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Autore: Llay Ka_chan    24/04/2014    0 recensioni
Chiara è una ragazza allegra, positiva, vede il bene in tutto ciò che le sta attorno; è ingenua, non si fa troppe domande. Ultimamente però gli incubi le fanno visita ogni notte, lasciandola la mattina dopo con una frase :" Apri gli occhi, oppure muori".
Iris è una sedicenne timida, insicura, alla ricerca della propria personalità. A differenza di Chiara, comincia ad insospettirsi della realtà che la circonda...
Gwenael è una giovane donna con una grande responsabilità, e conosce bene l'abisso tra apparenza e realtà. Presto le sue mani si macchieranno di sangue, così come la ridente capitale del paese: White Harbour.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 1

Era una fresca mattina d'autunno. Chiara prese lentamente coscienza di sè, destandosi dal suo lungo sonno tormentato. L'immagine di un ragazzo morto, a terra a coprire il proprio sangue, era ancora vivida nella mente della giovane, così come la terribile frase finale che era diventata quasi come un rituale per il suo risveglio. "Apri gli occhi, oppure muori".
Chiara li apriva sempre, gli occhi. Si svegliava, si alzava, si stiracchiava; e tutte le mattine si ripeteva che finché avesse continuato a svegliarsi, mattina dopo mattina, non ci sarebbero stati problemi. In fondo, erano solo sogni… In questo modo si dimenticava degli incubi per tutta la giornata tornando ad essere l'allegra e gioiosa ragazza di sempre, serena e senza preoccupazioni.
La giovane infatti scivolò rapida giù dal letto e si diresse verso il bagno per prepararsi. Indugiò qualche istante davanti allo specchio a parete della stanza, osservando il proprio pallore e le occhiaie più evidenti del solito; fece spallucce, poteva benissimo usare un po' di fondotinta, si disse. E così fece.
- Buon giorno, tesoro - la salutò suo padre, un uomo sulla quarantina, non appena Chiara mise piede in soggiorno. La ragazza era vestita con una camicetta a maniche corte color verde pastello e un paio di comodi jeans; i capelli castani, mossi e lunghi fino alle spalle, erano stati raccolti in una coda bassa che ricadeva sulla spalla destra della giovane, ed un ciuffetto ribelle vicino all'orecchio sinistro era stato sistemato con un fermaglio a forma di stella.
- Ciao papà! - ricambiò il saluto con enfasi. - Mamma è già uscita? -
- Sì, l'hanno chiamata d'urgenza… - il padre di chiara sospirò impercettibilmente. Certo era contento che sua moglie, una delle più abili e rinomate dottoresse della zona, avesse un lavoro costante e proficuo, ma ultimamente la madre di Chiara era sempre fuori casa; non avevano mai un minuto di tempo per stare insieme che subito riceveva una chiamata urgente al cellulare, e la cosa gli dispiaceva parecchio. Era oltretutto preoccupato per il possibile motivo delle continue chiamate e del sovraccarico di lavoro della moglie; ma di certo non ne parlava ad alta voce di fronte a sua figlia: lei, dal canto suo, non sembrava minimamente toccata da simili questioni, era semplicemente dispiaciuta per l'assenza di sua madre.
- Capisco… - mugugnò in risposta la ragazza, alzando gli occhi al soffitto. - Pensi che riesca a venire il giorno del saggio? - chiese al padre con tono quasi infantile, riferendosi ad uno spettacolo che la sua classe stava organizzando. L'uomo scosse la testa piano.
- Non lo so, Chiara. Ultimamente la mamma ha parecchio lavoro da sbrigare… - si interruppe un attimo per verificare l'ora su un grosso orologio da parete - Ma per il momento non dovresti preoccuparti di questo. E' meglio che tu vada ora, o farai tardi alle lezioni… Prendi dei biscotti in cucina, visto che non hai fatto colazione come al solito - e detta l'ultima frase lanciò uno sguardo rassegnato in direzione della figlia. Lei fece finta di nulla, si avvicinò alla poltrona bordeaux dov'era seduto suo padre e gli scoccò un bacio sulla guancia.
- A dopo papi! - salutò affettuosamente, prima di dirigersi in cucina per prendere in fretta e furia una manciata di biscotti da una confezione sul tavolino lì presente. Mise il tutto in una grande borsa color cachi, dove c'erano i suoi testi scolastici e la cancelleria, il portafogli e il cellulare con l'auricolare attaccato. Infilò un paio di scarpe da ginnastica bianche, si sistemò la borsa a tracolla e uscì di casa fischiettando. Quando uscì dal cortile che circondava l'abitazione, facendo sbattere il cancello dietro di sè, si accorse finalmente di una stranezza: non c'era Diego, suo fratello maggiore, nè lo aveva visto in casa.
- Ehi, ma dov'è finito Diego?! - pensò infatti ad alta voce, camminando in direzione della scuola mentre si guardava attorno, come se suo fratello fosse potuto spuntar fuori all'improvviso. Dopo qualche minuto teorizzò che probabilmente, essendo tornato tardi a casa la sera precedente, il ragazzo non avesse sentito la sveglia. Si convinse di questa sua ipotesi e non ci pensò più fino al pomeriggio.
"Pazienza, una volta tanto farò la strada da sola."
Effettivamente non c'era nulla di cui preoccuparsi. Chiara aveva sedici anni, non era una bambina, sapeva badare a sè stessa. La ragazza però, in completa solitudine lungo la via, cominciò a rimuginare su alcune notizie che aveva sentito al telegiornale la sera prima: attentati al Presidente, omicidi sempre più frequenti, casi di suicidio, numerose liti scoppiate per le strade. Era davvero strano, perché white Harbour era un posto pacifico: una ridente città affacciata sul mare in cui vivevano moltissime persone di ogni genere.
White Harbour era la capitale del paese, dunque molto ricca; era il luogo dove i mercanti acquistavano merci eccellenti dalle navi straniere e poi le rivendevano a buon prezzo nelle piazze e nei viali. Nessun'altra città era al pari suo, piena com'era di grandi e maestosi edifici, fantastiche opere d'arte e comodi e frequenti servizi. Inoltre, era il Presidente stesso ad occuparsi di tutto; la sicurezza era massima, l'istruzione e la sanità erano molto buone, l'organizzazione era praticamente perfetta. Chiara era davvero felice di vivere in una città come quella.
Ad un tratto la giovane si bloccò, scossa, e un brivido le percorse la schiena.
"Apri gli occhi, oppure muori".
Perché le era dovuto tornare in mente proprio ora? La ragazza cercò di rimanere calma, respirando lentamente; dopodiché si guardò attorno un paio di volte, incerta, prima di ricominciare a camminare verso il liceo. Inconsciamente, aveva aumentato notevolmente il passo.




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Salve ^^
Ecco il primo capitolo... spero non ci siano troppi errori e che sia tutto chiaro.
Grazie per la lettura,

Llay.
  
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