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Autore: malpensandoti    15/04/2014    6 recensioni
Vuole sentire, non provare.
Sentire l’adrenalina con il top non pagato dentro la borsa, il rossetto che non è passato dalla cassa, sentire le mani dell’ennesimo ragazzo sui fianchi e tra le gambe, sentire il sapore ruvido del fumo contro il palato e giù per la gola.
Provare attrazione, provare a stringere la mano a qualcuno, sorridere quando si sta bene, provare preoccupazione, rabbia, rimpianto, ansia, forse amore. Provare e provarci.
Poi arriva Niall Horan, e cambia tutto.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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capitolo tre










A volte capita che Rosie si perda ad osservare le gambe di qualche ragazza che le passa accanto. Si sofferma sulla stoffa dei jeans, le pieghe sulle caviglie, le cosce toniche e magre, le ginocchia piccole e appuntite.
Capita che si soffermi a guardare le mani e gli anelli di chi in qualche negozio sta cercando qualcosa da comprare, capita che riesca a guardare la stessa macchia sul vetro della classe di inglese per due ore filate, senza mai staccare gli occhi.
Capita anche che riesca a sorridere a sua madre – raramente – o che riesca a guardare in faccia suo padre – ancora più raramente -. Capita che dia ragione ad Harry e ai suoi gusti musicali, capita che riesca a sfogliare un libro di poesie, che si metta uno smalto chiaro e che si ricordi di allacciarsi le scarpe prima di uscire di casa.
Rosie non è di tante parole, e anzi, è una tipa che le parole ce le ha, da qualche parte. Le nasconde, senza voce, senza coraggio, senza nient’altro che una sigaretta in bocca.
Succede che sta male, capita che stia ancora peggio, che litighi coi suoi genitori e che scappi di casa per un paio di ore. Succede che ritorna, succede che i suoi fanno finta di niente e che di conseguenza lei stia zitta.
Capita che alle due del mattino lei si chiuda in bagno e accenda il getto dell’acqua gelato e poi bollente per provare qualcosa. Che scivoli sulle parete, che guardi il vuoto, che non ci riesca.
Che le ustioni fanno male, così come le litigate e i graffi sulle ginocchia, ma vuoi mettere il non provare nient’altro che

niente?









Frida ha preso l’autobus dieci minuti prima, piuttosto che vedere Harry alla fermata.

Adesso ha le caviglie incrociate e la gonna della divisa che svolazza, e sta seduta sulle gradinate della scuola con lo sguardo perso, la bocca rigida.
Non sta fumando.
Niall le arriva davanti con un sorriso sulle labbra, i capelli arruffati e la camicia che salta un’asola.
“Voglio il suo numero” è la prima cosa che dice.
Frida sobbalza visibilmente, scuotendo la testa per riprendersi. Aggrotta le sopracciglia e lo guarda, poi sospira e si alza in piedi, arrivando alla sua altezza.
“Hai detto qualcosa?” gli domanda.
“Voglio il suo numero”
“Il numero di chi?”
Niall fa uno scalino, avvolgendo il braccio sulle spalle della ragazza per incitarla a camminare. Entrambi salutano un paio di persone di poco conto, poi entrano nel corridoio lungo trascinando i piedi sul pavimento blu.
“La tua amica – risponde quindi lui, senza perdere il sorriso – Voglio il suo numero”
Frida frena di scatto, spalancando gli occhi verdi. Evita accuratamente di rispondere alla ragazza che le ha consigliato vivamente di andare da una certa parte dopo averle bloccato la strada e sbatte le palpebre più volte, lo sguardo sconvolto ancora contro quello sereno di Niall.
“Scusa. Ripeti”
Il ragazzo scoppia a ridere, riprendendo a camminare.
“Ma dai! – esclama, quando lei è di nuovo al suo fianco – Non fare quella faccia da imbecille. È parecchio figa. Rosie, giusto?”
“Non è una faccia da imbecille – Frida scuote la testa e si sistema lo zaino sulle spalle, raggiungendo le scalinate che portano alla palestra del piano terra – è una vera e propria faccia angosciata! Tu non eri fidanzato felicemente con la tua Angelina?”
Niall non risponde subito, si limita a scendere gli gradini saltellando, con le punte delle Nike all’infuori e le gambe agili.
Poi si ferma davanti alla porta in legno dello spogliatoio dei ragazzi, rivolgendole un sorriso furbo.
Dice solo: “È proprio una bella giornata, vero? Ho una voglia assurda di picchiare qualcuno”








Rosie sta guardando fuori dalla finestra, durante l’ora di storia dell’arte. Tiene le mani impegnate con una matita, la bocca corrucciata e i capelli crespi a nasconderle il volto dal resto della classe.

Harry, accanto a lei, sta disegnando quello che sembra il ritratto stilizzato di una ragazza.
“Harry, ti hanno mai fatto un pompino?”
La sua mano affusolata si blocca di scatto, la punta della matita si spezza l’attimo dopo.
Lui chiude gli occhi un istante, respirando così forte che le sue spalle larghe s’irrigidiscono. Poi volta la testa lentamente nella direzione di Rosie, che lo sta guardando con curiosità, priva d’imbarazzo.
“Scusami?” scandisce a bassa voce, sperando di aver sentito male.
L’amica piega appena il capo e ripete con un tono quasi dolce, come se stesse parlando con un neonato: “Un pompino. Te l’hanno mai fatto?”
Harry apre la bocca, a corto di parole. A quel punto Rosie inarca le sopracciglia e fa un movimento allusivo – e imbarazzante – della lingua: “Sai, quella cosa dove…”
“Lo so che cos’è quello! – esclama sgomento Harry, lanciando un’occhiata al resto della classe, sperando che nessuno senta la conversazione – Ma non capisco come questo ti possa interessare”
“Oh, andiamo! Ovvio che m’interessa! – Rosie sorride e alza appena il tono della voce – Sei il mio migliore amico”
Harry sbuffa, scuotendo la testa esasperato.
“Il sesso vale di più per me…capito? Ci vuole sentimento” bofonchia dopo un po’, con le guance rosse.
Rosie annuisce e si morde un sorriso, iniziando a canticchiare un motivetto e bassa voce.
“Sai – riprende qualche minuto dopo, quando la campanella della seconda ora suona – Frida te lo farebbe, un pompino. Un pompino con del sentimento
Harry avvampa di colpo.
Non ribatte.








Alla seconda ora di educazione fisica, la classe è divisa in due squadre. Se Frida ha capito bene, deve semplicemente schivare le palle che gli avversari dall’altro campo le lanciano e cercare di colpirne altrettanto.

Nella sua squadra sono rimasti lei, Niall, Rachel e Nikol. Dall’altra parte, Edwin Mitchell continua a lanciare palloni come se fossero bolidi.
Non ha superato gli esami degli anni scorsi, deve avere almeno un paio di anni in più. Ha i capelli rasati, rossi, gli occhi chiari e le lentiggini sul volto pallido e mascolino. È un armadio a cui la maggior parte delle ragazze del liceo ha fatto una sega nei bagni.

Frida lo odia.
Niall si muove velocemente, schiva tutti i palloni senza perdere la concentrazione e ne lancia altri di diretti, precisi.
“Forza, Horan! – urla Edwin, facendo rimbombare la sua voce per la palestra praticamente vuota – Fatti beccare!”
Lancia una delle tre palle di plastica, così tanto forte che lo schiocco contro la coscia di Rachel Bugg fa accapponare la pelle anche a Frida, che fa immediatamente un passo indietro.
La ragazza colpita strilla un’imprecazione e stringe i pugni con le lacrime agli occhi.
“Mitchell! – esclama il signor Pawel, in piedi a gambe incrociate sulla riga bianca del campo – Piano! Non vogliamo morti”
“Testa di cazzo” grugnisce Niall, e Frida si volta a guardarlo, scoprendolo improvvisamente serio, rigido.
Il gioco riprende e lei si rifugia all’angolo del suo campo, innocua.
Quando anche Nikol viene presa al braccio, Niall si volta velocemente nella sua direzione: “Stai dietro di me e non cercare di prenderle al volo” dice.
“Come se già non lo sapessi” ribatte Frida.
Niall si è trasformato in una manciata di minuti. Adesso sembra agitato, nervoso, una bomba pronta ad esplodere da un momento all’altro. Si muove coi pugni serrati e la mascella tesa, schiva i palloni con le gambe che tremano per qualcosa che assomiglia alla rabbia.
Frida, dietro di lui, ferma, è sul punto di chiedergli se sta bene, ma non appena apre bocca per dire qualcosa, la sua gamba destra inizia a bruciare in sincronia allo schiocco della palla che l’ha colpita.
Perde l’equilibrio per la velocità e la potenza del colpo, stordita.
L’attimo dopo, quando realizza che cosa sia successo e alza gli occhi, vede la figura di Niall Horan inginocchiata sul corpo di Edwin Mitchell che continua a tirare pugni contro un naso già inevitabilmente rotto con nocche già inevitabilmente spaccate.
Nocche di Niall, ovviamente.







Quella stessa sera, su Facebook, Frida dà il numero di Rosie ad un Niall appena tornato dall’ufficio del preside.

È l’inizio della fine, anche se ancora nessuno lo sa.









perdonate il ritardo, non ho tempo neanche di fermarmi a commentare!
spero che il capitolo vi sia piaciuto! mi farebbe tanto piacere sentire le vostre ipotesi sul comportarmento di niall, sono proprio curiosa!
un grazie a voi che seguite la storia!
a presto,
caterina















  
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