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Autore: HikariKamishi    08/04/2014    1 recensioni
Un ragazzo e una ragazza frequentano la stessa classe al liceo.
Diventano migliori amici e lei si innamora di lui, ma non ha il coraggio di dirglielo.
E lui? Ricambia il sentimento o lei è semplicemente un'amica?
{Accenni JongKey}
[Tratto da una storia vera: la mia storia...]
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altro personaggio, Nuovo Personaggio, Quasi tutti
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
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Quella che aveva fatto nel  laboratorio, era stata una cattiveria bella e buona.
Mi aveva fatto molto male.
Avrei preferito cento calci a quelle parole.
Cominciai a pensare che la teoria di Jinki fosse sbagliata e che Minho stesse impazzendo. Pensai anche che gli steroidi non centravano. Neanche il diavolo avrebbe potuto separarci così, figuriamoci  due pillole da strapazzo. Minho non era un idiota e non avrebbe mai preso farmaci senza sapere gli effetti collaterali. Minho ci teneva alla sua pelle e non avrebbe mai fatto nulla per rovinarsela… Minho ci teneva a me e non avrebbe mai fatto nulla per ferirmi.
Se non era per gli steroidi o per il fatto della separazione dell’anno successivo, cosa poteva essere? Perché si comportava in quel modo?
Mentre continuavo a riempire la mia testa di domande, le solite domande, e di teorie anche esageratamente stupide, il tempo passava.
Era arrivato il tempo delle iscrizioni.
Nella mia classe non si sentiva altro che “grafica” oppure “arti figurative” o ancora “design”.
Gente che cambiava idea più spesso di quanto cambi le mutande.
Tra gli eterni indecisi c’ero anch’io.
Io mi ero iscritta a quella scuola per fare arti figurative, ma Minho mi aveva scombussolato.
Per un breve periodo di tempo, avevo pensato di scegliere anch’io l’indirizzo di architettura e ambiente e stare con la rana, ma dopo quel “non è proprio cosa tua” e quel quattro sul pagellino del professore di disegno geometrico, avevo cambiato idea.
In fondo era stato un bene che avessi aperto gli occhi e non avessi scelto quell’indirizzo, altrimenti mi sarei giocata l’anno, o peggio, il mio futuro.
Dopo la piccola “sbandata”, decisi di iscrivermi ad arti figurative.
In fondo quella era la giusta via per me.
Era vero che non sarei più stata in classe con la rana, ma con me c’era Mika.
Di Mika potevo fidarmi; potevo stare tranquilla perché lei non mi avrebbe mai abbandonato.
Sapevo che non sarei rimasta più sola.

L’ultimo giorno a disposizione per consegnare il modulo di iscrizione arrivò presto.
Io, Jonghyun, Kibum e Minho stavamo seduti intorno alla cattedra insieme alla nostra coordinatrice di classe.
-“Mi aiuti, prof!” aveva chiesto disperato Jonghyun che non sapeva ancora quale indirizzo scegliere.
-“Signorino Kim, secondo me ti conviene fare qualcosa di facile, dato che non hai una buona media ed una buona concentrazione… Escluderei architettura.” Gli rispose la donna.
-“Non avrei mai scelto architettura.- si aggiusto i capelli, specchiandosi nello schermo del cellulare- Lei quale indirizzo mi consiglia?”
-“Arti figurative o grafica” gli rispose la professoressa, facendo una smorfia a tutta quella vanità.
-“Ne devo scegliere uno solo!” le ricordò il dinosauro.
-“Kibum, tu cosa hai scelto?” chiesi alla Divah.
-“Design, ovviamente” mi rispose, accavallando le gambe.
-“E perché tu non scegli design?” chiesi al suo ragazzo.
-“Perché non fa per me.” Rispose il nano.
-“Ma c’è Kibum!” intervenne il ranocchio gigante.
-“E quindi?” aveva chiesto l’amico, non capendo il motivo di quell’affermazione.
-“Non ti fa nulla pensare che non starete più nella stessa classe?” chiese l’altro.
-“Io e Kibum ci vediamo ogni giorno, anche fuori alla scuola… Perché dovrebbe farmi qualcosa? E poi non avrei scelto comunque design, nemmeno se non avevamo la possibilità di vederci il pomeriggio o la sera.”
-“Non ti mancherebbe?” gli chiesi.
-“Certo che mi mancherebbe, ma non per questo mi giocherei il futuro.”
Kibum intanto ascoltava tranquillo.
Pensai che si sarebbe alzato e gli avrebbe tirato il cellulare in faccia, ma non fece.
Rimase lì ad ascoltare e ad ammirare il suo ragazzo.
Risposi solo con un “wow”.
-“Sì, ma… Tornando alle cose serie…” si intromise l’insegnante.
-“arti figurative” rispose infine Jonghyun.
-“Sicuro?” gli chiesi.
-“Sicuro.” Affermò.
-“Bene, andiamo a consegnare.” Gli propose Minho.
-“Sì, fammi aggiungere prima la preferenza però!” lo fece attendere l’amico.
-“Preferenza?” chiese l’altro.
-“Sì… Devo scrivere che voglio stare in classe con Chaerin.” Mi sorrise Jjong.
Dopo che ebbe aggiunto “Preferibilmente con Lee Chaerin” andò a consegnare il suo modulo.
Intanto io continuavo a ripensare a quello che aveva detto Jonghyun: “mi mancherebbe, ma non per questo mi giocherei il futuro.”
Lui sì che aveva un bel coraggio!
Come avrebbe fatto ad affrontare i prossimi tre anni di liceo, sapendo che il suo ragazzo era in un’altra classe, con altre persone?
Lo ammirai tantissimo.
. . .
Un giovedì mattina, dopo tre giorni di assenze, decise di entrare.
Di solito, ogni assenza per lui, era una pugnalata al petto per me, ma quella mattina avrei preferito che non fosse entrato… Il motivo?
Si era tagliato i capelli.
I suoi bellissimi, lunghissimi e morbidissimi capelli.
Come aveva potuto farlo?
Quei capelli erano il giardino dell’Eden!
Non solo li aveva tagliati, ma li aveva anche schiariti.
Sicuramente qualche Santo mi mantenne, altrimenti non si spiega il motivo per il quale non lo ammazzai.


*-“Se ti tagli i capelli non ti parlo più!” lo avevo minacciato, mentre gli accarezzavo quella chioma paradisiaca.
-“Allora non correrò il rischio!” mi aveva risposto sorridendo.*


A quel ricordo, un brivido mi percosse tutta la schiena, fecedomi tremare.
Era un ulteriore segno di rottura.
Mi stava mandando un altro messaggio: “Non parlarmi più”.
Lo stava facendo di nuovo: mi stava facendo di nuovo del male.

Non ne potevo più. Dovevo chiarire quella situazione, ma come avrei fatto?
Come avrei potuto avvicinarmi a lui e chiedergli di parlare, per l’ennesima volta?
La tattica “ignoralo” di Jinki non stava funzionando:
Io ignoravo lui e… Lui ignorava me!
L’unica differenza tra me e lui era che io soffrivo e lui no.
. . .
Quando finalmente i suoi capelli ricominciarono a crescere, le cose sembravano cambiare.
Stranamente, mi aveva rivolto  la parola.
Era stata una misera “conversazione” durata pochi secondi, ma era pur sempre qualcosa.
Mi sentivo comunque meglio.
Che si fosse fatto un esame di coscienza?
Il giorno che mi rivolse la parola, dopo due mesi e mezzo, io e Taeyeon rimanemmo a scuola fino alle sedici per partecipare al disastroso consiglio di classe.
Noi uscimmo da scuola alle tredici e quarantacinque e il consiglio cominciò alle quindici, quindi avemmo un’ora e quindici minuti di tempo per chiacchierare.

-“Stamattina ho parlato con Minho.” Disse lei improvvisamente.
-“Hmm?”
-“Abbiamo parlato di te.” Mi informò.
-“E…?” chiesi, curiosa.
-“E l’ho sgridato… Gli ho detto che è un idiota e si comporta troppo male con te… E da quando vi siete allontanati, il suo andamento scolastico fa pena.”
-“E lui cosa ti ha risposto?” ero davvero curiosa.
-“Lo so.”
-“Solo questo?”
-“Già, solo questo.”
Era già un buon segno che si rendeva conto di star facendo veramente schifo.
Forse era stata la conversazione con Taeyeon a fargli aprire gli occhi e quindi avergli fatto decidere di ricominciare a parlarmi?
Ringraziai la nostra compagna di classe.
-“Figurati… Mi dispiace che la vostra amicizia sia finita così.”
-“Dispiace anche a me.” Risposi, guardando il bicchiere pieno di caffè bollente.

Tutta la settimana successiva al consiglio di classe, si era comportato abbastanza bene.
Aveva ricominciato a parlarmi, più o meno, e non si era lamentato quando si era dovuto sedere accanto a me, per ordine della professoressa Yang.

Dato che lo vedevo più tranquillo, pensai che era giunto il momento di parlargli.
Un venerdì mattina, all’ultima ora lo chiamai da parte e parlammo.
Lo chiamai quattro volte, prima che lui si decidesse a girarsi verso di me e rispondermi.
-“Minho, possiamo parlare un attimo in privato?” gli chiesi, agitandomi.
-“Sì, dimmi.” Mi rispose tranquillo, mettendosi le mani nelle tasche posteriori dei jeans.
-“Andiamo là?” gli proposi, indicando le scale secondarie, quelle stratte che avevano fatto scattare la scintilla tra Jonghyun e Kibum.
Inizialmente si rifiutò e mi chiese di restare là a parlare, davanti a Taemin e Jinki, ma quest’ultimo si intromise e disse, riferendosi a Minho
-“Va’ là e affronta le cose.”
Minho la prese come una sfida e accettò.
Durante il brevissimo tragitto aula-scale, andai completamente in panico.
Era diventato difficile persino respirare.

Arrivati là, feci un lungo respiro e cominciai a parlare.

   
 
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