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Autore: Carlos Olivera    12/04/2014    0 recensioni
Storia partecipante ai contest Immagini dal Castello di Marge86 e Sour Comedy di Frandra
C'è un luogo molto speciale a Kyrador.
Trovarlo è difficile, a meno che non lo si cerchi. Immersa nel verde di un parco, e adagiata sulle sponde di un laghetto, c'è una piccola bottega del caffé, dove chiunque abbia tempo e denaro a sufficienza può godere della tranquillità che solo l'angolo più appartato della più grande città del mondo può offrire.
In questo caffé non si viene solo per consumare una bevanda, ma per goderla. Non si mangiano dolci, li si degusta. Non di chiacchiera, si conversa.
Camerieri raffinati e dai modi gentili intrattengono i clienti, perdendosi con loro in piacevoli conversazioni, ed allietando in questo modo le giornate a coloro che amano ricercare il bello della vita, mentre pasticceri di alta cultura e formazione servono il miglior rinfresco che si possa desiderare.
Benvenuti al Cafè Coeur Bleu.
Non senza ragione taluni scrittori hanno chiamato il caffè una bevanda intellettuale, dato l'uso per così dire generale che ne fanno tutte le persone delle quali i lavori esigono un'attività particolare dell'organo pensante (Pierre Jean Cabanis)
Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Tales Of Celestis'
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II

 

 

Alicia e il signor Auguste si sedettero ad un tavolino appartato, dove Marika su ordine del suo principale, che stando alle sue stesse parole era anche suo padre, venne a portare loro dei biscotti di pastafrolla alla ciliegia, oltre a due tazze di caffè il cui profumo non rassomigliava a nulla che Alicia avesse mai sentito.

Persino chiamarlo profumo era un eufemismo; ad ogni boccata, si aveva l’impressione di entrare in un mondo fatato, e ad alla ragazza sembrò quasi un delitto doverlo bere.

«Prego.» la sollecitò il padrone «Spero lo troverà di suo gradimento».

Ma se l’odore era paradisiaco, il sapore era persino superiore. Solo portandolo alla bocca e sentendolo scorrere sulla lingua, Alicia pensò di non aver mai assaporato in vita sua qualcosa di più buono. Persino il caffè dei suoi genitori, che pure erano stimati per come lo sapevano fare, non reggeva il confronto.

Era… innaturale. Il sapore era quello del normale caffè, ma aveva un retrogusto come di malva, addolcito da un piacevole aroma di miele.

«Allora? Le piace?»

«È… stupendo. Non ho mai bevuto niente di simile.»

«È la nostra ultima creazione. L’Anima di Amaltea. A dire la verità, è una mia invenzione sperimentale. Utilizza una variante di caffè unica al mondo, che cresce solo nelle regioni montuose del sud di Amaltea, circondata da campi di fiori che attirano le api, le quali impollinandoli riversano senza volerlo parte del nettare sui chicchi. Per questo ha un leggero sapore di miele».

Auguste sorrise.

«Oh, mi scusi. Mi sto dilungando troppo. Non siamo qui per parlare del mio caffè, dopotutto.»

«No, si figuri. È un piacere ascoltarla.»

«D’altronde, il Café Coeur Bleu è famoso per questo.» rispose l’uomo volgendo lo sguardo tutto attorno a sé, imitato ben presto dalla sua ospite.

Regnava una quiete quasi sconfinata, immersa in un silenzio pieno di pace; i clienti presenti, tutti visibilmente di estrazione sociale medio-alta, sembravano in preda ad una sorta di estasi contemplativa, tanto apparivano rilassati ed in pace con sé stessi.

Un uomo leggeva un libro seduto da solo ad un tavolino accanto ai vetri che guardavano verso il laghetto; una coppia assaporava una fetta di torta scambiandosi sguardi romantici; un uomo anziano gustava un caffè all’ombra di uno degli ombrelloni esterni, gettando di tanto in tanto uno sguardo alla bambina che gli sedeva di fronte intenta a giocare con una bambola molto ben fatta, quasi una scultura; un altro cliente, anch’egli da solo, era intento a conversare amichevolmente e a bassa voce con un cameriere, un giovane di bellissimo aspetto, alto e magro, capelli neri come la notte e un paio di occhiali.

«Qui la gente non viene solo per bere il caffè, quanto per cercare qualcosa assai difficile da trovare al giorno d’oggi, specialmente in una grande città come questa.»

«E sarebbe?» domandò Alicia quasi confusa

«La pace. Con tutto. Con sé stessi, con il mondo, con le altre persone. Chi entra al Coeur Bleu lo fa per dimenticare tutto ciò che attanaglia la sua esistenza e riscoprire la grande bellezza della vita e l’infinita armonia di questo mondo.

Sfortunatamente, assecondare questo desiderio di quiete non costa poco, quindi mi rincresce dover ammettere che questo caffè non è esattamente alla portata di chiunque.

Ciò nonostante, siamo su tutte le guide e gli itinerari turistici di Kyrador, e possiamo vantare una clientela numerosa ed affezionata. È probabile che venendo a lavorare qui le capiterà di incontrare sempre le stesse persone.

Se così fosse, il consiglio che mi sento di darle è di essere sempre naturale. Un’altra ragione per cui molta di questa gente viene qui, è per trovare qualcuno con cui dialogare.

Ecco, si guardi attorno».

Alicia obbedì, constatando con i suoi occhi come quasi tutti i clienti del locale si trovassero a proprio agio a conversare piacevolmente con il personale.

Due giovani camerieri, apparentemente gemelli, espressione vispa e comportamento un po’ infantile, stavano facendo battere il cuore ad una signora sulla quarantina; la coppia di fidanzati scambiava opinioni con quello che sembrava lo chef del locale, anch’egli relativamente giovane, decantando le meraviglie delle torte appena gustate e ricevendo in cambio aneddoti e curiosità sulle medesime; Marika era intenta a far divertire la bambina seduta all’esterno, facendo la ventriloqua con la bambola e divertendo anche quello che doveva essere il nonno della piccola.

«Capisce cosa intendo dire? Un buon caffè al giorno d’oggi puoi berlo quasi dappertutto. Il difficile è trovare un luogo che ti consenta di assaporarlo pienamente.

Lo sapeva? Si dice che le sale da caffè che i nostri antenati frequentavano sulla Terra fossero pensate proprio per questo scopo. Lì la gente si incontrava, chiacchierava. La sala del caffè era un luogo d’incontro, non un semplice punto di sosta dove consumare uno spuntino veloce.

Con il tempo quell’usanza è andata per gran parte perduta, ma noi stiamo cercando di riportarla alla vita».

Auguste finì il proprio caffè e si portò un biscotto alla bocca, stando bene attento a non sporcare la tovaglia bianchissima con una sola briciola.

«Ma ora, mi parli un po’ di lei. Da dove viene?»

«Vengo dalla provincia di Eldkin.» rispose timidamente Alicia, che subito dopo allungò al direttore una cartellina ripiegata «Ho qui il mio curriculum».

Auguste lo prese, e sorridendo lo mise da parte senza smettere di guardare la sua ospite.

«Che esperienze ha avuto nella vita?»

«Esperienze?»

«Per esempio… cosa le piace? Ha degli hobby, o delle passioni particolari? I nostri clienti vogliono interlocutori con alle spalle tante storie ed esperienze di vita vissuta, sì da potersi identificare con loro trovando interessi comuni».

Un po’ presa alle spalle, Alicia si concesse qualche istante per pensarci.

«Ecco, mi piace leggere. Ho letto molto. E mi piacciono anche il cinema e la fotografia. Il ristorante dei miei genitori era proprio accanto ad una sala cinema, e ogni tanto il suo proprietario mi lasciava sgattaiolare dentro quando gli portavo il pranzo in ufficio.

Ho visto tanti film di tanti generi diversi, ma i miei preferiti sono le commedie.»

«Perché sono divertenti?»

«Perché sono reali. Trovo che la vita e gli uomini sia il frutto dell’unione tra il dramma e la gioia, la bellezza e le difficoltà. I protagonisti delle commedie sono spensierati, e le situazioni in cui si vengono a trovare mettono in luce il lato piacevole e divertente della vita. E anche qualora il destino li metta di fronte a dure prove, alla fine tutto si risolve sempre bene.

Sarebbe bello se anche nella vita reale fosse così».

Di nuovo, il gentiluomo sorrise amichevolmente, facendo arrossire Alicia, quindi, messa una mano in tasca, ne prese fuori un bell’orologio d’argento.

«I miei ragazzi hanno lavorato sodo. Forse meritano una pausa.» e senza aggiungere altro si alzò, rivolgendosi a tutto il locale «Gentili ospiti. A quanto pare, oggi sarete testimoni di un evento speciale. La qui presente signorina Alicia ci farà l’onore di farci assaggiare il caffè della provincia di Eldkin, e siete tutti invitati a degustarlo.

Offre la casa».

Alicia balzò in piedi.

«Come!? Ma, signor Auguste…»

«Questa è pur sempre una bottega del caffè.» la intercettò lui «Ci mostri le sue qualità e la sua esperienza in quest’ambito».

Con l’ansia che montava la ragazza fu portata al cospetto delle macchine da caffè elegantemente allineate l’una accanto all’altra in un punto apposito del bancone; perché non ve ne era solo una, ma almeno una decina, la maggior parte delle quali non rassomigliavano a nulla che Alicia avesse mai visto.

«E queste che cosa sono?» domandò basita

«Non si vede?» obiettò il ragazzo con gli occhiali che aveva visto poco prima «Sono macchine da caffè».

Sulla sua uniforme, come su quella di tutti gli altri inservienti, vi era una targhetta d’argento con impresso il nome, ed Alicia poté leggerlo: Claudio.

«Non ne avevo mai viste di simili.»

«Sono state create grazie a dei progetti provenienti dalla Terra. Non ce ne sono molte in giro per il mondo. Ognuna di esse serve a preparare un diverso tipo di caffè, e visto che i nostri clienti hanno dei gusti molto diversificati e particolari dovrai imparare a maneggiarle tutte se vorrai sperare di lavorare qui».

Un discorso che non faceva una grinza, e detto in un modo che fece venire ad Alicia i sudori freddi.

Quel tipo le era parso austero e pragmatico fin dal primo sguardo, e una volta tanto le sue impressioni non si erano sbagliate.

«Gra… grazie per la spiegazione.»

«Claudio.» lo chiamò lo chef «Hai finito di metterla in soggezione?».

Il quattrocchi, come in seguito l’avrebbe ribattezzato Alicia, si decise finalmente ad andarsene, lasciando la ragazza sola con i suoi dubbi.

E adesso?

Di certo non poteva starsene lì imbambolata a fissare quei piccoli capolavori artistici con secoli di storia alle spalle, e come aveva già fatto nell’atto di entrare lì dentro fece appello a tutto il suo coraggio mettendosi al lavoro.

Non voleva essere banale, ma neppure fare l’originale arrampicandosi in qualche ricetta astrusa nella speranza che risultasse accattivante. Ricordò di aver visto una volta suo pare preparare il caffè alla nocciola per un cliente dai gusti raffinati, e constatando di avere tutti gli ingredienti che le servivano si mise subito al lavoro pregando di ricordare tutto alla perfezione.

Contando anche i camerieri e il signor Auguste, in tutto c’erano da preparare ventidue caffè. Alicia non ne aveva mai preparati così tanti tutti insieme, e per tentare di combattere il nervosismo prese a parlottare a bassa voce scandendo il metodo di preparazione passo passo man mano che lo svolgeva.

Preparò la crema di nocciole, unendo la panna cotta e semiliquida pasta di nocciola, aggiungendovi anche una punta di cioccolata fondente precedentemente fusa in un pentolino messo sul fuoco accanto alla panna, quindi amalgamò bene il tutto sbattendolo con cura.

Mentre il composto si raffreddava in frigo Alicia preparò il caffè con la classica macchina da bar, ma il fatto che l’apparecchio in dotazione al Coeur Bleu non avesse assolutamente di elettronico o automatizzato la costrinse a fare tutto a mano, anche quei passaggi che non aveva mai compiuto personalmente, il che rallentò di molto il suo lavoro.

«Non essere così in tensione.» la rassicurò Marika «In qualche modo, sono certa che ce la farai.»

«Ti ringrazio. Ne ho proprio bisogno».

Alla fine, contro i dieci minuti inizialmente previsti, gliene servirono quasi il doppio per predisporre le prime tazzine, che furono rapidamente servite agli avventori da tutti i camerieri. Dopo venticinque minuti tutti i clienti avevano il loro caffè, ed Alicia si incaricò personalmente di servire quelli del personale, riunitosi per l’occasione attorno al tavolo più grande a disposizione.

Marika aveva anche apposto momentaneamente il cartello CHIUSO sulla porta, sì da non avere l’ingombro di nuovi clienti e poter gustare quell’inaspettato momento di pausa in tutta tranquillità.

«Prego.» disse Alicia porgendo la tazza al signor Auguste.

Lo chef fu il primo ad annusarlo.

«L’aroma è molto buono.» commentò «È un buon inizio.»

«Vellutato, ma deciso.» disse un cameriere, un giovane prestante e molto alto, pelle scura e capelli castani.

Alicia provò un moto di orgoglio nel sentire questi complimenti, e le espressioni soddisfatte di tutti gli altri clienti che nel frattempo avevano già gustato il proprio caffè la faceva ben sperare.

Anche i gemelli, Louis ed Hervé, ebbero parole gentili e di elogio nei suoi confronti, apprezzando sia il profumo che il sapore, anche se secondo Alicia il loro giudizio in tal senso poteva risultare sporcato dal troppo zucchero che secondo lei ci avevano messo.

Marika e suo padre non commentarono, non a parole almeno, ma già nell’espressione enigmatica della ragazza Alicia lesse un primo segnale d’allarme.

Invece Claudio fu molto più esplicito, sia nell’espressione che nel giudizio, anche se attese che alcuni clienti se ne fossero andati per esprimere ad alta voce le sue considerazioni.

«È troppo amaro.»

«Sei sempre così negativo.» protestò Louis «Secondo me è buonissimo.»

«E soprattutto, non è amaro.» puntualizzò suo fratello

«Certo, voi ci mettete zucchero come se piovesse.» quindi Claudio guardò severamente Alicia, mettendola in soggezione «Sei fortunata che tutti i nostri clienti presenti qui oggi fossero dei cultori dello zucchero, visto che lo zucchero è ottimo per mascherare i difetti del caffè.»

«I… difetti?»

«La crema, ad esempio. Non si è amalgamata a sufficienza. La panna e la nocciola sono ancora troppo distanti. Quanto l’hai lasciata a raffreddare?»

«Ecco… circa quindici minuti.»

«Ora è chiaro. La crema di nocciola richiede almeno una notte per amalgamarsi. Se la metti nel freezer a temperatura polare forse si raffredda a sufficienza, ma i sapori non si uniscono come dovrebbero, e il risultato è questa fanghiglia senza identità.

Se avessi guardato meglio ti saresti accorta che c’era della crema già preparata e pronta all’uso.»

«Adesso stai esagerando, Claudio.» irruppe Marika «Può aver fatto degli errori, ma non puoi biasimarla. Del resto, non che tu ti sia impegnato a farla sentire a suo agio.»

«Un cliente insoddisfatto non sta a badare alle sottigliezze. Lo manifesta e basta. E noi non siamo il genere di locale che può permettersi di litigare con i propri clienti affezionati, perché perderne uno spesso significa perdere anche tutti quelli che gli gravitano attorno.

Non ho intenzione di mettere in gioco il prestigio di questo posto per i pasticci di una matricola che non sa neanche preparare una crema decente».

Alicia avrebbe voluto sprofondare per la vergogna.

Da una parte sapeva che quella era una predica più che giustificata, dall’altra la vergogna che provava era tale da farle venire i capogiri.

Un fallimento su tutta la linea. Non c’era altro modo per descriverlo.

«Il profumo è avvolgente.» disse d’improvviso il signor Auguste.

Tutti si zittirono all’istante, volgendo gli sguardi verso il principale.

«La crema non si è amalgamata in modo uniforme, ma ciò ha preservato l’aroma di latte e nocciola, e la temperatura non eccessivamente fredda permette all’odore di salire verso le narici senza che ci si debba sforzare per sentirlo».

I camerieri spalancarono la bocca, e Claudio in particolar modo.

«Un buon caffè deve soddisfare tutti e tre i sensi fondamentali. Il colore chiaro della crema e la sua spumosità la rende bella da vedersi, e per un caffè il profumo è il miglior biglietto da visita. Se non alletta ed accende i desideri di chi lo beve attraverso l’olfatto, per quanto buono possa essere non conquisterà mai davvero una persona.

Quanto al sapore…».

E lì rischiava di cadere l’asino.

«Questo tipo di caffè è ordinato principalmente da donne sotto i cinquant’anni e giovani di entrambi i sessi, e prendendo a campione i nostri clienti abituali entro queste due fasce ne emerge che almeno il settanta percento di loro è solito usare lo zucchero. Pertanto, se ne può dedurre che su quattro clienti tre sarebbero sicuramente rimasti soddisfatti.

Per quanto riguarda il cliente non avvezzo allo zucchero… per quanto i nostri ospiti siano in maggioranza dei cultori, solo una percentuale molto ridotta possiede una cultura del caffè tale da poter scorgere l’imperfezione implicita di questa particolare bevanda.

Tutto ciò senza contare che la nostra giovane amica si è trovata a dover lavorare sotto pressione ed in fretta, riuscendo malgrado tutto a creare un caffè diverso dal solito senza tuttavia voler eccedere».

Di nuovo Alicia sentì quel moto di orgoglio, che andando a mitigare lo sconforto di pochi attimi prima si tramutò in una piccola fiamma di speranza; lo sguardo amichevole del direttore, poi, la alimentò ulteriormente.

«In fin dei conti, è con il tempo e la fatica che si forma l’anima di una persona. La tua è appena germogliata, e non sarebbe giusto non darle la possibilità di sbocciare».

A quel punto, Alicia non riuscì a non sorridere.

 

Kathyusha aveva speso la giornata a procacciare potenziali lavori per la sua compagna di stanza sfruttando le sue molte conoscenze, e quando si incontrarono quella sera alla mensa universitaria aveva con sé una lista infinita di nomi, molti più di quelli che lei stessa si sarebbe aspettata.

Poi, quando sentì la notizia che Alicia sembrava oltremodo ansiosa di comunicarle, tanto appariva radiosa e fuori di sé dalla gioia, mancò poco che svenisse.

«Che cosa!? Il Coeur Bleu!?»

«Per ora è solo un periodo di prova. Lavorerò da loro per due settimane, cinque ore al giorno per sei giorni, e se riuscirò a prendere la giusta direzione allora mi assumeranno part-time.»

«Hai fatto davvero il colpo grosso. Quello è il locale più famoso della città. Nemmeno io mi sarei mai sognata di andare a cercare lavoro in un posto simile.»

«Beh. Diciamo che si è trattato di una fortunata coincidenza.»

«Persino io e Samuel ci siamo stati pochissime volte.» disse Melinda, presente a sua volta assieme al fratello e ad Alister «È un posto super-esclusivo. Di sicuro ti capiterà di incontrare molti pezzi grossi.»

«Ci vuole un brindisi!» disse allora Samuel alzando la sua lattina di birra «Alla nostra Alicia! Che abbia tanta fortuna nella vita come l’ha avuta nel trovare un lavoro!»

«Guardate che non mi hanno ancora assunta.» replicò Alicia quasi imbarazzata, ma visibilmente grata per tanto affetto «È solo un periodo di prova.»

«Sciocchezze! Vedrai che li farai tutti secchi! Alla salute!»

«Alla salute!».

Alla fine, anche Alicia si unì al coro. Dopotutto, per una volta, voleva pensare positivo.

 

Il pomeriggio dopo, alle nove in punto, Alicia si presentò al lavoro, trovando ad attenderla nello spogliatoio una uniforme personalizzata con tanto di cartellino d’argento con il suo nome ben inciso in eleganti caratteri.

Il tempo di indossarla, raccogliersi i lunghi capelli neri dietro la nuca per essere più a suo agio, e pochi minuti prima dell’apertura la ragazza si presentava formalmente a quelli che sarebbero stati, per almeno due settimane, i suoi colleghi di lavoro.

Oltre a quelli che aveva già conosciuto il giorno prima ce n’erano solo altri tre, tutti di un’età apparente compresa tra i trenta ed i quarant’anni; uno chef un po’ grassottello dagli occhi vagamente a mandorla, viso rotondo contornato da un taglio a scodella e labbra piccole, e due camerieri, uno alto e completamente pelato dall’espressione simpatica e una giovane donna con occhi da leonessa e capelli biondi raccolti in una crocchia dietro la nuca.

Al suo fianco, Auguste e Claudio; solo in quel momento Alicia si accorse che quel piantagrane malefico dallo sguardo di ghiaccio portava una divisa leggermente diversa da quella degli altri camerieri, simile a quella del principale, il che ne faceva con grande probabilità il caposala, e si sentì venire freddo al pensiero che d’ora in poi avrebbe dovuto sottostare ad un tipo così.

Ma cercò di non darlo a vedere; finché si trattava di ricevere giuste lezioni e doverosi consigli era un conto, ma se solo avesse provato a fare il gradasso avrebbe conosciuto il suo lato peggiore.

«Mi chiamo Alicia. Alicia Enkor. Vengo da Eldkin. Spero di imparare molto da tutti voi, e vi prometto di impegnarmi con tutta me stessa in questo nuovo lavoro.

Piacere di conoscervi».

I più, soprattutto i tre nuovi, restarono in silenzio, mentre di contro i suoi coetanei, pur non parlando, le rivolsero dei cenni di benvenuto e di buon augurio che le scaldarono il cuore.

Comunque fosse andata, avrebbe fatto tesoro di quell’esperienza.

Dopo poco il locale aprì formalmente, e fu proprio lei a dare il benvenuto ai primi clienti della giornata.

«Buongiorno.» disse con un inchino «Benvenuti al Cafè Coeur Bleu».

  
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