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Autore: Meretrice_Thomisus    02/04/2014    1 recensioni
Ognuno di loro ha provato e causato sofferenze.
Ognuno di loro ha conosciuto la paura.
La storia di alcuni ragazzi si intreccerà, mostrando come la vita può essere sconvolta improvvisamente senza lasciarti la possibilità di cambiare le cose.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Questa storia inizierà come una semplice commedia a tratti romantica ma con l’andare avanti acquisirà un andamento più serio e più adatto al genere drammatico. Si svolgerà in prima persona da vari punti di vista. Il nome di chi al momento parla sarà segnato in alto. A fine pagine spesso saranno presenti note che serviranno a puntualizzare parole o frasi della storia, evidenziati con un *. Buona lettura!



 



Capitolo II


Paoletta

13 Novembre 2006
 
Ero terrorizzata. Il primo giorno di scuola mette ansia un po’ a tutti. Figuriamoci a me, una ragazza per niente bella o spigliata che non conosceva nessuno. Uno, ripensandoci, più o meno lo conoscevo, Raphael. Vi chiederete chi è: quel maleducato che giorni prima mi aveva fatto cadere. Credeva di passare inosservato, ma il destino volle che il suo portafoglio cadesse proprio vicino a me. Raphael Cabrera Flores, quasi diciassette anni, frequentante la mia nuova scuola. Forse leggere la sua carta d’identità non era stata un’azione molto carina. Avrei potuto rivelare al signore a cui aveva lanciato le cavallette il suo nome. Sarebbe stata una cattiveria e, a quel tempo, avevo troppa paura di, uno, parlare a quel professore (avevo scoperto che faceva parte della scuola) e due, di affrontare, nel caso, quel ragazzo. Se l’avesse scoperto chissà cosa mi avrebbe fatto.
Per quel giorno mi ero vestita alla meno peggio: maglione bianco cucito da mamma, pantaloni verdi e scarpe da tennis. Sapevo che non avrei sicuramente fatto colpo, i ragazzi si sarebbero girati solo per prendermi in giro. Quando entrai nel magnifico edificio (di cui ancora mi stupivo della magnificenza), sperai di diventare invisibile. Tra tutti gli studenti che osservai c’era una ragazza bellissima, che scoprii successivamente chiamarsi Elodia, dai capelli a caschetto di un rosso ramato, pelle candida e due occhi verdi e magnetici. Mi restò impressa anche perché, quando mi vide, sussurrò qualcosa all’amica e scoppiarono a ridere. Questo mi fece sprofondare dalla vergogna e penso se ne accorsero, poiché risero ancora più forte. Corsi, tutta rossa in faccia, in quella che sarebbe stata la mia classe. Mi sedetti in un posto a caso, ignorando gli sguardi indagatori dei miei compagni, e mi feci piccola piccola per il disagio. Poco dopo l’inizio della lezione, nella quale purtroppo fui presentata davanti a tutti i compagni, entrò uno strano ragazzino. Appariva fuori posto, proprio come me, con lo sguardo talmente fisso a terra che faceva apparire le mattonelle interessantissime. Aveva i capelli rossicci, colore che faceva contrasto con l’abbigliamento scuro, dai vestiti di almeno una taglia più grande. Si muoveva goffo con le spalle strette di chi ha paura.
«Jesus, sei di nuovo in ritardo! Il motivo?». Gli chiese arrabbiato l’insegnante.
Il ragazzo borbottò qualcosa di incomprensibile che sembrava “Non ho sentito la sveglia”, ma dal modo in cui lo disse fece capire che era una menzogna. Jesus non era molto amato dai suoi compagni, a sentire i commenti orribili che uscirono dalle loro bocche.
 
All’ora di pranzo dovetti andare nella mensa: tutti i tavoli erano occupati e non potevo di certo chiedere di sedermi con qualcuno. Mi bastò osservare il sorriso di scherno, rivolto a me, della ragazza bionda seduta ad un tavolo. Non avrei mai mangiato li, così ebbi un’idea triste e geniale allo stesso tempo, cioè chiudermi nei bagni. Cercai di non piangere, ma lo feci.
 

Rosy

Quel cazzo di mascara non durava più di due ore. Mi toccava sistemarlo ogni volta, ma non potevo lamentarmi più di tanto. In fondo lo avevo rubato. Entrai in bagno e mi guardai allo specchio. I capelli neri erano ancora pettinati, la frangetta apposto e il rossetto miracolosamente non sbavato, per fortuna. Stavo per andarmene quando udii un orribile singhiozzo proveniente da un bagno. D’istinto aprii la porta e mi trovai davanti uno spettacolo pietoso. Una ragazzina coi sopracciglioni, il moccio che colava e gli occhi rossi e gonfi dal pianto. 
«Ehm… tutto okey? »
«Io…eh…non… perc… ».  Cercò di dire qualcosa ma i singhiozzi glielo impedivano.
Riguardandola mi accorsi di non averla mai vista prima, doveva essere nuova.
«Panico da primo giorno, eh? Andiamo imbranata, pulisciti la faccia e andiamo in mensa! »
Le presi un braccio, ma fece forza e restò seduta.
«NO! Voglio solo…tornare a casa…»
Non sopportavo quella scena, così la costrinsi ad alzarsi e la ficcai a forza sotto al rubinetto aperto. Era un po’ crudele come cosa, ma per certe persone la cattiveria è il solo modo di svegliarsi. Si dibatteva e quando mi accorsi che stava affogando la feci rialzare. Presi dei fazzoletti e le asciugai la faccia.
«Guarda come sei fresca! Ora vedi di non ripiangere sennò sarà stato tutto inutile.»
Ora mi guardava spaventata, ma almeno non pianse più.
«Dai, scusa, forse ho esagerato… comunque mi chiamo Rosy. »
Le porsi la mano e titubò un po’ prima di prenderla.
«Io… sono…Pao…letta. »
Cercai di trattenere una risata. Ci mancava anche un nome così ridicolo. Povera,  non era colpa sua d’altronde.
«Su, andiamo!»
Dissi infine afferrandole una mano e dirigendomi fuori dal bagno.
Vicino alla mensa c’era un grande casino, con un sacco di studenti che ridevano e facevano il tifo a qualcuno. Come al solito era Pedro e stava rompendo i coglioni a quel povero sfigato di Jesus. Quel Pedro aveva una tale faccia da schiaffi, con quella cresta con cui faceva tanto il figo. Quel giorno diede il meglio di se, cioè, il peggio. Prese un vassoio e diede un colpo in faccia a Jesus, causandogli oltre a un segno rosso in faccia anche un occhio nero. Paoletta emise un verso di spavento mentre io mi trattenni dal prendere a pugni il bulletto. E come si dice, oltre il danno la beffa, prese il cellulare e scattò una foto allo sfortunato Jesus come ricordo della sua bravata.
«Perché nessuno ha fatto nulla? E’ orribile, gli altri sembravano anche contenti!». Mi disse lei con voce bassa e tremolante.
«Perché questo, Paoletta, è il liceo.»



 
 
 
  
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