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Autore: callas d snape    16/04/2014    1 recensioni
L'infanzia di Maya può essere sintetizzata in un'unica parola: inferno. Senza genitori, sfruttata e maltrattata dal nonno per le sue doti, non si è mai sentita amata. Anzi, non si è neanche mai sentita umana. Spesso desidera di non essere mai nata o, addirittura, di morire!
Ma il Destino ha in serbo altri piani per lei, piani che sembrano tutti racchiusi nella D. del suo nome. E così affiancata da una "sorella" combinaguai dalle origini misteriose, una ciurma di pirati sconclusionata e un ragazzo di fuoco con cui condivide lo stesso dolore, Maya scoprirà la bellezza e la gioia dei sentimenti e inizierà una lotta contro il suo passato per cambiare il suo futuro ed essere felice.
N.B. Il rating potrebbe subire variazioni!
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mugiwara, Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace, Trafalgar Law, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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IO NON PICCHIO LE RAGAZZE!


 
“Grande sorellona! Hai preso il ragazzo che non ha pagato il conto!”
A quelle parole Maya si riscosse dallo stato di trance in cui era piombata e con un gesto fulmineo ribaltò la situazione: ora era il misterioso ladro ad essere schiena a terra mentre lei si trovava cavalcioni sopra di lui.
“E quindi tu non hai pagato il conto, eh?” chiese Maya con un sorrisetto mentre con una mano teneva il ragazzo inchiodato a terra.
Ace per nulla intimorito, si alzò leggermente dalla strada facendo perno sul gomito destro mentre la mano sinistra si andava a posare delicata su quella della bruna: “ Tesoro, tu sei una ragazza così carina che mi dispiacerebbe farti male. Dai, chiudi un occhio per sta volta!” e sfoderò il suo miglior sorriso seduttore, quello che usava per abbindolare tutte le ragazze di Foosha quando voleva ottenere qualcosa.
Maya, a quel punto,  si sciolse in una risatina quasi isterica arrossendo e liberando Ace dalla sua presa. “B-bhè…  per questa volta…” disse sorridendo come una stupida.
“Grazie zuccherino!” le rispose il moro, baciandole la mano dopo averla aiutata ad alzarsi. “Certo che non mi aspettavo che cedesse così in fretta! Non mi sembrava una di quelle ochette che si trovano a Foosha!” pensò sconsolato il ragazzo mentre riprendeva a camminare per la sua strada.
Alle sue spalle, Syri guardava sconcertata la sorella: “Maya, ma che diavolo ti è preso?!” La mora, però alzò una mano come a volerle dire di stare zitta e di aspettare. Prese l’arco che aveva a tracolla, incoccò una freccia e con un ghigno divertito la scoccò.
Ace non fece in tempo a capire cosa stesse succedendo. Percepì solo un fischio acuto, sentì una forza che gli portava via il suo amato cappello e poi lo vide trafitto da una freccia conficcata in un palo di legno a pochi passi da lui. Si girò sconcertato mentre la poca gente in strada mormorava spaventata: la ragazza di poco prima lo guardava con aria di sfida, l’arco stretto ancora tra le dita d’alabastro.
“Sai, ci ho ripensato.” disse avvicinandosi al bel ladro che aveva osato darle dello zuccherino. “D’altro canto noi donne siamo così volubili, cambiamo idea da un momento all’altro! Vuoi guadagnarti il pranzo? Devi battermi in un combattimento corpo a corpo.”
Ace sorrise divertito cercando di togliere la freccia dal palo. Dovette impiegare più forza di quanto avesse immaginato, cosa che non sfuggì alla sua avversaria.
Recuperato il copricapo, il moro si voltò verso di lei e disse: “Sapevo che non poteva essere stato così facile! Si nota subito che non sei come le altre ragazze.” e dopo aver controllato l’entità dei danni riportati dal suo povero cappello ed esserselo rimesso in testa, proseguì: “Accetto la sfida. Vuoi combattere qui in mezzo alla strada o andiamo in luogo più ‘intimo’?”
Senza togliere gli occhi di dosso al suo sfidante, Maya lanciò arco e faretra a sua sorella e le disse: “Syri va a casa e dì a Kerr di iniziare a pensare a una punizione per il suo ladruncolo.” Poi ignorando le proteste della bionda, superò Ace dicendogli un semplice ‘seguimi’.
 
Non dovettero camminare a lungo. Maya portò Ace al vecchio ponte e, superatolo, svoltò a sinistra fino a giungere in un piccolo spiazzo circondato per una metà da alti alberi e per l’altra a strapiombo sul mare. La ragazza si fermò al centro della radura spalle al suo avversario, mani sui fianchi, intenta a fissare un punto imprecisato tra gli alberi. Poi, preso un lungo respiro, si voltò e disse: “Le regole sono semplici: il primo che non riesce ad alzarsi ha perso. Il vincitore potrà chiedere qualsiasi cosa al perdente. Non vale utilizzare poteri o abilità speciali, solo la propria forza. Se si finisce in acqua è come aver perso. Niente trucchi, niente tiri mancini e nessuno scrupolo. Tutto chiaro?”
Ace guardò sorridendo la sfidante che invece manteneva un’espressione seria e determinata in volto e disse: “ Tutto chiaro. Però vorrei almeno conoscere il tuo nome.”
“Maya.” rispose secca l’altra.
“Io sono Ace.” replicò sfoderando il suo più bel sorriso, sta volta sincero “Mi dispiace incontrarti in tali circostanze e mi dispiace pure aver mangiato a scrocco. Comunque, se vuoi lottare, io sono pronto, basta che poi non vai a frignare dalla mamma.” e si mise in posizione da combattimento imitato dalla sua avversaria.
Tuttavia, Ace abbandonò subito la posizione presa e ridacchiando disse: “Scusa, ma non ce la faccio a picchiare una raga…” ma non riuscì a terminare la frase che si ritrovò scaraventato contro l’albero dietro di lui con un grosso bernoccolo sulla nuca e un forte dolore alla bocca dello stomaco.
Maya fece scrocchiare le dita della mano appena usata e disse con un sorriso inquietante: “ Ciò renderà tutto più semplice… e noioso! Avevamo detto nessuno scrupolo. Smettila di trattarmi così: io non sono uno zuccherino!”
“E va bene!” disse Ace massaggiandosi un attimo gli addominali scolpiti. Poi si gettò su Maya tentando di sorprenderla , ma lei evitò il colpo con una facilità inimmaginabile. Le danze erano cominciate!
 
Lo scontro continuò per più di un’ora. Ace era esterrefatto: nonostante si stesse impegnando la ragazza riusciva a tenergli testa egregiamente, anzi ogni tanto lo aveva persino messo in difficoltà. Per di più non sembrava per niente spossata: come diavolo era possibile?!
Maya dal canto suo, invece, iniziava a sentire i morsi della fame e la stanchezza accumulata quella mattina andando a caccia, ma mai lo avrebbe fatto capire al suo avversario. Doveva darsi  una mossa e chiudere la partita ora che aveva ancora la forza per vincere. Distratta, non si accorse dell’attacco di Ace che la buttò a terra. Fortunatamente, però, reagì prontamente scaraventando il ragazzo dietro di lei utilizzando gambe e braccia e facendolo finire in mare.
La ragazza tirò un sospiro di sollievo: ce l’aveva fatta, aveva vinto. Sorridendo si sporse per vedere la faccia tutta bagnata di quello sbruffone. Ma in acqua non c’era nessuno. Eppure sarebbe dovuto già riemergere. Non c’era neanche il pericolo che avesse battuto contro gli scogli visto che quel tratto ne era sgombro. E allora perché non riemergeva?!
Maya iniziò ad avere paura e a pensare al peggio. Senza aspettare un secondo di più, si gettò in mare. L’acqua era talmente gelida che le sembrava di avere il corpo trafitto da mille aghi; il sale bruciava negli occhi, ma lei non ci badava intenta a scorgere il corpo di quello sfacciato, terrorizzata alla sola idea di non rivedere più quei due pozzi neri che l’avevano stregata all’istante, anche se non lo avrebbe mai ammesso. Alla fine, quando ormai i suoi polmoni invocavano pietà, la sua mano toccò qualcosa di soffice e scompigliato: i capelli di Ace! Con le poche forze rimaste, riuscì a risalire in superficie e a far prendere una bella boccata d’aria ad entrambi.
Ace era intento a sputare fuori tutta l’acqua che aveva ingerito lasciandosi trainare da Maya verso il crepaccio che separava le due isole. Lì, tra le rocce appuntite, i due ragazzi si lasciarono cadere privi di forze e con il fiatone. Dopo qualche minuto fu la bruna a rompere il silenzio: “Potevi dirmelo che non sai nuotare!” Non ricevendo risposta si voltò verso il suo compagno, e con sua grande sorpresa lo trovò addormentato. Sbuffando si alzò in piedi esaminando la situazione: erano intrappolati lì, senza alcuna via d’uscita visto che era impossibile scalare la parete rocciosa e che lei non sarebbe riuscita a nuotare fino alla spiaggia con un peso morto sulle spalle.
“Che palle! Non dirmi che siamo bloccati qui!”
A Maya venne quasi un infarto sentendo la voce del moro a pochi centimetri dal suo orecchio destro.  Ma chi diavolo era quel ragazzo che si addormentava e si risvegliava nel giro di pochi minuti come se niente fosse dopo essere quasi morto affogato? Comunque si limitò ad annuire alla domanda del moro. L’unica cosa da fare era aspettare che qualcuno li andasse a cercare possibilmente prima che si alzasse la marea.
Maya si voltò verso Ace e lo trovò a fissarla con un sorriso allegro: “La vuoi vedere una magia?” Senza aspettare una risposta, si allontanò di qualche passo per poi prendere completamente fuoco e, sotto forma di una gigantesca colonna, arrivare in cima al dirupo. La ragazza lo guardava ammirata: ecco spiegata la sua forza, il fatto di non saper nuotare e la temperatura elevata del suo corpo. Quel ragazzo aveva mangiato un frutto del diavolo, un rogia!
La voce di Ace la riscosse dai suoi pensieri: “Vado a cercare una corda. Stai ferma lì, non che tu abbia altra scelta!”
“Ok!” gli gridò Maya vedendolo scomparire. Cosa diavolo le stava succedendo? Da quando si fidava così ciecamente degli sconosciuti? Per quanto ne sapeva, ora Ace poteva già essere lontano chilometri intento a lasciare l’isola. Eppure c’era qualcosa in lui che annullava completamente le sue difese: qualche ora prima, anche se aveva finto di essere solo un’ochetta, quando le aveva afferrato la mano, il suo cuore aveva davvero perso un battito. Scosse la testa violentemente: da quando lei si comportava come tutte le altre sciocche ragazzine? Perché quel tizio le faceva un tale effetto?
Era così presa nelle sue elucubrazioni, che non si accorse subito della corda che le penzolava a fianco: all’altro capo c’era Ace sorridente. Maya addolcì l’espressione pensierosa sul suo volto. Afferrando la corda, capì che di una cosa poteva stare certa: di Ace poteva iniziare a fidarsi.
 
Syri guardò per l’ennesima volta l’orologio nel locale ormai quasi deserto: erano le due passate e di Maya ancora nessuna traccia. Che fine aveva fatto sua sorella? Le peggiori ipotesi iniziarono a formarsi nella sua mente, ma le scacciò via violentemente. Lei era una persona positiva e sapeva che sua sorella era una tipa tosta. Aveva già fatto a botte con gente molto più grossa e pericolosa di quel ragazzo: non avrebbe mai perso contro un novellino!
In quel momento la porta sul retro si apri e Syri si precipitò ad accogliere la sorella (perché solo di lei poteva trattarsi). La scena che le si parò davanti però la lasciò a bocca aperta, indecisa se mettersi a ridere o a piangere: Maya era fradicia dalla testa ai piedi, tremante come un pulcino, con i vestiti ridotti a brandelli, ma sfoggiava il suo sorriso “anche sta volta ho vinto io”. Al suo fianco il ragazzo a dir poco imbarazzato pieno di lividi e tagli che non mancavano neanche sul volto della mora. Kerr guardava la scena contrariato, mentre Syri alla fine aveva optato per una sana risata attirando su di sé lo sguardo truce della sorella.
“Vatti a cambiare prima di prendere un accidente. E tu furbetto resta dove possa vederti: parleremo quando i clienti se ne saranno andati! Ah, Maya: buon compleanno!” disse il proprietario con tono duro per poi tornare in cucina. Maya sbuffando salì al piano superiore per cambiarsi inveendo contro il vecchio che aveva reso il suo compleanno di dominio pubblico, mentre Syri, che nel frattempo si era calmata, fece segno ad Ace di seguirla. Lo portò in cucina, gli diede un sacchetto pieno di ghiaccio e poi tornò in sala a servire i clienti lasciandolo solo con Kerr che non gli staccava mai gli occhi di dosso.
Fortunatamente i due non rimasero soli a lungo: dopo circa un quarto d’ora Maya si ripresentò in cucina con una scatola del pronto soccorso in mano. Si era fatta una doccia veloce per togliersi la salsedine soprattutto tra i capelli che poi aveva raccolto per evitare che sgocciolassero sui vestiti puliti. Aveva la mano sinistra fasciata e un cerotto sulla fronte. La bruna prese una sedia e si sedette di fronte al ragazzo: gli tolse il ghiaccio e senza dire una parola iniziò a medicargli le varie escoriazioni.
“Comunque, auguri.” disse ad un certo punto Ace.
“Grazie.” rispose la mora intenta a fasciare il braccio del suo interlocutore.
“No, grazie a te per le cure. Sei molto brava… e delicata.”
Maya sorrise divertita: “Beh, quando hai una sorella che non fa altro che cacciarsi nei guai, impari in fretta a fare la crocerossina!”
“Sai che hai proprio un bel sorriso? Meglio dei ghigni che mi hai fatto vedere finora! Mi piace!” Ace sorrise a sua volta in direzione della mora che era lievemente arrossita a quel complimento. Non era come quelle moine che le aveva rivolto prima: questo era sincero e ciò la rendeva felice… e allo stesso tempo la riempiva di paura perché aveva la strana sensazione che le sue barriere non avrebbero retto contro gli attacchi del ragazzo di fuoco.

Passò ancora una mezz’ora prima che la famiglia potesse chiudere il locale. A quel punto i quattro interessati si sedettero intorno ad uno dei tavoli della locanda ed aprirono le trattative.
“Allora” incominciò Kerr “inizia dicendoci il tuo nome.”
“Mi chiamo Ace.”
“Dunque Ace, ho fatto un veloce calcolo mentale e visto tutto quello che hai mangiato, mi devi 500 berry. Aggiungendo il fatto della fuga e che mi hai tolto Maya per più di due ore durante l’ora di punta, arriviamo a un totale di 1200 berry.” continuò l’oste.
Ace sbiancò: non aveva una cifra simile. Tutto quello che gli era rimasto dalle riparazioni alla barca erano  solo 5 berry!
“Dato che è ovvio che non puoi pagare in denaro, mi ripagherai lavorando per me per un mese.” concluse l’uomo.
“COSA?! UN MESE?!” urlò Ace. Quello doveva essere un incubo.
“Sì, un mese intero a partire da oggi.” rincarò la dose Kerr “Non puoi tirarti indietro: hai fatto un patto con Maya. Sii uomo e affronta le conseguenze delle tue azioni!” poi si alzò per andarsene, ma la voce del moro lo fermò.
“Non può farmi questo! È da 17 anni che aspetto di prendere il mare, non posso fermarmi qui per un mese!” sapeva perfettamente di essere patetico, ma era la sua ultima carta da giocare, quella che non usava mai perché la detestava: la compassione.
“Appunto, hai aspettato 17 anni puoi aspettare ancora 30 giorni. Inoltre questo è un favore che ti sto facendo: nessuno sano di mente prenderebbe il mare in questa stagione. Ti sto salvando l’osso del collo!” Detto questo Kerr se ne andò.
Ace si lasciò cadere sconsolato sulla sedia: non aveva altra scelta che accettare. Certo che il suo viaggio era iniziato proprio bene!
 
 
 


N.d.a.
Salve a tutti!!! Mi dispiace che questo cap sia risultato più corto di quanto avessi programmato all’inizio, ma mi rifarò col prossimo. Spero che vi sia piaciuto ugualmente. Ringrazio tutti quelli che hanno letto la storia o l’hanno inserita tra le preferite o le ricordate. Un ringraziamento speciale va ad Axul che è stata la prima a recensirmi: ti adoro ragazza!
Approfitto dello spazio per ringraziare anche chi ha letto, recensito ed inserito tra le preferite la mia one shot che aveva come protagonista il povero Satch, “Tell me a story”. Grazie vi adoro tutti!
Beh, non ho altro da aggiungere se non: Buona Pasqua a tutti!!! E mi raccomando recensite in molti!!!
 See you soon, C.S.  
  
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