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Autore: _Camelia    22/04/2014    5 recensioni
-Non dire stupidaggini Ash-
Lo ammonii. Sapevo che aveva una ragazza, ma davvero mi risultava impossibile non flirtare un po’ con lui. Impossibilissimo.
Mi mise una mano sul fianco, attirandomi a se sorridendo quasi imbarazzato
-Sai è tutta sera che mi chiedo una cosa.-
Chinai il capo, curiosa di sapere cosa si stesse chiedendo dall’inizio della serata. Probabilmente che taglia di reggiseno portassi, o cose simili, che mi avrebbero fatto vedere quanto coglione fosse quel ragazzo.
Sorrise, passando a fatica una mano fra i capelli bagnati
-Chissà com’è baciarla? Davvero, hai baciato Calum, Michael, persino Luke che è sempre schivo. Me no. Mi è dispiaciuto…-
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Questa è la mia prima FF sui 5sos. Spero possa piacere. Love you all
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Flashback.

-PIENA DI DEBITI!-
Sentii urlare dal piano terra. Mi stropicciai gli occhi, rigirandomi fra le coperte, per poi aprirli definitivamente. La luce chiara di inizio Aprile filtrava dalla finestra; certo, le veneziane erano ancora chiuse e ne passava poca, giusto quel tanto per far vedere che fosse mattino inoltrato. Dovevo essermi addormentata, ignorando palesemente la sveglia, mi capitava spesso.
Allungai la mano verso il comodino e presi il cellulare; una volta sbloccato lo schermo, guardai l’orario, sbuffando: erano le 11.19 e io, ancora, non avevo concluso nulla. Mi alzai svogliatamente, infilai un paio di pantaloni della tuta, una maglia sformata di mio fratello e una felpa ormai troppo piccola per me.
Con i capelli ancora spettinati, legati in una scomposta coda alta, scesi al piano di sotto, per sentire come mai mia madre stesse urlando tanto forte. Lei se ne stava a telefono, si muoveva per casa torturandosi i capelli, parlando con le sue sorelle di mia nonna.
Sbuffai, alzai gli occhi al cielo sapendo già il problema e quindi, senza dir nulla, presi stracci e detersivi, pronta a pulire, come tutti i sabato mattina, sala, salotto e cucina.
Spostando oggetti a destra e manca, pulendo mobili in legno e piccoli soprammobili inutili, mia madre finì di parlare per poi osservarmi arrabbiata.
-Io l’avevo detto! Lasciamo tutto e andiamocene in Australia! Ma tu no, non volevi! E voglio andare in università, e voglio stare in questa casa! Basta…mi sono rotta di queste solite cose, di tua nonna piena di debiti e tuo zio alcolizzato! Preparati psicologicamente, perché appena risolviamo quest’ultima genialata di mia mamma, partiamo!-
Lasciai cadere lo straccio, sgranando gli occhi e spalancando la bocca.
-Ma proprio no!-
Di tutti i poti belli esistenti al mondo, lei era fissata a volersi trasferire in un luogo che avrebbe richiesto più di venti ore di viaggio. Come se già non fossi stata male per raggiungere le isole Canarie, l’estate prima, con sole quattro ore di viaggio.
Scossi la testa, decisa ad ignorare assolutamente tutto, com’era mio solito fare.

 
Sbuffai, guardando mia madre in cagnesco. In tre mesi era riuscita a saldare il debito di mia nonna e prenotare un viaggio per l’Australia. Mi aveva fatto finire la sessione estiva degli esami in anticipo, costringendomi quasi a darli tutti a Giugno; era riuscita tramite agganci a farsi dare un visto per tre mesi mentre io, grazie all’università, ero riuscita per lo meno a iniziare un trasferimento pratiche dalla mia facoltà ad un college Australiano. Favoloso, davvero. Scoppiavo di gioia proprio.
Non le parlavo più del necessario da circa da due mesi, invece, più o meno da quando mi aveva avvertita dei due permessi di soggiorno.
Non riuscivo a capire perché mi costringesse ad andare, avevo vent’anni, non ritenevo giusto che mi costringesse a seguirla, proprio no!
L’altoparlante chiamò il mio volo, mi alzai prendendo la valigia con me.
-Tieni d’occhio tuo fratello! Sai che ha quel brutto vizio di non guardare mai dove va! Non vorrei perderlo ora che è arrivato il nostro volo.-
Mia madre prese le sue cose, i biglietti aerei e tutto il resto, lasciandomi in mano il blister per le pastiglie contro il mal d’aria. Le infilai nelle tasche della felpa che mi ero messa quel giorno: era il 21 Giugno e pioveva. Favoloso.
Con la valigia ancora in mano, trascinandola a fatica verso il nastro per imbarcarla, mi avvicinai al numero del nostro volo, per poi seguire Claudio che, questa volta, aveva preso la strada giusta. Mi osservò dall’alto del suo metro e ottanta, nonostante i due anni in meno rispetto a me.
-Che vuoi?!-
Alzai un sopracciglio osservandolo.
-Hai delle occhiaie spaventose Iris!-
Con una smorfia alzai la mano, mandandolo in modo carino a quel paese. Ingorandolo palesemente, mi misi seduta per terra, aspettando che aprissero i nastri per controllare i nostri biglietti e lasciarci finalmente salire su quella macchina infernale che per me era l’aereo.
Una volta controllato tutto, biglietto e santi vari, con una calma notevolmente poco incoraggiante procedemmo verso i nostri posti; senza che Claude mi potesse precedere, riuscii ad infilarmi al posto vicino all’oblò
-Mamma!-
Si lamentò lui puntandomi con un dito, guardandomi con fare cattivo; scrollai le spalle, alzando il piccolo blister di pastiglie, che lasciai cadere assieme a telefono, ipod e ipad nella tasca del sedile davanti a me
-Io sto male se non guardo fuori. Non rompere e siediti esterno che non ti voglio vicino per ventuno ore!-
mamma alzò gli occhi al cielo, pregandoci di non litigare, aprendo così una discussione sul “ non avremmo litigato se non mi avessi costretta a venire con te”, che fu interrotta da una delle hostess.
Il viaggio iniziò e così il mio malessere, sedato subito da quelle miracolose pastiglie e bracciali contro la nausea. Riuscii persino a dormire qualche ora, ma una volta arrivati all’aeroporto di Sidney, finalmente, avevo sia ipod sia ipad completamente fuori gioco. Guardai il telefono prima di scendere dall’aereo, ringraziando che mi fossi portata una batteria di riserva e pregando che questa resistesse prima dell’arrivo alla casa presa in affitto.
-Bella no?!-
Disse mamma tutta orgogliosa, una volta usciti dall’aeroporto e ritirata la macchina presa in noleggio, che rimase a osservare parecchio sconcertata
-Bene…come si guida?-
Mi osservò aspettando che mi offrissi di prendere le chiavi e guidare al posto suo. Alzai un sopracciglio, osservandola scioccata
-Cazzo mamma! Te ne potevi prendere una non con guida inglese. Io non posso guidare, comunque, perché serve un minimo di tre anni e l’ho presa nemmeno sei mesi fa. Al massimo ti traduco i cartelli.-
Aprii il baule, caricando la mia valigia e quella di Claudio che, fregandosene di tutto e tutti, era già montato in macchina lasciando tutto li, alla rinfusa. Lo feci scendere dal posto del passeggero, per cacciarlo dietro, e mi sedetti aspettando che mia madre, il genio dei geni, salisse e accendesse, maneggiando a fatica il cambio della marcia.
Ebbene…dire di averci messo meno di tre ore per raggiungere una casa in una delle vie più trovabili del mondo, sarebbe potuto diventare una bella e divertentissima barzelletta, perché il tempo impiegato fu esattamente quattro ore e venti minuti.
Cronometrati tutti da mio fratello che, oltre a lamentarsi della guida di mia madre, non fu in grado di essere d’aiuto. Proprio per nulla.
-Cazzo Claudio taci!-
Sbottammo all’unisono io e mamma, voltandoci verso lui all’ennesimo semaforo rosso. Per lo meno ora avevam ritrovato la strada: ero riuscita a far vivere il telefono, agganciandolo alla presa usb dell’auto e, quindi, a prendere una miracolosa rete wi-fi libera, giusto per segnarmi i nomi delle vie nelle quali svoltare. Alla fine, parcheggiammo nel vialetto della piccola casa, e scendemmo dalle auto.
In quel momento mi passò solo per la testa di baciare il pavimento sul quale poggiai i piedi, perché ne avevo davvero piene le tasche di tutti quei viaggi.
- Claudio scarica la macchina che io apro la porta!-
Dissi, prendendo le chiavi e desiderosa di vedere se l’interno fosse stato davvero come in foto. Mi fermai a venti centimetri dalla porta, strabuzzai gli occhi e tornai indietro
-Ok mamma…MAMMA!-
Urlai, vedendo che proprio non aveva voglia di raggiungermi. Stava parlando, o almeno tentava dato il suo inglese basilare, con quella che pensai fosse la vicina di casa. Lei mi guardò straniata mia mamma alzò gli occhi al cielo. Probabilmente stavo per scoppiare a piangere. Claudio si mise a ridere, scimmiottandomi, per poi arrivare li vicino a me e alzare le spalle
-ah…ti arrangi quel coso è enorme-
Puntò il grosso ragno proprio sul pomello della porta di casa che, con quelle zampe pelose, non faceva altro che terrorizzarmi
-Senti Iris…se è ancora un ragnetto piccolino mi incazzo!-
Essere aracnofobici era un problema, soprattutto li in Australia, dove le creature erano tipo il doppio che in Italia. Mamma si sfregò le mani divertita, guardando il bestione del ragno, per poi prendere un fazzoletto e schiacciarlo con soddisfazione, avvicinandosi poi a me con il corpo morto dell’aracnide in mano
-Guarda che grande!-
Stronza. Lo faceva apposta.
indietreggiai con gli occhi lucidi, serpe seguita da lei, per dirigermi verso gli spazi vuoti individuati dai miei occhi, in altre parole verso lo staccionata dei vicini.
-No! Mamma dai….-
senza fermarsi, con un sorriso stronzo sulle labbra, questa continuò ad avvicinarsi finché on mi trovai “spalle al muro”
-Dai, non spaventare tua figlia!-
Annuii alle parole della vicina, convintissima
-Ecco, dai su!-
Mamma alzò gli occhi al cielo, ridendo, per poi buttare l’animaletto nella pattumiera poco distante. Tornò li a conversare con la vicina, presentandomi
-Lei è mia figlia Iris. Iris, Liz!-
Allungai una mano verso la donna e sorrisi, stringendogliela
-Piacere! Che bella figlia, quanti anni hai?!-
Sorrisi imbarazzate, stringendomi nelle spalle
-A fine Luglio ne faccio venti. Sono vecchia ormai!-
Liz rise alzando le spalle, aggiungendo qualcosa che mi suonò come un “ah, i figli”, per poi mettersi a parlare del fatto che avesse un figlio dell’età di Claude e che, probabilmente, si sarebbero visti a scuola, anche se frequentava ormai poco o niente. Sorrisi, salutai la vicina e presi la mia valigia gentilmente lasciata sulla porta di casa da Claudio.
Una volta dentro, rimasi a osservare la stanza: dall’entrata partiva una scala di legno, verso il piano superiore dove scorreva anche una piccola ringhiera, sempre in legno; si poteva intravedere la porta del bagno e l’inizio del corridoio, le stanze stavano la probabilmente.
Salii a fatica per poi percorrere il corridoio, la prima stanza a destra era ormai occupata da Claude
-Quella accanto è di mamma. Ha un matrimoniale! Quella in fondo ha un letto simile al tuo a casa!-
Mi informò, alzando la testa dalla valigia che, stranamente, stava già sistemando negli armadi. Annuii e poi sparii dalla sua vista, filando verso la “mia stanza”. Era carina, tutto sommato; il tetto basso in legno scuro scendeva verso una grossa finestra su quello che doveva essere il lato destro della casa; le pareti erano bianche panna, decorate con motivi barocchi qua e la, soprattutto attorno al lampadario centrale alla stanza e attorno agli infissi di porta e finestra.
Aprii la valigia sul letto e iniziai a sistemare tutto, per poi esser chiamata da mia madre che avvisava che, per quella sera, saremmo usciti a cena accompagnati dalla vicina tanto gentile e carina e bla bla.
Fantastico. Io volevo solo dormire e sconfiggere il Jat lag…povera illusa.
Scrollai le spalle, decisi di vedere come funzionava la doccia fregando il posto, velocemente, a mio fratello; una volta uscita restai ferma davanti all’armadio, in mutande e reggiseno, osservando i vestiti appena sistemati e ancora ben ordinati.
Mi voltai verso la finestra, per caso, trovandomi a fissare una testa bionda intenta a fare chissà cosa. Era un ragazzo, forse il figlio di Liz.
Scrollai le spalle e chiusi le tende chiare, tanto per non far vedere al mondo intero com’ero sotto i vestiti, certo.
Presi una fascia, una semplice canotta nera con le maniche profonde e un paio di calzoncini che infilai velocemente. Legai i capelli in una coda alta, mi truccai giusto quel poco necessario a far sparire le occhiaie e scesi, borsa in spalla e scarpe ai piedi.
-Ah sei pronta! Cavolo alla buon ora!-
Squadrai mamma da capo a piedi, era vestita come sempre, ovvero non come piaceva a me
-Ci metto tutto il tempo che mi serve! Andiamo-
Uscimmo di casa, salii in macchina aspettando che mamma mi seguisse; lei, a sua volta, stava aspettando che uscissero Liz e la famiglia intera, o almeno pensavo, certo due macchine erano eccessive per una famiglia intera, ma pazienza.
Presi l’ipod, infilai le cuffie e mi addormentai, probabilmente nel mentre partimmo anche, perché mi risvegliai proprio davanti ad un ristorante.
Mi stropicciai gli occhi e poi controllai nello specchietto, ricordandomi di essermi truccata prima di uscire, accidenti a me.
-Dai scendi! -
Claude spinse il sedile, facendomi quasi sbattere contro il cruscotto. Benedette cinture di sicurezza.
Borbottando scesi dalla macchina, prenendomi la borsa e ficcandoci dentro l’ipod; passai le mani sulle braccia, sfregandole, la stanchezza mi aveva messo freddo.
-Ragazzi! Venite, venite! Loro sono Iris e Claudio.-
Sentii dire mia da mia mamma, rivolta a chissà chi. Mi voltai in sua direzione, dove quattro ragazzi si spintonavano scendendo da un’auto, per andare a salutare mio fratello, probabilmente coglione quanto loro.
Alzai gli occhi al cielo, nessuna ragazza, favoloso, già ero una che non legava per nulla.
-Iris!-
Mia madre mi rimproverò, fissandomi, aspettando che andassi a presentarmi come si deve. Lo stress per il viaggio, il sonno, e il profondo imbarazzo non riuscirono a farmi serbare per nulla simpatica; per tanto, dopo una frettolosa occhiata a lume di lampione, dato il cielo scuro, alzai una mano con tanta voglia di vivere e accennai una specie di saluto, prima di controllare sul telefono che vi fossero messaggi da parte di qualche mia amica.
Inizio della bella serata numero uno. Dove il mio morale era a terra, la mia forza vitale assolutamente sotto i talloni e la voglia di conversare stava al bar a farsi un goccino.
Entrai nel ristorante seguendo Liz, stringendomi nelle spalle come a volermi nascondere; volevo solo tornare “a casa” e andarmene a letto.

Spazio autore.
Oook! Parto con il dire che non dovrei scrivere, davvero, dovrei studiare! In ogni caso è stato più forte di me, mi piacciono troppo i 5sos.
So....eccomi qua , a scrivere la mia prima FF su di loro!
Presto farò un bannerino introduttivo, tanto per rendere il tutto più carino.
Spero che questa "parte introduttiva" vi sia piaciuta! Lasciatemi una recensione, mi farebbe davvero piacere! Continuerò arrivata a due recensioni, voglio sapere se ne vale la pena o meno (lo so è il primo capitolo, ma da questo si capisce se può essere interessante o meno, no?!)
Scusate lo sprooquio!
Seguitemi qua sopra, su tumblr....se volete contattarmi in fanmail o sul blog in generale :)
   
 
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