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Autore: Love_in_London_night    13/04/2014    5 recensioni
Chloe e Shannon. Ci sono attrazione e feeling, eppure qualcosa li frena.
Ma cosa avrà mai fatto lui per incontrare un simile tornado? E, soprattutto, cosa succederà tra loro?
Dalla storia: "«No, grazie». Sogghignò Shannon. «Ho bisogno di proteine che solo un animale morto può darmi. Inoltre mi sento di troppo, ma me ne vado contento: se andate avanti così va a finire che vi ritrovate lo stesso in tre a fine serata». Ammiccò divertito nell’indicarli con il mento.
Lo fulminarono entrambi con lo sguardo.
«Tornando al discorso di prima…» iniziò Logan che sapeva benissimo che ne avevano parlato. Gli uomini erano più pettegoli delle donne, esattamente quanto le donne parlavano di sesso di più e pure peggio degli uomini. «Ti chiedo solo di non complicare la vita a Chloe, perché – credimi – non ne ha davvero bisogno. Mi piacerebbe però che vi conosceste abbastanza affinché fosse lei a spiegarti il perché di queste mie affermazioni. Magari se impari a capirla scopri una persona che ti può piacere, o forse una che non ti interessa per nulla». Cercò di indugiare la ragazza. «Pensi di potercela fare?»
"
Challenge accepted, but remember: he's a cheater.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Shannon Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lost in the city of Angels'
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Epilogo

Love profusion


Luglio 2016
 

«Signore, siamo qui riunite per progettare un contrattacco in piena regola». Logan era seria mentre snocciolava con fare cospiratorio quelle parole. Sarebbe stata l’orgoglio di Jared in quel momento, e la paura di tutto il resto del mondo, comprese le altre due che la stavano guardando.
«Ehi, aspetta Lo, non era un pigiama party tra amiche?» Chloe sembrava confusa. Era pronta a bere margarita, mettere lo smalto alle ragazze e rivelare a vicenda i dettagli più scabrosi delle loro vite sessuali, perché dovevano progettare un contrattacco? Di cosa?
«Certo» rispose la terza. «Ma dietro gli eventi più innocenti si nascondono le riunioni per i complotti più importanti. E poi, quando è il tuo compleanno?»
«Brava Vicki». La appoggiò Logan prima di bersi un goccio del tanto sospirato margarita.
Chloe strabuzzò gli occhi, pensava di essere con due amiche, non con la versione moderna e donna di Mao Tse Tung. Era spaventata, quindi decise di rispondere.
«Tra una settimana. Perché?»
«Perché siamo qui proprio per organizzare la tua festa!» Vicki era entusiasta, e Chloe a quelle parole rilassò le spalle.
«Certo, ed è la scusa perfetta per supervisionare la situazione» aggiunse Logan guardinga con quel tono che sarebbe riuscito a far venire l’ansia a chiunque.
«Ok, non ci sto capendo nulla. Vedete di spiegarvi bene, perché non ho voglia di sentire farneticazioni». Chloe aveva deciso di essere chiara. Per stare con loro aveva rinunciato alla sua chiamata in Skype con Shannon, non che fosse fondamentale sentirsi tutti i giorni, ma se aveva abbandonato una chiamata per lei molto interessante per sentirle vaneggiare no, non ci stava.
«Abbiamo pensato di festeggiare il tuo compleanno in Russia!» squittì Vicki sempre più contenta.
Ok, la volevano portare in Russia. Che volessero farle circolare in corpo Vodka con un po’ di sangue? Gliel’aveva detto nessuno che il corpo era formato perlopiù da acqua?
Oddio, in pure stile Hangover; avrebbero trovato foto allucinanti il giorno dopo e non si sarebbero ricordate nulla della notte trascorsa. Minimo una delle tre sarebbe pure rimasta incinta di un certo Igor, o un Andrei, o un Ivan piuttosto che un Sasha. E con la sfiga che si ritrovava, sarebbe stata di sicuro lei.
Provò a protestare, il primo pensiero fu il lavoro, ma Logan la mise a tacere subito.
«E non ti rifiutare. Ho già contattato Rob e mi ha detto che hai una settimana di ferie. Ah, il bello di conoscere il tuo capo». Già, perché era stata Logan a suggerirle di mandare il curriculum in una società pubblicitaria che lavorava a stretto contatto con la Warner Bros e tutte le altre case di produzione che la ragazza di Jared conosceva bene per lavoro.
Non era stato difficile convincerlo a premiare un valido elemento della sua squadra, per quanto lavorasse lì da tre mesi soltanto.
«Quindi ce ne andiamo in Russia perché…» doveva elaborare il concetto e capire dove le due volessero andare a parare.
«Festeggeremo il tuo compleanno con la band». Le sorrise Vicki.
«E li controlleremo» concluse Logan soddisfatta.
Il gruppo era in giro tra l’Europa e la Russia per pubblicizzare il nuovo album – o meglio, il nuovo singolo – e facevano spesso serata nei vari Apple Store sparsi per il mondo, o addirittura suonavano a qualche festival Rock. Erano partiti a fine giugno e sarebbero tornati negli Stati Uniti a inizio settembre. Un modo per farsi pubblicità prima del vero e proprio tour mondiale.
Se Vicki era abituata a tutto quello, per Logan era la prima volta dopo due anni che si allontanava per tanti mesi da Jared, era quindi diventata più acida di una donna in pieno ciclo e più pericolosa di una neo mamma con la depressione post parto.
Chloe, che ancora non sapeva bene dove portasse l’assidua frequentazione con Shannon, era sì in ansia, ma riusciva a controllarla bene. Tutto il mondo sapeva che il batterista viveva con l’iPhone in mano, era considerato il prolungamento del suo braccio, e la cosa era tornata a loro favore: messaggi, foto, chiamate, videochiamate e, perché no, chiamate porno.
«Controllare?» e dire che le sembravano tutti grandi e vaccinati. Un po’ infantili, ma comunque in grado di badare a loro stessi.
«Già. Sai com’è» incominciò Logan. «La Russia non è solo la patria della vodka, ma anche la terra della sagra della granvacca. Ti ricordi quando ho iniziato a gestire il loro tour, all’inizio del duemilaquattordici?»
Chloe annuì in silenzio per permetterle di continuare il discorso. Non sapeva dire perché, ma aveva la sensazione che la cosa dovesse interessarla.
«Ecco, in quelle date ho gestito il tour del tour: il puttantour. Credetemi, non è stato divertente. Tra omaggi di gente che cercava di ingraziarseli e donne predisposte naturalmente a buttarglisi ai piedi – sì, in ginocchio se te lo stai chiedendo – l’idea è proprio quella di andare a sondare il terreno»
«Marcare il territorio». La corresse Vicki.
«Esatto, grazie. Anche perché» aggiunse Lo sempre con più calore. «Tomo è fuori dai giochi, tanto che per non dare adito a certe voci si chiude nella clausura della sua stanza d’albergo. Jared ormai lo sanno tutti che è occupato. Quindi, secondo te, su chi si butteranno a pesce tutte le donne disposte a soddisfare i desideri sessuali di un uomo?»
Alzò un sopracciglio, soddisfatta come se fosse stata Perry Mason nella sua arringa finale e avesse ottenuto il plebiscito in cui aveva sempre sperato.
Chloe sbarrò gli occhi dentro cui si potevano leggere i passaggi dell’equazione mentale che si stava facendo.
Relazione che si era avviata in modo strano più Shannon, i suoi bioritmi e le sue paure più le insicurezze di lei più la distanza meno tutte le opportunità di toccarsi/baciarsi/saltarsi addosso/stare insieme uguale opportunità infinite per le russe di arrivare dove lei era giunta con fatica e attesa.
Giammai. Questa era guerra.
«Quindi?» Vicki voleva sentire da Chloe se fosse d’accordo o meno. Aveva paura di una sua ipotetica reazione.
La diretta interessata si alzò per prendere la brocca del maragita rimasto e riempì i bicchieri di tutte e tre.
«E quindi brindiamo al nostro viaggio in Russia per il mio compleanno!» fecero tintinnare i calici tra nuove risate, Chloe con la testa al suo regalo di compleanno.
 
«Siamo pronti?» Jared si era girato verso Shannon e Tomo per assicurarsi che tutto fosse a posto prima della loro entrata sul piccolo palco allestito nello store della Apple. Sapeva bene, però, quanto alle spalle dei due ci fosse uno specchio. Si rimirò e, contento del proprio riflesso, si mandò un bacio per poi tornare a guardare davanti a sé.
«Cinque minuti e iniziamo» confermò qualcuno dello staff.
Shannon stava guardando una foto di lui e Chloe. Era la prima volta in cui erano lontani e stava pensando al loro strano rapporto: si frequentavano assiduamente ed era logico per loro pensare di avere un rapporto esclusivo, però non ne avevano mai parlato, né tantomeno si erano dichiarati i rispettivi sentimenti. Due pesci erano più loquaci a riguardo.
Le mancava, e guardare una qualche sua foto era diventato un rituale scaramantico prima di ogni esibizione. Candy Candy aveva più virilità di lui, se ne rendeva conto.
«Ti manca solo di baciare la foto Shannon, poi ti giochi l’ultimo briciolo di dignità che ti è rimasto». Lo prese in giro Jared.
Come faceva a sapere che di nascosto la baciava? Che l’avesse visto?
Se così fosse stato avrebbe dovuto ucciderlo.
«Per favore, non sono mica disperato». Ridacchiò per cercare di dissimulare al meglio, non convincendo nemmeno la zanzara che era passata di lì per sbaglio. Jared lo fissava scettico e Tomo comprensivo.
«Cos’hai intenzione di regalarle?» Tomislav decise di non indugiare oltre su quel tasto dolente, non voleva che i due fratelli bisticciassero per una presa per il culo – seppur motivata e divertente – proprio prima dello show. «Vicki mi ha detto che tra una settimana è il suo compleanno, difatti stanno organizzando qualcosa di divertente da fare».
Alzò le spalle come a voler scrollarsi di dosso il pensiero, lui di più non sapeva e non voleva saperne nemmeno nulla. Se avessero deciso di andare a Las Vegas in mezzo a spogliarellisti cubani? Come se poi servisse arrivare a Las Vegas per vedere uomini che si denudavano.
Avrebbe dovuto regalare a Vicki una cintura di castità, per quanto si fidasse di lei.
Shannon sorrise ignaro dei pensieri dell’amico, si stava già pregustando il suo regalo. «Ho pensato a una settimana di vacanza al nostro rientro. Bahamas. Non siamo mai stati soli, penso possa esserci utile la cosa». E magari potrebbe essere funzionale ai suoi bioritmi per arrivare alla conclusione a cui i suoi ormoni erano già arrivati mesi prima. Doveva far pace con la coscienza e scendere a patti con i propri sentimenti.
Il dialogo con se stesso era in prognosi riservata e si sviluppava alla velocità di un bradipo in letargo sotto l’effetto di stupefacenti.
«Uh, come sei romantico fratellone» Jared gli mise una mano sulla spalla. «Dovremo regalarti una maxi scatola di preservativi allora. Penso che te li prenderò ai frutti esotici, tanto per restare in tema»
«L’idea è più o meno quella, non mi dispiacerebbe dare fondo alla confezione» ammise alzando solo un angolo della bocca, soddisfatto. Non che tra loro fosse solo una questione fisica, ma c’era così tanta alchimia che era inevitabile finire in orizzontale a fare le peggio cose. Ok, non sempre in orizzontale, ma il concetto era sempre lo stesso.
Non doveva pensarci, mancava un mese e mezzo alla partenza, e non poteva eccitarsi al solo pensiero di farlo in tutti i luoghi, in tutti i mari, le spiagge, su tutti i tronchi di palma che lo consentivano, le amache disponibili, i gusci di ogni tartaruga gigante, le barche, le sdraio e, perché no, pure davanti ai guest del resort. Un po’ di incitamento non avrebbe fatto di certo male, ci era abituato viste le folle che affrontava a ogni concerto. E per lui fare sesso era un po’ come suonare la batteria.
Ok, troppo tardi, sulla Shanaconda non aveva potere nemmeno lui.
«Scusate, qualcuno ha visto la salvietta con cui di solito mi asciugo il sudore? Me la metto già in vita, ho paura di smarrirla».
 
«Ehi!» Tomo urlò scendendo dal palco nel vedere Vicki dietro le quinte. La abbracciò per poi stamparle un sonoro bacio sulle labbra, dopo averle fatto fare un casquè davanti alla crew. Aveva davvero voglia di vederla, e se Tomo si lasciava andare così tanto davanti a un folto pubblico era perché gli era mancata un sacco.
Vicki lo prese per le guance, felice come una bambina a cui avevano regalato l’ultima Barbie uscita sul mercato. «Marito» lo prese in giro. «Mi sei mancato!»
«Moglie» stette al gioco lui. «Tu, io, saluto, camerino. Ora»
Se la caricò in spalle per condurla nel proprio piccolo camerino. Aveva bisogno di una doccia e, perché no, lei avrebbe potuto dargli una mano. O avrebbero anche potuto parlare soltanto, l’importante era che fosse lì, con lui.
«Ah, l’amour» Jared guardò Shannon con il labbro tremulo e gli occhi tristi, invidioso di Tomo e Vicki. Si stavano avviando verso i rispettivi camerini quando da quello di Jared spuntò una testa bionda che lo fece quasi morire di crepacuore.
«Sei pazza?!» la riprese con gli occhi azzurri spalancati dalla paura. Era convinto che quello scherzo gli sarebbe costato ben più di un capello bianco, maledetta.
«Solo perché ho attraversato un oceano e un continente per vederti? Un po’, sì» Logan si diresse verso di lui per mettergli le braccia al collo prima di sfiorargli le labbra in quel gesto dolce che rivolgeva sempre a Jared.
«Per controllarmi, vorrai dire» sorrise quest’ultimo, adorava il lato geloso di Lo, risvegliava in lei la sua parte più felina e accattivante.
«No, non te. Le russe, mi ricordo bene il puttantour dell’altra volta» Jared le baciò il naso. «Ciao Shannon».
Gli rivolse un sorriso sconsolato, quasi volesse scusarsi.
«Ciao peste» rispose al gesto sentendosi più sfigato che mai.
«Ho bisogno di una doccia» Jared stava sfoderando la sua voce da cucciolo scodinzolante che riservava solo a lei. «Vieni con me, puoi stenderti sul divano e riposarti un po’. Da quanto siete arrivate a Mosca?»
«Tre ore, siamo in pieno jet-lag» ammise seguendolo e salutando Shannon con la manina.
Adorava vedere il fratello azzerbinato alla propria ragazza, peccato che in quel momento si sentisse forever alone. Ora capiva il sorriso dispiaciuto di Logan, Chloe non si vedeva da nessuna parte.
Arrivò nei pressi del proprio camerino e fece più rumore possibile per annunciarsi nella speranza che il suo Tornado uscisse dalla stanza come aveva fatto Logan per Jared poco prima, ma nulla. La porta rimase chiusa e non uno spiraglio di luce filtrava da sotto di essa.
Bene, era il compleanno della ragazza con cui aveva una relazione, non aveva ancora del tutto chiari i sentimenti che provava per lei ed erano distanti e strani come solo loro potevano essere, insomma: la conclusione di una giornata perfetta. L’avrebbe chiamata in Skype per farle gli auguri e poi si sarebbe concesso un’intensa seduta di autoerotismo.
Le parole forever alone assumevano nella sua testa caratteri sempre maggiori, iniziavano anche a brillare come se fossero dei neon. Avrebbero potuto essere l’insegna di un casinò di Las Vegas.
Sospirò sconfitto, sistemò gli occhiali da sole sul naso e aprì la porta. Accese la luce e sentì l’incipiente infarto farsi spazio nel petto scolpito. Sarebbe morto con dignità, o in splendida forma. “Scoppiava di salute” avrebbero scritto i giornali “Così tanto che è scoppiato pure il cuore”.
Richiuse la porta alle proprie spalle e fissò il sorriso divertito davanti a sé, chiedendosi se fosse un miraggio o meno. I pantaloni, però, iniziavano a tirare.
«Ciao» Chloe lo salutò mentre piano lo raggiungeva per abbracciarlo.
In cambio ricevette un sorriso e un piegamento di testa, segno che Shannon stava pensando qualcosa. Difatti dopo poco si diede un leggero schiaffo sulla guancia.
«Sei per caso impazzito?» ridacchiò lei per poi appoggiare le proprie mani sulla felpa che lo copriva. Ritrovare il suo petto a contatto con i palmi, e quindi sentire il battito del suo cuore, le fece tornare tutto il buonumore possibile.
«No» rispose Shannon mettendole le mani sui fianchi per farla avvicinare al proprio corpo e farle capire quanto fosse felice di vederla. «Cercavo di capire se stessi sognando o meno»
«E l’hai capito?»
Le mise le mani sulle guance per avvicinare il viso di Chloe al proprio. «Buon compleanno, Tornado».
Ok, si era sentito abbastanza virile, tanto da complimentarsi mentalmente con se stesso. Si sentiva un po’ come il tizio di Via col vento, come si chiamava? Oh, aveva poca importanza, lei era lì e contava solo quello.
Sentì le mani di Chloe scivolare dal petto fino a dietro il collo e il cappuccio per avvicinarsi a lui e approfondire il bacio.
Era un pensiero egoista, ma nonostante fosse il compleanno di Chloe, la festa era nei pantaloni di Shannon.
«Come mai sei qui? Non ti aspettavo, e avevo inviato il tuo regalo a casa» disse accarezzandole le guance con i pollici con lentezza e dolcezza.
«Un regalo di Vicki e Logan» rispose lei mentre gli toglieva gli occhiali da sole e glieli appoggiava sulla testa. «Sono venuta inoltre per scartare il mio pacco regalo».
Sottolineò le proprie parole intrise di malizia con una repentina discesa delle mani verso l’elastico dei pantaloni morbidi che indossava lui, accarezzando da sopra la stoffa ciò che le interessava.
Il proprietario del pacco apprezzava, il pacco stesso apprezzava tantissimo la cosa, insomma, il pacco era pronto per essere scartato e fare il proprio dovere.
«E io che il regalo l’ho spedito al tuo indirizzo di Los Angeles… È brutto presentarsi a mani vuote, come posso rimediare?»
Era stato al gioco, riempiendosi i palmi dei glutei di Chloe per spingere il suo bacino verso il proprio. Le cose si stavano facendo interessanti, ed era convinto di voler approfondire la questione.
«Proprio a mani vuote non sei» sottolineò Chloe con la voce roca vicino al suo orecchio. «E la cosa mi va più che bene così».
Dio, quel tono. Lo faceva eccitare con poco, senza contare il respiro accelerato che si infrangeva sulla sua pelle.
Shannon iniziò a giocare con il lobo di lei, mordicchiandolo e succhiandolo, una cosa che faceva impazzire entrambi. Chissà quando aveva sviluppato quella fissa per le orecchie, non avrebbe saputo dirlo nemmeno lui, era però irrilevante in quel momento.
Chloe si dedicò al suo collo, per poi arrivare con le proprie unghie alla zip allacciata della felpa nera, tirando la lampo verso il basso con un colpo deciso, rivelando il petto nudo di Shannon.
«Mi eccita da morire la cosa» disse prima di accanirsi selvaggia sulla sua bocca.
Ok, era arrivato per lui il momento di scoprire quanto fosse vera la sua affermazione.
Arrivò all’orlo della gonna attillata per salire verso la meta, il tesoro, le porte del paradiso e spostare il tessuto che lo divideva dal punto di suo maggiore interesse, ma quello che sentì lo spiazzò.
Dov’erano gli slip da scostare? Dove?
Non c’era nemmeno un filo interdentale da scacciare, quindi voleva dire solo una cosa: aveva perso il tocco. La monogamia gli aveva fatto perdere il suo savoir faire.
Chloe, percependo la sua indecisione, rise divertita e imbarazzata. «Ok, volevo sfruttare l’effetto sorpresa, quindi mentre ti aspettavo ho pensato a questo» ed estrasse i propri slip neri dal taschino della giacca. «Nonostante sia il mio compleanno volevo farti un regalo. Ammetto che la cosa ecciti pure me e torni anche a mio favore, dato che facilita entrambi, ma ho trovat…»
«Chloe». La interruppe Shannon, stordito da quella cascata di parole, quando lui era una cascata vivente di bava. Quella donna era l’incarnazione vivente di ogni suo sogno erotico, era una croce e una delizia per ogni parte di lui.
«Sì?» domandò lei abbandonandosi poi al suo bacio.
«Fa’ silenzio per favore» le disse in tono tenero «E fammi godere di questa cosa terribilmente erotica».
Senza aspettare risposta la spinse contro la porta e sollevò piano la gonna, avevano aspettato fin troppo.
«Mi sei mancato»
«Anche tu, non sai quanto».
Era stata in ogni suo pensiero, in ogni suo gesto. Era diventata la dolcezza di Shannon, quella che riversava in ogni persona, perché Chloe riusciva a renderlo allegro anche con i suoi silenzi, a miglia di distanza. E mancava quando non c’era, ma quando si ritrovavano diventava sempre più bello accogliersi e passare il tempo insieme, anche solo per respirare l’uno al ritmo dell’altra, o perdersi in uno sguardo così uguale a quello che fissavano da farli rabbrividire.
La stessa porta su cui erano appoggiati però, pochi secondi dopo cominciò a tremare.
«Shannon! Smettila di fare qualunque cosa tu stia facendo che non sia una doccia e porta il tuo culo fuori da quel camerino» tuonò Jared allegro. E certo, se poteva rompergli le palle era sempre ben lieto di farlo. «Vestito, possibilmente! Abbiamo giusto quel paio di interviste da rilasciare»
«Fanculo» mormorò con la fronte abbandonata sulla spalla di Chloe, divertita dalla sua stessa insoddisfazione. Era tutto così bello che non riusciva a immaginare che potesse concludersi così.
«Io lo uccido. Sì, così mi levo il problema»
«Vai, su» gli accarezzò la nuca con fare premuroso lei. «Non scappo».
Ci mancava pure quella, gli sembrava il minimo. Non sarebbero usciti da lì senza aver fatto un po’ di sesso selvaggio appoggiati alle pareti, al tavolo davanti allo specchio, sul pavimento o in qualche altro luogo che avrebbe aumentato la loro eccitazione.
Shannon diede una testata alla porta.
«Ah, siete pure qui dietro? Vi piace essere spiati? Interessante…» godeva a prenderli per il culo.
«Senti, se tu ci metti poco per scopare non è colpa mia, io ho bisogno di tempo, non sono Flash Gordon al contrario tuo!» lo sentì grugnire di disappunto e sorrise soddisfatto. «Arrivo».
Legò la felpa in vita per coprire la vergogna che per lui era un vanto e infilò al volo una maglietta. Ok, non si era fatto la doccia ma avrebbe rimediato più tardi.
«A dopo».
Baciò di nuovo le labbra di Chloe e uscì dal camerino.
Chloe cercò di sistemarsi ma la porta si aprì subito dopo, mostrando solo la testa di Shannon.
«Una cosa sola»
«Dimmi»
«Non provare a rimetterti gli slip».
Chloe gli spedì un bacio dopo avergli strizzato l’occhio, infine si mise comoda sul divano a giocare con l‘iPad di Shannon. Sì, le era mancato terribilmente, avrebbe dovuto ringraziare la amiche a dovere per quel regalo.
 
«Non obbligatemi a entrare!» Jared, il solito sadico Jared che urlava con gusto queste frasi nella speranza di spalancare la porta e trovarli in atteggiamenti intimi per soddisfare il suo lato perverso e voyeuristico.
«Ne sarebbe capace, vero?» bisbigliò Chloe a Shannon.
«Ovvio, godrebbe come un matto a trovarci così» si indicò per poi rispondere allo stesso livello di voce di lei. Almeno era riuscito a mantenere la promessa di farla felice nei posti meno comodi che il camerino offriva.
«Hai chiuso la porta a chiave?»
Lui scosse la testa sempre più preoccupato.
Si ricomposero il più velocemente possibile e al meglio, nella speranza di dare l’impressione di aver parlato di fisica quantistica e non di aver fatto sesso, tentativo fallito quando gli altri sorrisero sarcastici nel vederli.
«Stavamo aspettando solo voi» esordì Jared con fare finto scocciato, sguazzava nel melodramma, soprattutto se lui ne era il protagonista.
Shannon lo fissò con un’espressione estasiata, dovuto a ciò che era successo prima, mentre Chloe alzò le spalle. Sapevano bene entrambi che, se avessero perso tempo a studiarsi un po’ prima di entrare nel vivo della faccenda, lui e Logan li avrebbero fatti aspettare molto di più.
«Tra l’altro avete fatto male ad aspettarci, perché noi non torniamo in albergo» rispose tronfio Shannon sorpassando il piccolo gruppo formato dagli amici e le rispettive compagne.
«Come no?» Tomo aveva dato voce ai pensieri di tutti. Incredibile come riuscisse sempre a moderare la situazione, probabilmente aveva doti di preveggenza.
«Ho detto a Emma di noleggiarmi un’auto, voglio portare Chloe in un posto».
«Quindi ti abbiamo aspettato per niente?» sibilò Jared rilasciando nell’aria un po’ della sua acidità.
«Non te l’ha chiesto nessuno, bro» lo riprese sempre più soddisfatto Shannon.
«Su Jay, non fare così, ora andiamo a dormire» lo rincuorò Logan mentre il batterista circondava con il braccio il collo di Chloe.
«Dormire? Tu sarai la vittima designata che mi farà sfogare la frustrazione accumulata a causa sua» disse come un bambino di cinque anni e non di quarantacinque quale era.
Lo alzò gli occhi al cielo prima di baciargli una guancia con tutta la tenerezza possibile.
«Dove mi porti?» lo distrasse Chloe.
«In un posto che soddisferà i tuoi più grandi sogni, Tornado» rispose punzecchiandole la pancia con l’indice.
Un sexy shop?
Decise di non insistere, avrebbe improvvisato al momento in caso, fingendo un pudore di cui non era dotata.
«Chick dove è?» fu la domanda premurosa di lui. Da quando era partito per il tour l’aveva lasciata a Chloe, un segno importante da parte di Shannon per dimostrarle quanto tenesse a lei. Ormai la considerava la loro figlia pelosa, era come essere a un passo dal matrimonio, per lui.
«L’ho lasciata a tua madre. È molto carina, ma quella donna mi spaventa»
«E perché?»
Lei alzò le spalle. «Perché mi guarda in modo strano, mi odia»
«Ma no che non ti odia. Le piaci, pure troppo» le baciò una tempia prima di riprendere il discorso. «Mia mamma vede in te l’unica possibilità di avere dei nipoti».
«Scherzi?» sembrò scioccata da quell’affermazione.
«No, sa di non poter fare affidamento su Jared e Logan. Però si sbaglia» affermò Shannon con sicurezza.
Si sbagliava? Chloe non ne era convinta. Non che avesse pensato di avere dei figli a breve, soprattutto da lui, ma non poteva mandare all’aria l’unica opportunità di piacere alla sua pseudo suocera. Doveva giocarsela bene, quindi decise di calare le carte e fare il proprio gioco nell’unica maniera possibile: psicologia inversa. L’arma sottile di cui le donne erano dotate e che faceva credere agli uomini di prendere le decisioni di loro spontanea volontà, quando in realtà erano solo stati imboccati a dovere.
«Non dirlo a me». Finse di trovarsi d’accordo. «Anche se il seno si ingrossa durante la gravidanza»
«Davvero? Possiamo sempre pensarci». Rispose lui sovrappensiero.
Tette, bingo. Con quelle si andava sul sicuro. Potevi far credere loro di aver avuto la più grande illuminazione del secolo, quando invece era partito tutto da una donna, e in una donna finiva sempre tutto.
«Quanti ne vuoi? Uno, due, dieci, una squadra di calcio con tutte le riserve? Ne possiamo parlare. Ho i soldi per mantenerli tutti, tranquilla». Lo disse fissandole il seno. Si vedeva che se lo immaginava già più grosso di due taglie. Probabilmente stava sperando che si ingrossasse solo a guardarlo.
«Ci penseremo eh, magari non ora».
Shannon grugnì di disappunto e la guidò verso la loro auto, un fuoristrada nero simile a quello che possedeva a Los Angeles, il prolungamento del suo… Della sua virilità.
Chloe salutò tutti, soprattutto i ragazzi, promettendo loro che si sarebbero rivisti il giorno dopo, dato che si sarebbero fermati a Mosca un paio di giorni per poi partire alla volta della Svezia. Lei, Logan e Vicki, invece, sarebbero ripartite alla volta di Los Angeles, i lavori le richiamavano ai loro posti.
«Cosa sono quelli?» chiese Shannon fissando Chloe che, una volta accomodatasi sul sedile, si era messa a rovistare nella borsa e ne aveva estratto tanti fogliettini spiegazzati.
Ingranò la marcia. Erano le quattro di notte ed era stanco morto, ma aveva parlato più volte a Chloe di quella meravigliosa sala da the che faceva i dolci più buoni del mondo. Si era assicurato che la aprissero anche solo mezz’ora per loro, aveva detto a Emma di pagare molto bene quel favore, e così avevano accettato di aprirla solo al Signor Leto e alla sua compagnia.
«Biglietti su cui ho annotato in queste tre settimane cose da dirti» sorrise divertita dalla sua stessa affermazione. Ogni volta che succedeva qualcosa che andava raccontato se lo era segnata su un foglio a caso che le capitava sottomano, iniziando infine a collezionarne un po’. Aveva preferito tenerseli per quando si sarebbero visti, aveva pensato fossero carino avere qualcosa da dirgli piuttosto che sprecare esilaranti argomenti nelle loro chiamate. Adorava vedere le sue facce buffe, non se le sarebbe persa per nulla al mondo.
«Ma sono una montagna!» protestò lui allibito.
«Lo so, sappiamo come occupare il viaggio»
«Guarda che dobbiamo attraversare gran parte della città, non mezza Russia!» girò a sinistra per seguire le indicazioni del navigatore.
«Bene, inizieremo da quello che propone il caso»
«Parti da quell’angolo di foglio a quadretti strappato» propose Shannon incuriosito, voleva sapere cosa ci fosse di così interessante in quei foglietti.
«Oh, questo è bello» esordì lei fiera dei propri pensieri. «Ho pensato che potresti dedicarmi una canzone e chiamarla: L’amore della mia vita».
Boom! Era partita in quarta. Shannon rise così forte da far tremare l’auto per poi risponderle a dovere.
«Esagerata. Una botta e via, se mai»
«Luce dei miei occhi» ribatté convinta lei.
«Ti sbatto come la mia batteria».
Secondo voi come avrebbe risposto una donna a una simile frase? Sì, lo sapevano tutti, una randellata sulle gengive e una frase sulla pochezza di quella persona, senza tralasciare la sua perversione.
Ma come avrebbe potuto rispondere Chloe? Appunto.
Gli occhi brillarono eccitati a quelle parole. «Wow, è la cosa più carina che tu mi abbia mai detto»
«Lo so». Sorrise sghembo e sbruffone lui.
«Ok, titolo aggiudicato»
«Ehi! Ma io non ho detto che la scrivo» protestò davanti a quella costrizione bella e buona. Minimo avrebbe dovuto dargli due eredi e acquistare una taglia di seno per ogni pargolo. Minimo.
«Ma hai già il titolo» gli fece notare pratica Chloe. «Ti mancano solo il testo – sempre che ci sia, dato che con le canzoni non ti sprechi mai – e la melodia»
«Hai detto niente!»
«Ehi, una cosa per volta, non pretendo la luna»
«Disse quella che mi ha costretto a scriverle e dedicarle una canzone di cui ha pure deciso il titolo».
Chloe di tutta risposta sorrise affabile, come se la sua richiesta non fosse stata quasi impossibile. Anche perché chi l’avrebbe sentito Jared davanti a un titolo simile? Era troppo pure per lui.
«Ok, prossimo foglietto» sentenziò seguendo la strada sgombra e illuminata.
Chloe seguì l’ordine in cui li aveva trovati e si dedicò a uno scontrino di alcuni suoi acquisti di vestiti.
«Sembra ci sia aria di crisi tra Lady Gaga e il suo ragazzo» disse con fare pratico.
Quel passero di fuoco che rispondeva al nome di Taylor Kinney.
«E perché questa l’hai segnata?» era concentrato sulla strada, non sembrava riconoscerla, ma il navigatore la segnava come il percorso giusto da seguire. Dannata testardaggine.
«Perché sono cose da sapere, tra voi colleghi. Metti che incontri Lady Gaga a qualche evento, sai di evitarti figuracce»
Shannon si girò un po’ verso di lei con un sopracciglio alzato, ci teneva a sottolineare il suo scetticismo.
«Ok» ammise Chloe sospirando «Anche perché una cosa simile potrebbe tornarmi utile. Nel caso tu…» decidessi di lasciarmi, anche se tecnicamente non so nemmeno se stiamo insieme, dato che è s o l o quasi quattro mesi che ci frequentiamo ma non abbiamo affrontato l’argomento in modo serio e maturo.
Oddio, l’aveva detto?
«Io cosa?»
No ok, era stata la propria coscienza a urlare, per fortuna. Poteva togliersi le mani dalla bocca.
«Niente, lascia perdere»
«No dai, dimmi… Mi interessa» quando c’era un niente in una frase di una donna non era mai un buon segno. Sua madre ed Emma, a riguardo, erano state delle maestre di vita.
«La signora Willis se ne è andata» cambiò argomento Chloe perdendosi a guardare Mosca illuminata e silenziosa, era bellissima.
«Nel senso che è morta o nel senso che ha cambiato casa?» chiese speranzoso.
«Nel senso che i suoi figli l’hanno messa in ospizio perché non riuscivano a essere presenti e lei ormai aveva bisogno di aiuto costante» disse accompagnando le parole con sguardo tagliente. «Sei perfido!»
«Io?» si indicò ostentando innocenza. «Ma no! Era una domanda per capire effettivamente che fine avesse fatto, perché dire di una donna anziana che “se ne è andata” lascia alla questione molte alternative» rispose arguto e soddisfatto.
«Oh, è vero, non volevo». Si scusò Chloe mortificata.
Shannon abbozzò un sorriso divertito.
Non era affatto vero, lui sperava che quella vecchia si fosse tolta dalle scatole e basta. Odiava la signora Willis da quando gli aveva rovesciato in testa il secchio di acqua sporca che usava per pulire i pavimenti, e l’aveva odiata ogni volta di più quando tentava di ripetere la cosa. Shannon faceva di tutto per disturbarla in ogni occasione in cui si era presentato a casa di Chloe, solo per il gusto di farla franca.
Brutta vecchiaccia, aveva vinto lui.
«Ehi, quello perché l’hai saltato?»
Chloe sgranò gli occhi colpevole. Aveva deciso che i bigliettini scritti in uno stato di ubriachezza molesta potevano essere invalidati, quindi abbassò il finestrino e lo buttò al volo. Per quanto le dispiacesse per il bene del pianeta, la sua dignità era molto più importante.
«Niente che non sapessi già» sorrise più tranquilla. Non era proprio vero, Shannon non poteva di certo leggerle nella mente e sapere di aver scritto una sottospecie di dichiarazione d’amore, ma quel segreto sarebbe arrivato con lei nella tomba, poco ma sicuro.
«Ah, comunque Jake Gyllenhaal non è gay» divagò Chloe leggendo il successivo.
«Lo so, certo che non è gay. Chi ti ha detto un’idiozia simile?» mancavano ancora dieci minuti alla meta. Per quanto Mosca fosse deserta verso le quattro di notte non diventava certo più piccola, e l’Apple store era dalla parte opposta della città rispetto a dove voleva dirigersi lui. Il solito culo, insomma.
«Tu»
«Io? E quando?» ma figurarsi se si interessava al gossip.
«Quando ci siamo visti per la prima volta a Los Angeles».
Perfetto. Ora era tutto chiaro. Per toglierselo di mezzo avrebbe inventato di tutto. Gli era pure andata bene di passare per gay e non un pedofilo piuttosto che un criminale o un malato di porno che si divertiva a circuire gente su internet, cose che nemmeno Catfish poteva immaginare.
«Ah ok, ora è tutto chiaro: stavo provando a infilarmi nelle tue mutande. Avevi dichiarato di volerlo sposare e io ci tenevo a sbarazzarmi della concorrenza. Ora che non devo più conquistarti puoi sapere la verità: è etero e molto figo, lo so. Ma non poniamoci più la questione, Jake non è più un problema».
Tornò a concentrarsi sulla strada, più tranquillo rispetto a prima dato che aveva detto la verità e non doveva preoccuparsi del belloccio dal sorriso ingravidante di Hollywood. Non più, almeno.
«Veramente…»
Lo sguardo basso, l’indice che torturava le pellicine del pollice. Brutto, bruttissimo segno. Stava per sganciare una bomba, e quella confessione la faceva sentire in colpa.
No cazzo, non voleva essere la versione maschia, vivente, adulta, personificata e cornuta di Bambi, non in quel caso, dato che lui le era rimasto fedele. Aveva indossato un paraocchi invisibile e si era imposto di non cedere alle tentazioni, o anche solo guardare troppo a lungo culi sodi e tette troppo esposte. Era stato l’uomo ideale e non meritava di essere trattato in quel modo.
«Cosa succede? Puoi dirmi tutto, lo sai».
No, non poteva dirgli tutto, forse era meglio rimanere con il dubbio che scoprire un’orrenda verità.
Piano in lui iniziava a farsi spazio il rimorso di non aver ceduto alle avances di Irina, anche se non era ancora del tutto sicuro che fosse nata donna.
«Ti ricordi che l’ho visto la prima volta in aeroporto?»
«Certo»
«Ecco, l’ho rivisto a LAX, lui era diretto a New York…»
Ma Jake lo faceva apposta? Viveva in aeroporto per tampinare e stalkerare la sua ragazza?
Sì, perché lei era la sua ragazza, anche se forse non gliel’aveva mai detto chiaramente.
Ok, calma. Quell’incontro non voleva dire nulla, proprio nulla. Non l’avrebbe riconosciuta e tutto quel discorso non portava dove lui era invece andato a parare.
«Mh mh» annuì con fare comprensivo per invitarla ad andare avanti.
«Ecco, mi ha riconosciuta e, quindi, mi ha offerto il caffè».
Ecco, sentiva già le protuberanze delle corna spuntare dalla scatola cranica. Come gli sarebbero state?
«Giuro, sono stata gentile per non offenderlo. Non ci ho provato o fatto la carina per flirtare»
«Però…»
«Però mi ha chiesto il numero».
Sbam! Ecco come finivano le relazioni. Non erano cosa da rivelare quando uno era al volante e rischiava di schiantarsi per la disperazione.
«Quando mi sono rifiutata lui mi ha lasciato il suo biglietto con il numero di cellulare…»
Doveva ricordarsi di respirare. Inspirare ed espirare.
No, il fumo dal naso non era contemplato.
«E poi?»
«Poi mi ha salutato e se ne è andato, senza darmi il tempo di rispondere»
Ok, non appena fosse tornato negli Stati Uniti sarebbe andato alla ricerca di Jake Gyllenhaal e gli avrebbe dato un pugno così violento da abbassarlo di venti centimetri buoni per portarlo ben al di sotto del proprio livello, così Mister sorriso smagliante e occhi brillanti avrebbe smesso di fare il gradasso in giro.
«Te l’ho detto perché non voglio che tra noi ci siano segreti»
«Quindi mi stai chiedendo il permesso per farti Jake Gyllenhaal?!»
«No, però vorrei sapere se c’è stata qualche Svetlana, o qualche Tatiana… Non vorrei scoprirlo da qualche social network o qualche sito di gossip, ecco»
«Io non sarei in grado di farti nulla di simile!» frenò senza rendersene conto, ingranando poi di nuovo la marcia per continuare, guidare l’avrebbe fatto sbollire.
Rabbia?
No, peggio.
«Tu, piuttosto. Tu e Jake Gyll. Jake Gyll e tu non gli dici che sei impegnata… Che situazione di merda» biascicò tra sé, la mani così strette intorno al volante da far diventare le nocche bianche.
Chloe sorrise, era convinta che Shannon fosse furioso per il fatto, invece si stava rivelando geloso. Lo capiva dal fatto che, per la prima volta, l’aveva definita impegnata, includendo nel tutto anche se stesso. Quindi lui era interessato davvero, gli importava di loro, di lei.
«Appena se ne è andato ho gettato il suo numero nel primo cestino della spazzatura».
Ok, era tornato a respirare.
«Ferma l’auto»
«Ma… manca poco» rispose sbigottito, come se la meta non fosse passata in secondo piano dopo simili dichiarazioni.
«Fermala. Ora. Devo fare una cosa» aggiunse mentre lui ubbidiva a quel tono che non ammetteva repliche. Della pioggerellina sottile aveva iniziato a rigare il parabrezza e a sfocare i colori dei lampioni e dei semafori. Mosca era tutta loro.
«Cos…?» si era girato verso di lei ma non era riuscito a terminare la frase.
Chloe gli aveva preso il viso tra le mani per avvicinarlo a sé e stampargli un bacio famelico sulle labbra.
L’aveva fatto fermare per quello, perché era stato molto più saggio che schiantarsi al primo incrocio, ed era una cosa adorabile ai suoi occhi. Shannon avrebbe voluto altri mille baci così, che valevano più di ogni parola.
«Ti amo, Shannon».
Ed era vero, ed era così da tempo, perché si era innamorata come una ragazzina alla sua prima cotta. Shannon era diventato importante, parte della sua quotidianità, radicato nelle piccole cose che costituivano ogni parte di Chloe. Era entrato sottopelle, in ogni respiro fatto e non voleva per alcun motivo che lui uscisse dalla sua vita. Lo voleva con sé, desiderava percorrere il percorso che la aspettava accanto a lui.
Oh cazzo.
Era la prima volta che saltava fuori la cosa. Chloe aveva saltato il fosso, si era buttata nel discorso serio che avrebbero dovuto affrontare da un po’, gli aveva appena detto che il tempo di scherzare era finito e che il ‘noi’ che aleggiava intorno a loro era l’unica opzione possibile.
E lui?
Provò a dire qualcosa, ma il terrore che gli serrava la gola era soffocante e non permetteva che alcun verso uscisse di bocca.
«È una bella cosa» mugugnò con la voce in falsetto, infine.
Chloe sorrise leggermente rassegnata, ma anche divertita. Continuò ad accarezzargli le guance con i pollici, tentando di calmarlo, non voleva vederlo scappare di nuovo.
«Tranquillo Shan, se c’è una cosa che abbiamo imparato dalla nostra faccenda è che tu hai i tuoi bioritmi da rispettare. Non l’ho detto per sentirmelo dire in risposta, ma perché lo provo e volevo soltanto che lo sapessi».
Una donna davanti alla gelosia del proprio uomo perdeva ogni contegno, era ormai ovvio.
«Niente panico però, intesi?»
Shannon annuì e la baciò di nuovo, se solo avesse avuto il coraggio – almeno con se stesso – di ammettere di essere diventato un animale monogamo, le cose sarebbero state più facili per tutti.
«Voglio mostrarti la mia sorpresa» disse rimettendosi alla guida con il sorriso più felice del mondo. «È in fondo alla via»
«Peccato, e io che credevo volessi rivelarmi il mio regalo che mi aspetta a Los Angeles…» si finse vaga, ma entrambi sapevano quanto fosse corrosa dalla curiosità.
«Naaah, mi piace tenerti sulle spine ancora un po’» come se si stesse riferendo solo al viaggio.
Come se quei gesti non parlassero al posto suo.
 
Se c’era una cosa che sia Shannon che Chloe avrebbero voluto maledire in quel momento era il sonno. Dormire aveva tolto loro ore da passare insieme, quando avrebbero potuto parlarsi, scambiarsi qualche gesto o frase degno di nota, oppure fare la lotta con i cuscini, visitare Mosca, cucinare qualcosa o, che ne sapevano, progettare di conquistare il mondo come il Mignolo col Prof.
Invece loro avevano dormito, specialmente Chloe, tramortita dal jet-lag. Un sonno così profondo che Shannon, verso mezzogiorno, aveva pensato che fosse morta, se non fosse stato per quel respiro pesante così simile a un leggero russare che alzava e abbassava tutto il suo sen… Torace. Sì, torace; perché Shannon non si era fermato a fissarlo dalla canotta quasi trasparente che indossava, affatto.
Avevano pranzato, guardato un film e fatto tante altre cose costruttive che non comprendevano l’uscire dalla stanza d’albergo – o meglio, dal letto – finché Logan, nei panni da assistente che aveva assunto anni addietro, si era presentata alla loro porta per riportarli alla realtà. Dopo mezzanotte il volo per Los Angeles partiva e loro per le dieci dovevano essere in aeroporto.
Emma, carina ed efficiente come sempre, aveva fornito loro un van che li avrebbe accompagnati in aeroporto. Un van perché Jared aveva deciso di scortare Logan fino al gate quasi, sembrava fossero appiccicati con il Bostik lui e Lo, non che la cosa dispiacesse a lei o a Shannon e Tomo, dato che avevano appoggiato il terzo per seguire le rispettive partner.
E così era arrivato il momento dei saluti. Prima Tomo e poi Jared per Chloe.
«Ciao Jared, mi ha fatto piacere rivederti anche se, in effetti, non ti ho parlato poi molto».
Jared, inaspettatamente, la abbracciò. Finché il gesto partiva da lui andava tutto bene, la situazione era sotto controllo – il suo, ovvio – e quindi poteva concedersi certi slanci sinceri.
«Avevate tempo da recuperare, so come vanno certe cose, quindi non ti preoccupare». La strinse un po’ di più prima di lasciarla libera dalle proprie braccia. «Ciao Tornado».
Chloe lo fissò stupita, non l’aveva mai chiamata in quel modo.
«Non mi hai mai chiamata così»
«No, vero». Sorrise divertito. «Ma trovo che sia azzeccato da quando ho imparato a conoscerti. Se non avessi tutta quella forza non ti troverei adatta per stare con Shannon, ma tu lo sei».
Lei gli sorrise grata prima di abbracciarlo di nuovo di slancio.
«Ehi, devo cominciare a essere geloso?» Shannon si avvicinò con un sorriso: stava scherzando, ma gli piaceva lo stesso controllare ciò che succedeva a Chloe e intorno a lei. Meglio prevenire che curare si diceva, e lui era d’accordo.
«Nah, lo stavo ringraziando perché è stato gentile»
«Vieni con me un attimo?» le chiese Shannon prendendola per mano e non aspettando risposta.
«Ciao Jay» lo salutò con la mano mentre si allontanava. Lo vide alzare gli occhi al cielo al soprannome, poi alzò la mano per sventolarla prima di accarezzare le guance di Logan.
«Un’edicola?» chiese Chloe scettica riguardo il posto in cui l’aveva trascinata. «Hai per caso preso il vizio di tuo fratello? Ora ti piace cercarti sui giornali di gossip e commentare i tuoi look e come sei uscito nelle foto? Non so se lo sopporterei, sarebbe strano».
Finse un brivido prima di ridere divertita.
«No» la cinse per la vita. «Volevo solo avere la giusta riservatezza prima di doverti salutare».
Indicò la parete piena di giornali dietro di sé, poi lo scaffale su cui c’erano dei libri oltre la schiena di Chloe, infine con il mento le mostrò che anche la vetrina, colma di occhiali da sole e da vista, li aiutava a mimetizzarsi meglio.
«Mi stai forse dicendo che ti vergogni di me?» lo abbracciò triste, sapeva che di lì a poco avrebbero dovuto separarsi di nuovo. Che schifo di vita. Stava con uno degli uomini più desiderati del pianeta – a modo suo, certo – e alla fine lui passava più tempo con le donne che lo desideravano piuttosto che con l’unica con cui voleva essere, e succedeva per lavoro. Bella fregatura, vero?
«Scema». La apostrofò prima di farle appoggiare il viso sulla propria spalla e cullarla un po’. «Sto dicendo che non voglio dividerti con il mondo perché sei solo mia».
Sbam. Donna a terra, donna a terra. Ripeto a tutti: donna a terra. Non si capisce se per le gambe a fenicottero ubriaco e se per lo strano dolore improvviso al petto.
«E anche che siamo fortunati a non essere due pertiche». Le baciò la tempia, poi il naso.
Il tempo era diventato loro nemico. Fottuto stronzo.
«Non voglio che te ne vada» le sussurrò rauco vicino all’orecchio.
Attentato! Si trattava di attentato. Era un attacco deliberato e, nonostante lo conoscesse bene, non era ancora abituata, figurarsi se poteva essere pronta.
«Non voglio andarmene» rispose in un soffio prima di baciargli il collo, dato che dopo l’abbraccio di lui aveva nascosto il viso lì.
«Come faremo quando sarò in tour? A breve inizierà… Sai, dopo l’uscita dell’album nuovo».
Le prese le guance tra le dita cercando di riprodurre un’espressione stupida giusto per sorridere senza forzarsi, ma la verità era che stare con Chloe lo metteva sempre di buonumore, anche se gli argomenti non erano il massimo. Perché aveva posto una domanda così orrenda poco prima che lei ripartisse per l’America? Era forse idiota?
Beh, sì, abbastanza se ripensava a come aveva gestito la loro relazione almeno agli inizi. E anche due sere prima, quando davanti all’amore di Chloe se ne era uscito con “È una bella cosa”.
«O ci lasciamo prima, o litigheremo un sacco o inizieremo a odiarci». Snocciolò pratica lei liberando le dita nell’aria.
«Ok» rispose Shannon mentre fingeva di mettere il broncio. Spostò gli occhiali da sole dal naso fin sopra la testa e la fissò corrucciato. «Siccome due alternative sono totalmente agghiaccianti scelgo le litigate epiche»
«E perché?» lo guardò negli occhi così luminosi da sembrare sempre lucidi, mentre con dolcezza gli scostava il ciuffo di capelli dalla fronte.
«Perché conosco un metodo efficacissimo per fare la pace».
Risero divertiti, attirando gli sguardi di qualche turista che era entrato per far passare il tempo dell’attesa per l’imbarco piuttosto che per interesse vero e proprio.
Un bacio sulle labbra. Un altro ancora.
Un messaggio di Logan che la invitava a tornare da loro, il gate era stato aperto e non potevano rimandare ancora il controllo al metal detector.
«Aspettami». Fu l’unica parola che mormorò Shannon con la mano che accarezzava la guancia di lei mentre l’altro braccio le circondava la vita con tenerezza.
«Sempre. È dura, ma ne vale la pena. Ogni volta di più».
Non era contenta di lasciarlo andare, ma in fondo non era un addio, solo uno dei tanti arrivederci a cui sarebbe seguito poi un ‘bentornato’.
Lo baciò con tutta la dolcezza che possedeva, le braccia al collo e il respiro corto. Si separò a fatica, poi si avviò verso il gruppo di amici, Shannon che le camminava accanto in silenzio.
 
«Ti senti bene? Hai una faccetta…» Logan le cinse le spalle con un braccio.
«Non ho pianto» abbaiò Chloe irritata dirigendosi verso il tabellone che, prima o poi, avrebbe indicato il nastro sul quale sarebbero passati i loro bagagli, si sperava il prima possibile.
Lei non era sentimentale, lei non piangeva mai. Non poteva iniziare ora, anche se sentiva la mancanza di Shannon.
«Non ho insinuato che tu avessi pianto». Certo che aveva pianto, l’aveva sentita chiaramente. Logan aveva finto di continuare a dormire, pensando che fosse a causa del film trasmesso sul piccolo schermo applicato nel retro del sedile anteriore il loro, ma era impossibile dato che stava guardando ‘Una notte da leoni’.
«Però sembri stravolta» aggiunse Vicki che sembrava appena uscita da un giro nella lavatrice, la verità era che aveva dormito per quasi tutto il viaggio e si era appena svegliata.
«Lo sono» Chloe si morsicò il labbro inferiore prima di iniziare a singhiozzare, doveva essere la sindrome premestruale, per forza, anche se il ciclo le era passato da dieci giorni. Forse era colpa dell’ovulazione, o di che diavolo ne sapeva lei. Comunque era sempre colpa del ciclo, a prescindere. Da quello e dalla luna.
«Su, su. Vedrai che passa. Purtroppo ci si fa l’abitudine» la consolò la moglie di Tomo.
«Oh Vic, tu sei la mia eroina, sei sempre così forte» le disse ammirata l’amica.
«Dai, vai a sgranchirti le gambe» propose Logan. «Le valigie le aspettiamo noi, non ti preoccupare».
Non se lo fece ripetere due volte e annuì prima di fare un giro per l’aeroporto, sempre nella zona adiacente il ritiro bagagli. Tempo per riprendersi ne aveva, i bagagli dovevano ancora essere assegnati a un nastro trasportatore, prima di mezz’ora non sarebbero uscite di lì e le sembrava di impazzire.
Andò in bagno per bagnarsi la faccia e infine decise di accendere il cellulare.
Un messaggio dei suoi che le chiedevano di far sapere loro quando sarebbe atterrata, una chiamata di sua mamma precedente all’sms e un messaggio che la avvisava di averne uno vocale in segreteria.
Schiacciò sul numero segnalato e fece partire la chiamata, almeno avrebbe saputo come occupare il tempo.
 
«Ciao. Mh, ok, ci ho provato, ma sapevo di trovare il telefono spento. In fondo sono passate solo sei ore dal decollo del tuo volo,  perché sì, se te lo stai chiedendo abbiamo aspettato di vederlo sparire nel cielo, anche se è difficile dato che di notte si vedono le luci e gli aerei non vengono inghiottiti dall’orizzonte come di giorno.  Comunque, avevo – ho – voglia di sentirti, perché già mi manchi. Mi sono messo nel letto e non sono riuscito a chiudere occhio. Da quando quel maledetto aereo ti ha riportata a casa tutto mi è diventato chiaro, e penso ci arriverò prima o poi; sai che ho i miei tempi per metabolizzare le cose. Alla fine ti ho chiamato ora proprio per questo, perché se non avessi detto certe cose adesso avrei aspettato ancora e non ne sarei più stato in grado, probabilmente. Sono pur sempre un tipo istintivo, lo sappiamo entrambi. Di’ la verità, mi ami anche per questo. Ma non divaghiamo. Lo so, per me di solito è difficile dato che non mi spertico in discorsi lunghi – a proposito, l’altra sera in auto mi hai offeso con quella storia sulle mie canzoni e il fatto che non abbiano parole, ma ne riparleremo faccia a faccia e con la dovuta calma – tuttavia, dicevo: non sono uno che spreca le parole a caso, ma sai che ne sono capace, se voglio. Ok, non che al momento lo desideri, ma faccio fatica ad arrivare al punto focale della questione. Lo sai meglio di me, non è facile dire certe cose, specialmente per il sottoscritto. Prima di tutto posso dire che odio Jake Gyllenhaal, lo detesto di cuore e non tollero che si avvicini a te, ti riconosca e ci provi. Che ne sa lui che tu sia single o meno? Nemmeno ti dà il tempo di rispondere! Quindi appena torno non lo so, ci faremo vedere da qualche parte a favore di paparazzi o che ne so io, e metteremo le cose in chiaro, a tutto il mondo sottolineo, così ogni aspirante Jake Gyllenhaal della situazione ti girerà alla larga; non sono violento, ma posso diventarlo, posso pestarli tutti come pesto il pedale della grancassa di Christine, non è un problema. Come non sono geloso, ma possessivo. Ora capisco Jared e l’ossessione per i selfie, forse non è sbagliata questa cosa, dovremmo iniziare pure noi. Hai qualche foto nostra carina che io possa caricare su Instagram? Ora sono un po’ alterato, magari ci rifletto su. Ecco, magari farci fotografare quando usciamo da Katsuya, quello di Hollywood e non provare a lamentarti, così la gente capisce senza che noi diciamo una parola. Mi sembra perfetto, molto più nel mio stile. Ci credi che mi manchi un sacco? Ti ho chiamato per questo. Vederti andare via è stata una cosa pessima per il mio umore, mi ero abituato ad averti intorno. È strano sai? Non mi è mai successo con altre. Le mie ex non sono mai venute a trovarmi in giro per il mondo, e io non l’ho mai desiderato. A proposito, appena vedi il regalo fammi sapere cosa ne pensi. Sì, insomma, se ti piace. Sono curioso. Avrei voluto vedere la tua faccia; se avessi saputo che ti avrei vista li avrei tenuti con me. Anche se sei stata la sorpresa migliore. E, credimi, non c’è nessuna Svetlana o Tatiana che regga il confronto con te. Giuro, con le altre non mi era mai capitato. Vedevo le altre donne, le guardavo e le apprezzavo, magari me le facevo anche, ma con te no, è… Diverso. Le vedo, vedo che sono belle donne… Ma non sono te, e questo mi basta a fermarmi. A non andare oltre. A girare lo sguardo dall’altra parte. È che mi manchi tu. Il tuo modo di sconvolgermi la vita, come ridi con me e come mi rendi di buonumore anche a miglia di distanza, perché se ti sento ridere è come se le distanze si azzerassero. È questo che fai, mi fai sentire sempre la tua presenza, il tuo appoggio. Adoro anche quando ti addormenti sul mio petto e sbavi un po’. Perché sì, tu non puoi saperlo ma un po’ sbavi. A volte russi un pochino, ma poco. E sono cose che amo, perché fanno parte di te. Perché ti rendono ciò che sei. E sei Chloe, e sei mia. So di essere stato fortunato, con me hai avuto una pazienza che penso nessuna avrebbe avuto, nonostante i sentimenti. Ci tengo a dirti che io so dei ‘Boom, pregnant!’ riguardo a certi miei sguardi, ma sappi che io sento che osservo così solo te. O forse penso di guardarti così e alla fine ti fisso come una triglia cotta al vapore, ma giuro che le altre non le fisso come guardo te, io lo sento che è diverso. Sto parlando da solo e ho un casino in testa, ma so che questo messaggio ti arriverà e mi fa sentire già meglio, perché tutto questo discorso mi serve per dirti una cosa. A proposito… Sai se la segreteria telefonica ha un limite? Io lo ignoro, spero solo di non sforare. Aspetta un attimo, guardo da quanto sono qui così. Ecco, sono al telefono da solo da ventotto minuti e ancora non sono arrivato al punto. Mio Dio, mi sono reso conto solo ora che la chiamata alla segreteria si paga, e tu starai spendendo un occhio della testa; giuro che l’addebito dell’abbonamento questo mese lo pago io. Ci credi che sono le sei e mezza di mattina e non ho un briciolo di sonno?! Il bello è che sono pure stanco. Ti prendi tutto tu, eh? Il mio sonno, i miei pensieri, il mio cuore. Sarei un poeta eccezionale. Se solo volessi potrei essere migliore di Jared nelle interviste, ma poi mi dico che a lui piace tanto parlare, ascoltare la propria voce e stare al centro dell’attenzione, quindi perché rubargli la scena se io odio tutto ciò? Ecco perché sto zitto e guardo i granelli di polvere danzare nella luce. Piccolo appunto: quando mi ritirerò dall’essere un batterista ricordarmi di diventare uno scrittore, potrebbe essere una via interessante. Comunque, nelle mie sere solitarie – giusto per sottolineare che non ci sono Tatiane e Svetlane da scoprire in futuro – ho seguito il tuo consiglio, anche se dovrei dire che ho ceduto alle tue parole che mi hanno sfinito e ho guardato Veronica Mars. Mi piace, alla fine. Lei è tosta, Logan è un figo. Sai, non per vantarmi, ma un po’ mi assomiglia. Io ero così alla sua età, però su di me non hanno fatto un telefilm. Comunque è vero, hai ragione, il loro amore è davvero epico come dicono loro. È quell’amore che ti capita una volta sola nella vita, che se anche la storia finisce l’amore no, va avanti e ti segna. E sai cosa ti dico? Noi siamo meglio di loro. Oh sì. Siamo reali, innanzitutto. Non siamo dei liceali, e questa è una gran cosa. Insomma, sono davvero dei grandi loro, non come Blair e Chuck di Gossip Girl. Sì, Jared era fissato anni fa e in tour se lo guardava in streaming, costringendo me e Tomo a fargli compagnia. Cioè, Chuck è Blair sono ok, ma sono costruiti, si vede lontano un miglio. Logan e Veronica sono persone vere, come noi. Si riduce tutto a questo Chloe, anche la telefonata. Al fatto che siamo – anzi, sono – al telefono da quaranta minuti e ancora non sono riuscito a dire quello che in realtà volevo, al fatto che due sere fa ho perso ancora l’ennesima occasione per non sembrare un cretino, perché tu mi hai detto che mi ami e io non solo non ho avuto il coraggio di risponderti, ma non ti ho mai parlato del nostro rapporto. Quindi sappi che vorrei solo dirti che a te ci tengo e che il nostro rapporto è importante. Anzi, è una relazione. Non vorrei nessun’altra di fianco a me e devi saperlo, perché se io ti vedessi con un altro ne morirei. Sono un cretino per avere dei tempi di realizzazione così lunghi, ma sono fatto così. In amore vado con i piedi di piombo, mi piace essere sicuro delle mie scelte, e tu lo sei sempre stata. Non solo la mia scelta, ma la mia sicurezza. Perché tutto si riduce davvero a questo: anche io ti amo Chloe, e non voglio farmi più sfuggire mezza occasione per dirtelo. Ora la smetto, sto parlando da… Quarantasei minuti – ho controllato – e ho paura di averti solo incasinato di più i pensieri e che poco ti sia chiaro di quello che ho farneticato. È meglio che io provi a riposare, anche perché ho il terrore di averti ammazzato di noia. Magari se lo ascolti poi fatti sentire, anche solo per darmi del deficiente. Non vedo l’ora di tornare a casa, da te. Ciao».
 
Non se ne era accorta, ma piangeva e rideva mentre continuava a guardarsi in giro per assicurarsi che nessuno avesse sentito quelle parole, come se fosse stato anche solo possibile. Quando la segreteria le aveva chiesto se voleva cancellare il messaggio aveva riagganciato solo perché l’opzione ‘Assolutamente no, mai’ non era contemplata. Chi sarebbe stata la stupida che avrebbe voluto cancellare una dichiarazione d’amore così senza senso e perfetta? Non che lo fosse davvero, ma lo era per lei, perché nonostante non gliel’avesse detto in faccia il fatto che Shannon non fosse scappato ma che avesse anche iniziato a fronteggiare i propri sentimenti la rendeva una cosa speciale, e lei ne era cosciente.
Era tornata dalle amiche che avevano preso da poco i bagagli.
«Ehi, stai bene?» Logan le passò una mano sulla schiena per accarezzarla.
«Hai la faccia stravolta, più di prima». Vicki le asciugò una lacrima che correva lungo la guancia prima di lasciarle nello stesso punto un bacio affettuoso.
Choe si grattò il naso, poi prese il proprio trolley e regalò alla amiche un sorriso radioso, il sorriso che solo Shannon con la sua presenza sapeva regalarle.
«Sto da Dio. Finalmente va tutto a meraviglia».
Prese a braccetto una e posò la faccia sulla spalla dell’altra per avviarsi nel sole di Los Angeles. Quella città finalmente aveva assunto un senso.


 

Buonasera e scusate il ritardo!
è stata una giornata piena e solo ora ho trovato il tempo di aggiornare, per quanto non mi piaccia farlo senza aver riletto il capitolo una seconda volta e così tardi, ma ci tenevo ad aggiornare di domenica un'ultima volta.
Ebbene sì PIPOL, siamo alla fine.
La storia è finita, andate in pace. Siete liberi da questo rompimento di palle, so che state festeggiando, ma non fate troppo rumore per calpestare i miei feelings, per favore.
Il titolo non ha bisogno di spiegazioni, suvvia. Sono tutti felici, anche se Chloe e Shannon nello loro modo strano, perchè se no non sarebbero loro!
Avrei un sacco di cose da dire, ma al momento non me ne viene quasi nessuna. Tranne che l'idea di Shannon occhialuto e solo con la felpa mi è venuta da un suo porno video pre concerto che è stato tolto (forse l'avevo linkato nelle note di un altro capitolo, ma è andato PERDUTO :O. disperiamoci tutte).
E queste dichiarazioni sono un po'... strane, lo so, ma il mio shannon è un po' tardo e un po' refrattario a legarsi, quindi come al solito è arrivato all'ultimo. meglio tardi che mai, no?
La diarrea verbale finale di Shannon non è una cosa campata in aria, lo giuro. Il signorino, quando vuole, sa usare la lingua (non pensate male! Ok, non molto almeno). Come potete vedere in questa intervista tiene in OSTAGGIO il microfono dell'intervistatrice. Ok, non si spertica in discorsi lunghi e articolati, siamo d'accordo, ma monopolizza il discorso. Quindi ritengo Shannon in grado di fare una cosa simile a quello che ho scritto, ecco. (Senza contare che, siccome nell'intervista era in forma, sono abbastanza certa che dopo abbia preso in OSTAGGIO PURE LA GIORNALISTA. Ok, non sei un bijoux, ma siccome sei stata prescelta da lui hai tutto il nostro sostegno, la nostra comprensione ma, soprattutto, la nostra invidia. Go giornalista, go!).
So che ho scritto tantissimo, ma mi dispiaceva abbandonarli e continuavo ad aggiungere scene. E battute. E altre scene. E altre battute.
La parte finale è un esperimento... un messaggio vocale/flusso di coscienza, spero che vi sia piaciuto e che non vi abbia annoiato a morte.
Bene, vi saluto per dirvi che - per ora - c'è solo l'idea di una shot su Shannon e si chiamerà Christine (non per me, per la sua batteria u__u ), poi dovrò dedicarmi agli studi se voglio andarmene dall'italia prima del mio pensionamento. Però sono sicura che per staccare in questo fandom ci tornerò, perchè i Leto stimolano (buahahahahahah) la mia fantasia e mi piace scrivere qui, non ci posso fare nulla.
Io ringrazio di cuore chi ha seguito la storia, chi l'ha voluta e mi ha spinto a scriverla, chi le ha dato anche solo un'occhiata e chi l'ha letta in silenzio. Chi ha tifato per loro e chi l'ha analizzata a dovere. Grazie di cuore.
Se volete uscire dal vostro angolo di timidezza e dirmi cosa ne pensate io ne sono felice, non sono vegana, sono cicciosa ma non mangio le persone, lo giuro!
Anzi, vi regalo i pupazzetti dei leto bro, e se volete farli interagire vi fornisco pure quelli di Logan e Chloe (?). Sì, sono il disagio.
Se pensate che io possa mancarvi (BUAHAHAHAHA) mi trovate qui per i miei aggiornamenti: Love Doses.
Vi mando tanti marshugs e ci si legge in giro su EFP o a Torino, vi auguro anche una buona pasqua, Cris.
   
 
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