Elena: http://www.polyvore.com/cgi/set?id=117407660&.locale=it
Capitolo diciassettesimo
Frenemies
and lies
Elena
“Un
caffè
macchiato per Rebekah, un frappuccino per Vicky, un caffè
nero per Elijah e…
oh, Caroline! Desideri qualcosa?” sorrido alla mia amica,
stretta in un tubino
grigio scuro elegante. Nota la mia presenza dopo che l’ho
palesata, essendo lei
troppo indaffarata con le sue scartoffie per rendersi conto di me.
Siamo in
mezzo al corridoio, io con le ordinazioni per gli altri miei colleghi e
lei che
stava per raggiungere la sala fotocopiatrice.
“Ehi,
Kate! No, grazie, ho già ingerito troppa caffeina per il
caso Jefferson, senza
contare tutti i cioccolatini al caffè e le mentine che ho
mangiato più tardi…
penso che vomiterò prima della pausa pranzo… ma
rimanderò tutto perché devo
assolutamente contattare gli altri legali”
“D’accordo”
rispondo, ma è già sparita, già
volatilizzata per poter ascoltare la mia
risposta.
Primo
vecchio-nuovo giorno di lavoro, un abito bianco e nero a fasciarmi il
corpo,
Jimmy Choo nere – saranno costate metà stipendio!
– ed un blazer.
“Katherine?”
Mi volto
verso la voce, ed ecco un Damon Salvatore in camicia bianca e pantaloni
neri.
Neanche a farlo di proposito, siamo vestiti come se dovessimo
partecipare ad
uno stupido prom di liceali: coordinati. Abbiamo
gli indumenti coordinati.
Raschio
la gola, e “Ciao” dico, sbattendo le ciglia e
facendo attenzione a non far
volare il foglio con “le ordinazioni”
dalla mia mano.
“Desideri
qualcosa?” chiedo poi, sforzandomi di essere gentile dopo il
nostro ultimo
incontro.
“No,
grazie” alza le spalle “il caffè della
macchinetta fa schifo, l’ideale sarebbe
passare da Costa, alla girata… ma dubito tu vada
lì”
“Allora
dubiti male” esclamo, incrociando le braccia. Assottiglia lo
sguardo,
sbottonando i polsini e alzando, di conseguenza, le maniche sino al
gomito. E’
un bell’uomo, non c’è che dire.
“Il
tuo incarico consiste nel fare la
segretaria che ha appena ottenuto il lavoro?” quasi scherza,
mentre si avvicina
a me, per poi fermarsi e poggiarsi ad una colonna.
Sussulto,
poi schiocco la lingua sul palato:
“Non posso permettermi di affiancare qualcuno, sono tutti
troppo impegnati per
perdere tempo con una quasi stagista che non ricorda nulla”
“Potresti,”
gioca con le labbra, quasi impaziente “affiancare me”
Spalanco
di poco gli occhi, stringendo il foglietto nella mano fino a farlo
scomparire,
e inclinando il capo “Dubito che tu abbia tanto
pazienza”, replico.
Sorride
sghembo, “Allora dubiti male” ed allarga le labbra.
“Passiamo
da Costa, tu prendi i caffè per gli altri, io prendo il
mio… nel frattempo ti
parlo del caso che mi è stato assegnato da Finn, era uno dei
tuoi” propone,
infilando le mani nelle tasche posteriori dei pantaloni.
Stai calma,
Katherine, mi dico, sta solo facendo il bravo collega, niente di
più.
“D’accordo,
mi hai convinta”
“Prendo
la giacca”
“La
cliente è il direttore creativo della rivista Elle, la cui
madre è deceduta due
mesi fa. Con questo sperava di ottenere l’eredità,
e dunque i soldi ed i beni
necessari a concludere il divorzio con il secondo marito e a comprare
il nuovo
appartamento nei pressi di Kensington Road, che aveva affittato un
po’ di tempo
fa, ma ovviamente le mancano i contanti per continuare a
pagare… Mi segui?”
Aggrotto
le sopracciglia e alzo il passo per stare al suo fianco,
“Credo di sì”.
“Bene,
piccole procedure legali e potrà avere
l’eredità che le spetta, procedure e
tecniche che, qualche volta, mi hai insegnato tu”
Scoppio a
ridere, “Stai scherzando?”. Attraversiamo la strada
poiché il semaforo segna il
verde per i pedoni, quindi camminiamo a passo svelto mentre un
po’ di sole fa
capolino attraverso le nuvole che oggi hanno completamente oscurato il
cielo
londinese.
Osservo
il suo profilo, mascella, barba, sguardo attento ed intenso, capelli
rigorosamente spettinati ed infine un forte profumo che si percepisce
anche
all’aperto, anche fra decine di altre persone.
“Pensi
che menta?”
“Penso
tu
dica un sacco di sciocchezze”
Schiocca
la lingua sul palato, “Perché dovrei?” e
ride, nel frattempo, i denti bianchi
che spiccano fra il rosa candido della pelle ed il nero della barba
incolta che
lo rende ancora più… bello
maturo.
“Per
ingigantire il tuo ego” affermo allora,
mentre noto che il caffè Costa è di fronte a noi.
Stringe le
labbra e poi apre la porta come un
gentiluomo, lasciando che entri prima io, e lui a seguito. Ma
è un secondo e mi
prende il polso, mi ferma ma la stretta non è forte,
è lieve ed assolutamente
indolore. “Non ho bisogno di certi giochi per ingigantire il
mio ego, mi basta molto
meno”
“Ecco
il tuo frappuccino” porgo il bicchiere a
Vicky, seduta di fronte ad un laptop accesso.
“Katherine,
ehi!” poi inclina il capo e
continua con una strana espressione, “ti ringrazio
ma… io non ho chiesto nessun
frappuccino”
“Me
l’ha detto Elijah…” commento con la gola
completamente asciutta.
“Penso
che lui abbia chiesto un frappuccino per
la sua collaboratrice, Vicky, non
per
me, Meredith…”
Sgrano gli
occhi: “O mio Dio, quindi tu sei…
non…”
“E’
tutto okay, davvero” poi si alza e scompare
dalla sua postazione, facendo roteare la sedia su cui era accomodata.
“Fantastico”
mormoro fra me e me sarcastica.
“Che
succede, ragazza del caffè? L’ordinazione
era sbagliata?”
Mi volto
verso la voce ironica alle mie spalle,
riconoscendo una chioma bionda ed una figura smagliante.
“Lo
era la persona, Rebekah…
ecco a te, caffè macchiato, giusto?”
Inserisce
una pila di fogli in una cartellina
di plastica blu, “…giusto” poi dice,
prima di afferrare il bicchiere e
sorseggiare per qualche attimo.
Faccio per
andarmene ma mi blocco quando
richiama la mia attenzione: “Katherine?”
“Sì?”
“Grazie
per aver sostituito la nuova arrivata,
in effetti ci sono meno urla e meno caffè
sbagliati… in fin dei conti potresti
ritornare a questa fase della tua carriera, non credi?”
Scrollo le
spalle, avvicinandomi a lei,
lievemente stuzzicata dal suo atteggiamento scortese:
“Probabilmente, e sarei
comunque eccezionale anche nel servire bevande… a differenza
di qualcun altro”
Ridacchia,
scuotendo la testa e allontanandosi,
“Ricordati, Petrova: lavori alla Mikaelson&Co ed io
sono una Mikaelson… mai
metterti contro di noi”
La
scimmiotto con le labbra quando si volta ed
entra in una stanza alla fine del corridoio, palesando la sua presenza
con un
‘buongiorno’ udito da lontano.
“Idiota”
Decido di
godermi il frappuccino di Vicky dato
che non ho la più pallida idea di come sia fatta
fisicamente, e, prima che si
freddi, è meglio che mi prenda una pausa e lo gusti io.
Damon
deve sbrigare una faccenda e tornerò ad affiancarlo fino a
fine giornata,
ignorando la palpabile tensione che si instaura in me quando parla,
respira, fa
battute e si avvicina quando non dovrebbe. Facile, in fin dei conti, no?
“Katherine…
come sei vestita?”
“Ciao
anche a te, Care”
Si
appoggia alla scrivania come me, imitandomi e controllando
l’orario.
“No,
sul
serio… non ti ho mai vista con qualcosa di bianco, prima non
ho fatto neanche
caso”
Annuisco,
“E’ stata l’unica cosa chiara che ho
trovato nel guardaroba! C’erano solo capi
neri e vestiti da prostituta”
Scoppia a
ridere continuandomi ad osservare con uno strano cipiglio sul volto.
“Probabilmente,
ma sono ancora piuttosto restia nel riconoscerti” sospira.
“Comunque, pranzi
con me fra trenta minuti? La mia pausa è ristretta ma
sarebbe bello avere un
po’ di compagnia”
Mi mordo
la lingua, chiudendo gli occhi. “Non posso”
“Non
puoi
o…”
“Non
posso”
Appoggio
il bicchiere sulla scrivania, puntando lo sguardo sulla mia amica, il
tubino
grigio che sembra farla soffocare e i capelli lievemente sfatti, senza
la messa
in piega di questa mattina.
“Damon
si
è proposto perché io lo affianchi”
Sgrana
gli occhi, sbatte le ciglia e si regge al bordo del tavolo dietro di
noi.
“Cosa?”
“Lo
so, lo so credimi… ma
è stato l’unico
disponibile a lavorare con me a fianco, io che non ci capisco nulla di
cause
legali e capacità di trattare con la gente”
Alza un
sopracciglio, “D’accordo”.
La mia
amica spara-sentenze si ammutolisce, e so che molto probabilmente si
sta solo
concentrando per non sputarmi tutte le sue convinzioni, tutta la sua
frustrazione e l’odio nei confronti di Damon e
dell’atteggiamento recente –
alla fine le ho parlato della discussione nel suo appartamento
– e passato.
“Non
capisci? Lo ha fatto di proposito, è un tale…
Cielo, sei così ingenua! Adesso
cadrai nella sua trappola, non è così? Ti
adulerà e sedurrà!”
Sbuffo
sonoramente, passando una mano sulla fronte, esausta. Come non
detto…
“Ti
prego, Care, lascia che lui mi aiuti, lascia che io sbagli…
ci sarai tu, poi, a
fine giornata a dirmi che me l’avevi detto… ora ho
solo bisogno di fare le mie
scelte, di ritornare in carreggiata”
“Ne
sei
così sicura?” sbotta, spalancando le braccia.
Un attimo
e le mie paure vacillano. Ne sono
così
sicura? Perché io voglio che lei ci sia, senza
Caroline… non c’è più nulla.
“Tu
sei
un’amica fantastica” esclamo, scuotendo il capo.
“Già”
risponde incurante, “forse mi preoccupo troppo per
te”
“Pratiche
legali, Katherine”
“Mhm?”
“Si
tratta unicamente di questo”
“Mhm”
“Cosa
c’è, adesso?”
Rilasso
le labbra prima di proferir parola: “Nulla”
Damon
Salvatore chiude un fascicolo con un lieve tonfo, inforca una matita HB
e posa,
per la prima volta da due ore circa, lo sguardo cristallino su di me.
“D’accordo”
Scrive
qualcosa sul foglio a righi bianco di fronte a lui, spingendone altri
sino a
farli arrivare sotto il mio sguardo, adesso sulla scrivania subito
sostituita
superficialmente da una pila di A4.
“Credo
di
aver litigato con Caroline” insorgo qualche attimo dopo,
costretta da una
strana voglia di dirgli l’accaduto, di esprimermi come se il
suo modo di fare
me lo imponesse.
“Credi?”
“Non
lo
so,” borbotto, “forse l’ho solo
delusa”.
“Forse”
riprendo poco dopo, “dovremmo soltanto goderci una serata fra
donne, sedute sul
tappeto del suo open space con la compagnia di una bottiglia di vino
decente,
non quelle acquistate da Tesco o dal Whole Foods di Adelaide
Road.”
“Cosa
ti
blocca, allora?” è la sua domanda, che pone prima
di mordersi l’interno di una
guancia mentre assume un’espressione da psichiatra assieme
alla sua peggior
paziente.
“Tu”
E la
scioltezza usata nel dirlo, la rapidità e
l’assoluta irrazionalità mi spingono
a deglutire a vuoto, a raschiare la gola per poi sbattere le ciglia un
paio di
volte, perché, insomma, è
tutto vero? Che
ho combinato?
La
risposta di Damon non tarda ad arrivare, se solo non fosse per me e per
la
tranquillità che metto nell’interromperlo mentre,
forse, vuole dirmi che sono
un’assoluta bipolare che dovrebbe seriamente far visita al
miglior psichiatra
in circolazione. Ho tanti di quei problemi, e sono più che
certa che il suo
sguardo più stretto e le labbra appena schiuse mirino solo a
farmelo intendere.
Tanto per citarne uno, il mio respingerlo, andarlo a cercare,
chiedergli scusa
e palesare un qualcosa che assomiglia ad un vago mio interesse nei suoi
confronti.
“Perdonami”
investo così il vuoto quasi interrotto dalle sue parole,
“sono stata inopportuna.
In più volevo scusarmi per l’altro
giorno… mi sono presentata a casa tua con
chissà quali intenzioni e propositi, quindi dico solo che
non avrei dovuto”
Chiudo
gli occhi, tornando a guardare immagini che non mi trasmettono nulla e
fingo di
leggere fra righe piene e parole in un Times New Roman un po’
sbiadito.
“Domani
sera, Tottenham Road, 56, vino rosso e Billy Joel di
sottofondo”
Katherine
C’è
qualcosa nel suo modo di fare, quello di vestire e atteggiarsi,
così come
quello di camminare che mi destabilizza: sto cercando di capirne il
perché, i
risvolti, le cause; ma tutto questo invano, tutto questo porta
inevitabilmente
ad un vicolo cieco impossibile da evitare.
Eppure ci
sono altre strade, mi dico,
ma no, invece: tutte le
strade portano ad un punto fermo, nessuna svolta possibile, niente
manovre da
effettuare tranne che quella consistente in una marcia indietro.
Chiudo il
registro delle visite sul bancone della mia galleria, la Hampstead
Gallery, ritenendomi una totale idiota.
“E’
un’idiozia” esclamo poi, mettendo a posto il
registro
per prendere quello direttamente precedente, il manuale del 2009.
Nessuna
Katherine, nessuna traccia di questa donna che
sogno sempre più spesso, che ho sognato anche il giorno
prima di visitare il
cimitero a Chester. Non la vedo, non so com’è
fatta: ha solo una folta chioma
castana ed un fisico da urlo, un modo di camminare simile a quello di
Miranda
Kerr e tutti la chiamano Katherine. Punto.
Barbara
Palvin non può essere, la Kloss neanche, la Dunn
neanche se volessi… non è una modella. Non
è la Cruz, la Roberts o qualche
altra attrice.
In un
attimo l’idea mi viene in mente: e se fosse un uomo?
Uno travestito? Se fosse un’anziana impossibile da
riconoscere?
Scuoto la
testa: impensabile, non posso sognare certe
persone…
Dopo le
prime pagine, scorrendo il dito su e in giù alla
ricerca di una Katherine senza evidenti risultati, decido che
c’è altro che
posso fare per trovarla: devo solo prendere elenchi telefonici e agende
dal mio
ufficio.
Per cui mi
rintano nella stanza interna alla galleria, una
scrivania, delle sedie e una libreria al suo interno. Dai cassetti
estraggo
qualche quaderno e qualcosa che può aiutarmi.
Io devo
trovarla.
Devo capire
perché io la sogni così spesso, che ruolo ha
nella mia vita.
È
strano, nessuno sembra conoscerla ma quando chiudo gli
occhi interagisce con tutti coloro che conosco, nessuno sembra
ricordarla
eppure so che una funzione ce
l’ha.
Ma nulla:
Kara Newman dell’Inteview, Korinne Cumberbatch
dell’agenzia
pubblicitaria, Agnese Cartwright dello studio di fotografia, Hayley
Marshall
del volti e risvolti, e persino il
numero per il takeaway cinese. Sfoglio altre pagine, e scorgo altri
nomi, altri
numeri di cellulare e mestieri improbabili. Ci sono solo Catherine,
Karenina, e
Caitylin. Nessuna Katherine.
Lo stesso
vale per l’elenco telefonico.
Sono
seriamente impazzita.
“Elena?
Sono Liv!”
una voce mi richiama, e presa dalla paura di essere
scoperta – non che
stia facendo chissà cosa di illecito – chiudo ogni
libro e quaderno aperto,
passando rapidamente le dita fra i capelli, districando qualche nodo
per
aggiustare la mia figura in disordine.
“Ehi,
Liv” Ecco che mi alzo e mi paro di fronte alla
bionda, una ragazza sulla ventina che mi aiuta a tenere in ordine la
galleria
quando non posso o non ci sono. I capelli biondi e mossi incorniciano
il suo
volto, mi saluta con la mano per poi lasciare la sua giacca di pelle
nera su
una poltrona.
“Ho
sentito Jeremy questa mattina, mi ha detto che saresti
passata di qui -- Ehi… hai fatto qualcosa ai
capelli?”
Mi osserva
curiosa, adesso, mentre io sorrido imbarazzata.
E questo mi fa sentire a disagio, come se imbarazzarsi fosse da matti.
“Accorciati,
sì…”
“Non
fare
la vaga!” mi rimprovera bonariamente “Ci sono anche
delle ciocche rosse… O
sbaglio?”
“Non
sbagli” ridacchio, “In fondo è quello
che avrebbe fatto Elena se avesse voluto
rivoluzionare il proprio aspetto, no?”
“Sì”
annuncia, “è quello che avresti fatto un
po’ di tempo fa, conoscendoti” e non
so perché mi sento terribilmente stupida ad aver parlato
della vecchia me come se fosse
totalmente un’altra
persona.
“Comunque…
è per caso
arrivato qualche acquirente?”
Scuoto la
testa, incrociando le braccia. “No, affatto, è
stata una giornata così tranquilla da farmi quasi
scocciare” ridacchio per
apparire esclusivamente una donna annoiata e stanca di essere tale, e
lei
sembra crederci.
“Okay,
adesso controllo gli appuntamenti per questa
settimana… o l’hai già fatto
tu?”
“Non
ho la più pallida idea di dove mettere le mani”
Ride.
“D’accordo, Lena, se hai bisogno di me, sono
qui”
Annuisco
con il capo sorridendo appena, portando una
ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Posso
provare a parlare con lei, in effetti… perché no?
“Senti
Liv… per pura curiosità…
uhm,” gira il capo verso
di me con il telefono in mano.
Corruga le
sopracciglia, schioccando la lingua sul palato:
“Dimmi tutto”
“Sto
cercando di fare una mappa mentale di tutte le
persone del mio passato… per caso, che tu sappia…
c’è una qualche Katherine?
Una mora, alta, bel fisico eccetera?”
Emette un mhm che
può significare soltanto ed unicamente una cosa: sta
riflettendo.
Il che
equivale ad un punto per Elena, significa che non
sto inventando tutto e che una donna con quel nome e
quell’aspetto c’è, esiste,
è entrata nella mia vita in qualche modo e che i sogni sono
dei pezzi di puzzle
che, lentamente, prendono forma.
“Non
credo… non credo proprio. Cioè, oddio,
potrebbe anche esserci, ma se c’è stata non
è stata
fondamentale, comprendi? Un’ombra che è subito
scomparsa”
Il mio
castello di sabbia si frantuma e si sgretola con
quest’onda inaspettata di Liv, una bionda davvero troppo
giovane nella mia
galleria.
“Ti
ringrazio” rispondo. “Credo che andrò a
prendere un
po’ d’aria… E se qualcuno mi cerca, non
rispondergli, non voglio essere…
rintracciata, sai… ho bisogno di qualche attimo”
“Sicuro!”
Nascondo
parte dei miei capelli sotto un orribile cappello
di lana trovato nel guardaroba, utilizzandolo per il semplice freddo
quasi
invernale che questa mattina ha investito parte di Londra.
Infilo le
mani nelle tasche e accelero il passo: se non mi
sbaglio, ad un paio di isolati, riuscirò a trovare
l’Alexandra Park. Se prendo
un taxi, poi, arriverò a casa di Stefan –casa mia-
nella quale non metto piede
da un po’ di tempo.
L’appartamento
di Rose è accogliente e grande abbastanza
per entrambe, ci sto bene, abitiamo assieme e non credo che Stefan, in
fin dei
conti, mi manchi. Ogni tanto mi invia ancora messaggi vocali, mi chiama
e
lascia e-mail che cancello prima ancora che possa leggerle.
Il telefono
squilla e ci metto un po’ a capire che è il
mio e che devo –sì o no?- rispondere.
“Jeremy?”
“Lena!
Liv è passata?”
Tossisco,
“Certo”
“Mhm…
bene… sei, uhm, ancora lì con lei?”
Aggrotto la
fronte, “Sì, ovviamente”
“Già…
sarebbe davvero brutto interrompervi con la mia
presenza?”
Sgrano gli
occhi: “Si! Assolutamente!”
Lo
percepisco deglutire.
“Sto
scherzando, Jer! Intendo solo dire che… preferisco
rimanere sola. Sola con lei. Clima… lavorativo fra donne,
sì”
“Oh,
certo, nessun problema… ci sentiamo domani,
allora?”
“Vada
per domani”
“Ciao,
Elena”
“Ciao,
Jer”
“Brad”
lui mi saluta con un cenno del capo, sorride come
se non fossi mai andata via di casa. E’ il nostro portiere
–era?- quello di
casa Wasilewski-Gilbert, che mi lascia accedere all’edificio
che è la mia
vecchia abitazione con la banale scusa di prendere le mie cose, adesso che Stefan è a
lavoro e non tornerà prima di un’ora.
Se io non
posso trovare Katherine, significa che avrò
bisogno di un aiutino.
E non mi
importa mentire a tutti, il fine non giustifica
forse i mezzi?
Beh,
qualsiasi sia la risposta, io la vedo solo ed
unicamente affermativa.
Entro nello
studio del mio ex futuro marito, è tutto
perfettamente ordinato, dalla fotografia di me e lui assieme sulla
scrivania ad
ogni quadro esposto, ad ogni libro sugli scaffali non polverosi.
E’ tutto
decisamente da lui… da noi, dal noi
di prima.
“Dove
possono stare?”
Mi mordo le
labbra e mi guardo attorno: dove potrebbe
mettere i fascicoli dei suoi clienti?
Perché
è questo il punto: lui ne ha tantissimi di clienti,
molti fogli e documenti forse saranno persino all’agenzia,
motivo per cui
potrei infiltrarmi lì un giorno e fare una davvero molto
casuale visita.
Apro vari
cassetti, faccio attenzione a chiuderli con
cautela e a comportarmi come se fossi un ladro, perché non
voglio che Stefan
sappia, che si renda conto dell’intrusione di qualcuno.
E Brad non
deve aprir bocca riguardo me.
“Stefan,
dannazione!” impreco quando scopro che gli armadi
e le ante non custodiscono quello che sto cercando.
“Diamine,
diamine, diamine!”
Ho voglia
di buttare tutto all’aria, di strappare ogni
dannato foglio.
Speravo
fossero qui…
“Stai
cercando qualcosa?”
O mio dio.
“Elena?”
“Stefan?”
“Stai
scherzando, vero? Hai fatto irruzione nel mio
ufficio, hai rovistato fra i miei documenti alla ricerca di un
fascicolo circa
qualcuno la cui esistenza non è neanche sicura?”
“Senti,
non mi aspetto che tu capisca… ho sbagliato, okay.
Mi dispiace, buona serata” Mi alzo e sbuffo, prendo la mia
borsa volendo
lasciare questo posto. Cosa credevo di fare?
Si
inumidisce le labbra: “Elena…aspetta”
Sorrido
istantaneamente, mi volto verso di lui. “Posso
spiegarti ogni cosa” esclamo, lui si tocca il mento e
schiocca la lingua sul
palato. “Dimmi tutto”
“Sono
sicura che questa Katherine abbia a che fare con la
mia vita, sento… un collegamento con lei. E’
importante, lo so” scrollo le
spalle “ma nessuno sembra a conoscenza della sua
esistenza… ed io ho iniziato a
cercarla, grazie anche ai sogni che ho fatto… Si chiama
Katherine, è bruna,
capelli lunghi… quasi come i miei lo erano prima,
poi… ha un bel fisico e sono
anche abbastanza sicura che sia un donna”
“D’accordo”
“…
e ho provato a controllare le agende ed i registri in
galleria, ho chiesto a Liv ma nulla…”
“Può
bastare, Elena”
“…
quindi mi son detta perché
no? E sono giunta qui”
“Elena”
mi blocca, la sua voce calma e calda e lo sguardo
quasi neutro.
“Pensi
davvero che sia importante?”
Annuisco,
“Più che certa”
Sbuffa,
alzandosi dalla sua poltrona e sbottonando i
polsini della camicia con fare disinvolto. Si toglie la giacca e si
passa una
mano fra i capelli, stanco.
“D’accordo,
ti aiuterò a cercarla”
Sorrido, cosa?
Lui… mi aiuterà?
“Cosa?”
“Ma
ad una condizione: dovrai ascoltarmi quando sarà
necessario”
“Dici
sul serio?” la mia voce deve suonare davvero
divertente perché scoppia a ridere, è tranquillo,
è sorridente come credo di
non aver mai visto.
“Dico
sul serio, Lena. La troveremo, troveremo questa
Katherine, costi quel che costi”
E che i giochi abbiano inizio.
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Okay, sono piuttosto emozionata (non tanto per il capitolo quanto per un episodio speciale di una serie tv che mi ha praticamente commossa e fatto piangere) quindi eccomi qui... già... okay-- passiamo al capitolo! E' uno dei miei preferiti, credo, scriverlo è stato rapido nonché piacevole: spero piaccia anche a voi!Abbiamo del Delena (ci sarà anche nel prossimo capitolo, tanto per dirne una) e capiamo la storyline di Katherine! Ecco la sua sorpresa, il suo piano! Spero sia chiaro il suo personaggio ed il suo punto di vista in questi ultimi due capitoli: semplicemente non ha iniziato a ricordare, non mediante dei sogni, ma ha in mente una persona (non sa che è lei!) e vuole trovarla, convinta in tutti i modi che possa aiutarla con il proprio passato!:)
Il prossimo capitolo sarà più movimentato ma comunque rilassante/piacevole (o almeno spero ahahah), vedremo le due navigare nei panni dell'altra, sentendosi quasi completamente a loro agio!
Se avete domande, dubbi, o varie... chiedete, sono certa di aver peccato in qualche punto, tipico mio!
Vi ringrazio davvero tanto per il supporto datomi con le recensioni, con le letture (grazie grazie grazie a voi lettori silenziosi!) e l'inserimento nelle seguite/preferite/ricordate! Se volete farvi avanti con un brevissimo parere, è sicuramente e certamente ben accetto! ❤❤
al prossimo aggiornamento, un bacio!
vi lascio lo spoiler:
“Facciamo quest’ultima prova,” mi dice “andiamo a Canary Wharf dove ho qualche altro contatto, e se i risultati sono positivi significa che avremo trovato ciò che cercavamo. Se sono negativi…”
Prende un respiro profondo, mentre passa il suo biglietto per la metro: “… significa che avrai un motivo in più per far shopping in una delle zone con molte delle principali aziende del Regno Unito, c’è persino un centro commerciale e ci sono centinaia di negozi. L’idea ti alletta?”
Trovo la
forza di rispondergli dopo un minuto o due, perché per
quanto la sua proposta
mi alletti, il solo pensare di non riuscire a trovare Katherine e
concludere
questa faccenda che mi disgusta e spaventa.
Alla fine ci riesco, con tanto di sorriso abbozzato. “Non sai quanto”
e vi prego di passare dalla mia ultima one shot, a cui tengo particolarmente! mi farebbe davvero davvero davvero piacere leggere un parere!
Federica