconcertata.
«Cosa c’è?» domandò lui nascosto dietro la sua tazza di caffè.
«Tu non hai più intenzione di fare crowd surfing, vero?»
Dio, avrebbe ammazzato Shannon, poco ma sicuro, l’unico modo per provare l’ebbrezza di altre mani sul suo corpo – altre mani su Baobab – e lui l’aveva sputtanato così, senza alcun riguardo.
«Non lo so, perché?»
‘Sei un bravo attore, puoi fingere indifferenza’.
Vincere un paio di Oscar doveva pur significare qualcosa.
Logan indicò la patta dei jeans di Jared «Perché vorrei che certe cose rimanessero… Riservate a me». Aggiunse inorridita. «Basta che rimanga dove è, e con questo intendo attaccato al tuo corpo ma, soprattutto, dentro i pantaloni».
Lo sapeva, l’unico suo modo di evadere dalla monogamia era appena stato messo al bando. Respirò. Doveva ricordarsi che Shannon era suo fratello, gli voleva bene e – soprattutto – non aveva un buon batterista con cui rimpiazzarlo.
«Ma torniamo a te» disse Logan all’improvviso. «Tu hai baciato la mia amica e sei fuggito come il più codardo degli uomini. Ti rendi conto che ora penserà di avere una tagliola al posto della bocca?»
No, non aveva una tagliola, aveva due labbra da cui si sarebbe fatto mangiare tutto il giorno, più parti del corpo. Una in particolare, ma erano dettagli.
Era stato uno stronzo, se ne rendeva conto. Come poteva rimediare?
«Per fortuna ho il pomeriggio libero, corro da lei». La bionda non perse tempo, baciò al volo Jared e si avviò verso la porta. «E vedi di recuperare le palle tu, oltre che un po’ di amor proprio».
Cazzarola, aveva ragione.
«Ti stai coinvolgendo molto» lo canzonò Tomo tutto sorridente, gli piaceva l’idea che Shannon non fosse più solo, dato che anche Jared aveva trovato qualcuno da amare. E Chloe gli piaceva, anche perché riusciva a sorprenderlo e metterlo in difficoltà, e Shan aveva bisogno di una persona simile, che non gliela desse vinta tanto facilmente. Facevano scintille, doveva solo ammetterlo con se stesso.
«Già, bro. Sei fottuto»
«Ma cosa ne sapete voi?» rispose acido. Cazzo, uno era sposato e l’altro… Beh, era come se lo fosse, ricordò.
Forse, doveva ammetterlo, qualcosa in più di lui ne sapevano.
Difatti lo guardarono accigliati, come se la risposta fosse ovvia.
«Ok, torniamo a incidere, stiamo perdendo un sacco di tempo».
E se era lui a rimetterli in riga, c’era davvero qualcosa che non andava.
 
«Amico, ciao. Senza tanti giri di parole: SOS baby-sitter»
Si beh, anche lui stava bene, senza contare che stava affrontando per la prima volta un discorso con la propria coscienza che non gli piaceva per nulla, anche se quella conversazione si chiama Chloe.
«Wayne, lo farei volentieri, ma sono in piena registrazione del nuovo album. Ti ringrazio per la fiducia, ma ho un lavoro anche io. Piuttosto impegnativo se non ricordi, dato che con me lavora Jared».
Tendevano tutti a dimenticare certi lati della sua vita professionale. Non era sempre in giro a suonare, scoparsi donne ed elargire sguardi che avrebbero fatto strappare le mutande alle altre sfortunate che non potevano usufruire della Shanaconda, no, doveva anche lavorare agli album, pensare all’organizzazione di altre mille cose, litigare con Jared per far sì che il disco uscisse entro i prossimi sei anni e loro fossero d’accordo – anche con Tomo, era chiaro – riguardo le varie scelte.
«Ehi, aspetta, forse ho un’idea. Per quando ti serve la baby-sitter?»
«Domani, tutto il giorno» Wayne era attonito.
Sarebbe stato sabato. Nessuno di sabato avrebbe voluto alzarsi presto, nemmeno una liceale che aveva bisogno di soldi. Era lui l’unico stronzo a farlo, e non di certo di sua spontanea volontà. Lui aveva una volontà propria, e si chiamava Jared.
«Cosa? Ma sei scemo? Ti riduci all’ultimo per affidare tuo figlio magari a qualche sconosciuto? Sei un padre degenere!» quasi urlò.
«Nessuno è perfetto» si giustificò l’amico quasi piagnucolando dall’altro lato del telefono. Facile per lui parlare, non aveva un lavoro, una moglie e un figlio a cui pensare.
«Comunque, dicevo. Perché non lo domandi a Chloe? So che lei e Ryder vanno d’accordo e tenersi occupata in un periodo simile le può essere solo d’aiuto». Così magari poteva pure dimenticare la sua figura da perfetto coglione.
«Ma Chloe è la ragazza con cui sei venuto l’altra volta e che ti mangiavi con gli occhi? Ryder mi parla di lei, qualche volta. È affidabile?»
È una pazza psicotica sopra le righe, ma sì, è affidabile.
Ancora con questa storia? Ma che problemi avevano tutti quel giorno? Era San Valentino e non se ne era accorto? Tutti erano diventati improvvisamente paladini dell’amore, quando lui era solo l’eroe errante che cercava di diffondere il credo da ‘Una botta e via, intingi il biscotto e scappa’.
‘Seh, certo, però al momento non inzuppi niente perché pensi solo a una persona’.
‘Coscienza, da che parte stai?’
«Sì, è lei» decise di non dare peso alle parole dell’amico. «Ed è affidabile, con Ryder è stata brava. Ti giro il contatto, se accetta dimmelo che la porto io a casa tua, non ha l’auto»
«Da quando sei diventato gentile e premuroso?»
«Da quando cerco di portarmela a letto»
«Se vuoi convincerti, fai pure…» lo prese in giro l’amico.
«Senti Wayne, se continui così col cazzo che ti giro il suo contatto, così dovrai affidare tuo figlio a qualche liceale sfigata con problemi della personalità o a qualche nonnetta che non si ricorda nemmeno dove ha lasciato la dentiera»
«No ok, la pianto. Ciao animale innamorato!»
«Fanc…» ma l’altro riattaccò prima di permettergli di finire la frase.
 
Oddio. Oddio. Era vecchio per queste cose, sarebbe morto di crepacuore.
Non se la sentiva di abbandonare suo fratello, sua mamma e gli echelon, per non parlare di tutte le donne del mondo. Ma come si reggevano queste cose?
Le fece uno squillo al quale lei rispose subito dopo, come a volergli dare conferma di averlo ricevuto e che sarebbe arrivata di lì a poco.
Era davanti a casa di Chloe, pronto per portarla da Wayne, e non aveva la minima idea di come salutarla, di come scusarsi e dirle che avrebbe voluto baciarla di nuovo. E, perché no, dedicarsi anche ad altre labbra.
E che no, al posto della bocca non aveva una tagliola.
Cristo, era vero che sudava facilmente, ma le mani erano bagnate in modo imbarazzante. Continuò ad asciugarle nei pantaloni finché non sentì forzare la maniglia dell’auto, bloccata però dalla chiusura centralizzata. Sbloccò il sistema e le sorrise, quasi a disagio.
Dio mio, non era più imbarazzato da quando aveva otto anni, ovvero l’ultima volta in cui sua mamma era entrata in bagno senza chiedergli il permesso mentre stava facendo pipì.
Era bellissima, e Shannon rimase senza fiato. Lo salutò come se niente fosse, ma aveva lo sguardo basso, mancava il suo solito modo di fare. Non aveva l’energia del tornado che la contraddistingueva di solito. Era molto più che imbarazzante.
«Ciao»
«Ciao».
Mancava la chimica che c’era sempre stata. Non era bravo a scuola, ma di certo non era scemo, era palese che qualcosa tra di loro fosse cambiato.
«Ti trovo bene»
«Anche io».
Perché sembrava che un purtroppo aleggiasse dopo le parole di lei? Forse perché se si fosse fatto male o fosse stato malato avrebbe giustificato la sua assenza in quella settimana?
Poteva rimediare anche subito prendendo a testate il volante dell’auto, se fosse servito a qualcosa.
«Pronta?»
«Su Shannon, nessuno di noi due ha tempo da perdere» sorrise, ma era un gesto imbarazzato, spento.
Avevano perso tempo fino a quel momento? No, gli unici momenti della sua vita privata che non aveva sprecato ultimamente erano proprio quelli passati con lei.
Dio, tutti i discorsi dei suoi amici lo stavano trasformando in una donna piagnucolosa, sembrava Bridget Jones. Se non fosse stato attento prima o poi gli sarebbe arrivato il ciclo.
Provò a fare conversazione, ma ogni approccio sembrava sterile. Chloe era seduta educata, senza la confidenza con cui si stravaccava nella sua auto di solito, era ermetica nelle risposte che non concedevano un appiglio per continuare il discorso.
Arrivare da Wayne fu una consolazione.
«Shannon, Chloe!» li accolse Ryder. Nonostante non fossero nemmeno le nove era sveglio e iperattivo come sempre.
«Ciao ometto!» lo prese in braccio lei, ritrovando subito il suo buonumore. «Sei pronto per una gita allo zoo?»
«Siiiiiiii» urlò contento correndo intorno ai due arrivati e al padre.
«Vieni anche tu zio?» si fermò accanto alla gamba di Shannon.
«No piccolo, purtroppo devo lavorare».
Ryder alzò le spalle. «Peccato, ci divertiremo solo io e Chloe».
Però, quel bambino sapeva come essere riconoscente. Se la sarebbe goduta tutto il giorno, c’era davvero bisogno di rigirare il coltello nella piaga?
«Chiamami quando devi tornare, intesi? Vengo a prenderti, non è un problema. Potremmo mangiare qualcosa insieme, se ti va». Avrebbe voluto stringersi la mano da solo, era veramente stato più facile del previsto. Come aveva fatto a non pensarci prima?
La vide sorridere più serena, come suo solito, e qualcosa in Shannon si sciolse come succedeva alle protagoniste dei romanzi rosa. Il prossimo passo sarebbe stato entrare da Victoria’s Secret e comprarsi un push-up. Come si era notato, non era molto bravo a dialogare con il suo lato più sensibile.
Chloe alzò gli occhi divertita mentre annuiva poco convinta. «Ora vai, prima che Jared ti stacchi la testa per il ritardo».
Lo stava per caso cacciando? Ma in che mondo era finito? Le altre donne avrebbe fatto la fila per uscire con lui, a un suo invito a cena sarebbero venute nelle mutande; lei, invece, lo cacciava. Ma sapeva che Chloe non era tutte le altre donne, ormai l’aveva capito.
Forse era proprio per quello che gli piaceva così tanto.
 
«Sì? Chloe?» era sorpreso.
Una chiamata da parte sua a metà pomeriggio non se l’aspettava proprio. Era conscio di essere bravo con le donne, ma farle tornare sui propri passi solo con il silenzio era davvero una cosa inaspettata. Livello conquista: extreme.
«Sì, buongiorno. Non sono Chloe» una voce cordiale e calma dall’altra parte parla in modo rassicurante, ma il fatto che a parlare non fosse la proprietaria del cellulare lo mise in allarme. «La chiamo dall’Hollywood Presbyterian, sono un’infermiera»
Si allontanò dalla sala comandi davanti a quella d’incisione, aveva bisogno di sedersi. Quando dall’altra parte c’era un ospedale in linea non era mai una buona cosa.
«Ho visto che lei è stato l’ultimo a chiamare la signorina Greyson, la conosce?»
«Certo che sì. Sono un suo amico, una delle poche persone che conosce a Los Angeles». Aggiunse subito prima che potessero anche solo pensare di riattaccare. Doveva sapere cosa diavolo era accaduto. «Cosa è successo? Sta bene?»
«Si calmi, non è succeso nulla di grave. La signorina Greyson sta per essere dimessa, può venire a prenderla? Le abbiamo…»
«Arrivo subito».
Non poteva aspettare oltre, doveva correre all’ospedale. Subito.
«Dove scappi bro?» Jared lo guardava confuso.
«All’ospedale, vado da Chloe».
Fece segno agli altri di tornare a lavoro, avrebbero lavorato sui singoli strumenti. Poco prima di tornare a concentrarsi sulle canzoni, Jared scrisse un messaggio a Shannon dicendo di tenerlo aggiornato sulla situazione e che se gli fosse servito qualcosa doveva soltanto chiamarlo.
 
Dopo aver chiesto all’entrata dove fosse Chloe Greyson si diresse quasi correndo in ortopedia.
La trovò seduta sul letto della stanza seicentotre, con un polso fasciato. Aveva lo sguardo basso fisso sui piedi che dondolavano inermi dal bordo.
«Chloe!» urlò abbracciandola, molto più sollevato ora che la vedeva con i suoi occhi e poteva rendersi conto che non stava male.
«Scusa». Piagnucolò lei aggrappandosi alla sua maglietta. «Non volevo che ti preoccupassi, non volevo che venissi qui, ma mi hanno detto che ti avevano già chiamato e…»
«Ssssshhh, non ti preoccupare, non è un problema» le asciugò le lacrime con i pollici dopo aver posato le mani sulle sue guance. «Sono sollevato di poter vedere che stai bene. Aspetta» il panico si impossessò di lui. «Ryder?»
Si guardò in giro terrorizzato. Poteva perdonarle tante cose, ma non sapevo come giustificare la sparizione di un bambino di quattro anni. Cazzo, Wayne l’avrebbe ammazzato.
«È a casa. Wayne è passato a prenderlo poco fa». Si giustificò versando altre lacrime. Si odiava, lei non era solita assomigliare a un rubinetto rotto. «Mi dispiace, non volevo metterlo in pericolo».
«Tranquilla, lo sappiamo»
Se solo avesse anche saputo di cosa lei stesse parlando sarebbe stato più facile affrontare quella conversazione.
«Giuro che sta bene, non ha nemmeno un graffio».
Avrebbe voluto chiederle cosa fosse successo allo zoo, perché da come era sconvolta sembrava fosse atterrata un’astronave aliena nelle vicinanze e che fossero sfuggiti per miracolo. Stava per domandarlo, quando entrò il dottore.
«Bene signorina, ecco qui i moduli per la sua dimissione. Ci vediamo tra dieci giorni per controllare il polso. Oh, vedo che c’è con lei…»
«Shannon». Si presentò al medico.
«Un amico» si affrettò ad aggiungere lei, imbarazzata. Lo stesso imbarazzo della mattina, una cosa che a Shannon dispiacque molto. Troppo.
«Mi raccomando, la accompagni a casa, la faccia riposare e non le permetta di guidare. Era così agitata e sotto shock che le abbiamo iniettato un po’ di calmante»
«Certo, sarà fatto». Per chi l’aveva preso il dottore? Per un pazzo che l’avrebbe lasciata sola alla prima occasione? Doveva avere proprio una faccia affidabile ai suoi occhi, o forse era lui che doveva farsi un giro in oculistica al posto di presidiare ortopedia.
Prese Chloe e la aiutò ad arrivare all’auto reggendola per la vita, aveva ancora le gambe deboli a causa della pressione bassa e dello spavento. Si sarebbe preso cura di lei, vederla così delicata e fragile al posto del solito tornado gli fece stringere il cuore.
Solo in macchina la ragazza iniziò a fare i capricci, cose che nemmeno Ryder si immaginava di fare, e dalla sua aveva tutta l’immaginazione dei suoi quattro anni.
Dopo cinque minuti Shannon aveva ceduto ai suoi sproloqui, aveva veramente paura che potesse ucciderlo. Collegò il bluetooth del telefono all’auto e fece partire una chiamata a Wayne, perché Chloe sentiva di doversi scusare.
Pianse al telefono per non meno di sette minuti, scusandosi di essere una pessima baby-sitter. Shannon precisò all’amico che era sotto effetto di calmanti e che quindi non era del tutto in sé. Wayne le disse di non preoccuparsi, che non era colpa sua ma che certe cose capitavano, non era stato un errore dipeso da lei. Anzi, l’aveva ringraziata per aver difeso Ryder, il bambino gli aveva detto che per metterlo al sicuro lei si era fatta male al polso.
«Non nego che si sia preso un bello spavento» aggiunse alla fine. «Ma ora lo racconta come se fosse l’unico sopravvissuto a un safari, si sente Indiana Jones. Mi ha già chiesto se domenica prossima lo porto all’acquario»
«E perché?» Shannon anticipò la domanda di Chloe. Quella conversazione le stava donando più tranquillità dei calmanti stessi.
«Perché ha detto che se abbiamo fortuna si rompe il vetro della vasca degli squali e lui può farli fuori tutti con un pugno. Poi nuoterà trionfante sul dorso di un delfino. O era una tartaruga?» si perse nei ricordi di un paio d’ore prima mentre i due nell’auto ridevano divertiti.
Chloe aveva creato un mostro malato d’adrenalina. A vent’anni sarebbe stato peggio di Bear Grylls.
«Quindi non scusarti. Anzi, sono io che devo dirti grazie per aver protetto mio figlio». Si sentì un tonfo sinistro, probabilmente delle pentole cadute. «Ora sarà meglio che vada, prima che un coltello metta fine alla vita di mio figlio al posto di un leone, Ashley non me lo perdonerebbe mai. Riposati e non preoccuparti di nulla. Ciao ragazzi… Divertitevi!»
«Wayne è una bella persona» espirò lei stanca accomodandosi sul sedile. Molto più nel suo stile, e Shannon fu grato di quel gesto, stava tornando tutto alla normalità.
«Certo che lo è, è mio amico»
«Appunto» sorrise appena.
Arrivarono a casa di Chloe poco dopo.
«Grazie di tutto, davvero»
«Ah, tu speri di liquidarmi così? Nossignora, il minimo che posso fare è accompagnarti fino a casa e assicurarmi che tu sia dentro e non ti succeda nulla».
Lei provò a protestare, ma Shannon fu più veloce di lei e scese dall’auto, interrompendo ogni lamentela. La resse di nuovo per la vita, come aveva fatto prima in ospedale, e la guidò verso il suo appartamento.
«Bene, ora penso che tu possa lasciarmi andare, guarda: sono in piedi. Avrai sicuramente di meglio da fare». Mosse dei passi fino al divano, ma iniziò a barcollare. Shannon le si avvicinò prima che potesse crollare a terra come un’ubriaca.
«Sì, vedo la tua grande stabilità». Le sorrise per prenderla in giro. «Mi ricordi tanto Jared la prima volta su un paio di tacchi»
Chloe lo guardò interrogativa.
«Ogni passo aveva il culo per terra. Forse un paio di volte ha rischiato di rimetterci pure le caviglie. Le sue fantastiche caviglie da ballerina!»
Lei rise e si lasciò andare tra le braccia di Shannon, arresa al fatto che non se ne sarebbe andato tanto facilmente. Era vero, era ancora arrabbiata per il suo mutismo di quella settimana, ma doveva ammettere – almeno con se stessa – che le faceva piacere averlo lì. Forse avrebbe dovuto mandare una scatola piena di dolci della buonissima pasticceria all’angolo all’infermiera che l’aveva chiamato, se li meritava tutti.
«Ora ci facciamo portare qualcosa da mangiare, così tu non cucini e io non tento di avvelenare alcuna anima viva».
Chloe sorrise magnanima prima di annuire.
«Cinese? Ce n'è uno che è sempre rapido nelle consegne»
«Perfetto».
Il batterista si fece dire dove trovare il menù, decisero cosa ordinare o poi chiamò. In meno di un’ora il cibo era davanti a loro, ancora bollente.
«Ma che problemi avete qui a Los Angeles? Ok, non ero proprio una fan di Londra, ma Cristo, almeno gli involtini primavera avevano dimensioni normali, non soffrivano di anoressia come questi qua» disse schifata alzandone uno tra le bacchette. In effetti quel paio di volte in cui aveva cenato con il cinese non ne aveva mai ordinati.
«Non è così piccolo!» Shannon lo difese, sentiva il bisogno di tutelare l’onore della propria città.
«Guarda qua» riprese Chloe convinta. Senza pensarci due volte se lo infilò tutto in bocca. Un involtino primavera degno di quel nome non sarebbe dovuto starci.
«Visto?» disse compiaciuta dopo aver ingoiato rumorosamente il boccone. Ok, non era piccolo come sembrava, ma non era delle giuste dimensioni rispetto ai suoi standard. «C’è stato tutto».
Ma la testa di Shannon era andata ben oltre l’involtino primavera. Aveva appena iniziato a girare un film porno, dove in bocca non ci stava del cibo. Perché, c’era da ammetterlo, quelle labbra per lui erano peccaminose.
«Lo speravo, in effetti» ridacchiò riprendendo a mangiare, il sorriso malizioso e soddisfatto che così spesso aveva sfoderato con Chloe.
Lei, al posto di sorridere o ribattere con qualcosa di ancora più sconcio come suo solito, gli aveva scaraventato addosso una confezione vuota di cibo. Shannon sorrise sereno, non era il massimo, ma cento volte meglio dell’apatia della mattina, sebbene al momento si vedesse quanto fosse stanca e senza forze.
Cenarono e guardarono un po’ di televisione, fino a quando Chloe sbadigliò e Shannon si ritrovò a imprecare tra sé.
«Cosa c’è?» sobbalzò davanti a quell’espressione colorita che gli aveva gonfiato il petto e l’aveva scossa, dato che era appoggiata alla sua spalla.
«Non ho niente per mettermi comodo».
Chloe rimase interdetta da una simile espressione. Lei non aveva bisogno di un baby-sitter. Che lui corresse pure da Agnes ho-le-gambe-più-lunghe-dell’intera-Florida Fischer, dato che dopo che l’avevano vista e si erano baciati, era sparito senza pietà.
«Aspettami qui, devo avere qualcosa in auto, torno subito». Non le diede tempo di protestare che si rimise le scarpe da ginnastica e uscì di casa al volo, chiudendosi la porta alle spalle.
Quel ragazzo era forse bipolare? Non si faceva sentire per una settimana, per giunta dopo che le cose tra loro aveva preso una piega… Interessante, e da quel pomeriggio era tornato da lei come se nulla fosse, comportandosi se fosse il suo ragazzo, per poi autoinvitarsi a… Restare a oltranza?
Sospirò, poi dicevano che le portatrici di vagina erano quelle complicate. La prossima volta avrebbe tirato un calcio negli stinchi a qualcuno, se solo avesse sentito una simile frase.
Dopo una decina di minuti suonarono. Shannon doveva essersi chiuso fuori dal portone.
Nell’alzarsi di slancio qualcosa però non andò nel verso giusto. Arrivò al citofono e premette il tasto senza forza, iniziava a vedere nero e sentire un fischio sinistro nelle orecchie. Inspirò a fondo e si appoggiò alla porta che aveva aperto. Guardandosi nello specchio lì accanto constatò di essere verde in faccia, così tanto da fare invidia a Shrek.
La nausea era sempre più forte.
«Sono tutto bagnato». Fu Shannon a farla girare verso l’uscio.
In effetti era fradicio. La maglietta bianca completamente incollata al corpo e i capelli attaccati alla fronte, ma anche in quel modo riusciva a essere così sensuale da farle dimenticare il malessere che la stava prendendo.
«Anche io» rispose sovrappensiero.
Quando si accorse di cosa effettivamente aveva detto, spalancò gli occhi e si corresse. «Cioè… Lo vedo».
Peccato che fu troppo tardi, perché Shannon rise divertito. Finalmente era tornata la Chloe di una settimana prima. Si lasciò contagiare anche lei dalle risate, ma subito dopo smise di colpo.
«Ti senti bene?» le domandò lui dopo essere entrato e aver chiuso la porta.
La ragazza scosse la testa da parte a parte, la faccia grigia, e corse verso il bagno.
Sapeva che non sarebbe stata una buona cosa lasciarla da sola, e ora ne aveva avuta la conferma. Non sapeva se fosse stato lo shock per quel pomeriggio che aveva tentato di farsi raccontare e su cui lei non aveva voluto dire nulla, oppure se era a causa dei calmanti, sapeva solo che Chloe stava male e lui era lì per quello.
Sentì i conati provenire dal bagno e si avviò con passo pesante. Non aveva mai assistito una ragazza mentre vomitava, l’ultima volta era successo quando aveva sedici anni, ed era sua madre. Il pensiero lo paralizzò come se fosse stato un indizio riguardo la sua presenza lì in quel momento, quindi cercò di scrollarselo di dosso e si costrinse a mettere un piede davanti all’altro.
Arrivò sulla scena del misfatto con la stessa audacia con cui uno studente si presentava a un esame universitario avendo studiato la metà del materiale preparato rigorosamente il giorno prima. Vederla con la faccia nel water però lo indusse ad attingere al proprio coraggio.
Si mise accanto a lei e con una mano le raccolse i capelli, mentre con l’altra le accarezzava la schiena con dolcezza. Non c’era molto da dirle così, per calmarla, iniziò a canticchiare una ninna nanna che sui suoi nervi aveva sempre fatto miracoli. Si era dimenticato di essere zuppo e puzzolente, dato che quella che gli era finita addosso non doveva essere acqua raccolta apposta per l’occasione.
«Grazie» mormorò senza più energie Chloe, dopo aver avuto la certezza di non dover ripetere l’esperienza. «Questo è imbarazzante».
«Nah» Shannon si alzò per poi aiutarla, le preparò lo spazzolino da denti con il dentifricio per poi porgerglielo. «È stato più imbarazzante comprare gli assorbenti per Emma, credimi».
Le sorrise e, porca miseria, nonostante avesse un aspetto terribile e avesse appena visto il water da un’altra prospettiva – che era tutto, tranne che interessante – non riusciva a non pensare che fosse bellissima. E che se non fosse stata uno straccio l’avrebbe baciata con violenza e urgenza, la desiderava.
Era malato, ormai era chiaro.
Una qualche psicosi strana a cui non sapeva nemmeno dare nome.
Chloe si lavò con cura i denti, quasi volesse corrodere lo smalto e il primo strato di pelle della bocca per togliersi il sapore acido.
«Ma dimmi… È stata la vicina a ridurti così?» era pallida, ma per un momento il sorriso accennato e stanco le illuminò il volto.
Ok, la mente di Shannon si stava trasformando in Jane Austen, era ormai palese a tutti.
«Sì, ha urlato qualcosa riguardo il silenzio e poi mi ha rovesciato addosso un secchio d’acqua. Ero al telefono, ma sono riuscito a salvarlo e a non far bagnare le cose che sono andato a prendere».
«Si sente» replicò Chloe arricciando il naso. «Mi dispiace dirtelo, ma penso sia l’acqua – non proprio pulita – con cui di solito lava i pavimenti. È solita fare cose simili con chi disturba la sua quiete serale»
«Ti spiace se faccio una doccia? Te la senti di rimanere qualche minuto sola?»
«Fai pure, io ora mi stendo sul divano e non ho la minima intenzione di alzarmi prima che sia arrivato Natale». Beh, sarebbe sicuramente riuscito a farsi la doccia. E un tour, nel frattempo.
Decise di metterci poco, giusto il tempo di sentirsi di nuovo una persona pulita. Si frizionò i capelli con una salvietta che Chloe gli aveva messo a disposizione oltre al telo blu per il corpo e si mise la maglietta pulita e i pantaloncini sportivi che prima aveva recuperato dall’auto.
«Cavoli, il tuo shampoo è una bomba, lascia i capelli morbidissimi». Si sedette sul divano dove c’erano i piedi di Chloe. Li aveva spostati per poi sistemarli sulle proprie gambe nel gesto più romantico che avesse mai fatto per una donna.
La vide ridere più rilassata alle sue parole e continuò con un po’ di solletico ai piedi, cosa che la fece scattare a sedere.
«Ma tu hai i capelli morbidi» protestò lei spostandoglieli dal viso in quel gesto che aveva fatto diventare suo.
Erano ancora bagnati.
Anche lei, aggiunse la propria coscienza.
«Ti va di dirmi quello che è successo oggi? Magari parlarne ti aiuterà a liberarti del peso che ti porti dentro. E magari anche a smettere di vomitare»
Chloe alzò gli occhi al cielo prima di appoggiarsi alla sua spalla.
«Penso che tu abbia ragione. Solo che è così stupido e raggelante allo stesso tempo!»
Si coprì la faccia con una mano, mentre con l’altra aveva trovato quella di Shannon per intrecciare le sue dita alle proprie.
«Eravamo nella zona dei felini. Ryder era entusiasta e continuava a tirarmi per farci avvicinare alle recinzioni ed è stato un attimo. C’è stato un blackout nel parco, e le porte che dovevano chiudere gli animali nelle gabbie non hanno più funzionato. A quanto pare gli addetti agli animali stavano uscendo, facilitando così la loro fuga. Sono scappati un paio di leoni e tre leonesse e, Cristo, non sembravano affatto sedati. Eravamo vicini, e un leone ci ha puntati. Ho portato Ryder di corsa nei bagni lì vicino, ma per chiudere le porte con una certa foga e metterlo al sicuro sono caduta sul mio polso» e alzò la fasciatura tra le lacrime.
«So che non è successo niente, ma il leone era davanti alla porta dove noi eravamo nascosti. E se fosse riuscito a sfondarla? Ho avuto paura»
«Chiunque avrebbe avuto paura al tuo posto, non è una cosa stupida. È pur sempre un leone» la strinse a sé perché stava tremando. «Sei stata anche fin troppo coraggiosa, hai protetto Ryder e per farlo hai ferito te stessa. Nessuno può rimproverarti nulla. E quando avrai dei figli potrai raccontare di quella volta in cui sei scappata dalle fauci di un leone. Anzi, io fossi in te lo inserirei nel curriculum. Non possono non assumerti!»
Chloe rise, Shannon stava riuscendo a calmarla e farla parlare di quel pomeriggio l’aveva aiutata davvero.
«Te l’ho sempre detto che sei un tornado, spaventi pure il re della foresta». La strinse con la paura di poterla perdere, e una fitta percorse il cuore.
«Inizio a credere che sia vero. Quando arrivo scombino sempre tutto».
Non ci fu ammissione più vera di quella, Shannon lo stava provando nella propria vita, sulla propria pelle.
Guardarono un po’ di TV finché Chloe non si addormentò, così lui la sollevò per portarla nel letto. Non era più una bambina, e il gesto la svegliò.
«Shannon, ti prego, resta qui». Si impose di non fraintendere quella frase, Chloe non intendeva quello e l’innocenza con cui gli aveva rivolto quella preghiera era palese.
«Certo, ero intenzionato a dormire sul divano»
«Non essere stupido, siamo adulti e io – inoltre – ho paura che un leone mi sbrani nel sonno. Resta qui con me»
«Sicura?» era preoccupato per il suo risveglio. Come avrebbe potuto nascondere la Shanaconda in tutto il suo splendore?
Al diavolo, aveva appena detto che erano adulti, Chloe sapeva che ogni uomo sulla terra, la mattina, era affetto da un’erezione mattutina prepotente. Sapeva a cosa andava incontro. O contro, se si fosse girata per sbaglio.
«Certo».
Shannon si stese sul letto, stanco per quella giornata infinita. Una volta messa la testa sul cuscino si ritrovò la guancia di Chloe sulla spalla mentre con il corpo si era sistemata vicino al fianco di lui.
«Do fastidio?»
«No» sorrise. «No».
Ed era dannatamente vero. Era stata invadente, spudorata, ma era anche allegra, divertente e adorava passare il tempo con lei. Aveva stravolto la vita di Shannon e lui, al posto di scappare a gambe levate, non provava il benché minimo fastidio.
Si addormentarono così, nel silenzio della casa illuminata dalla luna.
 
Shannon si svegliò di soprassalto dopo un sogno agitato.
Controllò l’ora sul display del cellulare abbandonato sul comodino accanto a sé: le quattro e sette.
Si passò le mani sulla faccia e fissò Chloe addormentata lì vicino.
Cazzo.
Ora era tutto chiaro.
Le risate. Il profumo dei suoi capelli. Le occhiate che gli rivolgeva e tutte le battute. Il suo modo di mettere il broncio e quello di scostargli i capelli dal viso.
Lui amava tutte quelle cose.
E le amava perché amava lei. Beh, le voleva bene, si poteva dire.
Si stava innamorando di Chloe e non se ne era accorto, e Jared e Tomo avevano cercato di farglielo capire. Di sicuro era coinvolto, c’era interesse vero e sincero. Insomma, provava un sentimento nei suoi confronti.
Quindi era palese.
Quindi era nella merda, perché lui, nella sua vita, aveva preso seriamente solo la musica.
E il caffè.
E il sesso.
Le donne erano contemplate, ma come divertimento. Invece lui per Chloe provava del sentimento.
Non era abituato, non era pronto. Lo voleva? Era in grado di amare una persona?
Aveva avuto altre storie, ma non erano state così, non si era sentito così con le altre, ed erano state anche relazioni serie. Non c’era la voglia di costruire con loro un futuro, il bisogno di prendersi cura di loro.
Era la prima volta che aiutava una donna a vomitare senza fuggire subito dopo, era la primissima volta che si fermava a dormire da una ragazza. Senza fare sesso. Senza aver mai fatto sesso.
Sapeva cosa doveva fare.
Quello poteva essere l’inizio del primo attacco di panico della sua vita.
Si alzò, recuperò le proprie cose e uscì senza far rumore.
Doveva andarsene di lì, e subito.


 


Buon pomeriggio a tutte e buona domenica!
Vi ricordo che è severamente vietato: brandire armi contundenti, affilate o tendenzialmente mortali contro l'autrice, lanciare ortaggi deperiti o - peggio - marci, lanciare maledizioni o quant'altro (sono già sfigata di mio) e, infine, fare qualunque cosa possa ledere alla vita dell'autrice in questione... IO.
Sì, lo so che sono stata taaaaanto sadica, ma questo capitolo ci voleva. Convenite con me, vero? Cioè, la TOTALE presa di coscienza da parte di Shannon di questa situazione, perchè per Chloe era giù più definita da tempo.
Ok, voi non sapete la violenza psicologica che ho fatto su me stessa per chiamare il capitolo in questo modo e con la solita canzone e non "I monologhi della vagina (un'opera di Shannon Leto)", mi sono dovuta ricordare più volte che mi ero ripromessa di usare solo canzoni per i titoli. Beautiful love, azzeccata... No? Amo questa canzone immensamente.
La storia dello zoo. Io non ho la minima idea di come funzioni DAVVERO le cose, quindi fate finta che sia così e basta. Ringrazio Clara e Marica che mi hanno fatto venire l'idea per sbaglio a fine marzo, con una conversazione sotto una gif di Jared che parlava di leoni, scene imbarazzanti, Jared e c'entrava - come sempre - l'ambiguità di mille battute sessuali; quindi grazie per l'assist.
Sono indietro con l'epilogo, lo ammetto. Quindi, se non doveste vedere l'aggiornamento settimana prossima, vuol dire che posticipo le cose per darmi un po' più di tempo per finire, ma penso che due settimane mi bastino.
Cmq lo so che Shannon è un cagasotto, l'ho anche scritto nel capitolo... Non preoccupatevi però, ha bisogno dei suoi tempi, poi si ricorderà di essere Shanimal. Come finirà la cosa? Ah no, non spetta a me dirvelo ORA.
Vi lascio il link al mio gruppo fb: Love Doses.
Se volete mi trovate pure su Twitter, dove i Mars hanno pure risposto a un mio tweet *____* a un giorno dalla nascita del mio account. Ok, la smetto.

Inoltre mi ritaglio un angolo per consigliarvi due storie nuove:
1) Fire in the air di LenahBeau, perchè il suo Jared è totalmente ftoigijndlkfòdlsdfjd. Chiaro no? Sì, insomma, strappamutande.
2) '24/7/365 texting di Aine Walsh, perchè è agli inizi e, oltre a essere carinissima, è appena approdata nel fandom e merita un incoraggiamento.

A domenica prossima, marshugs, Cris.

 
   
 
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