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Autore: Jecky Ru    27/04/2014    1 recensioni
Era solitudine e amarezza. Era segretezza. Era morte. Era la vera essenza di un ninja.
***
Premetto che mi sto vergognando fino all'inverosimile e in questo istante vorrei essere uno struzzo, così da poter ficcare la testa sotto terra. Ma... l'idea di scrivere qualche Fiction mi stuzzicava da parecchio... ed ecco la prima, incentrata sul mio Oc (tanto per prendere la mano nel muovere gli altri personaggi e rendermi conto di come funziona il tutto). Uno Spin-off per immergersi nella straziante vita di uno shinobi e viverne assieme le sofferenze, i trionfi e le ardue scelte!
Detto questo, spero che troviate la storia stimolante e piacevole, tramite l'introduzione di quello che è un nuovo personaggio, uno dei tanti assassini al servizio di Orochimaru ed affezionarvici, vedendolo destreggiarsi tra gli intricati meccanismi che regolano la vita di una 'macchina priva di sentimenti' come deve essere un ninja. Grazie per l'attenzione e buona lettura!
Genere: Avventura, Azione, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Naruto Uzumaki, Nuovo Personaggio, Sasuke Uchiha
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Naruto Shippuuden
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Yumegakure no Sato, 13 anni prima.



La signora dai lunghi capelli castani tornava verso casa, rallentata da due buste colme di cibarie appena acquistate al piccolo mercato che si radunava ogni fine settimana all'entrata del villaggio.
Due Baguette spuntavano dalla carta, assieme a qualche ciuffo di verdura.
Avrebbe dovuto cucinare per ben sei persone, anche quella sera. Nonostante non fossero una famiglia eccessivamente ricca, i coniugi Oyasumi s'erano dati particolarmente da fare nel mettere al mondo nuova prole, e non potevano di certo negare che ognuno dei loro figli fosse, a modo proprio, singolare. 
Il primogenito, ormai dodicenne, era un ottimo esempio di quello che tutti chiamavano Shinobi: intransigente nelle sue decisioni, da sempre una guida per le sue sorelle minori, forte e sicura di se' stesso.
La coppia di gemelle che lo aveva immediatamente seguito contava invece otto anni, ed erano magnifiche nella loro ostinazione nel tenere i biondissimi capelli corti, tagliati in un caschetto sbarazzino, mentre con i loro grandi occhi verde scuro scrutavano dal basso ogni singolo movimento della grande casa dove abitavano. Fin da subito si erano rivelate ragazzine vivaci e desiderose di diventare grandi ed esperte Kunoichi del Villaggio.
Poi c'era lei: la nuova arrivata, che contava tre anni.
Nonostante fosse una bambina in piena salute, era leggermente diversa dai sui fratelli, e bastava un istante per comprendere in che modo: era silenziosa, dolce ed incredibilmente sensibile.
Dal profondo delle sue iridi color del cielo mattutino, il viso candido come la neve ed i liscissimi capelli lunghi, pareva riuscire, con uno sguardo assorto e distante, a scrutare nei meandri più profondi della persona alla quale dedicava un'attimo d'attenzione. La più dolce delle bambine, assetata di racconti fantastici e legata incredibilmente a suo fratello maggiore.
La donna svoltò un angolo e sparì nella penombra.
Avevano deciso di prendersi una casa lontano dal centro del villaggio, che sorgeva ad Est, così da essere la prima che il sole avesse illuminato ogni qualvolta esso sorgeva.
E poi, lontani dagli abitanti di Yumegakure. Non che il loro clan fosse mal visto, ma proprio a causa della specialità che li concerneva, il più della gente nutriva un sottile ed etereo senso di estraneità nei loro confronti. Erano di certo stimati, gli Oyasumi, e contavano figure in rilievo sia nelle file degli shinobi da assalto, sia nella categoria politica al comando ti Enzo Tenro, lo sceriffo del villaggio.
Eppure, erano così dissimili dagli altri clan.
Se Tenro, Hirasaka e Amagiri erano paragonabili a dei corpi vigorosi e pronti al combattimento diretto, gli Oyasumi potevano considerarsi uno scaltro e maneggevole cerebro, pronto a leggere fino all'ultima riga del libro della mente altrui ed interpretarne alla perfezione il significato.
Percorso uno stradone immerso nella capillare nebbiolina che era solita alzarsi dal fiume nel tardo pomeriggio, la signora giunse finalmente alle porte della propria abitazione, ma restò immobile oltre la soglia, incuriosita dal totale ed insolito silenzio che circuiva l'ingresso. Pose l'orecchio alla porta, ma niente.
A quel punto, un lieve cruccio oscurò il suo sguardo. Infilò la chiave nella serratura, aprì e...
« PERMESSO, MAMMA!»
Una delle gemelle investì la sua figura con foga, sgusciando via come un avannotto nelle mani di un pescatore principiante, ricadendo pesantemente nelle acque della libertà.
« Gekkō!» rimproverò la donna, rasserenata tuttavia dal grosso sorriso che la bambina portava stampato sul viso. Non fece in tempo ad entrare che il caschetto sbarazzino della seconda gemella per poco non la urtò in una corsa sfrenata dietro la sorella, anch'essa un ghigno birbante dipinto sul volto.
« NON SIAMO STATE NOI, LO GIURO!» e sparì anch'essa dalla propria vista.
Con l'istinto che solo una madre possiede, la donna capì all'istante che ne avevano appena combinata una delle loro e, nel mentre osservava l'uscio ormai vuoto della casa dal quale entrambe le sue figlie erano passate di buona lena, udì dal piano di sopra provenire un improvviso pianto sguainato.
Sospirò profondamente, gettandosi all'istante in quella direzione; seria, volò sopra le scale e in meno di dieci secondi fu arrivata al loco da dove provenivano quei lamenti accorati.
Fu lì che la trovò, stesa a quattro di spade sul pavimento, prona, il viso spiaccicato contro il parquet e le lacrime che avevano già formato una piccola pozzanghera di tristezza sotto il nasino.
Le fu immediatamente accanto e, non appena la bimba percepì il calore materno, si tirò a sedere sui talloni, gettando la testa all'indietro e strizzando forte gli occhi in un'espressione di contorto dolore. Lacrime copiose zampillavano dagli occhi, mentre una boccuccia slargata emetteva urla silenziose.
Tirò su col naso due volte, prima di socchiudere le palpebre nella direzione della madre.
« M-mamma.. ». Una manina piccola e paffuta raggiunse le guance, altrettanto pingui e morbide, solo per tentare di malamente di asciugarsi.
Mantenne quel broncio impermalito persino quando la mamma la prese tra le sue braccia e la carezzò con amore. Nulla pareva riuscire a smuoverla dalla sua querula situazione infantile di orgoglio ferito, nemmeno il bacio che presto ricevette sulla fronte.
La donna la osservò intenerita per qualche istante: pareva che nulla servisse a farle ritrovare quel suo meraviglioso sorriso. Così la prese in collo e si diresse verso il bagno.
Riempì la vasca fino all'orlo con acqua tiepida e miscelò delle squisite fragranze di Lavanda, poi vi immerse il corpicino nudo dell'infante.
« Yoake-chan...» sorrise col preciso intento di porre rimedio una volta per tutte a quell'ingiusta sofferenza.
« Chiudi gli occhi, bambina mia. ».
La piccola, che grazie al calore sprigionato dall'acqua e dai modi amorevoli della sua genitrice aveva smesso di frignare, obbedì immediatamente, lasciandosi cullare dalla melodia che ora usciva dalle labbra della donna.
Le dita di quest'ultima si infiltrarono nei lunghi e morbidi capelli color cioccolato della bimba, poi le carezzarono le spalle e la schiena con un'amore e una dolcezza disarmanti.
Insieme a quella nenia fatta di note e sospiri, percepì chiaramente i nervi distendersi. Era quello l'unico modo di placare un'animo inquieto, a suo credo oltraggiato e ferito nell'orgoglio.
Quando la bimba s'addormentò, lei la raccolse in un morbido asciugamano e la depositò vestita del pigiama sul letto. Un sorriso serafico ad incresparle le labbra, mentre osservava quella creatura così bella ed indifesa allo stesso tempo, tornata, miracolosamente, serena.







Otogakure no Sato, adesso.



Cosa sapeva di lui?
Di certo quello che da lì a poco sarebbe diventato: un nuovo contenitore per l'essenza del proprio maestro. 
Cos'altro?
Che era un ragazzo silenzioso, di poche parole e reduce da una travagliata infanzia. Dopo tutto, nel mondo ninja, le notizie volavano da orecchio a orecchio con estrema facilità.
Solo una volta, prima d'allora, ci aveva avuto a che fare in modo diretto, e a dirla tutta non era stata un'esperienza catalogabile con precisione: si erano limitati ad incontrarsi, parlarsi lo stretto indispensabile e la seduta era iniziata.
Poi, non lo aveva più visto, se non durante qualche sporadico incontro di gruppo (provvidenzialmente abbandonato prima possibile da lei), una paio di volte nel campo d'addestramento sotterraneo e per una manciata di fortuiti incontri lungo i corridoi che portavano ai laboratori o all'esterno del covo.
Nulla più. Nessun saluto, se non qualche occhiata di apparente disinteresse da parte del ragazzo quando lei lasciava in totale silenzio la stanza nella quale si ritrovavano.

Avvolta dalla sua proverbiale aura di freddo distacco, prese un profondo respiro e bussò alla porta.
Il suo corpo era avvolto in una veste di morbida seta, le forme sinuose messe in risalto dal tessuto e le spalle avvolte in un'elegante casacca dalle maniche a campana, blu scuro.
L'essenza di Loto che si librava a qualche metro da lei, preannunciava la presenza di quest'ultima.
Non percepì alcuna risposta nell'immediato, così decise di poggiare la mano bianca sullo stipite della porta e far scorrere la sua estremità da un lato, provocando un'apertura sufficientemente ampia da consentirle il passaggio.
Buio.
All'istante si ritrovò in una delle tipiche stanze da letto presenti in quel cumulo di cunicoli che da otto anni a quella parte rappresentava per lei l'unico posto vagamente etichettabile con l'appellativo di 'casa'.
L'oscurità che plasmava come petrolio quelle quattro mura era alleggerita da alcune candele poste ai quattro angoli della camera, più alcune che con il loro fioco brillare illuminavano un letto e i suoi dintorni.
Il minimo indispensabile per permettere alla propria vista di non spegnersi completamente. Persino quello era definibile come allenamento, in quanto un occhio allenato a vedere nell'oscurità sarebbe di certo stato utile a qualsiasi shinobi.
Chiuse le palpebre, lasciandosi circondare da un improvviso senso d'angoscia, senza tuttavia far trapelare la minima emozione. Non aveva scorto nessuno, ma era più che sicura che dovunque fosse, il suo paziente la stesse già osservando, nell'ombra.
Ed infatti la sua voce non tardò a presentarsi, austera e lievemente sfrontata.
« Ti manda Orochimaru?».
Yoake non rispose subito, preferendo meditare una risposta che non lo indisponesse, almeno non subito. Dopo tutto, il Sennin contava su di lei per apportare un beneficio psicologico al suo amato pupillo.
« ...Mi hanno riferito che di recente c'è qualcosa che ti turba.»
Altri istanti di silenzio, prima che egli potesse ribattere nel medesimo tono, seppur vezzeggiato adesso da una venuzza di sarcasmo.
« Quindi, sei qui di tua spontanea volontà... ».
Era una provocazione, lo capì all'istante.
Ma da parte sua, Yoake, non voleva mentire, e quel mutismo prolungato era la prova che l'iniziale previsione del ragazzo fosse concreta.
Un lento ed impercettibile sospiro. Il silenzio rispose al quell'affermazione, e lui, con un immediato motto ilare, concluse in modo quasi sprezzante: « Tsk. Lo immaginavo.»

Lentamente, la sua figura emerse dalla penombra, un guizzo rossiccio negli occhi come monito. Il viso contratto in una smorfia severa, la veemenza intrinseca di quegli occhi che intrappolarono all'istante le iridi azzurre della ragazza.
Fermo e inflessibile in tutta la sua superbia da Uchiha, le arrivò ad appena un metro di distanza.
« Vuoi sondare la mia mente, non è così? Ti illudi di poter capire come mi sento. Ah, già...» fece con la massima, disinvolta, ironia. « Tu \puoi\ ».
La osservò dall'alto verso il basso, lentamente. Socchiuse le palpebre ed inspirò col naso, quasi ad assimilare la delicata fragranza che aleggiava attorno all'esile figura che, dura, aveva sostenuto senza particolare difficoltà il suo sguardo.
« Cosa ti fa pensare che te lo permetta?».
Quella domanda uscì impulsiva dalle sue labbra di lui con il preciso intento di incendiare qualsiasi cosa udisse il suo rovente significato, infagottata di presunzione e un misto di caustico sarcasmo.
Poi se ne rimase fermo, alla stregua di un leone che, emesso il proprio ruggito minaccioso, si accovaccia placidamente in attesa che la preda faccia un seppur minimo movimento.
All'astio immotivato del giovane, tuttavia, rispose la pacata freddezza di una voce acquosa e per nulla turbata.
« Non c'è bisogno di rivolgerti a me in questo modo. Sono qui per farti del bene, Uchiha Sasuke.».
Improvvisamente, qualcosa mutò nell'espressione del giovane e, se prima aveva solamente accennato ad una lieve forma di tracotanza, ora ciò che emergeva dai suoi lineamenti era pura brutalità.
« Puoi tenerti tutto il bene per te, non mi serve. L'unica cosa di cui ho bisogno è... »
« Potere.» Lo interruppe Yoake, non smettendo per un istante di trafiggere i suoi occhi con il ghiaccio imperturbabile dei suoi.
« Hmph.» ribatté per tutta risposta lui, trattenendo il suo sguardo nel proprio, solo per piegare le proprie labbra in un sorrisetto beffardo di vaga soddisfazione.
Yoake parlò ancora, sicura nelle sue parole di ghiaccio.
« Ma per ottenere ciò che si vuole, indipendentemente da cosa sia, è necessaria una gran dose di lucidità. Se la tua mente è offuscata dall'inquietudine, non apprenderai che un pallido riflesso di ciò che il potere è realmente.»
« Tu dispensi illusioni. Io ho bisogno di altro... ». Nella voce del giovane, tuttavia, una nota di imprevedibile remissività, totalmente estranea alla precedente presa di posizione.
« Ne sei davvero sicuro? Permettimi di rasserenarti, al meglio delle mie possibilità.».
« Non permetterò a nessuno di alleviare il mio dolore.»
Un lieve sospiro da parte di lei.
« Lasciami compiere il mio dovere. Se non al tuo umore, gioverà alla tua salute.» E poi, un ultimo tentativo di convincimento. « Consentimi di aiutarti ad ottenere ciò che desideri.»
Come dovevano suonare vuote quelle parole alle orecchie dell'Uchiha, che non impiegò più di un istante a capire che dietro quell'estrema premura c'era solamente l'ardente desiderio di assolvere un misero compito.
Percepì un ampliarsi dell'odio che gli ribolliva dentro, che tuttavia, riuscì ad incanalare in una maniera piuttosto insolita.
In un ennesimo istante di silenzio, egemonizzato dai loro sguardi immersi uno nell'altro e plasmato da una tensione quasi palpabile, Sasuke ghignò, avvicinandosi di un ampio passo verso la ragazza che restò immobile. Dalla divisa semi aperta poteva ben notarsi il suo petto delineato e muscoloso, le clavicole in evidenza e la muscolatura del collo.
Si approssimò ulteriormente, un sorrisaccio tronfio e ricolmo di tagliente malizia stampato in faccia.
Fingeva, era ovvio.
« Oh. E in che modo \tu\ saresti in grado di darmi... potere? ».
Si appoggiò con il braccio alla parete retrostante, afferrando il mento di lei tra indice e pollice e alzandole il viso verso il suo, così da avere una perfetta visione delle sue labbra.
Simulava sicurezza, audacia. Forse, interesse. Ma nulla di tutto ciò che trapelava dai suoi modi inspiegabilmente provocanti corrispondeva a verità. Probabilmente un modo per testarla.
Lei frugò in silenzio tra quelle iridi d'ossidiana le sue vere intenzioni, e poi, principalmente mossa dal dovere impostole dal maestro, distolse lo sguardo.
« Lo sai. Non è la prima volta. ». Non era arrendevolezza, quella. Ma non desiderava apparire troppo irriverente nei confronti di una persona che da lì a poco avrebbe dovuto psicanalizzare, altrimenti la sua seduta  sarebbe stata definitivamente compromessa.
« Ah, sì? Interessante. ».
Un ultima frase quasi sussurrata in un lampo di acceso dissidio, poi lui mosse il proprio viso in direzione dell'orecchio sinistro di lei ed espirò l'aria che aveva nei polmoni, parlando in un flebile mormorio.
« La tua singolare dote ti permette di conoscere ciò che giace in fondo al mio cuore...». Col le labbra umide sfiorò il lobo del suo orecchio.
« Se ne farai parola ad anima viva, o se ne utilizzerai anche solo minima parte contro di me... ti ucciderò. » e detto questo, lasciò un lungo sospiro lungo il suo collo.
Seppur il suo cipiglio parve rimane immutato, era innegabile che l'atteggiamento provocante ed indisponente del giovane Uchiha fosse fonte di particolari quanto insolite vibrazioni.
Ma sepolto sotto quella spessa lastra di vetro che ora il viso della ragazza, v'era anche una abbondante dose d'orgoglio, e per nulla al modo gli avrebbe dato la soddisfazione di reagire in qualche altro modo che non fosse indifferenza.
« Se hai finito di palare, ti pregherei di sbrigarti. Non ho tutto il tempo di questo mondo a disposizione.»
Volse leggermente il naso verso di lui, che velocemente si ritirò a qualche metro di distanza, guardandola con fare interrogativo, come se, chiarito ogni punto, aspettasse direttive.
« La situazione è più grave di quanto pensassi.» aggiunse lei, lapidaria. « Spogliati.» affermò con estrema sicurezza, dirigendosi verso la piccola porta che separava la stanza da letto al bagno.
« Ti tratterò in modo diverso dall'ultima volta. E no, non sono disposta minimamente a negoziare la metodologia tramite cui questo avverrà. Quindi, se sono obiezioni quelle che stai per proferire, sappi che ne' con la grazia, ne' con la violenza cambierò tali disposizioni.».
Lui la guardò meglio, come se non avesse appieno compreso le parole appena rivoltegli.
« Sei ancora vestito.» aggiunse lei, intransigente. « Ho detto, spogliati.».
Poi entrò velocemente in bagno, accese qualche candela e aprì l'erogatore di acqua calda in modo tale che da lì a pochi minuti la vasca si riempisse.
« Stai scherz-»
« Ho forse la faccia di una persona che sta scherzando? » tagliò corto, gettandogli un asciugamano bianco tra le braccia.
« La vasca si riempirà nel giro di due minuti. Accedi al bagno, avvolgiti il ventre con l'asciugamano ed entra in acqua. Al resto ci penserò io.».
Spiazzato da quella sicurezza così dannatamente formale e dal suo sciolto andirivieni, come se il discorso fattole pochi momenti prima non avesse minimamente intaccato il suo spirito, a Sasuke non restò altro da fare che acconsentire: dopo tutto aveva messo in chiaro tutto ciò che doveva e continuare uno sterile diverbio non avrebbe portato nessun vantaggio. Così si incamminò in quella direzione, le labbra increspate in un sorrisetto sardonico.
« E così, oltre al mio animo, vuoi vedere privo di vesti anche il mio corpo. ».
Le rivolse un'occhiata agghiacciante, per poi sbuffare ed entrare nel piccolo bagno, chiudendo la porta alle sue spalle.






« Kabuto, Orochimaru-sama mi ha impiegata per una missione estremamente delicata. Mi servono delle sostanze che riescano ad ammansire con facilità persino una iena. ».
La voce di Karin era determinata, e per nulla al mondo il ragazzo dai capelli bianchi avrebbe potuto immaginare che il fine ultimo della sua richiesta fosse di tipo personale.
« Strano.» si limitò a commentare con noncuranza, mentre con lo sguardo cercava l'etichetta esatta tra le decine di sostanza che giacevano sotto di lui, accuratamente chiuse in delle beute di vetro.
« Solitamente sono al corrente di ogni cosa. »
« È una missione... segreta, sì. ». 
La rossa si aggiustò con fare isterico gli occhiali sul naso, senza accorgersi che quel gesto fatto in automatico aveva appena comunicato al braccio destro del Sannin che probabilmente quella era una farsa.
Tuttavia, non proferì parola a riguardo, estraendo dal gruppo un fiala piuttosto grande di liquido incolore e, maneggiandola con destrezza, prese a stillarne il contenuto in una piccola fiaschetta.
« Sei sicura di ciò che stai facendo, Karin? ». 
Dandole le spalle, poteva comunque studiare la reazione della rossa dal cangiante tono con cui ella emetteva le proprie frasi, incurante che per le esperte orecchie del giovane, tutto ciò riconduceva sempre ad una più ampia conferma della sua ipotesi.
« Ma, ma certo! Che domande fai. ». Incrociò le braccia al petto e distolse lo sguardo, facendolo roteare verso i più indicibili angoli del laboratorio.
« Confido che questo liquido ti serva realmente per qualcosa di utile, e non ne' sprecherai nemmeno una goccia. »
« Magari potresti anche spiegarmi come si usa! »
« Tsk ». Lui parve contrariato. « Non ho tempo per questi giochetti, Karin. Ho molto a cui dedicare il mio tempo, prima fra tutti, la salute di Orochimaru-sama. ».
Si voltò, lanciandole una piccola boccetta.
« Basterà che di chiunque si tratti, la inali per vie aeree. » aggiunse di fretta. « Ma se cerchi una spiegazione più esauriente, potresti chiedere alla mia assistente di laboratorio. Dovresti conoscerla... il suo nome è Yoake. ».
All'udire quell'epiteto, Karin s'irrigidì ulteriormente e strinse tra i pugni quella fiaschetta così forte che per poco la stessa non si ruppe. Un rantolo di assenso le uscì automatico dalle labbra, mentre fingeva indifferenza.
« Sì, non voglio annoiarti con i miei insensati quesiti... suppongo sia meglio che mi rivolga direttamente a lei.»
aggiunse, cercando di controllare l'astio che provava verso quell'etere figura. « Sai dirmi dove posso trovarla? »
« Viene spesso qui in laboratorio, ma al momento credo sia occupata con Sasuke-kun » e, detto questo in modo secco e annoiato, Kabuto lasciò la stanza, inconsapevole di aver rigirato il dito nella dolente e arroventata ferita di Karin, che solo dopo che la porta si fu chiusa, poté dar sfogo al proprio risentimento tramite un sonoro colpo al tavolo di legno, spezzandolo impietosamente in due.
« Bastarda... avrai quel che ti meriti. E poi torneremo amiche come prima... » biascicò in modo infido, mentre stringeva alla guancia la fialetta donatale da Kabuto.
  
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