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Autore: Thurin    15/04/2014    2 recensioni
L'immagine di un oscuro passato riaffiora nella mente di Nico Robin, un ricordo a lungo nascosto capace di sconvolgere l'intera umanità. Un segreto a lungo celato ai suoi più intimi amici, il ricordo di un dolore mai sopito, per Franky il viaggio insieme a Cappello di Paglia non è solo voglia di avventura, ma fuga da un destino che lo chiama con voce ossessionante, un destino legato a doppio filo al passato della giovane archeologa. A poco a poco la consapevolezza del legame reciproco porterà i due pirati a ricomporre i pezzi di un puzzle diabolico, portando alla luce ciò che per lunghi anni era stato nascosto.
Vorrei dedicare questo racconto in più capitoli all'utente Avventuriera, che mi ha spinto (dopo un'appassionata discussione) a provare a cimentarmi in una fan-fic. In effetti questa è una commissione per suo conto! Spero che questo mio primo lavoro riesca ad appassionarvi, buona lettura...aspetto i vostri commenti (siete liberi di distruggermi come e quando volete!).
Genere: Avventura, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Franky, Nico Robin | Coppie: Franky/Nico Robin
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
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Shinjiro aprì gli occhi lentamente, la luce gli perforava le palpebre come una lama bianca e impalpabile. Passò qualche istante prima che il corpo riprendesse a pieno la propria sensibilità: la vista si fece via via più nitida e quei rumori che udiva indistintamente provenire da qualche parte intorno a sé cominciarono lentamente a trasformarsi in parole comprensibili; si accorse subito che si trovava sdraiato in un letto con due comodi cuscini appoggiati dietro la testa che gli permettevano di muovere la testa in modo da potersi guardare intorno. La stanza nella quale si trovava non gli era familiare ma oltre le sponde alte del letto poteva ora distinguere i muri biancoazzurri e l’emblema della marina dipinto in nero sulla parete.
Doveva trattarsi di un ospedale militare, pensò, evidentemente la sua scampagnata nella foresta in compagnia di Olvia doveva averlo lasciato con qualche livido di troppo, e mentre osservava il resto della stanza, notò la finestra aperta e il grande giardino che si estendeva al di là di essa; era una bella giornata ed una brezza tiepida riempiva la stanza dei profumi dei fiori di campo. Cercò di allungarsi per avere una visuale migliore ma subito sentì un dolore lancinante ai muscoli dell’addome, con una smorfia si accasciò di nuovo sul letto alzando lo sguardo verso il soffitto vuoto
“Ma come diavolo mi è venuto in mente?!” quelle parole suonavano più come una forma di autocommiserazione che di una vera e propria domanda
“Già, è quello che vorrei sapere anch’io… Ti va di parlarne?”
“Non lo so, mi sento ancora un po’ confuso e poi… Che diavolo ci fai tu qui?!” pronunciò quelle ultime parole urlando per lo stupore e la quiete che tanto desiderava svanì quando infine vide di fianco al suo letto la figura di Aokiji che l’osservava in modo stanco e distratto.
“Da quanto tempo sei qui? Non dirmi che hai vegliato su di me al posto di qualche dolce infermierina!” il membro del CP9 conosceva bene l’ufficiale del Comando Centrale della Marina e sapeva quanto fosse dura cavargli dalla faccia quell’espressione altera ed impassibile, ma si era ripromesso che prima di morire sarebbe riuscito a far perdere le staffe ad Aokiji almeno una volta.
“Shelly” rispose quell’uomo di ghiaccio
“Cosa?”
“Le ho promesso una cena in cambio di qualche minuto da solo con te”
“Ma che razza di scambio sarebbe?” Shinjiro si rese conto che la sua tattica non era molto efficace, finora l’unico ad aver perso le staffe era lui “Al massimo offrila a me una cena stupido ghiacciolo!”
Aokiji ora osservava l’amico ferito con una certa dose di compatimento, sospirò sedendosi sulla sedia che aveva spostato di fianco al letto di Shinjiro, alzò le gambe e le appoggiò incrociate sopra le sponde del letto
“Sai perché sono qui Shin-kun vero? Non avrai pensato che la tua gita di piacere su un isolotto sperduto del Nuovo Mondo sia passata inosservata”
Lo sguardo di Shinjiro si fece pesante e si adagiò di nuovo sui cuscini scuro in volto, quegli occhi verdi solitamente brillanti e pieni di vita, ora apparivano spenti e svuotati di ogni energia. Anche se la presenza di un vecchio amico come Aokiji lo aveva rassicurato, i tristi pensieri che avevano affollato la mente nei giorni precedenti il suo incontro con Olvia, si fecero di nuovo pressanti come morse d’algamatolite marina. Sapeva bene perché l’ufficiale del Comando Centrale era li: un agente del CP9 ferito, una sospettata in fuga, un oggetto legato ai Poignee Griffe trafugato, ce n’era abbastanza per stendere un corposo rapporto da presentare alle alte sfere del Governo Mondiale.
“Mi stupisce che abbiano mandato proprio te… Ao-kun, mi sarei aspettato piuttosto quel bellimbusto di Kizaru o ancora peggio la brutta faccia di Akainu. Sinceramente non ti ci vedo proprio a torchiarmi”
“Amico mio così mi ferisci, io ero solo venuto a trovarti, guarda ti ho anche portato un mazzo di fiori come augurio di pronta guarigione” Aokiji sventolò un mazzo di crisantemi ed abbozzò un leggero sorriso, poi con molta delicatezza lo appoggiò ai piedi del letto.
“Per prima cosa, non mi sento di stare per morire, anche se so che ti piacerebbe un sacco, seconda cosa io odio profondamente i crisantemi e tu lo sai, terza cosa ma non meno importante… non mi chiamo Shelly!” Shinjiro lanciò il bigliettino con dedica addosso al marine, ma non fece in tempo a sfiorarlo che si ruppe in tanti piccoli frammenti di ghiaccio
“Possibile che tu riesca sempre a scherzare su tutto? Mi domando come facciano a prenderti sul serio i tuoi superiori”
“Sto solo cercando di tirarti su il morale vecchio mio, quella Nico Olvia sta diventando una vera ossessione per te, dovresti lasciarla perdere”
“Guarda che è il mio lavoro impicciarmi degli affari della gente, e guarda caso Olvia è un soggetto sotto osservazione da parte mia.”
“So bene che ti sei offerto volontario per il suo caso, non credere che non ti conosca, siete entrambi di Ohara e tu sei ancora molto legato ai tuoi conterranei. Agisci sempre cercando di risolvere i problemi senza sporcarti le mani, ma proprio per questo lato del tuo carattere, il CP9 non è il reparto adatto a te.” L’impassibilità di Aokiji e il suono atono della sua voce lasciavano trasparire un’insolita calma: era freddo, calcolatore, implacabile nelle sue deduzioni.
Shinjiro aveva subito capito dove voleva andare a parare, e per questo ringraziò il cielo che l’alto ufficiale della Marina fosse un suo intimo amico, in quei momenti Aokiji faceva davvero paura.
“Ora, se vuoi Shin-kun, lascia che ti racconti una bella storia” incrociò le gambe in senso contrario e si portò le mani dietro la testa allungandosi ancora di più sulla sedia “è la storia di un uomo che era solito navigare per i mari di testa sua: quest’uomo, che svolgeva diverse spedizioni di merci per conto del suo capo, intraprendeva sempre una rotta diversa dalla solita. Lo faceva all’insaputa del suo capo, ma riusciva sempre a raggiungere i risultati previsti; tuttavia aveva bisogno sempre di qualche amico che coprisse i suoi errori e le sue negligenze. Ora accadde, che un giorno per una di queste rotte, l’uomo perse il carico, il suo capo lo venne a sapere e chiese ad uno dei suoi dipendenti, che era anche amico dell’uomo in questione, di indagare sull’accaduto. Grande fu lo stupore dell’amico quando scoprì che in realtà l’uomo stava imbrogliando il suo capo per trattenere parte dei guadagni e che il suo lavoro di copertura aveva favorito quell’uomo ed i suoi piani.”
Shinjiro si fece pallido come un cencio, aveva capito l’antifona e dove Aokiji voleva andare a parare. Deglutì pesantemente e fissò con occhi preoccupati quelli dell’amico che stava in silenzio ad osservarlo, il marine riprese
“L’amico si trovò di fronte a due scelte: poteva denunciare l’uomo al suo capo e far si che ricevesse una severa punizione, oppure poteva coprirlo per l’ultima volta e salvarlo da quella incresciosa situazione.”
Seguì un’altra lunga pausa, Shinjiro aspettò un qualche cenno da parte di Aokiji, che tuttavia rimase imperturbabile; l’aria nella stanza si era improvvisamente fatta gelida e neppure la tiepida brezza che continuava a soffiare dalla finestra sembrava mitigare quel clima pesante e surreale. Davvero in quei momenti quell’uomo di ghiaccio sapeva infondergli un vero senso di terrore
“E quindi cosa scelse di fare l’amico di quell’uomo?”
l’agente del CP9 teneva sempre gli occhi incollati sul marine, allo stesso modo il marine affondava il suo sguardo gelido negli occhi dell’agente ferito. Shinjiro si sentiva impotente e braccato da un predatore troppo superiore a lui, Aokiji aveva capito tutto, non l’aveva detto esplicitamente, ma lui sapeva bene che dietro a quelle parole si celava la verità sulle sue intenzioni.
Nella miriade di pensieri che affollarono la sua mente arrivò a domandarsi se davvero era stato talmente sciocco da farsi scoprire in maniera così palese, oppure se tutta questa situazione era dovuta al grande intuito dell’ufficiale dei Marine. Shinjiro voleva fuggire, scappare da quell’ospedale, che era diventato da alcuni istanti una cella, come quelle nei più bassi gironi di Impel Down.
“Non lo so… conosco la storia soltanto fino qui, forse dovrei chiedere a Garp di raccontarmi il finale.”
Quelle parole ruppero di colpo la catena dei pensieri di Shinjiro, il suo volto riprese colore ed il suo respiro prima affannato si placò visibilmente. Pur sapendo che Aokiji era solito a scherzi di questo tipo, doveva ammettere che questa volta era stato davvero pesante.
“Già, sono sicuro che il tuo capo conosce il finale di questa storia meglio di te.”  Pronunciò quelle parole con leggerezza, quasi sorridendo, aveva l’impressione che anche questa volta, il suo vecchio amico avrebbe chiuso un occhio, forse per l’ultima volta.
Aokiji si alzò lentamente dalla sedia e prendendo il lungo cappotto dall’appendi-abiti, fece per uscire dalla stanza
“Ti aspetto al Comando Centrale non appena ti sarai rimesso, per il momento, il tuo caso sarà registrato come infortunio in missione. Ricordati che mi devi una spiegazione di tutto.”
Shinjiro guardò la sua figura di spalle che usciva dalla stanza, poi si ricordò dei fiori sul letto
“Hey… Non stai dimenticando niente?” disse sventolando i crisantemi
“Quelli serviranno più a te che a me”
“Che vuoi dire? Non devi uscire a cena con quella Shelly?!”
“Le ho promesso una cena è vero, ma non ho mai detto che era con me. Ci vediamo… Shin-chan.” Aokiji sparì dietro la porta, mentre fuori dalla stanza una graziosa infermiera mora e un po’ piccolina, incrociò lo sguardo di Shinjiro ed arrossendo corse via, l’agente del CP9 rimase immobile a fissare la porta che si chiuse con un leggero clack.
“E adesso dove lo trovo un altro bigliettino?!”
 
 
***
 
La notte era scesa di colpo. La foresta coi suoi fitti rami aveva inghiottito i raggi del sole oscurando il sentiero. Olvia correva facendosi largo tra i tronchi dei giganteschi alberi, correva, incespicava e cercava di aggrapparsi ad ogni sporgenza per evitare di cadere; i suoi capelli bianchi umidi per il sudore ondeggiavano nell’oscurità, ogni volta che muoveva lo sguardo alle sue spalle. Si sentiva osservata, braccata; da quando aveva lasciato Shinjiro sanguinante su quell’isola le sembrava che potessero comparire da un momento all’altro, agenti del Governo Mondale pronti a sequestrarla e portarla chissà dove per interrogarla, torturarla.
“No, non finirà qui, io non mi arrenderò!”
la voce rotta dal respiro affannoso tradiva il nervosismo dell’archeologa: da giorni non mangiava regolarmente, era sempre in movimento tra le diverse isole del Nuovo Mondo cercando di sfuggire a non ben precisati inseguitori.
D’improvviso la figura sinuosa di un leone maculato scivolò fuori dal fitto intreccio di alberi bloccando la strada di Nico Olvia. La ricercatrice di Ohara era talmente stanca per la corsa da aver perso ogni percezione verso l’ambiente circostante e si accorse troppo tardi della presenza del grande felino. Il leone avanzò con un balzo allungando la zampa artigliata verso il petto di Olvia, lei tuttavia raccolse le sue forze e con uno scatto riuscì a schivare le zanne del predatore ricadendo all’indietro. Ora si trovava a circa cinque metri di distanza dall’animale che le sbarrava la strada. Gli occhi del leone la fissavano con aria famelica, evidentemente Olvia doveva essere una facile preda per questo re della foresta; dal canto suo l’archeologa non era insolita ad incontri spiacevoli durante i suoi lunghi viaggi e nonostante si sentisse stremata, tirò fuori dalla fodera del cinturone la sua pistola pronta ad usarla in caso di estrema necessità. Si alzò cercando di mantenere la calma e la giusta distanza dal quel gatto troppo cresciuto, armò il cane e si posizionò in modo da avere una chiara linea di tiro.
“Avanti bel micione, vieni a prenderti la cena”
Quasi obbedendo a quell’invito, il leone si lanciò in un nuovo attacco e con un balzo cercò di afferrare Olvia per buttarla a terra di nuovo. Il tutto si svolse in un breve ed interminabile atto: la donna dai capelli bianchi tese le braccia e con un rapido gesto dell’indice sul grilletto fece fuoco, mirando alla testa dell’animale. Il colpo centrò in pieno il bersaglio ed il corpo esanime del leone maculato si riversò al suolo con un tonfo sordo.
Nico Olvia rimase a contemplare il corpo del predatore per qualche istante riprendendo fiato, poi riprese la sua corsa attraverso la foresta; non riusciva a togliersi dalla mente quell’intrico di pensieri legati a Shinjiro e al coinvolgimento del CP9, e come se non fosse abbastanza, ora si trovava in quella situazione proprio perché quello stupido dagli occhi verdi si era messo in testa di coprirla. Mentre correva allontanandosi dal luogo dello scontro, cercava invano un anfratto o una grotta nella quale ripararsi e passare la notte, ma i pensieri tanto confusi e pressanti quanto la vegetazione che la circondava, non le davano pace.
Una radice sporgente le intrappolò il piede facendola cadere pesantemente a terra, non aveva più forze per rialzarsi e per un attimo pensò che in fondo non sarebbe stato male riposarsi su quel morbido letto d’erba.
La rabbia che fino a poco prima animava la sua corsa sfrenata si tramutò in disperazione e gli occhi di Olvia, quei grandi occhi blu come il mare aperto, si bagnarono di lacrime amare. Aveva pianto poche volte in vita sua, e per ogni volta ne ricordava nitidamente il motivo: la prima cotta, la gioia del vero amore, la nascita di Robin e la scomparsa di suo marito. Tuttavia questa volta non capiva perché, non era sicura dei suoi sentimenti e del suo cuore, semplicemente sentiva il bisogno di piangere ed urlare la sua frustrazione.
Si girò di schiena con lo sguardo rivolto verso il soffitto di alberi, i pochi sprazzi di cielo offrivano una vista mozzafiato, un firmamento chiaro e luminoso, eppure Olvia, di quello spettacolo unico e stupendo, riusciva a cogliere solamente la sua piccolezza. Era sola, indifesa, lontana da casa e dagli amici, lontana da Robin, lontana dalla verità. Aveva combattuto e perseverato fino a quel momento, affrontando ogni difficoltà a testa alta, ma ora era a terra sia fisicamente che mentalmente: l’incontro con quell’agente del CP9 era stato davvero inaspettato. L’aveva costretta a mettersi in discussione, a considerare che forse stava combattendo una guerra persa in partenza.
“Shinjiro… Maledetto!” strinse i denti mentre le lacrime le solcavano le guance “tu non sai nulla… Non sai nulla!” urlò quelle ultime parole, le stesse che avrebbe voluto dire a quell’agente governativo, le stesse che avrebbe voluto urlare in faccia a Clover e a tutti quelli che l’avevano sempre osteggiata.
Il cielo raccolse muto quelle grida esasperate, senza rispondere nulla.
   
 
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