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Autore: michiamanomar    20/04/2014    3 recensioni
Al compimento dei 16 anni l'intrepida Emma comincia a fare strani sogni.
In essi si trova immersa nel mondo delle favole e vive diverse avventure fino a quando non gli è rivelata la sua missione: il confine tra la Terra ed il mondo delle favole è stato spezzato da un sortilegio e lei deve ricomporlo. Per farlo,le servirà l'aiuto della fata madrina che necessita di alcuni elementi provenienti dai diversi mondi per fortificare la propria magia. Tra questi mondi,però,Emma troverà anche nuovi amici,sua madre ma soprattutto l'amore.
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Guardai dritto davanti a me,c'era il mare,una distesa enorme di acqua. Ero su una nave in legno,una di quelle antiche. Un uomo basso,dalla barba bianca,maglia a righe azzurre e bianche,occhiali ed uno strano cappellino rosso urlava ai braccianti di continuare a remare e loro obbedivano. Non sapevo dove fossi ma quel posto aveva un'aria familiare,c'ero già stata eppure non sapevo orientarmi perfettamente. Ero in un angolo della nave,vicino all'albero maestro. Mi avrebbero scoperta. L'istinto mi diceva di scappare e nascondermi ma qualcosa mi tratteneva,in cuor mio sapevo che quello era il mio posto.
« E tu chi sei?» mi domandò una voce sconosciuta. Mi sentì invadere dal terrore,mi voltai e vidi un ragazzo. La maglia riportava gli stessi motivi dell'uomo dalla barba,aveva una benda nera sull'occhio sinistro,l'altro era azzurro come quella che stava davanti a me. I capelli erano corvini e portava un cappello nero di quelli che avevo visti disegnati nei libri per bambini,quelli che solitamente indossavano i pirati. Il pantalone era lungo fino al ginocchio ed era nero e le scarpe a punta,lucide. Portava un piccolo orecchino sull'orecchio destro.
Mi rifece la domanda. Non sapevo cosa fare,non mi restava altra possibilità che rispondere. Avevo la gola secca e la voce era tremante quando pronunciai il mio nome « Emma. »
« Ti ha mandata lui? Sei una delle sue bambine sperdute? » chiese il ragazzo ed io lo guardai perplessa. Bambine sperdute? Cosa stava dicendo quel ragazzo e perchè era vestito in quel modo? 
« Rispondi! » urlò. Io indietreggiai,spaventata.
« Non so cosa dirti, io non conosco il lui di cui stai parlando.»
« Facciamo così,provo a rifarti la domanda. Ti ha mandata Peter Pan? » A sentire quel nome scoppiai a ridere. Lui mi fissò intensamente per tutta la durata della mia risata,probabilmente mi credeva pazza. Quindi questo ragazzo-pirata credeva che io fossi Wendy? Era uscito di senno forse?
« Visto che con le buone non vuoi capirlo dovrò chiamare mio padre.» Si voltò verso la poppa della nave ed urlò un nome: Uncino. Un uomo dai capelli neri,gli occhi marroni con qualche riflesso verde,il naso aquilino,barba e baffi corvini e la bocca sottile si stava avvicinando. Una delle sue gambe era di legno e contava sull'altra per camminare. Aveva una benda nera sull'occhio,così come il ragazzo. Quest'ultimo domandò cosa ne dovessero fare di me. Uncino fece un passo verso di me e mi scrutò. Prese una lente per osservarmi meglio. Sentì il suo respiro accanto al mio, cercai di trattenere la paura, mi ripetei che era solo un sogno,che non potevano farmi male eppure sembrava tutto così vero. 
«Ci potrebbe essere utile,Jack. Portala dentro e trattala bene,potrebbe essere la nostra spia.» asserì l'uomo.
«Cosa?» strillai,in preda al panico. «Voi non potete portarmi da nessuna parte,domani inizia la scuola.» Loro scoppiarono a ridere,come se avessi appena raccontato chissà quale divertente barzelletta. 
«Potresti cominciare a piacermi,ragazzina.» affermò lo strano personaggio dalla gamba di legno poi tirò via con la mano destra il guanto che aveva sulla sinistra e allora me ne accorsi. Avvicinò l'uncino che aveva al posto di quella al mio viso e lo accarezzò lentamente con esso. «Ma sarà meglio che ascolti il mio figlioccio,adesso o farai una brutta fine.» 
Mi guardai intorno. Il suo figlioccio? Da quando Uncino aveva un figlio?Questo non era scritto sui libri di favole che mi aveva letto mio padre quando ero bambina. 
Vedendomi confusa,Uncino indicò il ragazzo di prima. Ricordai il nome: Jack. Fu lui a prendermi per il braccio e trascinarmi in una stanzetta che stava sulla nave. L'interno era migliore di quello che mi aspettassi: a terra il pavimento era di legno,i muri erano in rosso e c'era un disegno di qualcuno che riconobbi a prima vista, Peter Pan, poi un divano intonato ai muri ed un letto matrimoniale. Jack mi fece sedere su una poltrona rivestita d'oro e mi legò le mani ai braccioli.
«Chi dorme qui?» chiesi. 
«Io.» rispose.
«Quindi tu saresti il figlio di Capitan Uncino?» ribattei. 
«Esattamente.»
«Nei libri Uncino non ha alcun figlio.»
«Libri? Ci sono libri riguardo Uncino?» domandò curioso. Si sedette su una poltrona di fronte a me e si tirò le gambe verso il petto. Io annuì. Mi chiese di narrargli cosa ci fosse scritto e proprio quando stavo per cominciare sobbalzai. Il sole mi illuminava il viso e l'aria era calda,avevo la fronte imperlata di sudore. Guardai l'orologio,erano appena le sei ma temevo di riaddormentarmi. 
Il sogno di quella notte era stato parecchio strano. Mi avviai verso il bagno ed accesi la luce,aspettai che mio padre si alzasse ma poi mi ricordai che non c'era nessuno lì con me. Ero in una nuova città,in una delle scuole più costose ma ero sola. 
Mio padre mi aveva pagato quella piccola ma accogliente stanza di un albergo,mi aveva dato tutta la fiducia possibile e poi mi aveva fatta partire. Non ero stata io a chiedergli di andarmene,semplicemente era successo che una notte avevo fatto un altro di questi strani sogni,lui mi aveva sentito strillare ed era accorso da me.
Quando gli avevo raccontato cosa era successo ricordo di aver letto nei suoi occhi il terrore. Aveva finto un sorriso ed il giorno dopo mi aveva detto che era il momento di andarsene,che dovevo staccarmi un po' da lui. Avevamo trovato presto questa casetta e mi aveva mandata qui a passare l'estate in una scuola-campo estivo. Quel giorno avrei dovuto cominciare.
La notte prima,quando ero arrivata,non avevo neppure disfatto le valigie. 
Feci una doccia veloce poi mi vestì. Indossai una maglia in pizzo bianca,jeans e converse, spazzolai i capelli poi mi feci un bel sorriso allo specchio. 
Sapevo che c'era qualcosa che aveva spinto mio padre a mandarmi via,avevamo avuto un rapporto speciale da sempre. Aveva provato a fare sempre del suo meglio per colmare il vuoto che mia madre aveva lasciato con la sua morte, si era impegnato al massimo per non farmi mancare mai nulla. Faceva il vigile del fuoco e,durante le notti,pur di non lasciarmi da sola mi portava con se. Era l'unico vero amore della mia vita e vederlo parlare così mi aveva un po' scossa. 
«Io sono Emma.» dissi al mio riflesso ma mi sembrò un po' insicura come presentazione. Aggiunsi un altro strato di mascara agli occhi e ripetei la stessa frase. 
Indossai il giubotto blu,mi guardai intorno,presi la valigia e poi uscì dalla stanza. Quel sogno aveva rappresentato solo l'inizio della mia avventura. Un nuovo inizio per una nuova vita.

 

   
 
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