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Autore: unconscious    22/04/2014    0 recensioni
sarei felice di sapere che quando sprofonderò nell'oblio della morte, almeno una persona a questo mondo ricordasse il mio nome.
ivy.
Genere: Demenziale, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sarebbe stupendo riuscire ad avvicinarmi e spiccicare una parola. Formidabile. Ne ho visti così tanti di film da avere un bagaglio di frasi pronte all’uso alquanto versatile: peccato la maggior parte siano in inglese. Non mi fraintendete, non sono una tipetta con la puzza sotto il naso che guarda film in lingua perché fa figo, o alternativo, intelligente, da nerd. E’ solo che esercita su di me un fascino irresistibile: e in più, esprimermi in un’altra lingua mi rende disinibita e sfacciata. E’ come se a parlare ci fosse un’altra me, e niente di tutto ciò che dico avesse il minimo peso. Peccato che la realtà in cui vivo sia al cento per cento italiana: avrò il ragazzo in un mondo parallelo, molto lontano dalle mie possibilità.
 
Ergo, non parlerò mai con Carlo.
 
Un simile ragionamento mi frullava in testa alla fermata dell’autobus alle ore 7:45 di un piovoso mercoledì mattina di fine aprile: e il tipo che stavo ostinatamente fissando era il tizio che prendeva il mio stesso bus da quattro anni ormai, e conoscevo il suo nome solo perché lo avevo letto di sfuggita secoli addietro, sbirciando il suo quaderno. Questo dimostra le mie doti in fatto di relazioni sociali.
Il problema era, riallacciandomi al delirio iniziale, che effettivamente avevo guardato troppi film: l’effetto collaterale, che non segnano sulla custodia dei dvd, è l’instaurarsi nella mente del soggetto una soglia di aspettativa così alta, che nemmeno sorvolando l’area con un elicottero gli sarebbe possibile raggiungerla. La mia mente era vittima della cosiddetta deformazione professionale: vedeva il mondo come attraverso un obiettivo, con la sala montaggio sempre in funzione, musiche, luci ed inquadrature perfettamente studiate. Ma il vero guaio è il reparto sceneggiatura: non sta fermo un attimo, macina copioni su copioni, costruendo storie e situazioni che mai, e dico mai, in alcun universo governato dal buon senso, potrebbero verificarsi. Il risultato è un relitto umano che si trascina in un mare in tempesta cercando disperatamente una spiaggia su cui approdare, al sicuro tra le braccia della normalità. Della realtà.
 
Ma io non sono normale. Non riesco a seguire un filo logico: sono una matassa, una matassa pretenziosa, che scruta e osserva, immagazzina ed elabora, e si tiene tutto per sé. Vivo di espedienti, mi aggrappo ai sogni, e se non sono impegnata ad inseguirne uno, mi siedo a riposare su una nuvola, con le gambe penzoloni e il naso all’ingiù, a studiare il grande teatro del mondo.
 
 
E invece arrivò il giorno in cui mi avvicinai e glielo dissi, che mi piaceva da morire e che nei film è così facile dire ciao e passare oltre, e che lo avrei conquistato, ma se non voleva mi accontentavo anche che mi sorridesse al mattino. Sono timida è vero, ma lui aveva quel non so che nello sguardo che mi ispirava una tale fiducia, e bleah, è da cliché, ma lo conoscevo da sempre: e gli occhi non sbagliano mai. E si, lo confesso, non ho mai incontrato l’amore, ma se proprio devo, vorrei che fosse lui a presentarmelo.
 
Piacere signor Amore, sono Ivy, e mi sono stancata di star attaccata al muro.
  
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