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Autore: missimissisipi    24/04/2014    5 recensioni
“Elena”
Il suono della sua voce mentre pronuncia quel nome che non sembra appartenermi del tutto non fa altro che testimoniare il voler allontanarsi da me. Eppure è qui, così vicino. E’ distante con le parole ma a qualche decina di centimetri con le promesse.
“M’importa.” Esclama non sbottonandosi troppo con i suoi pensieri.
“Lo hai già detto.”
Le sue nocche diventano quasi bianche. “Ma tu non sembri capirlo”

Elena, Damon, Katherine, Caroline: l'importanza di avere un qualcuno al proprio fianco anche mentre le certezze si frantumano in un crescendo di eventi capaci di far traballare ogni convinzione.
Genere: Romantico, Slice of life, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline\Klaus, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Katherine Pierce, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena, Damon/Katherine, Elena/Stefan
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Elena: http://www.polyvore.com/cgi/set?id=117407660&.locale=it

 

Capitolo diciassettesimo

 

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Frenemies and lies

 

Elena

 

“Un caffè macchiato per Rebekah, un frappuccino per Vicky, un caffè nero per Elijah e… oh, Caroline! Desideri qualcosa?” sorrido alla mia amica, stretta in un tubino grigio scuro elegante. Nota la mia presenza dopo che l’ho palesata, essendo lei troppo indaffarata con le sue scartoffie per rendersi conto di me.

Siamo in mezzo al corridoio, io con le ordinazioni per gli altri miei colleghi e lei che stava per raggiungere la sala fotocopiatrice.

“Ehi, Kate! No, grazie, ho già ingerito troppa caffeina per il caso Jefferson, senza contare tutti i cioccolatini al caffè e le mentine che ho mangiato più tardi… penso che vomiterò prima della pausa pranzo… ma rimanderò tutto perché devo assolutamente contattare gli altri legali”

“D’accordo” rispondo, ma è già sparita, già volatilizzata per poter ascoltare la mia risposta.

Primo vecchio-nuovo giorno di lavoro, un abito bianco e nero a fasciarmi il corpo, Jimmy Choo nere – saranno costate metà stipendio! – ed un blazer.

“Katherine?”

Mi volto verso la voce, ed ecco un Damon Salvatore in camicia bianca e pantaloni neri. Neanche a farlo di proposito, siamo vestiti come se dovessimo partecipare ad uno stupido prom di liceali: coordinati. Abbiamo gli indumenti coordinati.

Raschio la gola, e “Ciao” dico, sbattendo le ciglia e facendo attenzione a non far volare il foglio con “le ordinazioni” dalla mia mano.

“Desideri qualcosa?” chiedo poi, sforzandomi di essere gentile dopo il nostro ultimo incontro.

“No, grazie” alza le spalle “il caffè della macchinetta fa schifo, l’ideale sarebbe passare da Costa, alla girata… ma dubito tu vada lì”

“Allora dubiti male” esclamo, incrociando le braccia. Assottiglia lo sguardo, sbottonando i polsini e alzando, di conseguenza, le maniche sino al gomito. E’ un bell’uomo, non c’è che dire.

“Il tuo incarico consiste nel fare la segretaria che ha appena ottenuto il lavoro?” quasi scherza, mentre si avvicina a me, per poi fermarsi e poggiarsi ad una colonna.

Sussulto, poi schiocco la lingua sul palato: “Non posso permettermi di affiancare qualcuno, sono tutti troppo impegnati per perdere tempo con una quasi stagista che non ricorda nulla”

“Potresti,” gioca con le labbra, quasi impaziente “affiancare me

Spalanco di poco gli occhi, stringendo il foglietto nella mano fino a farlo scomparire, e inclinando il capo “Dubito che tu abbia tanto pazienza”, replico.

Sorride sghembo, “Allora dubiti male” ed allarga le labbra.

“Passiamo da Costa, tu prendi i caffè per gli altri, io prendo il mio… nel frattempo ti parlo del caso che mi è stato assegnato da Finn, era uno dei tuoi” propone, infilando le mani nelle tasche posteriori dei pantaloni.

Stai calma, Katherine, mi dico, sta solo facendo il bravo collega, niente di più.

“D’accordo, mi hai convinta”

“Prendo la giacca”

 

 

“La cliente è il direttore creativo della rivista Elle, la cui madre è deceduta due mesi fa. Con questo sperava di ottenere l’eredità, e dunque i soldi ed i beni necessari a concludere il divorzio con il secondo marito e a comprare il nuovo appartamento nei pressi di Kensington Road, che aveva affittato un po’ di tempo fa, ma ovviamente le mancano i contanti per continuare a pagare… Mi segui?”

Aggrotto le sopracciglia e alzo il passo per stare al suo fianco, “Credo di sì”.

“Bene, piccole procedure legali e potrà avere l’eredità che le spetta, procedure e tecniche che, qualche volta, mi hai insegnato tu”

Scoppio a ridere, “Stai scherzando?”. Attraversiamo la strada poiché il semaforo segna il verde per i pedoni, quindi camminiamo a passo svelto mentre un po’ di sole fa capolino attraverso le nuvole che oggi hanno completamente oscurato il cielo londinese.

Osservo il suo profilo, mascella, barba, sguardo attento ed intenso, capelli rigorosamente spettinati ed infine un forte profumo che si percepisce anche all’aperto, anche fra decine di altre persone.

“Pensi che menta?”

“Penso tu dica un sacco di sciocchezze”

Schiocca la lingua sul palato, “Perché dovrei?” e ride, nel frattempo, i denti bianchi che spiccano fra il rosa candido della pelle ed il nero della barba incolta che lo rende ancora più… bello maturo.

“Per ingigantire il tuo ego” affermo allora, mentre noto che il caffè Costa è di fronte a noi.

Stringe le labbra e poi apre la porta come un gentiluomo, lasciando che entri prima io, e lui a seguito. Ma è un secondo e mi prende il polso, mi ferma ma la stretta non è forte, è lieve ed assolutamente indolore. “Non ho bisogno di certi giochi per ingigantire il mio ego, mi basta molto meno”

 

 

“Ecco il tuo frappuccino” porgo il bicchiere a Vicky, seduta di fronte ad un laptop accesso.

“Katherine, ehi!” poi inclina il capo e continua con una strana espressione, “ti ringrazio ma… io non ho chiesto nessun frappuccino”

“Me l’ha detto Elijah…” commento con la gola completamente asciutta.

“Penso che lui abbia chiesto un frappuccino per la sua collaboratrice, Vicky, non per me, Meredith…”

Sgrano gli occhi: “O mio Dio, quindi tu sei… non…”

“E’ tutto okay, davvero” poi si alza e scompare dalla sua postazione, facendo roteare la sedia su cui era accomodata. “Fantastico” mormoro fra me e me sarcastica.

“Che succede, ragazza del caffè? L’ordinazione era sbagliata?”

Mi volto verso la voce ironica alle mie spalle, riconoscendo una chioma bionda ed una figura smagliante.

“Lo era la persona, Rebekah… ecco a te, caffè macchiato, giusto?”

Inserisce una pila di fogli in una cartellina di plastica blu, “…giusto” poi dice, prima di afferrare il bicchiere e sorseggiare per qualche attimo.

Faccio per andarmene ma mi blocco quando richiama la mia attenzione: “Katherine?”

“Sì?”

“Grazie per aver sostituito la nuova arrivata, in effetti ci sono meno urla e meno caffè sbagliati… in fin dei conti potresti ritornare a questa fase della tua carriera, non credi?”

Scrollo le spalle, avvicinandomi a lei, lievemente stuzzicata dal suo atteggiamento scortese: “Probabilmente, e sarei comunque eccezionale anche nel servire bevande… a differenza di qualcun altro”

Ridacchia, scuotendo la testa e allontanandosi, “Ricordati, Petrova: lavori alla Mikaelson&Co ed io sono una Mikaelson… mai metterti contro di noi”

La scimmiotto con le labbra quando si volta ed entra in una stanza alla fine del corridoio, palesando la sua presenza con un ‘buongiorno’ udito da lontano.

“Idiota”

Decido di godermi il frappuccino di Vicky dato che non ho la più pallida idea di come sia fatta fisicamente, e, prima che si freddi, è meglio che mi prenda una pausa e lo gusti io.

Damon deve sbrigare una faccenda e tornerò ad affiancarlo fino a fine giornata, ignorando la palpabile tensione che si instaura in me quando parla, respira, fa battute e si avvicina quando non dovrebbe. Facile, in fin dei conti, no?

“Katherine… come sei vestita?”

“Ciao anche a te, Care”

Si appoggia alla scrivania come me, imitandomi e controllando l’orario.

“No, sul serio… non ti ho mai vista con qualcosa di bianco, prima non ho fatto neanche caso”

Annuisco, “E’ stata l’unica cosa chiara che ho trovato nel guardaroba! C’erano solo capi neri e vestiti da prostituta”

Scoppia a ridere continuandomi ad osservare con uno strano cipiglio sul volto.

“Probabilmente, ma sono ancora piuttosto restia nel riconoscerti” sospira. “Comunque, pranzi con me fra trenta minuti? La mia pausa è ristretta ma sarebbe bello avere un po’ di compagnia”

Mi mordo la lingua, chiudendo gli occhi. “Non posso”

“Non puoi o…”

“Non posso”

Appoggio il bicchiere sulla scrivania, puntando lo sguardo sulla mia amica, il tubino grigio che sembra farla soffocare e i capelli lievemente sfatti, senza la messa in piega di questa mattina.

“Damon si è proposto perché io lo affianchi”

Sgrana gli occhi, sbatte le ciglia e si regge al bordo del tavolo dietro di noi. “Cosa?”

“Lo so, lo so credimi… ma è stato l’unico disponibile a lavorare con me a fianco, io che non ci capisco nulla di cause legali e capacità di trattare con la gente”

Alza un sopracciglio, “D’accordo”.

La mia amica spara-sentenze si ammutolisce, e so che molto probabilmente si sta solo concentrando per non sputarmi tutte le sue convinzioni, tutta la sua frustrazione e l’odio nei confronti di Damon e dell’atteggiamento recente – alla fine le ho parlato della discussione nel suo appartamento – e passato.

“Non capisci? Lo ha fatto di proposito, è un tale… Cielo, sei così ingenua! Adesso cadrai nella sua trappola, non è così? Ti adulerà e sedurrà!”

Sbuffo sonoramente, passando una mano sulla fronte, esausta. Come non detto…

“Ti prego, Care, lascia che lui mi aiuti, lascia che io sbagli… ci sarai tu, poi, a fine giornata a dirmi che me l’avevi detto… ora ho solo bisogno di fare le mie scelte, di ritornare in carreggiata”

“Ne sei così sicura?” sbotta, spalancando le braccia.

Un attimo e le mie paure vacillano. Ne sono così sicura? Perché io voglio che lei ci sia, senza Caroline… non c’è più nulla.

“Tu sei un’amica fantastica” esclamo, scuotendo il capo.

“Già” risponde incurante, “forse mi preoccupo troppo per te”

 

 

“Pratiche legali, Katherine”

“Mhm?”

“Si tratta unicamente di questo”

“Mhm”

“Cosa c’è, adesso?”

Rilasso le labbra prima di proferir parola: “Nulla”

Damon Salvatore chiude un fascicolo con un lieve tonfo, inforca una matita HB e posa, per la prima volta da due ore circa, lo sguardo cristallino su di me.

“D’accordo”

Scrive qualcosa sul foglio a righi bianco di fronte a lui, spingendone altri sino a farli arrivare sotto il mio sguardo, adesso sulla scrivania subito sostituita superficialmente da una pila di A4.

“Credo di aver litigato con Caroline” insorgo qualche attimo dopo, costretta da una strana voglia di dirgli l’accaduto, di esprimermi come se il suo modo di fare me lo imponesse.

“Credi?”

“Non lo so,” borbotto, “forse l’ho solo delusa”.

“Forse” riprendo poco dopo, “dovremmo soltanto goderci una serata fra donne, sedute sul tappeto del suo open space con la compagnia di una bottiglia di vino decente, non quelle acquistate da Tesco o dal Whole Foods di Adelaide Road.”

“Cosa ti blocca, allora?” è la sua domanda, che pone prima di mordersi l’interno di una guancia mentre assume un’espressione da psichiatra assieme alla sua peggior paziente.

Tu

E la scioltezza usata nel dirlo, la rapidità e l’assoluta irrazionalità mi spingono a deglutire a vuoto, a raschiare la gola per poi sbattere le ciglia un paio di volte, perché, insomma, è tutto vero? Che ho combinato?

La risposta di Damon non tarda ad arrivare, se solo non fosse per me e per la tranquillità che metto nell’interromperlo mentre, forse, vuole dirmi che sono un’assoluta bipolare che dovrebbe seriamente far visita al miglior psichiatra in circolazione. Ho tanti di quei problemi, e sono più che certa che il suo sguardo più stretto e le labbra appena schiuse mirino solo a farmelo intendere. Tanto per citarne uno, il mio respingerlo, andarlo a cercare, chiedergli scusa e palesare un qualcosa che assomiglia ad un vago mio interesse nei suoi confronti.

“Perdonami” investo così il vuoto quasi interrotto dalle sue parole, “sono stata inopportuna. In più volevo scusarmi per l’altro giorno… mi sono presentata a casa tua con chissà quali intenzioni e propositi, quindi dico solo che non avrei dovuto”

Chiudo gli occhi, tornando a guardare immagini che non mi trasmettono nulla e fingo di leggere fra righe piene e parole in un Times New Roman un po’ sbiadito.

“Domani sera, Tottenham Road, 56, vino rosso e Billy Joel di sottofondo”

 

Katherine

 

C’è qualcosa nel suo modo di fare, quello di vestire e atteggiarsi, così come quello di camminare che mi destabilizza: sto cercando di capirne il perché, i risvolti, le cause; ma tutto questo invano, tutto questo porta inevitabilmente ad un vicolo cieco impossibile da evitare.

Eppure ci sono altre strade, mi dico, ma no, invece: tutte le strade portano ad un punto fermo, nessuna svolta possibile, niente manovre da effettuare tranne che quella consistente in una marcia indietro.

Chiudo il registro delle visite sul bancone della mia galleria, la Hampstead Gallery, ritenendomi una totale idiota.

“E’ un’idiozia” esclamo poi, mettendo a posto il registro per prendere quello direttamente precedente, il manuale del 2009.

Nessuna Katherine, nessuna traccia di questa donna che sogno sempre più spesso, che ho sognato anche il giorno prima di visitare il cimitero a Chester. Non la vedo, non so com’è fatta: ha solo una folta chioma castana ed un fisico da urlo, un modo di camminare simile a quello di Miranda Kerr e tutti la chiamano Katherine. Punto.

Barbara Palvin non può essere, la Kloss neanche, la Dunn neanche se volessi… non è una modella. Non è la Cruz, la Roberts o qualche altra attrice.

In un attimo l’idea mi viene in mente: e se fosse un uomo? Uno travestito? Se fosse un’anziana impossibile da riconoscere?

Scuoto la testa: impensabile, non posso sognare certe persone…

Dopo le prime pagine, scorrendo il dito su e in giù alla ricerca di una Katherine senza evidenti risultati, decido che c’è altro che posso fare per trovarla: devo solo prendere elenchi telefonici e agende dal mio ufficio.

Per cui mi rintano nella stanza interna alla galleria, una scrivania, delle sedie e una libreria al suo interno. Dai cassetti estraggo qualche quaderno e qualcosa che può aiutarmi.

Io devo trovarla.

Devo capire perché io la sogni così spesso, che ruolo ha nella mia vita.

È strano, nessuno sembra conoscerla ma quando chiudo gli occhi interagisce con tutti coloro che conosco, nessuno sembra ricordarla eppure so che una funzione ce l’ha.

Ma nulla: Kara Newman dell’Inteview, Korinne Cumberbatch dell’agenzia pubblicitaria, Agnese Cartwright dello studio di fotografia, Hayley Marshall del volti e risvolti, e persino il numero per il takeaway cinese. Sfoglio altre pagine, e scorgo altri nomi, altri numeri di cellulare e mestieri improbabili. Ci sono solo Catherine, Karenina, e Caitylin. Nessuna Katherine.

Lo stesso vale per l’elenco telefonico.

Sono seriamente impazzita.

 

“Elena? Sono Liv!”   una voce mi richiama, e presa dalla paura di essere scoperta – non che stia facendo chissà cosa di illecito – chiudo ogni libro e quaderno aperto, passando rapidamente le dita fra i capelli, districando qualche nodo per aggiustare la mia figura in disordine.

“Ehi, Liv” Ecco che mi alzo e mi paro di fronte alla bionda, una ragazza sulla ventina che mi aiuta a tenere in ordine la galleria quando non posso o non ci sono. I capelli biondi e mossi incorniciano il suo volto, mi saluta con la mano per poi lasciare la sua giacca di pelle nera su una poltrona.

“Ho sentito Jeremy questa mattina, mi ha detto che saresti passata di qui -- Ehi… hai fatto qualcosa ai capelli?”

Mi osserva curiosa, adesso, mentre io sorrido imbarazzata. E questo mi fa sentire a disagio, come se imbarazzarsi fosse da matti.

“Accorciati, sì…”

“Non fare la vaga!” mi rimprovera bonariamente “Ci sono anche delle ciocche rosse… O sbaglio?”

“Non sbagli” ridacchio, “In fondo è quello che avrebbe fatto Elena se avesse voluto rivoluzionare il proprio aspetto, no?”

“Sì” annuncia, “è quello che avresti fatto un po’ di tempo fa, conoscendoti” e non so perché mi sento terribilmente stupida ad aver parlato della vecchia me come se fosse totalmente un’altra persona.

“Comunque… è per caso arrivato qualche acquirente?”

Scuoto la testa, incrociando le braccia. “No, affatto, è stata una giornata così tranquilla da farmi quasi scocciare” ridacchio per apparire esclusivamente una donna annoiata e stanca di essere tale, e lei sembra crederci.

“Okay, adesso controllo gli appuntamenti per questa settimana… o l’hai già fatto tu?”

“Non ho la più pallida idea di dove mettere le mani”

Ride. “D’accordo, Lena, se hai bisogno di me, sono qui”

Annuisco con il capo sorridendo appena, portando una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

Posso provare a parlare con lei, in effetti… perché no?

“Senti Liv… per pura curiosità… uhm,” gira il capo verso di me con il telefono in mano.

Corruga le sopracciglia, schioccando la lingua sul palato: “Dimmi tutto”

“Sto cercando di fare una mappa mentale di tutte le persone del mio passato… per caso, che tu sappia… c’è una qualche Katherine? Una mora, alta, bel fisico eccetera?”

Emette un mhm che può significare soltanto ed unicamente una cosa: sta riflettendo.

Il che equivale ad un punto per Elena, significa che non sto inventando tutto e che una donna con quel nome e quell’aspetto c’è, esiste, è entrata nella mia vita in qualche modo e che i sogni sono dei pezzi di puzzle che, lentamente, prendono forma.

“Non credo… non credo proprio. Cioè, oddio, potrebbe anche esserci, ma se c’è stata non è stata fondamentale, comprendi? Un’ombra che è subito scomparsa”

Il mio castello di sabbia si frantuma e si sgretola con quest’onda inaspettata di Liv, una bionda davvero troppo giovane nella mia galleria.

“Ti ringrazio” rispondo. “Credo che andrò a prendere un po’ d’aria… E se qualcuno mi cerca, non rispondergli, non voglio essere… rintracciata, sai… ho bisogno di qualche attimo”

“Sicuro!”

 

 

Nascondo parte dei miei capelli sotto un orribile cappello di lana trovato nel guardaroba, utilizzandolo per il semplice freddo quasi invernale che questa mattina ha investito parte di Londra.

Infilo le mani nelle tasche e accelero il passo: se non mi sbaglio, ad un paio di isolati, riuscirò a trovare l’Alexandra Park. Se prendo un taxi, poi, arriverò a casa di Stefan –casa mia- nella quale non metto piede da un po’ di tempo.

L’appartamento di Rose è accogliente e grande abbastanza per entrambe, ci sto bene, abitiamo assieme e non credo che Stefan, in fin dei conti, mi manchi. Ogni tanto mi invia ancora messaggi vocali, mi chiama e lascia e-mail che cancello prima ancora che possa leggerle.

Il telefono squilla e ci metto un po’ a capire che è il mio e che devo –sì o no?- rispondere.

“Jeremy?”

“Lena! Liv è passata?”

Tossisco, “Certo”

“Mhm… bene… sei, uhm, ancora lì con lei?”

Aggrotto la fronte, “Sì, ovviamente

“Già… sarebbe davvero brutto interrompervi con la mia presenza?”

Sgrano gli occhi: “Si! Assolutamente!”

Lo percepisco deglutire.

“Sto scherzando, Jer! Intendo solo dire che… preferisco rimanere sola. Sola con lei. Clima… lavorativo fra donne, sì”

“Oh, certo, nessun problema… ci sentiamo domani, allora?”

“Vada per domani”

“Ciao, Elena”

“Ciao, Jer”

 

 

“Brad” lui mi saluta con un cenno del capo, sorride come se non fossi mai andata via di casa. E’ il nostro portiere –era?- quello di casa Wasilewski-Gilbert, che mi lascia accedere all’edificio che è la mia vecchia abitazione con la banale scusa di prendere le mie cose, adesso che Stefan è a lavoro e non tornerà prima di un’ora.

Se io non posso trovare Katherine, significa che avrò bisogno di un aiutino.

E non mi importa mentire a tutti, il fine non giustifica forse i mezzi?

Beh, qualsiasi sia la risposta, io la vedo solo ed unicamente affermativa.

Entro nello studio del mio ex futuro marito, è tutto perfettamente ordinato, dalla fotografia di me e lui assieme sulla scrivania ad ogni quadro esposto, ad ogni libro sugli scaffali non polverosi. E’ tutto decisamente da lui… da noi, dal noi di prima.

“Dove possono stare?”

Mi mordo le labbra e mi guardo attorno: dove potrebbe mettere i fascicoli dei suoi clienti?

Perché è questo il punto: lui ne ha tantissimi di clienti, molti fogli e documenti forse saranno persino all’agenzia, motivo per cui potrei infiltrarmi lì un giorno e fare una davvero molto casuale visita.

Apro vari cassetti, faccio attenzione a chiuderli con cautela e a comportarmi come se fossi un ladro, perché non voglio che Stefan sappia, che si renda conto dell’intrusione di qualcuno.

E Brad non deve aprir bocca riguardo me.

“Stefan, dannazione!” impreco quando scopro che gli armadi e le ante non custodiscono quello che sto cercando.

“Diamine, diamine, diamine!”

Ho voglia di buttare tutto all’aria, di strappare ogni dannato foglio.

Speravo fossero qui…

“Stai cercando qualcosa?”

O mio dio.

“Elena?”

“Stefan?”

 

 

“Stai scherzando, vero? Hai fatto irruzione nel mio ufficio, hai rovistato fra i miei documenti alla ricerca di un fascicolo circa qualcuno la cui esistenza non è neanche sicura?”

“Senti, non mi aspetto che tu capisca… ho sbagliato, okay. Mi dispiace, buona serata” Mi alzo e sbuffo, prendo la mia borsa volendo lasciare questo posto. Cosa credevo di fare?

Si inumidisce le labbra: “Elena…aspetta”

Sorrido istantaneamente, mi volto verso di lui. “Posso spiegarti ogni cosa” esclamo, lui si tocca il mento e schiocca la lingua sul palato. “Dimmi tutto”

“Sono sicura che questa Katherine abbia a che fare con la mia vita, sento… un collegamento con lei. E’ importante, lo so” scrollo le spalle “ma nessuno sembra a conoscenza della sua esistenza… ed io ho iniziato a cercarla, grazie anche ai sogni che ho fatto… Si chiama Katherine, è bruna, capelli lunghi… quasi come i miei lo erano prima, poi… ha un bel fisico e sono anche abbastanza sicura che sia un donna”

“D’accordo”

“… e ho provato a controllare le agende ed i registri in galleria, ho chiesto a Liv ma nulla…”

“Può bastare, Elena”

“… quindi mi son detta perché no? E sono giunta qui”

“Elena” mi blocca, la sua voce calma e calda e lo sguardo quasi neutro.

“Pensi davvero che sia importante?”

Annuisco, “Più che certa”

Sbuffa, alzandosi dalla sua poltrona e sbottonando i polsini della camicia con fare disinvolto. Si toglie la giacca e si passa una mano fra i capelli, stanco.

“D’accordo, ti aiuterò a cercarla”

Sorrido, cosa? Lui… mi aiuterà?

“Cosa?”

“Ma ad una condizione: dovrai ascoltarmi quando sarà necessario”

“Dici sul serio?” la mia voce deve suonare davvero divertente perché scoppia a ridere, è tranquillo, è sorridente come credo di non aver mai visto.

“Dico sul serio, Lena. La troveremo, troveremo questa Katherine, costi quel che costi”

E che i giochi abbiano inizio.

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Okay, sono piuttosto emozionata (non tanto per il capitolo quanto per un episodio speciale di una serie tv che mi ha praticamente commossa e fatto piangere) quindi eccomi qui... già... okay-- passiamo al capitolo! E' uno dei miei preferiti, credo, scriverlo è stato rapido nonché piacevole: spero piaccia anche a voi!
Abbiamo del Delena (ci sarà anche nel prossimo capitolo, tanto per dirne una) e capiamo la storyline di Katherine! Ecco la sua sorpresa, il suo piano! Spero sia chiaro il suo personaggio ed il suo punto di vista in questi ultimi due capitoli: semplicemente non ha iniziato a ricordare, non mediante dei sogni, ma ha in mente una persona (non sa che è lei!) e vuole trovarla, convinta in tutti i modi che possa aiutarla con il proprio passato!:)
Il prossimo capitolo sarà più movimentato ma comunque rilassante/piacevole (o almeno spero ahahah), vedremo le due navigare nei panni dell'altra, sentendosi quasi completamente a loro agio!
Se avete domande, dubbi, o varie... chiedete, sono certa di aver peccato in qualche punto, tipico mio!
Vi ringrazio davvero tanto per il supporto datomi con le recensioni, con le letture (grazie grazie grazie a voi lettori silenziosi!) e l'inserimento nelle seguite/preferite/ricordate! Se volete farvi avanti con un brevissimo parere, è sicuramente e certamente ben accetto!

al prossimo aggiornamento, un bacio!
vi lascio lo spoiler:

“Facciamo quest’ultima prova,” mi dice “andiamo a Canary Wharf dove ho qualche altro contatto, e se i risultati sono positivi significa che avremo trovato ciò che cercavamo. Se sono negativi…”

Prende un respiro profondo, mentre passa il suo biglietto per la metro: “… significa che avrai un motivo in più per far shopping in una delle zone con molte delle principali aziende del Regno Unito, c’è persino un centro commerciale e ci sono centinaia di negozi. L’idea ti alletta?”

Trovo la forza di rispondergli dopo un minuto o due, perché per quanto la sua proposta mi alletti, il solo pensare di non riuscire a trovare Katherine e concludere questa faccenda che mi disgusta e spaventa.

Alla fine ci riesco, con tanto di sorriso abbozzato. “Non sai quanto”

e vi prego di passare dalla mia ultima one shot, a cui tengo particolarmente! mi farebbe davvero davvero davvero piacere leggere un parere! 

Way to say (I love you)

Federica

  
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