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Autore: Lost on Mars    01/04/2014    8 recensioni
A diciassette anni non sai cosa sia la morte e perché debba capitare proprio a lei. Non sai perché il destino abbia deciso di fare questo scherzo proprio a voi. Perché tu debba soffrire così.
A diciotto capisci che non si può più cambiare nulla, allora provi ad uscire di casa, ma tutto ti ricorda troppo lei.
A diciannove ricominci a vivere, ma sei ancora legato ai fantasmi del passato,tant’è che non riesci più a legarti a nessuno, perché ti sembra di tradirla, perché la ami ancora, anche se è morta.
Ashton ha diciannove anni ed è convinto che il tempo che guarisce ogni ferita sia un gran cazzata: lei è morta da due anni, ma lui non smette di sanguinare dentro.
E se fosse una persona a guarire ogni ferita? Se il tempo non c’entrasse proprio niente?
-
«Non credo quanto possa interessarti la storia di un ragazzo depresso.»
«Oh, non credo che tu sia depresso. Non hai l’aria da depresso.»
«Allora devi essere una pessima osservatrice.»
«Hai l’aria da distrutto, a dir la verità, ma hai anche l’aria di uno che ne è uscito, da qualsiasi cosa tu fossi dentro. Hai un sacco di arie, in effetti.»
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Ashton Irwin, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2
 
«Lost and insecure you found me.»
(The Fray – You found me)
 
Thalia non sapeva per quale motivo Luke avesse la malsana abitudine di andare a correre la domenica mattina e, soprattutto, non sapeva perchè si ostinasse a suonare il campanello di casa sua tutte le domeniche mattina, nonostante sapesse che Thalia dormiva in pace.
O almeno, lo faceva finché Luke non piombava in camera sua come un tornado e la buttava giù dal letto senza avere alcuna pietà di lei.
Quella domenica mattina, Thalia non era stata risparmiata dalla solita routine. Alle otto Luke aveva suonato il campanello ed era andato ad aprirgli il padre di Thalia, in vestaglia («Ma ormai Luke è uno di famiglia!»), che aveva sempre avuto una certa simpatia per Luke, per non parlare di sua madre che ogni santissima volta le ricordava: «Però Luke è carino.»
Thalia non aveva mai avuto una cotta per Luke, se si esclude il fatto che l’aveva pedinato per almeno tre giorni prima di rivolgergli la parola perché gli era sembrato davvero un bel ragazzo e  perché era estremamente timida. E va bene, magari un pensierino ce l’aveva anche fatto, ma non aveva mai avuto una cotta seria per Luke. D’altra parte, lui non era mai venuto a sapere tutti quei piccoli particolari ed era meglio che la cosa restasse tale. Era pur vero che ora Luke era il suo migliore amico e che quella rivelazione non avrebbe cambiato assolutamente nulla, ma Thalia preferiva non parlarne, tantomeno quella domenica mattina quando, con un braccio a penzoloni fuori dal letto e Luke che aveva appena spalancato la porta della sua stanza come se niente fosse – e c’era un maledettissimo reggiseno rosa a pois lanciato sulla sedia! In bella vista!–, l’unica cosa che Thalia voleva era dormire.
Peccato che “dormire” non rientrasse nel dizionario domenicale di Luke. «Sveglia, razza di pigrona, abbiamo cinque chilometri che ti aspettano!»
Thalia mugolò e si tirò il cuscino sopra la testa. «Vai, Luke, io ti raggiungo dopo.» disse, mangiandosi metà delle parole.
«Non voglio sentire storie, alzati, lavati, mettiti qualcosa per correre e poi scendi. Sarò nel tuo salotto.» disse Luke. Sorrise ed uscì dalla stanza di Thalia, chiudendo la porta con non molta delicatezza. Thalia sbuffò e rovesciò le coperte a terra, provvide a togliere il reggiseno a pois dalla vista di chiunque sarebbe entrato, filò in bagno e cominciò a maledire Luke, il fatto di non poter dormire in santa pace per almeno otto ore nemmeno la domenica, le corse di cinque chilometri, e ancora Luke!
Si sciacquò il viso e ripensò all’incontro del giorno prima con Ashton senza-cognome-ma-aspetta-un-conogme-ce-l’ho-ed-è Irwin. Doveva assolutamente rivederlo, ma non sapeva come: non l’aveva mai visto a scuola, ma lui le aveva detto che veniva in quel parco tutti i giorni, e anche se Thalia non ci credeva poi così tanto – andiamo, quale persona sana di mente andava tutti i giorni nello stesso parco? – valeva la pena tentare.
Uscita dal bagno, si infilò un paio di pantaloncini neri lunghi fino al ginocchio e una maglietta a maniche corte di un colore indefinibile, per quante volte era stata lavata, poi si legò i capelli in una coda alta e scese le scale lentamente, ancora assonnata.
«Alla buon ora!» esclamò Luke.
«Mi hai svegliata otto minuti fa, cosa pretendi?» sbuffò Thalia mentre si dirigeva in cucina.
«Dodici minuti fa, per la precisione.» Luke gettò una rapida occhiata all’orologio sul muro, la seguì e si mise seduto al tavolo, ormai era una cosa normale, era come se fosse casa sua. Thalia si versò del caffè, prese una brioche dalla confezione e si mise seduta davanti a lui solo dopo avergli fatto la linguaccia.
«A quest’ora saremmo già dovuti essere usciti» riprese Luke. «Se solo tu ti ricordassi…»
«Io vorrei solo dormire in pace.» disse Thalia, sospirando.
«Dovrai passare sul mio cadavere.» rispose Luke, sorridendo beffardo. Lei alzò gli occhi al cielo e finì di bere il suo caffè.
«Muoviamoci, Lukey, voglio tornare prima di pranzo. Sto già morendo di fame.» disse Thalia.
«Ma se hai appena mangiato!» esclamò il ragazzo. «E non chiamarmi Lukey.» ribatté ancora Luke, cambiando improvvisamente espressione.
«Va bene, Lukey, ma usciamo.» Thalia si alzò e mise la tazza di caffè nel lavandino, mangiò l’ultimo pezzo di brioche e si alzò da tavola, seguendo Luke in salotto.
«Mamma, papà! Noi andiamo!» urlò Thalia, non ricevette risposta, allora scrollò le spalle e fece uscire Luke di casa.
Cominciarono a correre con regolarità superato l’isolato. Nonostante facesse mille storie per alzarsi dal letto, a Thalia piaceva correre con Luke, era l’unica vera occasione in cui parlavano liberamente, senza mettere freni alla lingua. Perché non c’era nessuno che li ascoltava, perché, anche se avessero ascoltato, loro sarebbero corsi via insieme al vento, e le loro parole non avrebbero avuto alcun senso.
Thalia e Luke erano sempre stati soli, per questo erano così legati pur conoscendosi da pochissimi mesi. Si erano trovati ed si erano completati alla perfezione, come due pezzi di un puzzle. Thalia era arrivata a Sydney con la sua famiglia, l’unico ragazzo che conosceva era suo cugino Will che aveva diciannove anni; Luke era solo un diciassettenne con tanti problemi alle spalle e la voglia di dimenticarli completamente.
«Come mai sei di così buon umore, oggi?» chiese Thalia, mentre lei e Luke correvano sul marciapiede.
«Sono di buon umore?» chiese di nuovo Luke, aggrottando le sopracciglia bionde.
«Sì!» rispose Thalia. «Devi dirmi qualcosa in particolare?»
«Assolutamente no.» ribatté Luke.
«Nemmeno perché non hai ancora fatto quel piercing di cui parli da settimane?» domandò ancora Thalia.
«Allora,» iniziò Luke. «non ho ancora abbastanza soldi, poi devo parlarne a mia madre.»
«Notevole» Thalia inarcò le sopracciglia e sorrise. «Mi sorprendi ogni giorno di più.»
«Modestamente.» disse il ragazzo, continuando a correre.
«Sei sicuro che non devi dirmi niente?» riprese Thalia. Luke scrollò le spalle e scosse la testa. «Tipo che un certo Calum Hood è finalmente tornato dalle Maldive.»
Luke, che già era rosso per l’attività fisica, diventò quasi viola. «È andato alle Hawaii.» la corresse, rallentando un po’.
«Quello che è…» disse Thalia.
«Scusa se uno dei miei migliori amici è partito senza nemmeno avvertirmi.» esclamò Luke.
Thalia rise. «Forse non se lo aspettava nemmeno lui, forse…»
«Forse appena lo vedo lo prendo a pugni.» bofonchiò Luke.
«Oh, Lukey, non prenderti in giro» disse Thalia. «Piuttosto, dove dobbiamo arrivare?»
«Dobbiamo arrivare… hai presente le villette di Bennett Street?» chiese Luke, Thalia annuì. «Lì, più o meno.»
«Possiamo deviare per il parco?» chiese Thalia.
«Okay, perché?»
«Niente, devo… devo incontrare una persona.»
«Guarda che potrei diventare geloso!» disse Luke, sorridendo. Thalia scoppiò a ridere fragorosamente.
«Tranquillo Lukey, penso anche di stargli antipatica.» sbuffò Thalia.
«Che? Come può trovare antipatica una rompipalle acida come te?» scherzò Luke. Thalia gli tirò uno schiaffo sul braccio e lui cominciò a correre più velocemente, tant’è che Thalia si ritrovò a rincorrerlo per le vie di Sydney. Luke si fermò quando raggiunse il parco di cui gli aveva parlato Thalia, si appoggiò ad un lampione e scoppiò a ridere. Lei aveva cominciato a camminare un centinaio di metri prima, e raggiunse Luke dopo due minuti.
«Vado a prendere da bere.» annunciò il ragazzo, indicando un bar dall’altra parte della strada. Thalia gli fece OKAY con il pollice e varcò il cancello del parco.
Il suo sguardo si posò immediatamente sull’altalena, provò una sorta di delusione nel vederla vuota. Cominciò a respirare regolarmente, allora si avviò verso l’altalena e si mise seduta dove stava Ashton il giorno prima. Guardò l’orologio: nessuna persona sana di mente veniva al parco alle nove del mattino, di domenica, oltretutto. Si era solamente illusa, la luce di Ashton non aveva nemmeno dato segni di vita, era semplicemente rimasta spenta.
Qualche minuto dopo, Luke non era ancora tornato e per poco una voce non la fece saltare dalla sorpresa. «A quanto pare anche tu vieni qui tutti i giorni.»
Thalia si girò e vide esattamente quello che stava cercando prima: Ashton Irwin era appoggiato ad uno dei sostegni metallici dell’altalena, con le mani nelle tasche dei jeans sbiaditi. «Devi studiare anche oggi?»
Thalia scosse la testa. «No, oggi sono venuta a correre con…» iniziò lei.
«Thalia, ti ho preso una Diet Coke perché la Coca Cola normale non c’era, va bene lo stesso?» Luke era appena uscito dal bar con due lattine argentate tra le mani. Sia Thalia che Ashton si girarono verso di lui.
«Con il tuo ragazzo?» domandò Ashton, riprendendo la frase che Thalia aveva lasciato in sospeso.
«Oh, no! Luke è il mio migliore amico.» spiegò Thalia. Ashton represse un sorrisetto divertito.
«Certo… e io sono nato ieri.»
Luke intanto li aveva raggiunti e aveva osservato prima Ashton, poi Thalia, e poi di nuovo Ashton, allora nella sua testa si accese una lampadina.
«Così è lui quello che dovevi incontrare, Thal?» chiese Luke, lanciandole la lattina di Diet Coke. Lei lo fulminò con lo sguardo, Ashton invece pareva alquanto curioso e divertito.
«Che cosa?» domandò il diretto interessato.
«Mi ha chiesto se potevano deviare per il parco perché doveva vedere qualcuno» rispose Luke. «Quindi ho pensato che…»
«Luke.» La linguetta della lattina volò via, Thalia guardava ancora il suo migliore amico con uno sguardo assassino, e il suo tono di voce suonava parecchio intimidatori.
«Che ho detto?» chiese il biondo con aria innocente.
«Giuro che quando torniamo a casa ti uccido.» sibilò la ragazza, poi bevve un sorso della sua Diet Coke e spostò lo sguardo verso Ashton, che era rimasto a sorridere per tutto il tempo.
«La trovi una cosa divertente, Ashton Irwin?» chiese Thalia.
«Molto.» rispose il più grande, non capiva perché Thalia si ostinasse a chiamarlo per nome e cognome, ma la cosa, stranamente, non gli dava affatto fastidio.
«Aspetta, ma io ti conosco!» esclamò Luke. Due paia di occhi identici si posarono su di lui. «Sei in classe con mia cugina Ellie!»
Ashton aggrottò la fronte, confuso. «Non mi sembra…»
«Ellie Miller, ti dice niente?»
«Ah» disse Ashton, annuendo debolmente. «Sì, siamo nello stesso corso di inglese.»
«Non ti ho mai visto a scuola.» s’intromise Thalia.
«Non frequento la vostra stessa scuola, suppongo» rispose Ashton. «E sono all’ultimo anno, anche se avrei dovuto finire l’anno scorso.»
Thalia annuì, improvvisamente si sentì piccola, frequentava solo il terzo anno, e stare lì a parlare con Ashton, che aveva diciannove anni, la faceva sentire… strana. Non si era mai trovata molto a suo agio con le persone più grandi di lei, anche se doveva ammettere che la cosa era migliorata parecchio da quand’era in Australia.
«Ti hanno bocciato?» chiese Luke. Thalia alzò gli occhi al cielo, quel ragazzo era sempre così inopportuno!
«Sì… sono stato male per un periodo, un paio di anni fa, e ho fatto parecchie assenze.»
«Ricordo» iniziò Luke. «Tu stavi insieme a…» ma prima che potesse finire la frase, l’espressione di Ashton s’indurì fino a diventare quasi spaventosa.
«Non nominarla.» Lo interruppe bruscamente, staccandosi dal palo.
«Hey, amico, non scaldarti.» gli disse Luke con cautela.
«Ti ho solo detto di non nominarla» disse Ashton. «E poi, noi non siamo amici.»
Ashton cominciò ad allontanarsi verso l’uscita, Thalia, allora, si alzò di scatto dalle seggiola rossa e lo raggiunse di corsa, sorprendendosi delle proprie azioni. Le sue gambe facevano ogni cosa da sole. Lo prese per un braccio e lo costrinse a voltarsi verso di lei.
«Perché te ne vai sempre, Ashton Irwin?» gli chiese, guardandolo negli occhi uguali ai suoi. Ashton la guardò a sua volta e si chiese perché quella ragazza sorridesse sempre, perché avesse sempre la frase giusta da dire, in ogni occasione. E in quegli occhi, Ashton si sentì alla deriva, non aveva idea di come se ne sarebbe tirato fuori. Thalia l’aveva trovato. Spezzato, ferito, grigio, deluso, morto dentro, perso dentro i suoi pensieri, pensieri che lo torturavano di continuo, però lei l’aveva afferrato e l’aveva riportato alla luce.
E lui non aspettava altro.
«Io…» iniziò Ashton.
«Tu non lo sai» mormorò Thalia. «Non lo sai perché non hai un vero motivo per andartene.»
«Sei veramente strana, Thalia Reed.» le disse Ashton.
«Tu non sei da meno, Ashton Irwin» rispose lei a tono. «Avanti, rimani qui con noi.»
«Non voglio fare il terzo incomodo!» esclamò, alzando notevolmente il tono di voce. Rise debolmente e guardò Luke per un momento, e poi riabbassò lo sguardo su Thalia, che rise quando Luke, qualche metro dietro di loro, disse: «Non sono il suo ragazzo!»
«Forse è meglio che continuiate a correre.» disse Ashton.
«Ovvio! Se persino tu hai delle gambe più belle delle mie dovrò rimediare in qualche modo.» esclamò Thalia, e Ashton – davvero, lui non voleva farlo! – fece scivolare lo sguardo sulle gambe della ragazza, ovviamente per pura curiosità.
Si sentì un po’ in colpa, ma capì due cose: uno, Thalia era una pessima bugiarda con problemi di autostima; due, aveva delle gambe niente male.
«Devo andare sul serio, e poi, Luke potrebbe ingelosirsi.» le fece l’occhiolino, poi si voltò e continuò a camminare verso il cancello, e stavolta, Thalia non lo rincorse per fermarlo.
Luke la raggiunse e le mise un braccio attorno alle spalle. «Devi dirmi qualcosa, Thalia?»
La ragazza scosse la testa. «Voglio solo capire perché fa sempre così…»
«Sempre? Da quanto lo conosci?» domandò Luke.
«Da ieri, ma è strano. Voglio conoscerlo veramente, capire perché viene sempre qui, capire perché è così… sfuggevole.» rispose Thalia.
«Sicura di non avere una cotta per lui?»
«Sicurissima» rispose Thalia. «Lui non è mica Calum Hood, e io non mi chiamo Luke Hemmings.»
Luke spalancò gli occhi, ma fortunatamente non arrossì.
«Preparati a correre, piccoletta, perché se ti prendo ti tolgo quel sorrisetto dalla faccia.» gridò il ragazzo, scherzoso.
Thalia gli fece la linguaccia («Chi hai chiamato piccoletta?») e i due cominciarono a correre verso casa.
 
 
 
 

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Angolo di Marianne
Hola chicas! Yo volvì de España y ora no puedo hablar italiano. (=sono tornata dalla Spagna e ora non riesco a parlare in italiano) AHAHAHA Okay, salve a tutte. Ho passato i cinque giorni più stancanti della mia vita a Madrid. Per quattro notti ho dormito sì e no quattro ore (capitemi, ero con i miei compagni di scuola, dormire era l'ultimo dei miei pensieri), ho visto coppiette nascere, coppiette lasciarsi, ho imparato che la metro si paga un botto ma che è "la forma mas rapida y comoda de moverte por Madrid". Sorpresa delle sorprese: sono riuscita a scrivere sull'areo! Mi annoiavo e stavo in mezzo ad una ragazza dell'altra classe e un tipo che dormiva, sia all'andata che al ritorno, poi ho perso la penna. Ssssso, here i am. (sì, abbiamo incontrato quattro inglesi l'altra sera ed erano beeeeellissiimi *-*)
Smetto di blaterare sul viaggio perché ci sono davvero troppe cose da dire, così tante che potrei scrivere una fan fiction (no, non incoraggiatemi, ho troppe idee malate per la testa, tipo una AU Larry!policemen, e non posso farmi venire altre idee).
Parliamo invece del capitolo mezzo iniziato a casetta mia e finito sul volo Madrid-Roma di ieri: fa abbastanza schifo ed è un po' più corto del precedente. Lo so, solo che volevo introdurre il personaggio di Luke e la tanto agognata (ma dove?) coppia slash della storia. Ma andiamo con ordine:
• Dimenticate il Luke delle millemila storie a rating rosso dove è un diciassette pericoloso, stronzo, egoista che fa saltare gli ormoni di tutta l'Australia perché non vedrete nulla del genere qui. Luke è un ragazzo tenero, impacciato, con una cotta stratosferica per Calum Hood, estremamente pignolo, ordinato e preciso, ma ciò non vuol dire che non sappia divertirsi, badate bene. Non è un genio a scuola ma se la cava.
• CAKE. Oh, sì. Mi dispiace, ma se siete omofobi/odiate lo slash/non potete leggere storie sui Cake, potete anche chiudere la pagina. Non lo dico con cattiveria, è solo che non voglio trovarmi poi a rispondere a commenti del tipo "bleah che skifo!!" perchè è successo una o due volte e se leggete senza vedere se ci sono avvertimenti non è colpa mia ewe anche perché io tra le coppie ho messo sia het che slash. Non posso farci nulla, loro due sono diventati la mia OTP dal primo momento che li ho visti. *^* Spero di riuscire a farveli piacere u.u
Bene, passiamo ora ai ringraziamenti. CINQUE recensioni allo scorso capitolo *^* Vi amo. Non me lo aspettavo proprio, mi avete sorpresa, sul serio u.u Per questo ringrazio personalmente DarkAngel1, Nanek, caleidoscopio, Kikka_Mrs_Styles e Aletta_JJ.
Un grazie anche a chi preferisce/segue/ricorda e a chi leggere silenziosamente ♥
Spero di aggiornare presto :3
Adios!
Marianne
 


 
   
 
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