Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: jas_    07/04/2014    39 recensioni
“Ma chi se la caga una make-up artist? Va’ a fare la modella” era stato il commento di Deb quando, il primo giorno di convivenza, avevano chiacchierato un po’ delle loro vite e dei loro sogni. Wynne le aveva spiegato che era proprio il non essere presa in considerazione dal mondo intero che le piaceva, voleva il successo a modo suo, senza essere accecata dalle luci della ribalta.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Questo non è l'aggiornamento che aspettavate, scrivo qua per dirvi che ho deciso di sospendere la storia.
Non è colpa della mancanza di ispirazione o di idee, ho perso completamente interesse per il fandom dei One Direction, mi piacciono ancora, li ascolto ancora ma non li seguo più come facevo prima. La cosa è stata un po' graduale ma se prima mi piaceva comunque scrivere su Harry, ora ho perso l'interesse anche per lui. Non cancello il profilo di efp perché è pieno di long e one shot che ho scritto con impegno, mi dispiacerebbe mandare in fumo tutto il lavoro che ho fatto da tre anni a questa parte e non voglio negare a nessuno la possibilità di (ri)leggere quello che c'è qua. Tuttavia credo che diventerò completamente inattiva, non leggo le storie che seguo da settimane, credo di avere completamente chiuso con questo mondo. Forse scriverò altre cose in altri fandom, se lo farò credo che pubblicherò tutto su Tumblr perché, per quanto attraverso efp abbia conosciuto persone meravigliose, ora odio completamente questo sito.
Tornando a Spotlights, comunque, l'ho scritta fino al capitolo 15 quindi posterò qui tutto d'un colpo ciò che ho già scritto ma ripeto, non continuerò a scriverla quindi sarà incompleta comunque anche se saprete altre cose riguardo Wynne e Harry.
Mi dispiace lasciarvi così senza un finale ma non riesco davvero anche solo a pensare a come far finire le cose anche con solo altri due capitoli. I One Direction sono proprio fuori dal mio mondo ora come ora, magari tra un po' mi tornerà la voglia di scrivere ma al momento sono convinta di quello che vi sto dicendo.
Detto ciò, è stato un piacere leggere tutti i vostri complimenti, le vostre recensioni, i tweet, i messaggi su Facebook e tutto il resto. 
Non credo che smetterò di scrivere perché è una cosa che mi piace davvero fare ma questo non è il posto giusto per condividere i miei pensieri. Mi sento estranea all'atmosfera che si è creata su questo sito, mi pesa pure aggiornare anche se è questione di pochi minuti, ora non voglio farne proprio più parte. Spero che capiate la mia scelta. 



 


 
 
8
 
 
 
Wynne spostò leggermente le gambe e sussultò nel sentire dei piedi caldi a contatto con i suoi, gelati. La sensazione di smarrimento durò un istante, il tempo che le ci volle per ricordare di Harry, che quella notte era arrivato a casa sua. Allungò il braccio, senza disturbarsi di aprire gli occhi, e l’appoggiò sul petto nudo del ragazzo che si muoveva lentamente al ritmo del suo respiro rilassato. Si avvicinò ulteriormente a lui e sorrise quando sentì la sua mano accarezzarle la schiena.
«Buongiorno» lo sentì sussurrare, e Wynne si rese conto che la sua voce da appena sveglio era la cosa più sensuale che avesse mai sentito.
«Ridillo.»
Harry sorrise, sforzandosi solo in quel momento di aprire gli occhi.
Si abbassò sulla ragazza fino a sfiorare il suo orecchio con le labbra e «buongiorno splendore» disse con lentezza.
Wynne sospirò, le sue labbra si distesero in un sorriso e la prima cosa che vide quando, con fatica, aprì gli occhi, furono due grandi occhi verdi ed assonnati che la guardavano.
«Vorrei svegliarmi così tutti i giorni» ammise Wynne stiracchiandosi leggermente.
Harry rise. «A chi lo dici. Quest’anno mi sono svegliato più volte in hotel sparsi per il mondo che a casa mia.»
La ragazza si tirò su appoggiandosi coi gomiti e guardò Harry in silenzio. La sua nota di tristezza nella voce non era passata inosservata e Wynne avrebbe davvero voluto fare qualcosa per fargliela andare via ma sapeva che quella rientrava nelle cose per le quali lei non avrebbe potuto fare nulla.
«Quando partirai la prossima volta?» domandò invece, quasi come se volesse girare il coltello nella piaga.
Sorprendentemente il viso di Harry non si rabbuiò, anzi, sorrise con tranquillità, una sensazione di pace che mandò in confusione Wynne.
«Non parto» disse, e il suo sorriso si aprì – se possibile – ancora di più. «Oddio non mi sembra vero che ho così tanto tempo libro davanti a me!» esclamò, lasciandosi andare ad una risata inaspettata.
Wynne inarcò le sopracciglia senza riuscire a rimanere seria davanti a quella scena esilarante e surreale ma, obiettivamente, da quando aveva conosciuto Harry, c’era stato qualcosa di normale? Due settimane prima sapeva a malapena chi fosse e invece eccolo lì a ridere come un bambino nel suo letto, nel quale avevano appena dormito insieme.
«Dovremmo andare da qualche parte, sei mai stata in Messico?» domandò di punto in bianco.
Wynne si mise seduta e guardò Harry con fare ovvio.
«Ho la faccia di una che è mai stata in Messico? Avrò preso l’aereo cinque volte in vita mia.»
Il riccio strabuzzò gli occhi sorpreso da quelle parole. «Davvero?»
Wynne annuì, cominciando a vergognarsi della sua confessione. Chissà cos’avrebbe pensato Harry di lei, magari che era una persona dalla mentalità chiusa e alla quale non interessava nulla di ciò che c’era oltre il Regno Unito.
«Allora dovremmo decisamente andare in Messico! Potremmo organizzarci per dopo le vacanze di Natale, a gennaio dovrei andare a Los Angeles ma credo annullerò tutto, oppure febbraio…»
Wynne non ascoltò il resto del discorso, la sua mente si era fermata a “a gennaio dovrei andare a Los Angeles”. «Allora parti tra poco» osservò senza nascondere una punta d’irritazione, interrompendo il riccio.
Lui la guardò confuso, gli ci volle un attimo per capire l’improvvisa durezza nella voce della ragazza.
«Ha organizzato tutto Alexa da un po’, da prima che ci conoscessimo, ma non so se ci andrò. Insomma, ora è cambiato tutto…»
Wynne annuì, avrebbe voluto chiedergli chi fosse quest’Alexa ma preferì rimanere in silenzio. Non voleva fare la figura della fidanzatina gelosa – anche perché loro due non erano fidanzati – e non voleva dire cose che avrebbero definito il rapporto tra loro due perché, se doveva essere sincera, non sapeva cosa fossero, esattamente. Non ne avevano ancora parlato, non ce n’era stato il tempo, ma a Wynne interessava davvero sapere cosa ne pensasse Harry di quella situazione, se mentre era a Madrid e a Milano aveva pensato a lei almeno la metà di quanto lei l’aveva pensato, se gli era mancata – anche se quello gliel’aveva detto quella notte – e se preferiva passare il tempo con lei o con quest’Alexa. Voleva sapere chi era, doveva, ma non poteva chiederglielo. Magari avrebbe potuto domandare a Lou, sicuramente lei l’avrebbe saputo e l’avrebbe rassicurata dicendo che era soltanto un’amica di Harry, come lei d’altronde.
«Chi è Alexa?» domandò invece, e maledette la sua lingua lunga e la sua impulsività per quelle parole che avevano scatenato sul viso di Harry un sorriso divertito che irritò Wynne ancora di più.
«Sei gelosa?» domandò lui, continuando ad istigarla.
Wynne si mise a braccia conserte ostentando un’indifferenza che non le apparteneva.
«Perché dovrei esserlo?» ribatté evitando volutamente il suo sguardo.
Harry le si avvicinò lentamente, le cinse i fianchi con un braccio e le sfiorò il collo col naso. «Non so, forse perché improvvisamente sei diventata rigida come il tronco di un albero?» sussurrò, baciandole la pelle tra una parola e l’altra. «O forse perché non mi guardi più negli occhi?» continuò, risalendo con una mano la sua coscia.
Wynne si mosse di scatto staccandoselo di dosso. «Va bene!» sbuffò. «Mi ha leggermente infastidita sentirti parlare di un viaggio a Los Angeles con quest’Alexa. È tanto strano?» esalò.
«Quindi sei gelosa?»
«Hai finito?» lo riprese lei, guardandolo per la prima volta negli occhi per fulminarlo con lo sguardo.
«Devi rispondere, non è semplice.»
«Sì! Lo sono!» esclamò Wynne alzando leggermente la voce. «C’è qualcosa di male in ciò?»
Harry scosse la testa e sorrise. «Non c’è nulla di male, volevo solo sentirtelo dire» ammise. «E comunque tra me e Alexa non c’è niente, è solo una buona amica con la quale avevo organizzato una vacanza. Non fa per me. Nonostante le sue gambe chilometriche, il fisico da urlo, gli occhi di ghiaccio e quelle labbra… Mmh, le sue labbra…»
Wynne si scostò le coperte di dosso con un gesto secco e si alzò dal letto prima che il ragazzo potesse bloccarla.
«Vaffanculo Harry!» sbottò dirigendosi fuori dalla stanza.
«Stavo scherzando Wynne!»
«Vaffanculo!» ripeté lei prima di sbattersi la porta alle spalle.
Il ragazzo si affrettò a seguirla, ignorando il fatto di indossare soltanto un paio di boxer.
«Wynne!» la chiamò, mentre attraversava il corridoio a piedi nudi e guardava in salotto e poi in cucina.
«Hai visto Wynne?» domandò a Deb, intenta a fare colazione e leggere qualcosa sul cellulare.
La ragazza alzò smarrita gli occhi dal telefonino e quando vide Harry Styles appena sveglio, mezzo nudo nella sua cucina, rivolgerle la parola, rischiò di strozzarsi con il caffè che aveva appena ingurgitato.
Cominciò a tossire con forza, si portò una mano sulla bocca e sentì alcune lacrime scenderle dallo sforzo. «No» riuscì a dire con la voce strozzata, Harry annuì tornando in corridoio. La casa non era molto grande, Wynne era o in camera di Deb o in bagno e notando la porta chiusa di quest’ultimo, capì che era lì che si era nascosta.
«Wynne» la chiamò, cominciando a bussare sul legno chiaro.
«Harry vattene.»
«Mi dispiace! Non volevo farti arrabbiare.»
«Non rompere i coglioni. Tornatene da dove sei venuto!»
Il ragazzo continuò a bussare. «Posso sfondare la porta se voglio.»
«Sì, poi me la ripaghi te.»
Harry sorrise. «Non c’è problema. Te ne compro anche dieci di porte.»
Wynne alzò gli occhi al cielo rendendosi conto della gaffe. «Non mi interessa, voglio che te ne vai. Va’ da Alexa, dalle sue gambe chilometriche, i suoi capelli perfetti e… Cos’era? Le labbra? Ti piacciono le sue labbra?»
«Wynne stavo scherzando! Era solo uno scherzo di pessimo gusto, non capisco perché tu te la stia prendendo così tanto!»
Harry bussò di nuovo, quando sentì la chiave nella serratura girarsi si allontanò leggermente dalla porta felice che Wynne avesse capito che non era sua intenzione offenderla. Il modo in cui la ragazza lo guardò, però, non sembrava per niente contento.
«Non m’interessa Harry. Io le gambe chilometriche non ce le ho, i miei occhi sono di un comune marrone e le mie labbra… Beh, non so come sono le mie labbra ma di certo quelle di Alexa sono migliori quindi piuttosto che fare inutili paragoni va’ da lei così siamo tutti felici e contenti.»
Harry appoggiò le mani sulle spalle della ragazza, ancora rigide per la rabbia.
Lei abbassò lo sguardo sul suo petto ancora nudo e su quell’enorme farfalla che la metteva un po’ in soggezione. Non era una tipa permalosa ma tutto quello che aveva vissuto in quell’ultimo periodo le era completamente nuovo. Non avrebbe mai potuto competere con le ragazze che facevano parte del mondo di Harry: modelle, attrici, cantanti. Lei non aveva né le belle gambe di Alexa né il talento di Taylor Swift. Lei era soltanto una normalissima studentessa universitaria che abitava ad East London e che nel fine settimana lavorava in un pub per non dipendere completamente dai propri genitori. Non avrebbe mai organizzato un viaggio a Los Angeles con Harry e non sarebbe mai andata in Messico. Non poteva competere con tutto quello, Harry non poteva dirle certe cose perché se lei all’inizio avrebbe potuto sopportare e nascondere le insicurezze dietro un sorriso sforzato, non avrebbe resistito per tanto.
Harry le accarezzò una guancia, sentendo la pelle umida delle ragazze capì che aveva pianto ma era riuscita a nascondere bene le sue lacrime.
«Io non voglio andare da lei» le sussurrò, come se le stesse confessando la cosa più ovvia del mondo. «Stanotte appena sono atterrato la prima cosa a cui ho pensato è stata che volevo vederti, anche se erano le due di notte. Sono venuto da te, non sono andato da Alexa. Stamattina mi sono svegliato nel tuo letto, accanto a te, ed è lì che volevo essere. Mi dispiace per quello che ho detto, non mi piace nemmeno Alexa. È troppo magra, la sue labbra non mi piacciono e anche se i suoi occhi sono azzurri io preferisco i tuoi, di un comune marrone. Quindi no, non vado da lei. Sono felice e contento qua.»
Sospirò davanti al silenzio di Wynne.
«Mi dispiace se le mie parole ti hanno ferita e se ti ho fatta sentire inferiore alle ragazze da cui sono circondato. Tu non hai niente da invidiare a loro né a nessun altro perché a me piaci così anche se sappiamo relativamente poco l’uno dell’altro. Sono stato uno stronzo ma non pensavo te la saresti presa così, solo dopo ho capito cosa sono significate quelle stupide parole per te. Scusa.w»
«Allora la prossima volta morditi la lingua, coglione» borbottò Wynne tirandogli un pugno sulla spalla, ma il sorriso che comparve sul suo viso tradì il suo tono duro.
Harry tirò un sospiro di sollievo stringendola in un abbraccio. «Scusa» ripeté per l’ennesima volta. «Sono un pessimo ragazzo, siamo insieme da meno di un giorno e già ti ho fatta arrabbiare» mormorò.
«La prossima volta twitto la tua posizione e guardo in silenzio l’orda di fan che ti assale» borbottò Wynne sentendo il profumo che emanava la sua pelle.
Harry rise. «D’ora in poi farò il bravo, lo giuro.»
Wynne si staccò leggermente da quell’abbraccio e lo guardò negli occhi. «Ti conviene» lo intimò, prima di baciarlo con dolcezza.


 
9
 
 
 
Wynne era appena rientrata in casa dopo una giornata passata tra lezioni e studio quando Deb aveva invaso la sua privacy irrompendo in camera sua come un uragano.
«Qualcuno qui deve dirmi qualcosa!» esclamò entusiasta. «E non dirmi che devi aggiornare il tuo blog o studiare o che hai il mal di testa o che devi scrivere una lettera al Papa perché non uscirai da questa stanza fino a quando non mi avrai spiegato cosa c’è tra te e Harry-sono-il-sesso-che-cammina-Styles.»
Wynne sorrise di fronte alle ultime parole dell’amica. «Non so a cosa tu ti stia riferendo.»
Deb alzò gli occhi al cielo e si buttò con poca delicatezza sul letto dell’amica. «Sabato notte è piombato in casa alle due, domenica mattina me lo sono ritrovata in cucina mezzo nudo, vi ho sentiti urlare e poi fare la pace e da allora lo vedo gironzolare per casa più spesso di quanto abbia mai immaginato nei miei sogni più erotici. Deve esserci qualcosa, Wynne.»
La mora si strinse nelle spalle. Aveva cercato di evitare di pensare a quelle cose negli ultimi giorni: si sentiva bene con Harry e non ricordava nemmeno quando fosse stata l’ultima volta in cui aveva provato certe sensazioni. Non voleva rovinare tutto perché si faceva prendere dalle sue solite – ed inutili – paranoie. Stavano bene insieme nonostante fossero ancora agli inizi, non voleva rovinare tutto come si ritrovava sempre a fare.
«Ci piacciamo, vogliamo vedere come vanno le cose» rispose vaga.
«Mio Dio.» Deb sorrise incredula. «Ho immaginato tante volte il mio incontro con Harry, l’ho visto già tre volte e non gli ho ancora chiesto né un autografo né una foto. È incredibile.»
Wynne inarcò le sopracciglia. «Potresti chiederglielo stasera visto che l’ho invitato a cena.»
«Ma non ho preparato niente!» squittì Deb, lasciandosi prendere dall’agitazione.
«Ha detto che avrebbe portato lui le pizze. A te piace la margherita, vero?»
 
 
 
«Allora Deb, cosa fai nella vita?»
La ragazza appoggiò il trancio di pizza mangiato a metà nel cartone e si perse per un istante – di troppo – negli occhi verdi di Harry prima di dargli una risposta.
«Lavoro in un supermercato, niente di entusiasmante» ammise con un pizzico di vergogna.
«Non c’è niente di male in ciò. Anch’io facevo il panettiere prima di partecipare ad X Factor, e probabilmente sarei ancora in quel negozio a servire le vecchiette del paese se non fosse successo quel che poi è successo.»
«Sì ma tu sei Harry Styles» fu la risposta di Deb, il viso nascosto dietro ad un bicchiere di Coca-Cola.
Il riccio sorrise. «Non riuscirai mai a vedermi come un ragazzo normale te, vero?»
La ragazza scosse la testa lasciandosi andare ad un sorriso nervoso.
«Possiamo farci una foto insieme?» domandò poi, con una timidezza che Harry notava raramente nelle sue fan che solitamente si limitavano ad urlargli nelle orecchie quanto lo amassero e quanto fosse bello. Deb era diversa, nonostante Wynne gli avesse raccontato della sua reazione iniziale quando aveva scoperto che lei lo conosceva, davanti a lui si era sempre dimostrata educata, quasi intimorita. Gli faceva tenerezza: i suoi modi impacciati e la voce tremante. Più s’incrociavano per casa e più i suoi nervi sembravano distendersi ma Harry avrebbe sempre ricordato l’espressione che assunse la sua faccia quando lo vide per la prima volta, davanti alla porta di casa sua alle due di notte.
«Certo!» rispose regalandole uno sei suoi migliori sorrisi. Si alzò e si mise accanto a Deb che prese prontamente il suo iPhone dalla tasca dei jeans.
«Devo farvela io la foto?» intervenne Wynne divertita.
Deb scosse la testa. «Le selfie sono più belle» spiegò con un sorriso sulle labbra mentre Harry le si avvicinava e sorrideva all’obiettivo.
Deb cercò di nascondere l’agitazione che quella vicinanza le provocava. Sentiva i capelli solleticarle l’orecchio ed il suo braccio stringerle le spalle. Il cuore le batteva all’impazzata ed era sicura che anche lui avrebbe potuto sentirlo se si fosse concentrato solo un po’. Deb scattò la foto e l’istante dopo Harry alzò gli occhi vesto Wynne e le sorrise, un sorriso diverso da quello che aveva un attimo prima. Un sorriso sereno e sincero. Non aveva occhi che per lei.
 
 
 
«Cos’hai fatto oggi?» domandò Wynne, cambiando canale alla tv.
Erano le dieci passate, Deb era uscita di casa a causa di un impegno che aveva preso prima di sapere che quella sera Harry sarebbe stato loro ospite a cena e dopo aver sparecchiato loro si erano spostati sul divano come facevano spesso ormai.
«Niente di particolare. Ho fatto un giro per Londra, sono andato a pranzo con Grimmy… Solite cose…»
La ragazza annuì, arrivò ad MTV e sorrise nel vedere il viso di Harry sullo schermo: stavano trasmettendo il video di Story Of My Life.
«Che effetto ti fa vederti alla televisione?» domandò curiosa.
Harry alzò le spalle. «Ormai ci ho fatto l’abitudine ma all’inizio era piuttosto inquietante. Dovresti chiedermi che effetto fa vedere la mia faccia su zaini, scarpe, quaderni, tazze, portafogli e chi più ne ha più ne metta, invece.»
Wynne rise. «Mi credi se ti dico che volevo comperare la tua sagoma di cartone a Deb per il suo compleanno? Sfortunatamente eri finito al supermercato se no in questo momento ci sarebbero stati due Harry Styles in casa.»
Harry rise stringendo Wynne a sé. «Sono unico e inimitabile» disse fiero prima di lasciarle un bacio sulle labbra che sapevano ancora del caffè che avevano bevuto dopo cena.
«E dici che dovrei essere lusingata del fatto che l’unico e inimitabile Harry Styles, desiderato da solo Dio sa quante ragazzine, decida di sprecare il suo tempo con me?»
Il ragazzo sorrise soddisfatto baciandola di nuovo. «Decisamente. Nick invece vuole conoscere la ragazza misteriosa, quando avrà l’onore d’incontrare l’unica e inimitabile Wynne Teasdale?»
Wynne si staccò leggermente da Harry. «Ne abbiamo già parlato, non rendiamo le cose più difficili di quanto non lo siano» spiegò assumendo un tono più duro.
«Non voglio farti pressioni» si difese Harry. «Aspetterò che tu sia pronta.»
«Le cose sono un po’ più complicate di così» disse in un sospiro.
Harry aprì la bocca per ribattere ma capì che non ne sarebbe valsa la pena, che non sarebbero arrivati da nessuna parte. Avevano già intavolato il discorso un’altra volta e Wynne era stata inamovibile sul fatto di farsi vedere insieme, anche se a un metro di distanza. Harry la capiva nonostante nessuna delle ragazze che aveva frequentato prima di lei avesse temuto così tanto i tabloid, le fan e l’opinione pubblica in generale. Sapeva che non era facile stare con lui, le pressioni erano molte e per alcuni insostenibili – gli venne subito in mente Danielle – e non voleva obbligarla a fare qualcosa per la quale non si sentiva ancora pronta. Avrebbe aspettato, sentiva che ne sarebbe valsa la pena: cos’aveva da perdere infondo? Un po’ la capiva Wynne, l’attenzione mediatica su Harry era più che giustificata, infondo se l’era cercata lui accettando di entrare a far parte di una boyband che poi avrebbe scalato le classifiche; lei invece non voleva che Harry, tutto il resto sarebbe stato solo una spiacevole conseguenza.
«So che non è facile stare con me, oltre ai normali problemi che ci possono essere tra noi due si aggiungeranno quelli causati da tutti gli altri: insulti da parte di fan gelose, insinuazioni false da parte di giornalisti e ciarlatani ma se c’è una cosa che ho imparato in questi anni è che bisogna fidarsi solo di sé stessi e pochi altri. Se si ha la coscienza a posto nulla ti può affliggere, nemmeno l’invidia e le cattiverie. Ricordalo Wynne.»
Harry l’abbracciò e le diede un bacio sulla fronte. «Era da un po’ che non mi sentivo così bene con qualcuno» ammise sincero.
La ragazza si fece cullare dalle braccia forti e piene di tatuaggi di Harry, lui non capiva, non poteva capire perché lei non gli aveva ancora spiegato perché loro non si fossero mai incontrati prima. Perché lei non avesse mai voluto incontrare lui e gli altri prima.
«Cosa farai a Natale?» domandò il riccio cercando di cambiare argomento ed alleviare la tensione. Mancava poco più di una settimana al venticinque dicembre e solo in quel momento lui si era reso conto di essere in ritardo con i regali. Non aveva idea di cosa prendere né ai suoi genitori né a Rob, Gemma ma soprattutto Wynne.
«Andrò dalla mia famiglia, come tutti gli anni d’altronde. Tu? Vai ad Holmes Chapel?»
Harry annuì. «Mia mamma mi ha prenotato per quel giorno da mesi ormai» rise. «Come se volessi passare il Natale con qualcun altro.»
«Magari Alexa decideva di partire per Los Angeles il 25 dicembre. Che ne sai?» ribatté Wynne allontanandosi leggermente da lui e cercando di mantenere un’aria seria.
Harry alzò gli occhi al cielo. «Per quanto ancora dovrò sopportare le tue frecciatine?»
«Fino a quando non sarò passata ad altro, per il momento non ti resta che sopportare.»
Wynne sorrise vittoriosa di fronte allo sguardo rassegnato del ragazzo.
«Fino a quando non nominerò casualmente qualche altra modella dalle gambe chilometriche e gli occhi di ghiaccio?»
«Esatto.»
«L’unica cosa che cerco io è un po’ di normalità, Wynne. Sei il mio rifugio da tutto il resto.»


 
10
 
 
 
Hyde Park era affollato quel giorno. Lou e Wynne camminavano l’una accanto all’altra, gli occhi rivolti verso Lux che correva con una bambola in mano a pochi metri da loro.
«Ora ti aspettano un po’ di ferie arretrate allora» scherzò Wynne, mettendosi le mani nelle tasche della giacca e beandosi del calore che sentì.
Lou annuì senza riuscire a nascondere un sorriso di chi la sapeva lunga. «Sei ben informata, vedo.»
La cugina si strinse nelle spalle borbottando qualcosa d’insensato, sentendosi improvvisamente a disagio in previsione della piega che il loro discorso avrebbe preso.
Wynne non vedeva Lou dalla festa alla quale era stata – fortunatamente, avrebbe poi aggiunto – obbligata ad andare. Era stata contenta di averla sentita al telefono alcuni giorni prima e di aver organizzato una tranquilla passeggiata insieme, nonostante Wynne sapesse che gli incontri con Louise Teasdale non erano mai fini a loro stessi.
«Harry è molto preso, non lo vedevo così da tempo» disse Lou dopo alcuni attimi di silenzio. Sapeva che in quel tempo Wynne aveva fatto i suoi stessi pensieri e che l’avrebbe capita all’istante. «Anzi» aggiunse, «non credo di averlo mai visto così preso punto!»
Wynne nascose parte del viso dietro la sciarpa pesante che indossava, le parole dell’amica la lusingavano. Dopo quel litigio di poco conto Harry si era dimostrato il ragazzo che probabilmente tutte le sue fan speravano che fosse: divertente, simpatico, dolce spigliato ed intelligente. Nonostante fosse ufficialmente libero dagli impegni col resto della band sembrava essere sempre richiesto dalla sua grande cerchia di amici partendo da Nick Grimshaw fino ad arrivare a Pixie Gedolf. Lei aveva sempre rifiutato di uscire con lui: non voleva finire sulla copertina di tutti i tabloid inglesi ed inoltre sapeva di avere poco in comune con tutte quelle celebrità che lei aveva solo visto in tv o sentito alla radio. Harry, dopo aver protestato la prima volta si era rassegnato ed aveva rispettato il volere indiscutibile di Wynne.
«Mi piace molto» ammise la mora con difficoltà.
Era la prima volta che si ritrovava a parlare liberamente di Harry con qualcuno. Con Deb doveva stare attenta a come si esprimeva data l’ammirazione, quasi morbosa, della ragazza nei confronti del cantante. Le voleva bene ma anche Wynne aveva notato lo sguardo perso che Deb aveva ogni qualvolta si parlasse di Harry, non sapeva cosa le passasse per la testa ma temeva dell’effetto che qualche sua confessione troppo intima avrebbe avuto.
«Hai già deciso cosa regalargli per Natale?» chiese Lou, sentendosi come quando a scuola c’era l’intermediario tra i due ragazzi che si piacevano ma che non avevano mai il coraggio di parlarsi faccia a faccia.
«No… Non conosco molto i suoi gusti ed il mio budget è piuttosto limitato. Qualunque cosa gli prenderei lui potrebbe permettersene a quantità industriali» ammise Wynne.
Lou scosse la testa. «Ti sei beccata il membro più azzeccato della band per questo. Hai visto come va in giro quello? Ruba una giacca al primo barbone che vedi in giro e regalagliela: l’amerà.»
Wynne non riuscì ad evitare di ridere di fronte alle parole così dirette della cugina.
Lou era sempre stata molto schietta nel parlare. Per lei non c’erano vie di mezzo o indecisioni, era sempre molto categorica e testarda su tutto e Wynne un po’ l’ammirava per questo, lei che era perennemente nel dubbio.
«Sai cosa intendo» riprese la bionda. «E poi sbaglio o è il pensiero che conta? Se trovi la cosa giusta, renderai Harry il ragazzo più felice del mondo con dieci sterline, non sto scherzando.»
«Lo terrò a mente» rispose Wynne con un sorriso più rilassato sulle labbra.
«Allora, dove ti ha portata fino ad ora?» domandò dopo un attimo Lou, avida di sapere visto che Harry, nonostante fosse solitamente molto loquace riguardo le sue conquiste, aveva assunto l’atteggiamento opposto da quando aveva cominciato a frequentare Wynne.
«Da nessuna parte in realtà» mormorò la mora, rendendosi conto di quanto suonassero brutte quelle parole. «A parte la sera dopo la festa a Covent Garden, dove fortunatamente le fan che l’hanno riconosciuto non si sono accorte di me, siamo sempre rimasti a casa mia. Non mi va di farmi vedere in giro con Harry, insomma, sai meglio di me cosa comporterebbe.»
Lou annuì. «Chissà che sesso sfrenato che avete fatto allora!» esclamò poi senza riuscire a trattenere una risata. «Non voglio farmi gli affari vostri ma dimmi: com’è Harry a letto? A sentirlo parlare sembra che sia il ragazzo più esperto del pianeta ma sotto questo punto di vista gli uomini sono tutti uguali…»
Wynne si nascose ulteriormente dietro la sciarpa, in quel momento avrebbe voluto che fosse così grande da coprirle completamente il viso e il rossore sulle guance. «Non abbiamo ancora fatto niente» mormorò, così a bassa voce che Lou dovette chiederle di ripetere.
«Non abbiamo mai fatto sesso» disse con difficoltà, mantenendo lo sguardo fisso su Lux che si era fermata ad osservare un camioncino che vendeva Fish&Chips.
Lou strabuzzò gli occhi, completamente scioccata da quella rivelazione. «Wow!» esclamò soltanto.
«Non c’è mai stata l’occasione, non so come spiegarti. Mi ha baciata prima di partire, è tornato poco più di una settimana fa e da allora abbiamo solo…»
«Abbiamo solo?» la spronò Lou.
«Guardato film sul mio divano, bevuto cioccolata, ci siamo coccolati un po’… Oddio non so!» ammise poi Wynne coprendosi il volto con le mani fredde.
«Sembra noioso» ammise la bionda prima di concentrarsi su Lux che voleva a tutti i costi le patatine fritte.
«Cosa dovrei fare? Sembra che Londra conosca meglio Harry Styles della Regina, io non voglio essere considerata da tutti un’arrampicatrice sociale!»
«Tesoro, ti capisco ma non potete nemmeno passare il resto della vostra vita chiusi in casa tua! Lo sapevi che saresti andata incontro a questo quando hai deciso di iniziare a frequentarlo. Potreste uscire in gruppo, chi andrebbe a pensare che tra tutte quelle persone sia proprio tu la sua ragazza?»
«Lo so ma…»
«Ma?»
Wynne sbuffò. «Non so niente. Non sto più capendo niente.»
 
 
 
«Così sì che sei in incognito» rise Harry, distogliendo per un istante lo sguardo dalla strada per posarlo su Wynne che, col viso nascosto per metà da una sciarpa e per metà da un berretto calato quasi sugli occhi, era seduta accanto a lui.
«Zitto e guida» lo riprese lei con tono duro, senza nemmeno voltarsi a guardarlo: un po’ perché a causa di quel travestimento i suoi movimenti erano limitati e un po’ perché non voleva nemmeno.
«Siamo quasi arrivati capo. Devo lasciarti all’angolo così che tu possa infiltrarti nel mio appartamento senza dare dell’occhio?» continuò a punzecchiarla Harry senza riuscire a nascondere un sorriso divertito. «Dovrei farti una foto e postarla su Instagram. Ho già in mente cosa scrivere: “Wynnstagram”.»
«Devo ridere?» ribatté la ragazza.
«Credo che anche se lo facessi non se ne accorgerebbe nessuno.»
Harry scoppiò a ridere e nemmeno il pugno che Wynne gli tirò sul braccio riuscì a placarlo.
«Siamo arrivati comunque» continuò, rallentando fino ad arrestarsi.
«Bene» borbottò Wynne aprendo la portiera e seguendo Harry nel lussuoso palazzo che le aveva indicato.
Solo quando furono nella hall la ragazza si liberò dei pesanti indumenti che stavano cominciando a farla sudare ed ignorò deliberatamente le occhiate divertite di Harry.
«Io ti giuro, di ragazze come te ne ho conosciute davvero poche» ammise il riccio mentre entrava nell’ascensore.
«Lo so che sono unica e inimitabile, puoi anche smetterla di ricordarmelo» lo prese in giro Wynne.
Harry le cinse le spalle con un braccio. «Voglio che tu sappia quanto sei speciale» sussurrò con lo sguardo rivolto davanti a sé.
Wynne stava per ribattere ma il suono di un campanello si diffuse nell’ascensore e un istante dopo le porte si aprirono.
Harry la prese per mano e le fece strada verso il suo attico. Wynne spalancò gli occhi quando si ritrovò davanti ad un enorme salone arredato con cura: divani in pelle, televisori al plasma e tappeti sui quali lei avrebbe avuto paura a camminarci occupavano la stanza. Una parete era costituita da una vetrata che si affacciava su Londra, dalla parte opposta c’era una cucina professionale e probabilmente inutilizzata.
«Benvenuta nella mia umile dimora» disse Harry, lasciando la mano di Wynne per togliersi la giacca.
«Sì, è proprio umile» osservò la ragazza continuando a guardarsi in giro sempre più scioccata. «Non capisco come tu preferissi quel buco del mio appartamento a questo…» continuò incredula, andando ad affacciarsi alla vetrata.
«Casa tua è accogliente, questa è… Anonima. E vuota.»
Wynne distolse lo sguardo dalla vista di Londra per posarlo su un soggetto che, le faceva ancora strano ammetterlo, preferiva.
«Ora è un po’ meno vuota, non credi?» le chiese Wynne, togliendosi a sua volta la giacca ed appoggiandola sullo schienale del divano.
Harry accennò un sorriso ed annuì.
«Potremmo renderla anche più accogliente ed intima. Sembra uscita da un catalogo di design che ti mostra case da sogno» continuò la ragazza, avvicinandosi ad Harry e cingendogli il collo con le braccia.
«Potremmo sì» rispose il riccio con un tono basso di voce. Le sue mani fredde si appoggiarono alla base della schiena di Wynne e l’avvicinò ulteriormente a sé, la ragazza sorrise sentendo una scarica elettrica partire da quel punto e propagarsi lungo tutta la sua spina dorsale.
«Io inizierei dall’utilizzare quella cucina ancora nuova, perché sto morendo di fame.»
 
 
 
Wynne ormai l’aveva capito che con Harry Styles non avrebbe mai mangiato cibi cucinati da chef premiati con stelle Michelin. Quelle lasagne congelate prese da Tesco non erano poi così male, se ti concentravi su tutto tranne che sul gusto che sentivi sul palato.
«Qualunque cosa tenga in dispensa finisce sempre per scadere, non mangio quasi mai a casa» spiegò Harry, pulendosi la bocca con un tovagliolo di carta.
Wynne si strinse nelle spalle. «Questi sono i miei pasti quotidiani, non preoccuparti.»
«Ti porterò nel ristorante più costoso di Londra, prima o poi.»
Wynne sorrise, appoggiò il piatto ormai vuoto per terra e si avvicinò ad Harry che aveva finito di mangiare prima di lei.
«Non vedo l’ora» sussurrò, a pochi centimetri dal suo viso.
Harry mostrò le sue fossette in un sorriso malizioso che rispondeva perfettamente agli atteggiamenti di Wynne. Senza dire una parola appoggiò le sue labbra sul collo della ragazza e glielo baciò delicatamente lasciando che le mani affusolate di Wynne giocassero con i suoi capelli. Harry si spostò in alto passando alla mascella fino ad arrivare alle labbra socchiuse di Wynne. La guardò sorridente, le sfiorò la bocca senza dare il via a quel bacio che sapeva la ragazza stava agognando. Non avrebbe mai ceduto, così come non avrebbe mai distolto lo sguardo dai suoi occhi verdi. Harry sorrise divertito dalla testardaggine incorreggibile della ragazza. Lui però non aveva voglia di aspettare e quegli occhi da cerbiatta apparentemente impassibili lo stavano mandando fuori di testa. Wynne era diversa, era ciò che serviva ad Harry e per qualche strana ragione lui l’aveva capito nell’esatto istante in cui Gemma gliel’aveva indicata come “la cugina di Lou”. Lei non voleva il successo, non voleva il successo di Harry, e poche volte nella sua vita il ragazzo era stato con qualcuno avendo la certezza che nessuno si stesse approfittando di lui, dei suoi soldi, della sua fama e delle sue conoscenze. Wynne non voleva avere niente a che fare con tutto ciò – anche fin troppo – ed Harry apprezzava il suo piccolo appartamento, il suo divano con qualche molla fuori posto e la sua camera disordinata e piena di trucchi. Amava la sua ordinarietà, i suoi problemi normali, l’università, l’affitto da pagare ed una coinquilina un po’ sopra le righe con cui dover condividere gli spazi. Non gli aveva mai domandato niente riguardo ai One Direction, gli chiedeva dei suoi viaggi come se Harry quei posti li avesse visitati di sua spontanea volontà. Non le interessava a quante interviste avesse partecipato, quali personaggi famosi avesse conosciuto. Wynne gli aveva chiesto se i grattacieli a New York erano così alti come sembravano nelle fotografie, se le spiagge californiane ed australiane fossero davvero così piene di surfisti e com’era il cibo in Giappone. Ad Harry piaceva come si sentiva accanto a Wynne, la normalità che provava chiuso in quelle quattro mura con lei e un po’ aveva paura a mostrare il suo tesoro, quella ragazza che aveva conosciuto così per caso, al resto del mondo, alle telecamere, alle fan, come se loro potessero in qualche modo cambiarla, toglierle quella normalità che tanto l’aveva catturato.
«Allora, vuoi fissarmi ancora per molto o hai intenzione di baciarmi?»
La voce di Wynne lo destò dai suoi pensieri, col sorriso ancora sulle labbra dischiuse le sue labbra su quelle della ragazza lasciando che tutte le sue preoccupazioni si togliessero di dosso come i suoi vestiti, lasciandolo solo con lei.


 
11
 
 
 
«Harry, tu credi che io sia… Ecco… Tu credi che io sia noiosa?»
Wynne chiuse gli occhi nel pronunciare quelle parole, non perché non volesse guardare in faccia Harry visto che la sua visuale in quel momento era la televisione spenta appesa al muro di fronte a lei, ma perché aveva paura di quella che sarebbe stata la sua risposta a quella domanda.
Sentì Harry sospirare, l’aria che uscì dalla sua bocca le mosse quasi impercettibilmente i capelli e il petto su cui aveva appoggiato la testa si alzò leggermente per poi tornare nella posizione originaria. Wynne non riuscì a capire se quel gesto fosse sinonimo di difficoltà nell’ammettere la verità o solo una conseguenza del sorriso divertito che si dipingeva sul suo volto ogni qualvolta lei diceva qualcosa di stupido e insensato.
Il ragazzo le accarezzò i capelli e prese a giocarci con le sue dita lunghe e affusolate.
«Cosa stai blaterando?» domandò, dopo attimi di silenzio in cui Wynne si chiese se lui l’avesse ascoltata.
«Stiamo sempre a casa mia e pensavo che tu potessi stancarti, non so…» mormorò Wynne stranamente a disagio. Non avrebbe dovuto lasciare che le parole di Lou le occupassero la mente, avrebbe dovuto tenere quei dubbi per sé e non domandare niente a Harry perché quei silenzi stavano diventando carichi di tensione e lei stava rovinando un tranquillo risveglio alla vigilia di Natale.
«È per questo che hai insistito tanto perché ti portassi a casa mia, ieri?» domandò Harry, allontanando per un istante la mano dai capelli di Wynne.
La ragazza si ritrovò a trattenere il respiro col timore che quel gesto significasse un’irritazione che non era riuscita a scorgere nelle sfumature sua voce. Quando però sentì di nuovo le dita di Harry su di lei, si sentì sollevata.
«Anche» sussurrò soltanto allontanandosi dal petto nudo di Harry per posare lo sguardo sul suo viso. Non riusciva a parlare senza guardarlo negli occhi, senza captare ogni sua emozione all’interno di quelle iridi che con la luce del mattino sembravano ancora più verdi e infinite.
Harry sorrise, gli occhi ancora assonnati ed i capelli che avevano una forma più indefinita del solito.
«Se ti trovassi noiosa non sarei qui con te, ora» sussurrò accarezzandole una guancia. Wynne si lasciò andare, rincuorata da quella risposta: la migliore che avrebbe potuto ricevere.
 
 
 
Harry alzò leggermente il riscaldamento e sfregò una mano contro l’altra per cercare di scaldarsi un po’. Era fermo davanti a casa di Wynne da alcuni minuti, lei era salita entusiasta di dargli il suo regalo di Natale ma lui aveva deciso di aspettarla in macchina in quanto era un po’ di fretta. Sarebbe dovuto essere già in strada per Holmes Chapel invece era accostato in una zona in cui vigeva il divieto di fermata ed osservava le strade londinesi addobbate per le feste.
Il suo regalo per Wynne era sul sedile posteriore della sua macchina, la ragazza non aveva voluto aprirlo a casa sua quella mattina in quanto sembrava credere fermamente nello scambio dei regali di Natale che non sarebbe potuto avvenire in quel momento in quanto lei aveva lasciato quello di Harry in camera sua.
Il ragazzo si spaventò quando sentì la portiera dell’auto aprirsi, troppo immerso nei suoi pensieri per accorgersi che Wynne era tornata.
«È solo un pensiero» spiegò lei, porgendogli il regalo impacchettato con cura.
Harry sorrise e si sporse verso i sedili posteriori per prendere ciò che lui le aveva comperato.
«Anche il mio, non sapevo cosa regalarti» si giustificò il ragazzo, rendendosi improvvisamente conto dell’insignificanza di ciò che le aveva preso. «Spero ti piaccia.»
Wynne sorrise rassicurante. «Sono sicura che sarà bellissimo» disse.
Il suo sguardo si spostò dal viso di Harry ad una persona alle sue spalle che stava venendo nella loro direzione e che superò la macchina senza accorgersi di loro all’interno, dirigendosi verso il palazzo in cui abitava Wynne.
Harry si accorse del suo attimo di distrazione, guardò prima l’uomo e poi lei, confuso.
«Tutto bene?» le domandò.
Wynne annuì. «È solo che non capisco cosa ci faccia Steve qui» disse sovrappensiero, continuando a seguire con lo sguardo l’uomo che stava entrando nell’edificio.
«Lo conosci?»
Wynne sembrò tornare alla realtà solo in quel momento. «Sì» disse. «È il proprietario del nostro appartamento ma non viene mai qua, insomma… Solitamente siamo noi che lo chiamiamo quando c’è qualcosa che non va in casa ma Deb non mi ha detto niente prima…»
Harry la guardò in silenzio, non capiva tutta quella preoccupazione negli occhi della ragazza.
«Magari l’ha chiamato ieri sera dopo che tu sei venuta da me e prima non le è venuto in mente di avvertirti. Sono sicuro che va tutto bene» cercò di confortarla.
Wynne annuì. «Credo che tu abbia ragione» disse, seppur poco convinta. Rimase in silenzio per alcuni attimi. «Chi apre per primo?» propose poi, sforzando un sorriso.
«Apri tu.»
La ragazza annuì, cominciò col staccare delicatamente la carta ma dopo alcuni secondi la sua curiosità ebbe la meglio e si ritrovò a scartare il regalo senza preoccuparsi di rompere la confezione proprio come facevano i bambini. Spalancò gli occhi quando si trovò davanti agli occhi un cesto pieno di trucchi che aveva visto soltanto su internet e che non aveva ancora comperato perché troppo cari.
«Harry!» esclamò soltanto mentre osservava uno ad uno i rossetti, gli ombretti, mascara e altro che il ragazzo le aveva preso. «Ma sono tutte le nuove collezioni!» continuò, con la voce più alta di qualche ottava per la sorpresa. Erano tutti trucchi di grandi marche: da Dior a Chanel, Armani, Yves Saint Laurent… «Oh mio dio» disse, continuando a rovistare in quel cesto. «Ti sarà costato una fortuna! Il mio regalo in confronto fa schifo.»
Harry si strinse nelle spalle e si grattò la testa con una mano. «Non sapevo cosa prenderti così sono andato in un negozio e ho chiesto alla commessa di darmi tutti i trucchi appena usciti, così da essere certo che tu non li avessi ancora comperati.»
Wynne alzò gli occhi dal cesto e si voltò verso il ragazzo. «È il più bel regalo che abbia mai ricevuto» mormorò ancora incredula. Appoggiò entrambe le mani sul collo del ragazzo e si avvicinò a lui baciandolo con dolcezza. «Grazie ancora» sussurrò sulle sue labbra che si distesero in un sorriso rilassato.
«Ora tocca a me però» disse Harry senza riuscire a nascondere la curiosità nel sapere cosa gli avesse preso Wynne.
La ragazza annuì e si allontanò da lui per lasciargli aprire il regalo.
Harry cominciò a scartare il pacchetto con impazienza. «Due paia di jeans?» domandò divertito, osservando ciò che aveva tra le mani.
«Così magari è la volta buona che butti quelli tutti rotti che hai e che ti ostini a continuare a indossare.»
Harry guardò per alcuni secondi Wynne, sorpreso da quelle parole, poi scoppiò a ridere. «Sei… Sei così imprevedibile» ammise, continuando a guardare quei pantaloni. «Ma mi piacciono. Questo tuttavia non significa che butterò via i miei amati jeans» continuò, accarezzandosi il tessuto nero e aderente sulle sue cosce.
«Ma sono tutti rotti! Hanno buchi ovunque: su entrambe le ginocchia, sulle tasche posteriori, tra un po’ ti si squarceranno del tutto ed andrai in giro col sedere per aria!» esclamò Wynne ridendo.
«Così renderò contente le mie fan, non credi?»
Wynne alzò gli occhi al cielo esasperata dalle parole di Harry che si affrettò a stringerla tra le sue braccia e baciarle le labbra screpolate dal freddo. «Grazie mille» le disse, sfiorandole le guance con le dita.
Wynne sorrise e appoggiò la propria mano su quella del ragazzo. Aveva una vera e propria ossessione per le mani, erano una delle prime cose che guardava nelle persone e si era sorpresa di se stessa per quanto amasse quelle di Harry. Erano grandi e affusolate, non erano molto curate ma erano morbide, segno che di lavori manuali non ne faceva. Non amava molto gli anelli sui ragazzi ma doveva ammettere che su quelle dita stavano bene, così come stava bene quella croce spessa e nera che risaltava sulla sua pelle pallida.
Wynne chiuse gli occhi e si beò del tocco delicato di Harry che passò dalle sue guance al contorno delle sue labbra, aprì gli occhi sorpresa quando sentì queste essere sostituite dalla bocca di Harry che premette sulla sua.
Appoggiò le mani sulle sue spalle e poi tra i suoi capelli e dischiuse le labbra quando sentì la lingua di Harry chiederle di farlo in silenzio. Dei brividi le pervasero la schiena e si sorprese per l’ennesima volta della leggerezza che provava quando Harry la baciava con tanta intensità, strinse leggermente la presa sui suoi capelli ripensando alle sensazioni che aveva provato quella notte ma allontanò le mani di scatto quando sentì Harry mugolare leggermente a causa di quel tocco forse poco delicato.
«Siamo aggressivi oggi» mormorò il ragazzo sulle sue labbra, lasciandosi andare ad un sorriso malizioso.
«È colpa tua» ribatté Wynne.
Harry inarcò le sopracciglia e si allontanò leggermente da lei per vederla meglio. «Colpa mia?» ripeté incredulo.
La ragazza annuì convinta. «Sì. Sei troppo bello e in gamba. Mi mandi fuori di testa» confessò.
«Devo prenderlo per un complimento?»
Wynne si strinse nelle spalle, stava per rispondergli ma il suo sguardo cadde di nuovo su Steve che stava attraversando la strada diretto verso la sua macchina parcheggiata dal lato opposto della carreggiata.
«Chissà cos’è successo…» mormorò Wynne sovrappensiero.
Harry si strinse nelle spalle. «Tra poco lo chiederai a Deb, io ora devo lasciarti se voglio arrivare ad Holmes Chapel per cena.»
La ragazza annuì. «Anch’io devo finire di preparare alcune cose prima di andare dai miei.»
«Ci sentiamo allora, buona vigilia.»
«Buona vigilia anche a te, Harry.»
Il ragazzo abbracciò Wynne un’altra volta, la baciò sulle labbra e la guardò in silenzio scendere dalla macchina.
«La carta regalo te la lascio però» disse Wynne, facendogli una smorfia.
Harry rise. «Va bene capo, buone feste.»
«Anche a te.»
Wynne rimase in piedi sul marciapiede a guardare quel Range Rover nero partire. Anche se per pochi giorni, le sarebbe mancato Harry.
 
 
 
La sensazione d’inquietudine non l’aveva mai abbandonata. L’aveva provata mentre apriva il portone del palazzo, mentre saliva le scale perché non aveva voglia di aspettare l’ascensore e mentre litigava con la serratura difettosa della porta di casa. Si era fatta più insistente quando, abbandonate scarpe e cappotto all’entrata, aveva trovato Deb affacciata alla finestra della cucina nonostante il freddo, intenta a fumare con nervosismo una sigaretta. Wynne era certa che ci fosse qualcosa che non andava, Deb le aveva lanciato uno sguardo poco interessato, come se volesse solo accertarsi che ad essere entrata in casa fosse davvero la sua coinquilina e non qualche sconosciuto, poi era tornata a darle le spalle, la sigaretta quasi giunta alla fine tra le mani. Trovava strano che non si fosse soffermata sul cestino colmo di trucchi che Wynne aveva in mano, che non l’avesse accolta con un interrogatorio su come avesse reagito Harry al suo regalo – che avevano deciso insieme – e su cosa invece le avesse preso lui.
Wynne decise di ignorarla, quello non le sembrava il momento giusto per parlare così si limitò a chiudersi in camera e finire di preparare le valigie. Non sarebbe stata a casa dei suoi per molto, nonostante le mancassero quella casa le era sempre stata un po’ stretta: un po’ per l’eccessiva apprensione di sua madre che purtroppo aveva solo lei su cui sfogarla e un po’ per il carattere scorbutico di suo padre che sembrava disinteressarsi completamente della sua unica figlia.
Stava cercando di far entrare un paio di scarpe nella sua valigia già piena quando Deb bussò alla porta e senza aspettare che Wynne le rispondesse, entrò nella stanza.
«Odio fare i bagagli» ammise Wynne, appoggiando un ginocchio sulla valigia per farla chiudere. Fece scorrere con fatica la cerniera e guardò soddisfatta quello che sembrava un fagotto che stava per esplodere. Avrebbe sparso vestiti ovunque se l’avesse fatto per davvero ma Wynne era felice di essere riuscita a far stare tutte le sue cose in un solo bagaglio: se c’era una cosa che odiava era viaggiare con molte valigie e borse appresso.
«Tu non parti?» chiese poi, spostando lo sguardo su Deb che sussultò quando sentì Wynne rivolgerle la parola.
C’era sicuramente qualcosa che non andava, erano poche le volte in cui Deb non sprizzava vitalità da tutti i pori, quel suo carattere così estroverso permetteva a chiunque di capire quando qualcosa le occupava la mente: diventata improvvisamente silenziosa e nonostante avesse più o meno sempre la testa tra le nuvole, l’espressione pensierosa che assumeva quando qualcosa occupava i suoi soliti pensieri era inconfondibile. Wynne decise di non indagare, non sapeva se quell’atteggiamento fosse dovuto alla visita di Steve o a qualcos’altro, era certa che Deb si sarebbe confidata con lei quando se la sarebbe sentita. Tuttavia non riusciva ad ignorare la visione del loro affittuario che entrava nel palazzo e ne usciva poco dopo, infondo era un suo diritto sapere perché fosse venuto a far loro visita.
Wynne si spostò verso l’armadio e cominciò a rimettere a posto i vestiti che aveva deciso di non portare con sé. «Ho visto Steve prima» esordì con calma, senza lasciare trasparire alcuna particolare curiosità da quelle parole. «Si è per caso rotta ancora la caldaia?» buttò lì, voltandosi verso Deb che si era chiaramente irrigidita dopo quelle parole.
«N-no» mormorò la ragazza mantenendo lo sguardo basso.
«Non ha altri appartamenti qui, vero? Deve essere per forza venuto qua, tu l’hai visto?»
Deb annuì. «Sì, è venuto qua» mormorò soltanto.
Wynne annuì, continuò a mettere a posto i suoi vestiti in silenzio facendo finta di niente.
«È venuto solo per farci gli auguri di buon Natale, ha detto che ti saluta» aggiunse Deb dopo un attimo.
Wynne le sorrise. «Peccato che fossi con Harry, avrei voluto salutarlo di persona» disse convinta, nonostante sapesse bene che Steve non era venuto lì per quello, non aveva mai fatto loro gli auguri né di Natale né tantomeno di Pasqua, non vedeva perché avrebbe dovuto cominciare proprio quell’anno. Decise di lasciare perdere quel discorso, forse non era niente di che ma a Deb non andava di parlarne. Fino a quando non sarebbe stata sfrattata da quel posto, non c’era niente di cui preoccuparsi.

 
12
 
 
 
Wynne non ricordava un Natale in cui casa sua erano regnati il silenzio e la pace. Nonostante sotto quel tetto a viverci fossero solo in tre, la mattina del 25 dicembre lei finiva sempre per svegliarsi a causa del baccano causato dagli elettrodomestici usati da sua madre, dalle lamentele di suo padre per la poca efficienza degli spazzaneve del paese e dal suono del telefono che sembrava non volere mai smettere di squillare. Anche quel giorno quindi si era svegliata di buon’ora, ignorando il nervosismo che sembrava essersi già impossessato di lei, davanti a quella che le era sempre sembrata la giornata più lunga dell’anno. Si era vestita elegante per il pranzo di famiglia a casa della nonna e aveva aiutato sua madre a finire di preparare alcuni dei piatti che avrebbero fatto parte di un pranzo che sarebbe stato in grado di sfamare un esercito intero.
«George sei pronto?» domandò la donna, ignorando le lamentele della figlia sulla quantità di cibo che sarebbe finita nella spazzatura.
«Vi sto aspettando da mezz’ora!» fu la risposta poco tranquilla da parte dell’uomo che era apparso in cucina.
«Oh, bene» disse soltanto Sandra, asciugandosi le mani con uno strofinaccio e regalando un sorriso rilassato al marito che invece aveva dipinta sul volto una smorfia impaziente e piuttosto irritata.
«Papà, che ne dici di portare queste in macchina? Io e la mamma ti raggiungiamo tra poco» intervenne Wynne, porgendo all’uomo due sacchetti colmi di pietanze.
Lui annuì ed uscì dalla cucina borbottando cose insensate su quanto odiasse il Natale e la famiglia di sua moglie, composta soltanto da donne bisbetiche e uomini che, secondo lui, non erano degni di essere chiamati tali.
 
 
 
«Tesoro siediti, faccio io» disse Anne mentre prendeva i piatti sporchi che Harry le aveva appena portato in cucina.
«Ehi! Che cosa sono questi favoritismi?» intervenne Gemma che in quel momento li aveva raggiunti con altre stoviglie da lavare. «Ricordati che dentro questa casa tu non sei una superstar» continuò stizzita, rivolgendosi al fratello che la guardava divertita.
«Allora vuol dire che mi riprenderò quella meravigliosa borsa di Michael Kors che hai trovato stamattina sotto l’albero» ribatté lui, arruffando i capelli alla sorella che, nonostante fosse più grande di lui, non poté fare altro che sbuffare.
«Ricordati di prendermi quei sandali che ti ho fatto vedere, quando vai a Los Angeles!» esclamò poi, mentre Harry stava tornando nella sala da pranzo.
«Mi dispiace ma dovrai aspettare un po’» fu la risposta del ragazzo, sopra il baccano causato da Archie che giocava col suo nuovo elicottero e dalla tv col volume troppo alto lasciata accesa.
«Cosa vuol dire che devo aspettare un po’?»
Gemma seguì il fratello in cucina con in mano altri piatti sporchi, in attesa di una risposta.
«Vuol dire che non vado più a Los Angeles» rispose lui schivo.
Anne alzò gli occhi dalla lavastoviglie che stava riempiendo per prestare più attenzione alla discussione tra i due fratelli.
«Perché?» domandò Gemma, sempre più interessata alla piega che quella conversazione stava prendendo.
Harry si strinse nelle spalle. «Perché non mi andava più di andare» rispose, sperando che quelle parole potessero essere sufficienti a placare la curiosità di sua sorella.
«Hai conosciuto qualche ragazza, Harry?» domandò invece lei.
Gemma sorrise trionfante quando vide suo fratello irrigidirsi di fronte a quelle parole. «Allora, chi è la fortunata?» continuò sempre più gongolante.
«Non sono affari tuoi» fu la risposta burbera di Harry, prima che riprendesse ad aiutare sua madre passandole i piatti sporchi. Gemma però non aveva voglia di finire quella conversazione proprio sul più bello, si appoggiò all’isolotto della cucina e non distolse nemmeno per un istante lo sguardo da suo fratello che sembrava invece intenzionato ad ignorarla.
«Fammi indovinare…» riprese la bionda dopo un attimo. «Il suo nome inizia per caso per W e finisce per E?»
Harry si arrestò di scatto, la sua faccia sorpresa fu però subito sostituita da un’espressione rassegnata.
«Perché voi ragazze dovete essere così pettegole?» sospirò.
Gemma ignorò le sue parole. «Dai, dimmi qualcosa su di lei. Com’è? Ti piace? Anche se credo di sì, visto che hai mandato all’aria i tuoi progetti di un mese per lei…»
«Di chi state parlando?» intervenne Anne, fingendo di non avere ascoltato una parola fino a quel momento.
«Della nuova ragazza di Harry, Wynne. È la cugina di Lou, l’ho conosciuta più o meno un mese fa sul set fotografico di The Craft.»
«Da quant’è che lo sai?» borbottò irritato Harry.
Gemma alzò gli occhi al cielo. «Ti ricordo che c’ero anch’io quando l’hai invitata a cena con te e Lux, già da allora ho capito che ti interessava se no non ti saresti nemmeno sprecato. Era ovvio che le saresti piaciuto, con questo bel faccino che assomiglia tanto a quello della tua sorellona» spiegò Gemma, prendendo le guance di Harry tra le sue mani.
Il riccio si scansò con poca delicatezza da quella presa. «Smettila» borbottò spazientito.
«Ma glieli hai fatti almeno gli auguri di Natale?» domandò Gemma per niente infastidita dagli atteggiamenti del fratello.
«Stavo giusto aspettando che ti levassi di torno per farlo ma se avessi saputo che eri più informata dell’FBI non mi sarei sprecato» ribatté Harry, lasciandosi scappare un sorriso mentre estraeva dalla tasca dei suoi jeans il cellulare.
«Salutamela!» esclamò sorridente Gemma prima di tornare in salotto.
Harry uscì nel giardino proprio mentre Wynne rispondeva alla chiamata con un “pronto?” poco udibile a causa di alcuni schiamazzi.
«Buon Natale!» esclamò il riccio, sentì la ragazza ridacchiare e il chiasso diminuire fino a sparire completamente dopo un rumore sordo, probabilmente una porta appena chiusa.
«Buon Natale anche a te, Harry» rispose poi.
Il ragazzo cominciò a gironzolare per il giardino. «Come stai?» domandò quando si arrestò davanti ai fiori che sua madre aveva piantato la primavera prima.
«Tutto bene, sono a casa di mia nonna e mi fa male la testa, non puoi capire quanto voglia solo sdraiarmi nel mio letto e gustarmi un po’ di silenzio» spiegò Wynne rassegnata.
Harry sospirò. «Ti capisco eccome. La mia fregatura è che sono tutti a casa mia quindi non avrò un po’ di pace fino a quando l’ultimo ospite non se ne sarà andato.»
«Ti ospiterei volentieri» fu la risposta audace di Wynne, dopo alcuni attimi di silenzio.
Le labbra di Harry si aprirono in un sorriso lusingato. «Lo sai che io verrei altrettanto volentieri» mormorò passandosi una mano tra i capelli tirati indietro con una bandana.
Rimasero entrambi in silenzio per alcuni istanti a gustarsi il silenzio interrotto soltanto dai loro respiri. Harry, che fino a quel momento era rimasto in piedi davanti ai fiori di Anne, riprese a camminare e si avvicinò alla finestra del soggiorno per vedere com’era la situazione all’interno. Gemma stava scrivendo qualcosa al telefono, i suoi zii e Robert stavano chiacchierando animatamente ancora seduti a tavola mentre suo cugino Archie sembrava incantato a guardare la tv.
«Non vedo già l’ora di tornare a Londra» disse Wynne pensierosa.
«Cosa ti ha portato Babbo Natale?» domandò Wynne, facendo distogliere ad Harry lo sguardo dal salotto di casa sua.
«Alcuni vestiti, un profumo, solite cose… A te?»
«Vestiti, un buono da spendere in un negozio, mia nonna mi ha fatto un paio di calze di lana» rise Wynne facendo sorridere di rimando Harry che posò lo sguardo su Archie che in quel momento l’aveva raggiunto in giardino, troppo concentrato sull’elicottero che stava facendo volare per accorgersi della presenza del cugino a pochi metri da lui.
«Saranno utili per scaldare i tuoi piedi perennemente congelati.»
«Avrei preferito che fossi tu, a scaldarmeli…» sussurrò Wynne lasciva.
Harry strabuzzò gli occhi, lo sguardo fisso sull’elicottero che volava nel giardino ma la mente altrove, mentre una strana sensazione gli attanagliava lo stomaco.
«Wynne…» mormorò con voce roca Harry, stava per aggiungere altro quando l’urlo di disperazione di Archie lo interruppe.
«Il mio elicottero!» esclamò il bambino. «Harry il mio elicottero è finito sul tetto!» continuò, rivolgendosi al cugino.
Harry non riuscì a trattenere un sorriso guardando il giocattolo incastrato nella grondaia.
«Scusami, devo andare» avvertì Wynne. «Mio cugino ha combinato un casino. Ci sentiamo, okay?»
«Okay» ripeté lei mascherando la delusione per quella chiamata durata troppo poco. «Ci sentiamo.»
Stava per riattaccare ma la voce di Harry la richiamò un’ultima volta.
«Wynne aspetta!» esclamò, ignorando le lamentele di suo cugino che si erano fatte sempre più insistenti, fino ad attirare l’attenzione di Robert e Gemma che erano accorsi in giardino.
Harry si allontanò un po’ da loro per continuare a parlare indisturbato ma, soprattutto, lontano dalle orecchie indiscrete di sua sorella che non gli aveva negato un’occhiata eloquente.
«Capodanno lo festeggiamo insieme, vero?» domandò, timoroso che a causa della sua solita sbadataggine lei avesse preso altri impegni per quella sera. Quando però sentì Wynne lasciarsi andare ad un sorriso, dall’altra parte, anche il peso sul suo stomaco si alleggerì e dovette dare le spalle agli altri per nascondere la sua espressione felice che avrebbe sicuramente catturato l’attenzione dell’occhio attento di Gemma.
«Aspettavo solo che tu me lo chiedessi.»


 
13
 
 
 
Wynne si sentiva un’approfittatrice, in certi casi.
Ciò che le occupava principalmente la mente in quei giorni erano problemi legati principalmente al suo non essere un’approfittatrice ma sapeva che, in certi casi, lo era stata. Avrebbe sfidato chiunque a non trarre vantaggio, qualche volta, da qualche situazione, precisamente dall’infatuazione che il tuo “capo” ha per te.
Sapeva che a Capodanno il Luke’s avrebbe fatto il pienone e sapeva altrettanto bene che essendo stata a casa la vigilia di Natale – altra occasione in cui il locale sembrava essere la meta prediletta di molte persone – avrebbe dovuto lavorare il trentun dicembre. Nonostante questa consapevolezza, aveva tentennato un solo istante prima di chiedere a Dave di fare uno strappo alle regole e di lasciarle quel giorno libero, il senso di colpa l’aveva abbandonata nello stesso istante in cui, aprendo la porta alcune ore prima, si era ritrovata faccia a faccia col viso sorridente di Harry Styles.
Il freddo pungente della notte di San Silvestro colpiva senza pietà le gambe di Wynne, lasciate scoperte dal vestito che indossava, e in quel momento il suo lavoro era l’ultimo dei suoi pensieri, reso sempre meno frequente ad ogni sorso di champagne che aveva fatto. Sapeva che avrebbe dovuto mettere dei collant più pesanti ma non era colpa sua se ogni volta che li indossava questi si smagliavano e, essendosi dimenticata di andare a comperarne delle paia adatte alla stagione, le erano rimasti in casa solo quelli più leggeri.
«Freddo?» le domandò Harry, notando la ragazza rabbrividire.
Lei sforzò un sorriso mentre si stringeva nelle spalle. «Un pochino» ammise.
«Siamo quasi arrivati» la rassicurò lui, cercando con la sua mano quella congelata di Wynne e facendo incastrare le loro dita.
Erano le dieci e mezza ed erano diretti ad una festa privata a casa di Nick Grimshaw. Alla fine Harry era riuscito a convincere Wynne ad incontrarlo, sebbene lei si fosse mostrata poco entusiasta. Non voleva rovinare la sera di Capodanno ad Harry, lui l’aveva rassicurata che le persone che sarebbero state presenti erano tutt’altro che interessate alle ragazze che lui frequentava e che non ci sarebbero stati problemi se li avessero visti insieme. Lei si era lasciata convincere dal tono deciso e dal sorriso rassicurante di Harry e sapere che anche Deb sarebbe stata con lei l’aveva resa più tranquilla: non si sarebbe sentita completamente un pesce fuor d’acqua.
La sua coinquilina camminava dietro lei e Harry, accanto a Niall che chiacchierava a suo agio nonostante lo sguardo sognante di Deb che non distoglieva gli occhi da lui nemmeno per un istante.
Avevano cenato a casa di Harry, che si era premurato di riempire il frigo per l’occasione, e avevano deciso di raggiungere gli altri per il conto alla rovescia.
«Siamo arrivati» proclamò Harry arrestandosi davanti ad una casa dai muri bianchi e la ringhiera nera. Suonò il campanello ed alcuni minuti dopo un ragazzo con un ciuffo laccato e la bocca grande li accolse.
«Harry!» esclamò questo su di giri, ignorando gli altri per abbracciare il riccio che ricambiò ridendo.
«Vedo che sei già entrato nello spirito della festa, Grimmy» osservò lui divertito.
«Manca poco più di un’ora all’anno nuovo e tu sei ancora sobrio! Cosa c’è che non va, fanciullo?»
Harry si strinse nelle spalle ma prima che potesse rispondere Nick posò lo sguardo si Wynne che lo guardava in silenzio.
La sua espressione non era sorpresa o divertita – come quella della maggior parte delle persone che vedevano Grimmy per la prima volta – i suoi occhi non lasciavano trasparire nessuna emozione e le sue labbra pitturate di un rosa scuro, tendente al rosso, erano chiuse in una linea dritta. Sarebbe stato un cipiglio severo, il suo, se le sue sopracciglia non fossero state completamente distese e non aggrottate.
«E questo splendore chi è?» domandò Nick, incurante dell’espressione di Wynne, porgendole la mano.
«Lei è Wynne. Wynne, ti presento Nick Grimshaw.»
«È un piacere conoscerti» disse lei educatamente, mostrandogli finalmente i suoi denti perfetti in un sorriso che sembrava quasi di circostanza.
Non che Wynne seguisse molto Radio1 ma Nick Grimshaw non le era mai piaciuto. Non aveva nulla di personale contro di lui, probabilmente era pure simpatico se Harry gli era amico, ma le sembrava troppo gay, troppo esibizionista, troppo altezzoso. Troppo… Troppo. Era il classico personaggio famoso che si atteggiava con aria di superiorità più di quanto il suo effettivo successo gli permettesse. Il contrario di Harry, insomma. Era soltanto un radiofonico, infondo, con le amicizie giuste.
«Oh mio dio Grimmy in persona!» squittì Deb incredula, coprendosi la bocca con le mani dallo stupore.
La sua voce acuta fece tornare Wynne alla realtà, giusto in tempo per intercettare l’espressione quasi schifata di Nick, come se avesse appena calpestato un insetto fastidioso.
«E lei chi è?» domandò quasi con timore ad Harry, che si grattò la testa leggermente in imbarazzo.
«Lei è Deb, un’amica» spiegò il riccio.
«Nick ti ascolto tutte le mattine, sei meraviglioso!» continuò la ragazza, non facendo caso all’espressione infastidita e completamente disinteressata di Grimmy.
«Andiamo dentro, comincio ad avere freddo» osservò lui, ignorandola completamente.
 
 
 
La festa era divertente, stava superando di netto le aspettative di Wynne che si era resa conto, piacevolmente, che Grimmy sembrava essere l’unico personaggio famoso in quel luogo con “l’atteggiamento più altezzoso di quanto la sua fama gli permettesse”. Si circondava delle persone giuste, lei l’aveva capito da prima che le loro mani curate si stringessero, quella festa e il fatto che fosse un amico così stretto di Harry ne erano l’ennesima conferma.
Lanciò uno sguardo divertito a Deb che aveva uno guardo sognante, come se quello fosse il Paese dei Balocchi e lei Pinocchio. Teneva il telefono in mano, pronto a scattare una foto con qualche personaggio famoso e un flûte di champagne nell’altra, mentre parlava vivacemente con Niall che sembrava interessato alle sue parole.
«Mademoiselle.»
Wynne rabbrividì nel sentire quel respiro caldo soffiarle sul collo e si voltò di scatto incontrando gli occhi verdi di Harry, resi leggermente lucidi dall’alcol, che la guardavano divertiti.
«Ti ho preso da bere» aggiunse, porgendole un bicchiere colmo di un drink di un colore che tendeva al rosso, molto meno di classe rispetto allo champagne di Deb, pensò Wynne.
Lo ringraziò e lui sorrise, le labbra erano chiuse ma le fossette erano ben evidenti lo stesso. Harry si sporse leggermente verso Wynne e la baciò sulle labbra, lasciandosi scappare una risata.
«Sai di fragola» fu il commento divertito di lei.
Harry era palesemente su di giri, l’aroma di fragola era mischiato a quello dell’alcol e di qualcos’altro che Wynne non aveva riconosciuto, quel ghigno allegro ma allo stesso tempo assente la divertivano ma già pensava quanto Harry avrebbe retto, se ci fosse stato qualche paparazzo appostato fuori da quell’appartamento che ospitava personaggi che sarebbe stato interessanti fotografare stravolti, la prima mattina dell’anno.
«Ti stai divertendo?» domandò Harry, che senza che Wynne se ne fosse accorta si era sbarazzato del suo bicchiere e con entrambe le mani libere le aveva cinto i fianchi, attirandola a sé e cominciando a dondolare lentamente, completamente fuori tempo con la canzone ritmata che invece le casse stavano pompando.
Lei sorseggiò il drink prima di rispondere. «Certo» disse tranquilla, sorridendo di fronte a quell’Harry col viso un po’ stravolto, i capelli spettinati e non completamente in sé che lei non aveva mai visto.
«Mi preoccupo molto per te» riprese lui, come se prima di quel momento non si fossero detti nulla. «Non voglio perderti, come Liam ha perso Danielle o come…»
Harry si zittì quando il dito di Wynne si poggiò sulle sue labbra impedendogli di aggiungere altro.
Rimase incantato a guardarla, nel suo vestito elegante e con gli atteggiamenti giusti per una serata di quel tipo. Wynne era sempre all’altezza, di ogni situazione. Wynne era studentessa universitaria, era babysitter, coinquilina, fashion blogger, ragazza affascinante che riusciva a stare ad una festa piena di gente famosa conformandosi con loro senza cambiare. Era una forza della natura e Harry l’aveva capito da quando l’aveva vista chiacchierare con Lou quella sera in cui Gemma gliel’aveva indicata distrattamente presentandola come la cugina della loro amica. Non voleva perderla, non voleva che il suo successo rovinasse anche il loro rapporto ma aveva una paura assurda che questo accadesse. Wynne sembrava dello stesso avviso e la sua mania di organizzare tutto aveva coinvolto anche quell’aspetto, finendo per restare sempre al sicuro all'interno di quattro mura domestiche. Harry non voleva quello, voleva vivere alla luce del sole ma senza ritrovarsi inondato di messaggi di odio verso lei e la loro relazione, come se al posto di stare con una ragazza lei fosse un mostro, una copertura, un’approfittatrice o chissà cos’altro. Le sue fan erano molto fantasiose sotto questo punto di vista. Sapeva che il suo era un desiderio inavverabile, almeno per il momento, e non l’avrebbe mai confessato a Wynne. Se non fosse stato per i diversi cocktail che aveva bevuto in compagnia, era sicuro che non le avrebbe rivelato nemmeno le sue paure riguardo loro due. Lei sembrava già abbastanza apprensiva da sola, senza che lui le confermasse che lei non era l’unica a temere le luci, eppure quando l’aveva osservata a pochi centimetri dal suo viso, perfettamente truccata e serena, le parole gli erano sfuggite prima che la sua razionalità avesse potuto fermarle e sapeva che non aveva detto nulla di male, ma lui avrebbe comunque preferito tenerseli per sé quei pensieri.
«Mancano due minuti a mezzanotte» sussurrò Wynne, lasciando completamente perdere le parole di Harry di cui, per quanto fossero vere, lei non voleva occuparsi almeno per quella sera.
Il ragazzo annuì, la prese per mano e le fece strada verso il terrazzo sul quale alcune persone stavano già aspettando lo scoccare della mezzanotte. Wynne rabbrividì quando le sue spalle scoperte vennero a contatto con l’aria gelida ma l’istante dopo sentì le braccia calde e muscolose di Harry circondarle il corpo e la sua schiena venire a contatto col petto del ragazzo, coperto soltanto da una leggera camicia.
«Trovo che Londra sia bellissima» osservò Wynne, spostando la testa leggermente indietro fino a quando non l’appoggiò alla spalla di Harry. Sentiva il suo respiro rilassato e caldo sul collo, in netto contrasto col leggero venticello freddo che soffiava quella sera. Il suo profumo le era famigliare ormai, e quello un po’ le faceva paura. Non aveva mai dato Harry per scontato, non l’aveva mai considerato un’avventura eppure quel pensiero per un secondo le era sembrato una rivelazione, perché non aveva mai pensato davvero, così inesorabilmente, a loro due come una vera coppia. Tutto quello che aveva fatto fino a quel momento dimostrava il contrario, e dentro di lei l’aveva sempre saputo, eppure quella consapevolezza così diretta l’aveva lasciata spiazzata per un attimo. Se le braccia di Harry non fossero state così strette attorno a lei probabilmente avrebbe barcollato leggermente in quel momento, invece si sentì al sicuro in quello spazio che sembrava impenetrabile, costruito apposta per loro.
«Manca un minuto» sussurrò Harry, lo sguardo perso verso i tetti di Londra, troppo alti rispetto a dov’erano loro perché si vedessero il Big Ben e il London Eye.
«Facciamo un gioco» aggiunse poi.
Wynne rimase in silenzio, permettendogli di continuare. La intrigavano quelle parole.
«Quando si comincerà a fare il conto alla rovescia, ad ogni secondo uno di noi dovrà dire un pensiero che gli passa per la testa, senza filtri. Dobbiamo essere sinceri e spontanei al cento per cento» spiegò Harry sicuro.
Wynne annuì. «Va bene» acconsentì. «Sembra divertente.»
Harry allontanò un braccio da lei per alzarlo e leggere l’orario sull’orologio che portava al polso. «Venti secondi. Sei pronta?»
«Inizia tu.»
Rimasero in silenzio fino a quando tutti cominciarono a fare il conto alla rovescia.
Dieci.
«Sono un po’ brillo.»
Wynne rise.
Nove.
«Grimmy mi sta antipatico. Non so come tu faccia ad essere amico di una persona così...»
Otto.
«Oh» disse Wynne stupita.
«Hai parlato troppo» osservò Harry.
Sette.
«Dovevi essere più coincisa. Ora non diremo cinque pensieri per uno» si lamentò con aria imbronciata.
Sei.
«Continua lo stesso. Chi se ne frega dei secondi» osservò Wynne.
Cinque.
«Sei in gamba, Wynne Teasdale.»
Quattro.
«Hai delle belle mani, Harry Styles.»
Harry rise.
Tre.
«Solo quelle?»
«Anche i piedi, dai.»
Due.
«Sei così fottutamente sexy. Sto trattenendo i miei istinti» sussurrò Harry con voce roca, Wynne non riuscì a fare a meno di rabbrividire più di quanto non stesse già facendo per il freddo, lusingata da quelle parole un po’ dirette ma che le facevano comunque un certo effetto.
Uno.
«Voglio che tu faccia parte della mia vita» disse Wynne, quasi tra sé e sé, così a bassa voce che dubitava che Harry l’avesse sentita con le urla e gli scoppi che si erano quasi sovrapposti alle sue parole.
«Lo sono già» fu la risposta ben più decisa di Harry, il cielo di Londra sopra le loro teste illuminato dai fuochi e il silenzio interrotto dai botti e dagli auguri che la gente si scambiava.
 

 
14
 
 
 
Al suo petto caldo, al suo respiro regolare, ai suoi movimenti sicuri e ai suoi sorrisi dolci Wynne si stava abituando. Così come si stava abituando alle sue carezze delicate, alle sue dita tra i capelli e ai suoi baci a volte morbidi e altre volte da mozzare il fiato. La sua presa era sempre salda e la sua pelle chiara, marchiata da quei tatuaggi rigorosamente in bianco e nero che Wynne non conosceva ancora a memoria, anche in quel momento si sorprese nel vedere quella scritta sotto il suo braccio sinistro. Sorrise e baciò il petto nudo di Harry, appoggiandoci poi sopra di nuovo la testa e lasciando che questa si muovesse quasi impercettibilmente a causa del suo respiro. Non aveva idea di che ore fossero ma era certa che fosse tardi, notando la luce che filtrava dalle tende non chiuse perfettamente, quella notte. Wynne mosse le gambe, causando un fruscio di lenzuola accentuato dal silenzio che c’era nella stanza, e cercò con i propri piedi freddi quelli di Harry. Il ragazzo sussultò leggermente a quel contatto, mugugnò qualcosa con gli occhi ancora chiusi.
«Scusa» mormorò Wynne, ponendo fine a quel contatto.
«Dove vai? Vieni qua.»
La voce di Harry era più roca del normale, si sentiva la bocca impastata e avrebbe bevuto un litro d’acqua in un fiato, in quel momento. Forse la sera precedente aveva esagerato con l’alcol.
Wynne si accoccolò ancora di più addosso a Harry e sorrise quando sentì i suoi piedi strofinare contro i propri, cercando di scaldarli.
Si diceva “quello che si fa il primo dell’anno, si fa tutto l’anno” e se Wynne si fosse svegliata così per i successivi trecentosessantacinque giorni, sarebbe stata la ragazza più felice del mondo. Quando aveva visto Harry per la prima volta, l’ultima cosa che si aspettava era di frequentarlo, di iniziare a provare certi sentimenti per lui e di ritrovarsi a pensarlo più del normale. Era tutto ciò che aveva sempre cercato di evitare eppure era colui che la attraeva di più. Non aveva occhi che per lui, non voleva nessun altro se non lui e un po’ questo la spaventava perché Harry non era un ragazzo normale, era un ragazzo che in qualche strano modo doveva condividere con milioni di altre persone. Quella era una situazione nuova per Wynne, una situazione che non sapeva se stava affrontando nella maniera giusta, quella però era la maniera che le sembrava più appropriata.
«Ho sete» si lamentò Harry a un certo punto. Wynne pensava stesse dormendo e sussultò quando lo sentì parlare.
«Vado a prenderti un po’ d’acqua se vuoi.»
Harry scosse la testa. «Voglio che tu stia qua con me.»
Wynne si alzò mettendosi seduta. «Vado in cucina, prendo l’acqua e torno» spiegò, scostando le lenzuola quello che bastava per scendere dal letto. Indossò una maglietta di Harry che giaceva sulla sedia e gli slip che lui le aveva tolto quella notte, sgambettando poi fino in cucina. Prese una bottiglia d’acqua ed aprì la borsetta che aveva abbandonato sul divano alla ricerca del proprio cellulare. Quando tornò in camera notò Harry nella stessa posizione di prima, non sapeva se si fosse riaddormentato nel frattempo ma lui alzò leggermente la testa sentendo i suoi passi e aprì gli occhi. Scorse Wynne nella penombra, i capelli disordinati e il trucco un po’ sbavato, quella sua maglietta troppo grande per lei le donava.
La ragazza gli porse la bottiglia d’acqua e tornò a letto con lui, pentendosi di non aver indossato un paio di ciabatte quando sentì che i suoi piedi erano diventati più freddi di prima.
«Devo fare gli auguri di buon anno alle mie lettrici» disse mentre accendeva il telefono ed accedeva a Twitter.
«Hai tanti fan?» domandò Harry dopo che ebbe bevuto quasi metà bottiglia, pulendosi le labbra umide col dorso di una mano.
Wynne sorrise. «Ne ho molti di più da quando tu mi hai pubblicizzata.»
Harry alzò gli occhi al cielo. «Quante altre volte dovrò dirti che mi dispiace? E poi le mie fan possono essere anche tue fan, ti ho dato solo un po’ di visibilità, poi ciascuno è libero di decidere cosa gli piace o meno. Non credi?»
Il ragazzo si voltò verso Wynne quando sentì in risposta solo silenzio. Lei aveva lo sguardo incredulo e le sue dita scorrevano veloci sullo schermo dell’iPhone mentre i suoi occhi si muovevano da destra a sinistra e viceversa con una velocità incredibile.
«C’è qualcosa che non va?» domandò Harry, leggermente preoccupato. «Non devi far caso alle stronzate che ti scrivono. Insomma, la gente parla senza sapere, si nasconde dietro a un computer e fa la coraggiosa ma devi farti scivolare addosso gli insulti gratuiti.»
Wynne non rispose di nuovo, era talmente concentrata sul telefono che sembrava non aver nemmeno sentito le parole del ragazzo. Lui aggrottò le sopracciglia confuso, e senza aggiungere altro si tirò su lo stretto necessario per allungare il collo verso Wynne e sbirciare ciò che stava facendo.
La ragazza stava guardando delle foto, erano scure, fatte al buio senza flash, ma erano abbastanza nitide da capire chi erano i due soggetti in piedi, con dei drink in mano che parlavano, ridevano, e poi si baciavano, rimanendo stretti per altri tre scatti. Wynne spostò il dito da destra verso sinistra ma l’immagine sullo schermo non cambiò, segno che la galleria che stavano guardando era finita.
«Non ci credo…» furono le parole di Harry, che tornò con la testa sul cuscino coprendosi la faccia con entrambe le mani.
Wynne sospirò, ma non aggiunse altro. Lasciò il telefono sul comodino e si alzò dal letto senza rispondere a Harry che le chiedeva dove stesse andando.
Entrò in bagno, sbatté la porta alle sue spalle ed aprì l’acqua della doccia lasciandola scorrere mentre si toglieva gli unici due indumenti che aveva addosso. Si muoveva meccanicamente, senza riflettere davvero su ciò che stava facendo, intanto la sua mente era completamente altrove. Si chiedeva chi avesse scattato quelle foto, nessuno sembrava aver dato particolare attenzione a Harry, che si era ubriacato senza preoccuparsi di cosa avrebbero potuto pensare le altre persone. Anche Wynne si era sentita tranquilla a quella festa, aveva lasciato che Harry la baciasse tra la folla, in mezzo a tutta quella gente, senza considerare che ci potesse essere qualcuno ad aspettare solo quello per fotografarli.
Wynne chiuse gli occhi e lasciò che l’acqua bollente le scivolasse sul viso e sul resto del corpo mentre i pensieri si susseguivano inarrestabili nella sua testa. Avrebbe dovuto essere più prudente, Harry conosceva sì Nick, l’organizzatore della festa, ma non conosceva tutti gli invitati che sicuramente non erano esclusivamente personaggi disinteressati a ciò che lui faceva. Infondo la sera precedente c’erano state anche lei e Deb. Se non fosse stata la ragazza di Harry e se la sua amica lo avesse visto con un’altra persona, non era sicura che si sarebbe trattenuta dallo scattargli una foto. Poteva essere stato chiunque, magari “un’altra Deb”, un’amica di qualcuno che con quella gente non c’entrava nulla, proprio come loro due.
Alcuni colpi sulla porta fecero destare Wynne dai suoi pensieri, prima che potesse rispondere sentì qualcuno entrare nel bagno – era convinta di essersi chiusa a chiave – e dei passi avvicinarsi a lei. Harry scostò la tenda e la guardò preoccupato, lo sguardo non più assonnato ma i capelli ancora spettinati.
«Stai bene?» chiese.
«Ti sembra che potrei stare bene?»
Harry sospirò, richiuse la tenda ma Wynne capì che era ancora in bagno perché non sentì la porta riaprirsi.
Prese un asciugamano e se lo avvolse sotto le ascelle prima di uscire dalla doccia e guardare Harry, seduto sulla tavoletta del water abbassata.
«Scusa per come ti ho risposto» sussurrò lei, abbassando lo sguardo.
Vide i piedi nudi di Harry entrare nel suo campo visivo, sentì le sue braccia avvolgerla e le sue labbra posarsi tra i suoi capelli bagnati, lasciando un leggero bacio.
«Scusa tu, per quello che è successo.»
Wynne scosse la testa e lasciò che alcune lacrime le rigassero le guance già umide per la doccia.
«Avrei dovuto dire a Grimmy che non saremmo andati, ci saremmo divertiti lo stesso.»
«Harry, tu non ne puoi più di stare chiuso in casa. L’ho capito.»
Il ragazzo strabuzzò gli occhi, sorpreso dalle parole di Wynne. Non ne avevano mai parlato apertamente e non si aspettava che lei capisse così bene i suoi pensieri. La sera precedente, disinibito dall’alcol, si era fatto scappare le paure che lo assalivano, le aveva confessato alcuni dei suoi dubbi ma era stato più che attento a non mostrare il suo dissenso per la reazione che Wynne aveva avuto di fronte al timore delle opinioni altrui su loro due. Sebbene Harry avesse sempre saputo che sarebbe stata solo questione di tempo prima che la loro storia venisse a galla, aveva cercato di assecondarla in tutto e per tutto, non aveva insistito troppo quando lei declinava ogni sua proposta di presentarle i suoi amici o di uscire a cena insieme. Harry sapeva che non era difficile stare con lui, ai normali problemi che sorgevano tra una coppia si sommavano quelli dettati dalla fama, dalla cattiveria e dall’ipocrisia della gente, non voleva che la scelta tra un ristorante a Soho o una pizza d’asporto influenzasse così il loro rapporto. La fama gli aveva insegnato ad apprezzare maggiormente le cose semplici, quelle che fino a pochi anni prima dava per scontate, Wynne era una ragazza normale che non si interessava a lui come membro di una band, gli aveva detto chiaramente più di una volta che avrebbe preferito conoscerlo in un locale o all’università piuttosto che sul set fotografico di Lou. Non voleva perderla, avrebbe fatto qualunque cosa per evitarlo.
«Ora mi sento in colpa il doppio» riuscì a dire, accennando un lieve sorriso.
«Cosa succederà adesso?» chiese lei. «Non… Non me ne intendo di queste cose.»
Harry le accarezzò una guancia. «Beh, ti ritroverai sommersa di insulti, cercheranno tutti di scavare nel tuo passato e trovare gli scheletri che nascondi. Cercheranno di mettere in evidenza i tuoi difetti, analizzeranno ogni capo che sceglierai di indossare, ogni sguardo che io e te ci scambieremo. Dovresti sorridere ogni secondo se non vuoi che fotografino il solo istante in cui sei assorta nei tuoi pensieri e dicano che quella è la prova che tu sei solo una copertura perché io sto con Louis Tomlinson.»
Nonostante la situazione, la rabbia, lo sconforto, la paura e le incertezze, Wynne riuscì a sorridere davanti alle parole di Harry e mormorare un “grazie”.
Il ragazzo le prese il viso tra le mani e premette le sue labbra sulla fronte pallida della ragazza. «E poi, guarda il lato positivo» aggiunse. «Posso portarti nel ristorante più chic di Londra, basta cibo surgelato o panini del Mc Donald’s.»
Wynne passò le braccia attorno al torace del ragazzo e congiunse le mani dietro la sua schiena, appoggiando di nuovo la testa sulla sua maglietta ormai bagnata a causa dei suoi capelli.
«Non aspettavo altro» riuscì a scherzare, con un sospiro.
 
 
15
 
 
 
Wynne era seduta sul divano, i piedi nudi, con lo smalto ancora fresco sulle dita, appoggiati sul tavolino e il computer che cominciava a scottare sulle gambe.
La pagina del nuovo post del suo blog era aperta da una buona mezz’ora eppure, in quella casella, solo poche righe ci stavano scritte. Le visualizzazioni erano cresciute in maniera esponenziale, così come i suoi follower su Twitter, Instagram, Tumblr, Vine e le sue richieste di amicizia su Facebook. Erano però aumentati anche gli insulti gratuiti, che non si riferivano soltanto alla sua persona, a quanto fosse brutta, grassa e non all’altezza di Harry, ma anche al suo lavoro che aveva impiegato tempo a costruire. Wynne non sapeva se le critiche al suo blog e ai suoi video su YouTube fossero sinceri o dettati soltanto dall’invidia. L’unica cosa di cui era certa era che erano aumentati a vista d’occhio nel giro di una settimana e ciò aveva fatto sì che lei non fosse ancora riuscita a scrivere il post sui suoi prodotti preferiti del 2013.
Sospirò, si passò una mano tra i capelli non ancora pettinati quella mattina e appoggiò il computer sul divano alzandosi poi da esso.
Raggiunse Deb in cucina, intenta a preparare il pranzo mentre canticchiava a labbra chiuse una canzone che Wynne non conosceva.
«Sono in crisi mistica» borbottò avvicinandosi all’amica per sbirciare oltre le sue spalle e vedere cosa stava cucinando.
«Cos’è successo?» domandò Deb, continuando a mescolare le uova nella ciotola di plastica.
«Tutta questa faccenda» sospirò Wynne, andando a sedersi. «A furia di leggere tutte quelle critiche, quegli insulti, mi sta passando la voglia di continuare a scrivere post sul mio blog. Credo che lascerò perdere tutto.»
Deb si voltò di scatto. «Non puoi!» esclamò. «Wynne non puoi mollare così, per colpa di qualche fan gelosa che non ha niente di meglio da fare che perdere tempo a insultarti senza nemmeno conoscerti. Sei migliore di loro, non lasciarti abbattere così.»
«Non è così facile» borbottò Wynne abbassando lo sguardo sui pantaloni del pigiama che ancora indossava.
Sentì Deb avvicinarsi e sedersi accanto a lei.
«Mi dispiace per tutta questa situazione» disse poi. «Non sai quanto…»
Wynne sforzò un sorriso. «Non è colpa tua.»
L’amica sospirò. «Già.»
Stava per aggiungere altro ma il suono del campanello l’anticipò.
«Stai per caso aspettando Harry?» chiese allora.
Wynne scosse la testa. «Non ho idea di chi possa essere la domenica mattina» ammise alzandosi dalla sedia per andare a rispondere.
Si avvicinò alla porta lasciando tornare Deb ai fornelli e quando l’aprì rimase pietrificata con la mano ancora sulla maniglia.
«Mark?» disse incredula, la voce acuta e un tono per niente accogliente.
«Ciao Wynne, sei sola in casa?»
La ragazza scosse la testa spostandosi dall’entrata ancora confusa. «C’è Deb.»
In quel momento la sua coinquilina apparve in corridoio, l’uomo aveva mosso soltanto due passi all’interno dell’abitazione e la porta era ancora aperta alle sue spalle.
«Mark!» esclamò Deb, il suo tono non era sorpreso come quello di Wynne alcuni secondi prima ma teso, quasi spaventato.
«Hai i soldi?» domandò l’uomo, senza troppe cerimonie.
Wynne stava per chiedere a che cosa si riferissero visto che la quota d’affitto la pagavano bimestralmente e tramite bonifico bancario ma Deb annuì e sparì in camera in un istante.
«Vuoi… Qualcosa da bere?» domandò allora Wynne a disagio.
Mark scosse la testa e lei annuì. Non aveva mai avuto a che fare con quell’uomo sebbene fosse il suo locatario e non sapeva se fossero i suoi occhi vitrei o quel forte aroma di dopobarba, ma la sua presenza la metteva sempre in imbarazzo. Decise di rimanere in silenzio e di chiedere poi chiarimenti a Deb riguardo quella situazione, quando sarebbero rimaste sole.
Fortunatamente questa tornò pochi secondi dopo, con in mano una busta bianca e chiusa, che porse immediatamente a Mark.
«C’è tutto» confermò poi, rispondendo alla tacita domanda dell’uomo.
Questo annuì prima di salutare entrambe e andarsene.
Wynne chiuse la porta alle sue spalle sempre più confusa da quella situazione. Qualcosa le diceva che il suo arrivo quel giorno fosse collegato alla sua presenza in quella casa alla vigilia di Natale e aveva una strana sensazione, come se ci fosse qualcosa che non andava, lo stesso presentimento che aveva avuto il mese prima ma che aveva cercato di ignorare.
«Mi puoi spiegare cos’è successo, esattamente?» domandò allora, con l’insistenza che aveva lasciato da parte la volta precedente.
Deb riprese a cucinare. «A cosa ti riferisci?»
Wynne alzò gli occhi al cielo, prese in mano piatti e posate e cominciò ad apparecchiare la tavola.
«Alla scena alla quale ho appena assistito che, secondo me, è collegata alla visita di Mark della vigilia. Qualcosa mi dice che la sua presenza qui non fosse per farci gli auguri che non ci ha mai fatto prima di allora» commentò dura.
Deb rimase in silenzio per alcuni istanti, durante i quali scolò la pasta nel lavandino e ci aggiunse uova e pancetta, preparando una deliziosa carbonara.
«Non è niente di che, non preoccuparti» cercò di liquidarla, ma Wynne prese i bicchieri dalla credenza e si voltò verso la sua coinquilina che aveva in mano la pentola fumante.
«Se non è niente di che perché non mi dici cos’è successo così che io mi metta il cuore in pace?» ribatté, andando ad appoggiare i bicchieri sul tavolo.
Deb la seguì in silenzio e cominciò a mettere la pasta nei piatti, solo quando si fu seduta parlò.
«Gli ho dato i soldi dell’affitto» mormorò, prima di cominciare a mangiare.
Wynne rimuginò per alcuni minuti sulle sue parole: continuava ad esserci qualcosa che non andava, altrimenti Deb non sarebbe stata così riservata.
«Ma anche tu solitamente fai il bonifico, no?» cercò di insistere senza tuttavia far trapelare la sua innata curiosità.
«Ho avuto dei problemi con la banca, nulla di grave, allora l’ho pagato in contanti, tutto qui.»
«Con… Un mese di ritardo?»
Deb smise di mangiare e riempì il suo bicchiere d’acqua. Wynne s’irrigidì, forse aveva esagerato con le domande ma più passava il tempo e più era certa che quella riservatezza da parte della loquace e trasparente Deb non presagisse niente di buono.
«Te l’ho detto, ho avuto dei problemi tecnici con la banca. Ora però è tutto risolto, non preoccuparti, davvero…»
«Però se ci fosse qualcosa che non va me lo diresti, vero?»
Deb annuì, sforzando poi un sorriso che non fece altro che intensificare i dubbi di Wynne.
«Certo! Ti stai facendo problemi inutili, è tutto risolto ora!»
«Allora okay.»
 
 
 
«Porteresti questi Cosmopolitan al tavolo tredici?»
Wynne annuì, bevve un veloce sorso di acqua dalla bottiglietta nascosta sotto il lavandino e subito dopo prese i bicchieri che Dave le stava porgendo per appoggiarli sul vassoio.
Senza aggiungere altro, uscì dal bancone e si avvicinò al tavolo al quale cinque ragazze, probabilmente sue coetanee, stavano chiacchierando.
Senza disturbarle appoggiò i cocktail e raccolse i bicchieri vuoti. Stava per andarsene quando una di loro la fermò.
«Volete ordinare altro?» domandò allora Wynne, sorridendo gentile.
La bionda scosse la testa. «Ti abbiamo notata anche prima e…»
«Ci sembra di averti già vista» continuò un’altra ragazza.
Wynne aggrottò le sopracciglia confusa, cercò di associare quei visi anonimi a qualcuno di cui forse si era dimenticata ma la sua memoria era visiva ed era strano che non riconoscesse qualcuno. Aprì la bocca per rispondere quando la consapevolezza di non essere poi così sconosciuta la colpì di sorpresa.
«Me lo dicono in molti, devo avere un viso comune.»
Cercò di liquidare quella conversazione il più velocemente possibile ma proprio quando stava per andarsene, la ragazza bionda la fermò di nuovo.
«Oh mio dio!» esclamò infatti questa. «Sembri la ragazza con cui Harry Styles era a Capodanno!»
Wynne sentì il sangue congelarsi nelle vene, le altre ragazze strabuzzarono gli occhi di fronte all’insinuazione dell’amica e subito dopo presero ad osservarla con insistenza. Wynne avrebbe voluto scappare di lì, scosse debolmente la testa ma quella negazione era troppo poco di fronte ai visi sempre più consapevoli di quelle ragazze.
«È vero!» esclamò una. «È lei!»
«Credo che vi stiate sbagliando… Io…» farfugliò Wynne.
«Posso fare una foto con te? È importante!» aggiunse un’altra.
«Non…»
Wynne era confusa, tutti quegli sguardi insistenti la stavano mandando in pallone e non sarebbe riuscita a reggerli un secondo di più.
«Devo tornare a lavorare» farfugliò goffamente, prima di voltarsi e tornare velocemente al bancone.
Appoggiò il vassoio con i bicchieri vuoti senza nemmeno metterli nel cesto della lavastoviglie.
«Wynne queste ordinazioni vanno al…»
Dave si arrestò quando vide la ragazza slacciarsi il grembiule.
«Scusa ma devo andare a casa…» borbottò lei, mantenendo lo sguardo basso.
«Stai bene?»
Il ragazzo appoggiò i bicchieri che teneva in mano per concentrarsi esclusivamente su di lei. «Sembri piuttosto scossa…»
«Io… Devo andare. Non c’è molta gente, Cinthia se la caverà anche da sola. Scusa.»
Wynne raggiunse il retro dove appoggiò il grembiule e indossò la giacca. Prima che prendesse la borsa qualcuno le si avvicinò.
«Mi puoi dire cosa c’è che non va, per favore?»
Dave si passò una mano tra i capelli, sorrise nervosamente prima di mettersi a braccia conserte esattamente davanti alla porta, impedendo il passaggio a Wynne.
«Non è niente di che, solo che non mi sento tanto bene.»
«Wynne…» la riprese lui.
La ragazza sospirò. «Diciamo che ultimamente la mia popolarità è aumentata» cominciò, e vide Dave sorridere.
«Ti riferisci ad Harry Styles?»
«Io non… Aspetta, come fai a saperlo?»
«Ehi, vivo anch’io a Londra, uso anch’io Internet, credi che non ti avrei riconosciuta su quelle foto?»
Wynne sbuffò. «È tutto un gran casino.»
Dave le si avvicinò ulteriormente e le appoggiò una mano sulla spalla. Era la prima volta nell’arco di tempo che loro due riuscivano ad avere una conversazione normale pensò Wynne, mentre alzava lo sguardo per incrociare gli occhi scuri e familiari di Dave.
«Fregatene» le disse poi, accennando un sorriso rassicurante.
«Potrei anche farlo, se non fosse che anche i clienti cominciano a riconoscermi» ammise Wynne. «Insomma, non pensavo di essere così ravvisabile!»
«Dici che il bar ora mi si riempirà di Directioners? Potrei aumentarti la paga solo per questo!»
«Cretino!»
Wynne rise e tirò un pugno amichevole sul braccio di Dave.
«Almeno sono riuscito a tirarti un po’ su di morale.»
La ragazza annuì. «Grazie.»
«Ora che ne dici se la cameriera dell’anno e il barman migliore di tutta Londra tornassero di là?» propose Dave.
«Io non…»
«Ignorale» le ripeté lui convinto. «Manca…» il ragazzo alzò il braccio per vedere che ore fossero. «Manca poco più di un’ora alla chiusura, non farti condizionare così.»
Wynne rimase in silenzio per alcuni istanti, Dave aveva ragione ma odiava sentirsi così al centro dell’attenzione e soprattutto per quel motivo, tuttavia le dava altrettanto fastidio essere così condizionata dai comportamenti altrui. Non doveva farsi sopraffare, doveva continuare a vivere la propria vita, a lavorare in quel bar, frequentare l’università, scrivere sul suo blog e twittare senza sentirsi perennemente giudicata.
Lo sguardo rassicurante del ragazzo davanti a lei le diede la forza di annuire, avrebbe dovuto resistere.
 
 
 
Il cielo era scuro e la luna piena era coperta dallo spesso strato di nubi grigie che minacciavano pioggia. Wynne si strinse nel suo cappotto e continuò a camminare in silenzio, la stanchezza che si propagava per tutto il suo corpo fino ad arrivare alle palpebre che, se non fosse stato per il freddo e per il male ai piedi, si sarebbero chiuse all’istante.
Dave al suo fianco si sfregò le mani l’una con l’altra.
«Quanto manca?» domandò poi, prima di congiungerle, portarsele davanti alla bocca e soffiare sui palmi cercando di farle scaldare.
«Casa mia è dietro l’angolo» spiegò Wynne. «Se vuoi puoi andare, siamo praticamente arrivati.»
Il ragazzo scosse la testa. «Ti ho detto che ti avrei accompagnata a casa» ripeté lui accennando un sorriso, «non ti abbandonerò a metà strada.»
Wynne alzò gli occhi al cielo. «Come vuoi» gli concesse.
Dave scosse la testa, gli occhi fissi sulle sue scarpe sebbene intravedesse anche le Nike Force bianche di Wynne che risaltavano al buio. «Come va la scuola?» domandò dopo alcuni attimi, cercando di occupare il silenzio con qualche parola.
«Per ora bene, non ho lezioni e quindi sono più tranquilla. Ho più tempo per studiare.»
«Hai degli esami?»
Wynne annuì ma il suo sguardo era altrove, intento ad osservare l’entrata del suo palazzo. Dave notò la sua disattenzione e il suo passo accelerare.
«Tutto bene?» domandò allora, standole dietro.
«Sì, è che…»
La ragazza lasciò la frase in sospeso fino a quando non fu abbastanza vicina a casa sua per riconoscere la figura al buio, avvolta da un cappotto nero e lungo.
«Harry?» domandò confusa, quasi incredula.
Il ragazzo alzò una mano in segno di saluto ma i suoi occhi verdi incrociarono solo per un istante quelli di Wynne, troppo intenti ad esaminare l’individuo accanto a lei.
Harry si avvicinò sicuro, con lo stesso atteggiamento di qualcuno che voleva mettere in chiaro le cose, chi appartenesse a chi. Wynne intuì la tensione nell’aria, lo sguardo di sfida di Harry e quello timoroso, quasi ingenuo di Dave. Si schiarì la voce.
«Harry ti presento Dave, il mio datore di lavoro e… Amico» concluse indecisa.
Il riccio tese la mano al ragazzo che gliela strinse accennando un sorriso.
«Piacere» disse duro. «Sono Harry, il suo ragazzo.»
Dave annuì leggermente a disagio. «Beh, vi lascio soli» annunciò, grattandosi la nuca imbarazzato. «Wynne ci vediamo domani, Harry è stato un piacere.»
La ragazza annuì. «Certo, a domani!» lo salutò sorridendo, Harry si limitò ad un cenno con la mano e ad una smorfia strana a labbra serrate che sarebbe dovuta essere un sorriso.
Non appena Dave si fu allontanato abbastanza Wynne tirò un pugno sulla spalla di Harry. «Ma si può sapere che ti è preso?» sbottò, cercando le chiavi nella borsa mentre si avvicinava al portone.
Il ragazzo la seguì. «Stavo marcando il territorio.»
«Marcando il territorio?» ripeté Wynne incredula, alzando lo sguardo per incrociare gli occhi di Harry che la guardavano per niente turbati. «Non siamo dei cani.»
«Chiamalo come vuoi, ma mi da fastidio che un ragazzo qualunque accompagni la mia ragazza a casa alle tre di mattina!» ribatté il riccio, lasciando trapelare un po’ di nervosismo dalle sue parole.
«Prima di tutto Dave non è un ragazzo qualunque.» Wynne aprì il portone ed entrò nell’atrio. «Non stava facendo niente di male, è stato carino vista la serata d’inferno che ho trascorso. E poi non capisco cosa ci faccia tu davanti a casa mia alle tre di notte!»
«Ho provato a chiamarti ma a quanto pare eri impegnata in altro» borbottò il riccio cominciando a salire le scale.
Wynne lo seguì, la sua irritazione aumentava ad ogni minuto che passava. Non capiva il comportamento di Harry e quel suo essere geloso per così poco quando lei doveva condividerlo con metà popolazione femminile.
«Stavo lavorando!» esclamò infuriata.
«E quando hai finito il turno non l’hai guardato il telefono?» Harry si arrestò perché arrivato al pianerottolo e si voltò a guardare Wynne.
Lei si passò una mano tra i capelli. «Avevo altro per la testa! Volevo solo tornare a casa, mettermi in pigiama e dormire! Ti chiedo perdono Harry, per non aver visto i tuoi messaggi o le tue chiamate! Ora posso entrare in casa?» ribatté, alludendo alla posizione del ragazzo che le impediva di aprire la porta del suo appartamento.
Harry rimase in silenzio senza accennare ad uno spostamento. Accese la luce e si concentrò a guardare il viso stanco e tirato di Wynne. Solo in quel momento si rese conto che c’era qualcosa che non andava, che quella per lei era stata una giornata “no” e che lui, piuttosto che rassicurarla, abbracciarla e confortarla, le era saltato addosso senza una valida ragione.
«Mi dispiace» mormorò. Alzò il braccio destro e con la mano le accarezzò una guancia fredda. Lei chiuse gli occhi lasciandosi andare ad un respiro stanco. Prima che potesse dire qualcosa sentì Harry cingerle la schiena, il suo viso entrare in contatto col petto del ragazzo e il suo profumo avvolgerla. 
«Ti va di dirmi cos’è successo?» sussurrò lui, col mento appoggiato sulla testa di Wynne e gli occhi chiusi.
«Possiamo parlarne domani?»
Harry fu esitante.
«Ti prego» aggiunse lei. «Non è niente di grave, te lo assicuro. Al momento voglio solo dormire.»
Il ragazzo si staccò da lei con un sospiro. «Okay» assentì. «Andiamo a dormire allora.»






Spero che questi capitoli vi siano piaciuti, fatemi sapere che ve ne pare se volete, leggerò con piacere le recensioni!
Potrei dirvi come sarebbe andata a finire la storia ma il fatto è che non lo so nemmeno io, avevo programmato gli eventi del prossimo capitolo e basta, questa storia rimarrà incompiuta per sempre, credo ahaha
Grazie mille per tutto, davvero <3
Jas

 
   
 
Leggi le 39 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: jas_