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Autore: xlovesharoldo    06/05/2014    10 recensioni
Ridacchiai quando una strana scena si fece spazio nel mio cervello.
- Mi ricorda Titanic. – ammisi.
Mi stampò velocemente un bacio sulle labbra, ridendo poi da solo. Lo guardai divertita, mentre scuoteva la testa. Le sue dita passarono nei miei capelli, togliendoli dal mio viso.
- Dove la porto signorina? – sorrisi come non mai. Strinsi forte la sua maglia fra le mie dita.
- Su una stella. – indicai il cielo.
Ridemmo insieme, riportando esattamente le parole del film. Non riuscivo a credere che così tante persone fossero morte così, nel gelo delle acque dell’Atlantico. Non credevo nemmeno di essere lì, in quel momento.
- Non credo di poterti portare su una stella. – sussurrò dispiaciuto. Passai le mie mani dietro la sua schiena, abbracciandolo forte.
- E allora portami con te, ovunque andrai.
*
Quale amore, meglio di quello che nasce sulle acque dell'oceano?
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TRAILER : https://www.youtube.com/watch?v=qhZTHAsTO34
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Questi personaggi non mi appartengono; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.



Credevo le mie unghie avrebbero presto chiesto pietà, staccandosi dalle mie stesse mani e scappando via. Continuavo a torturarle mentre mia zia faceva la sua solita ramanzina. Non era per quello che ero agitata, sentivo più che altro un peso sullo stomaco, ma dubitavo fossero le mestruazioni poiché erano terminate da qualche giorno. Sentivo di dover fare o dire qualcosa a qualcuno, ma non sapevo come, chi, che cosa, quando e perché. Era solo un casino nella mia testa, mangiucchiarmi le unghie era forse l’unico modo per scaricare la tensione. Che cosa dovevo fare?
- Ho un ragazzo.
Spalancai gli occhi quando la voce uscì da sé, interrompendo il discorso della donna di fronte a me, anche lei scandalizzata quanto me. Ma come me n’ero uscita? Potevo certamente dirglielo con più calma, girandoci un attimo intorno e invece il mio cervello avevo deciso per me. Come la fai tragica,  Marta. Oh ecco, ci mancava anche la mia coscienza. Iniziai a muovermi nervosamente sul letto, accavallando le gambe, alzando e abbassando i talloni, sistemando capelli, vestiti, occhiali, calze e sfregandomi le dita fra di loro. Un urletto interruppe la nostra discussione, bloccando Lucia proprio mentre stava per parlare. Mia zia Claudia si sedette vicino a me, abbracciandomi di scatto. Mi irrigidii immediatamente e la donna davanti mi guardò male, prendendo Sara in braccio.
- Chi è? Come si chiama? Almeno è carino? Oddio non vedo l’ora di vederlo. - sbuffai, staccandola da me. Mi morsi le labbra prima di lasciar andare qualche altra parola di troppo.
- Non c’è bisogno che mi fai il quarto grado, lo conosci già. - il suo sopracciglio si alzò, assumendo un’espressione pensierosa, magari facendo passare tutti i ragazzi che le avevo presentato.
- È per caso Marco quello di 4^A? - per poco non mi diedi una botta in testa da sola. Scossi la testa, pronta a ribattere. - Allora è Giacomo, quello dell’oratorio. - feci una smorfia al ricordo di quel volto non poi tanto affascinante del mio compagno di gruppo catechistico. Ma perché dovevo avere soggetti del genere nella mia famiglia? Pensa per te Marta.
- Zia, è Niall.
Com’era il detto? “Parli del diavolo e spuntano le corna” ?
Qualcuno bussò alla porta. Facendo sobbalzare un po’ tutti. Sara che dell’argomento se ne fregava altamente saltò giù dalle gambe di mia zia, zampettando verso l’altro lato della cabina. Quello che ne seguì, mi mise sull’attenti, facendomi di nuovo sentire nervosa e in ansia.
- Ciao Niall! - salutò la vocina della mia cuginetta. Per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva, tossendo qualche volta.
- Ciao bella. - salutò in italiano lui. La sua voce soave era una melodia, soprattutto quando parlava una lingua non sua, col suo accento terribilmente irlandese. Avvampai sotto gli occhi delle mie zie: avevo sempre avuto un tempismo eccezionale, lo devo ammettere. Non sentii nemmeno i suoi passi, attutiti dalla moquette. Il biondo apparve con un sorrisone e mia cugina in braccio. Ridacchiai vedendola aggrappata al suo collo come mai non aveva fatto con nessuno, i suoi occhietti chiusi e un sorrisino sulle sue piccole labbra. Le labbra di Niall andarono abbassandosi, vedendo che ero in compagnia ed era evidente che stavamo parlando di lui. Trovai Lucia fissarlo con gli occhi socchiusi, peggio di quando doveva leggere le parole piccole sull’etichetta dei funghi sott’olio al supermercato. Presa dal panico e immaginandomi quante domande avessero potuto rivolgergli, mi alzai di scatto. Il silenzio che alleggiava era più che pesante e l’ansia tagliente. Tolsi Sara dalle sue braccia, posandola a terra.
- Niall non è un pupazzo, Sara. - le dissi. Lei mise su il broncio, cercando di intenerirmi con quei suoi occhioni grandi e verdi. Ah no! Che giochino insulso e vecchio, non ci sarei mai casc..
- Oh avanti guardala. - alzai gli occhi al cielo, voltandomi verso il biondo. Rise alla mia faccia disperata, ma non riuscii a non addolcirmi al suono della sua risata.
- È meglio se andiamo Niall. - gli sussurrai. Non so nemmeno perché lo feci, di sicuro quelle due non mi avrebbero di certo capito. Stavo per prendere la sua mano per portarlo via da lì quando zia Claudia ci fermò. Ovviamente non poteva starsene zitta. Si mise davanti a Niall, poggiando una mano sulla sua spalla. Sussultai a quel contatto fra di loro. Aveva osato toccarlo?
- Sono sicura che tratterai Marta meglio che potrai. Te lo si legge in faccia che sei un bravo ragazzo. - dopo quelle parole avrei voluto solo sbuffare ma mi uscii una pernacchia, richiamando un po’ l’attenzione. - Poi lei è cotta di te. - mi morsi l’interno delle guance, prendendo colore. Era possibile che dovesse mettermi in imbarazzo anche di fronte a lui? Quando mi chiese di tradurgli mi rifiutai, inventando un impegno molto importante.
- Piccola, ti posso portare a Lisbona oggi? - mi chiese Niall. La sua mano toccò la mia e la osservai prendere la mia delicatamente. Alzai lo sguardo mordendomi il labbro. Continuammo a mandarci occhiatine anche quando chiedevo il permesso agli ‘adulti’. Data la conferma, non aspettai nemmeno un secondo, scappando fuori da quella cabina diventata troppo piccola per quattro persone e mezzo. Ripresi a respirare solo in corridoio, a debita distanza da quell’arpia e la sua collega. Avevo scampato al suo commento, ma ero sicura che ci sarebbe tornata su. Ero curiosa di vedere cosa si sarebbe inventata quella volta, non avevo di certo intenzione di lasciare Niall per un suo capriccio. No, non quella volta. Non con un ragazzo come lui, non lo avrei mai lasciato andare così.
- Mi dici che cosa mi ha detto tua zia? - avvampai al solo ricordo delle sue parole, negando categoricamente. Rise di nuovo, aveva capito che aveva detto qualcosa su di me. Continuò ad insistere per tutto il tragitto. Tragitto per dove poi? Boh, io seguivo lui e sempre lo avrei fatto.
- Oddio Niall! Ha detto che hai una faccia da bravo ragazzo ok? - me ne uscii. Ci rimase un po’ male, aspettandosi qualcosa di più.
- Nient’altro? - chiese infatti. Cercai di non arrossire di nuovo, scuotendo la testa. Si fermò, osservandomi il volto. Sentivo il suo sguardo pungente sulla mia pelle e i suoi occhi guizzavano a destra e a sinistra, studiando ogni minima reazione. Non potei non imbarazzarmi davanti a tutte quelle attenzioni. - Sicura? - annuii subito, forse troppo presto e ampiamente. Alzò un sopracciglio e incrociò le braccia, aspettando una risposta. Mi guardai in giro in cerca di una risposta che però non arrivò. Puntai per la via della verità.
- Ha detto che … Beh che io … Che mi piaci tanto. - feci scrocchiare le dita, distraendomi da lui. Non era possibile che fossi così timida. Me ne vergognavo tremendamente. Se solo fossi stata un po’ più aperta, avrei potuto esprimermi con lui senza tanti problemi e magari il nostro rapporto sarebbe più stretto, legato. Avevo paura che lui si aspettasse di più da me e forse io non ero pronta, avevo paura che non gli bastassero le mie carezze, i miei baci, i miei abbracci e le mie attenzioni. Avevo paura di tutto, tutto quello che poteva succedere dopo, sentivo il mondo contro quel ‘noi’ che tanto amavo, sentivo il mio corpo contro tutto quello che facevo, lo sentivo estraneo a me e ogni giorno vivevo con la consapevolezza che la gente mi guardava etichettandomi come ‘anoressica’. Io non lo volevo, io non ero così. Dovevo cambiare, volevo cambiare, avrei dovuto cambiare. Ma come? Niall poteva aiutarmi? Ci speravo tanto, e poi l’aveva promesso no?!
- Ed è così? - deglutii, appiattendomi contro il muro. Non so se potevo già esprimere i miei forti sentimenti per lui. Se poi magari lui non provava le stesse cose? Sarebbe scappato a gambe levate, lo sapevo. Si avvicinò, facendo mancare il mio fiato. Si fermò quel tanto che bastava per sovrastarmi e starmi davanti a pochi centimetri dal viso. - È così, Martha?
La sua lingua passata velocemente sulle labbra, mi fece partire del tutto. Ricominciai a respirare, prendendo velocemente quel fiato che avevo trattenuto. Il cuore batté nel petto, mentre osservavo le sue labbra tirarsi prima in un sorriso quasi sensuale e poi bagnarle di nuovo con la saliva. Non mi resi conto davvero di cosa stavo facendo, tutto ciò che vedevo erano quelle labbra e ardevo per baciarle, assaggiarle, morderle e farle mie, ancora e ancora.
- Si. - sussurrai piano. Capì, sorridendo ancora. Ero sicura che stava vedendo come osservavo con desiderio la sua bocca perché prima premette le labbra fra di loro, poi prese a mordersi il labbro inferiore, avvicinandosi ancora di più. Uno strano calore esplose nel mio bacino, facendomi tremare. Mi stavo eccitando? Era una sensazione così coinvolgente, ma stravolgente allo stesso tempo.
- Anche tu mi piaci Martha, mi piaci così tanto. - disse velocemente. Finalmente di decise ad annullare quei pochi centimetri. Socchiusi immediatamente la bocca, aggrappandomi a lui. E lui era lì, per sostenermi, un’altra volta e l’avrebbe fatto ancora. Ma non perché me l’aveva promesso, perché io gli piacevo. Esultai mentalmente: allora qualcosa di me di buono ancora c’era.
Forse era diventata un’abitudine interrompere i nostri baci in mezzo al corridoio. Fatto sta che un gruppo di ragazzi si avvicinò a noi, urlando e facendo versi di apprezzamento.
- Non voglio diventare zio adesso però! - urlò Louis, separandoci definitivamente e poggiando un braccio sulla mia spalla. Salutai timida la comitiva, cercando ti sistemare i miei grigi pantaloni della tuta. Anche loro erano vestiti un po’ alla cazzo, ma mi sentivo sempre in soggezione con persone che solo scopabili anche vestiti da barboni. Scopabili, Marta?!
- Giochi con noi? - mi chiese Harry. In poco tempo mi ritrovai in squadra con il riccio, Sophia, Gemma e Eleanor, mentre Lou, Niall e Liam erano nell’altra. Fu una strana selezione, piuttosto divertente. Ero abituata a essere scelta per ultima perché i miei compagni non vedevano in me nessune capacità o abilità. Invece Harry era stato il primo a prendermi con sé e Louis per ripicca scelse Niall. Il riccio era parecchio in cerca di attenzioni quel giorno perché era l’unico maschio della squadra e noi contavamo su di lui per vincere. Insomma: quattro contro tre non era equo, ma eravamo ragazze e i maschi giocano sporco, si sa. A dirla tutta non avevo capito che gioco era. Un a specie di ‘acchiappa l’altro e non fartelo rubare’ .. Non credo esista una traduzione italiana a quella strana corsa per tutta la nave.

Feci scivolare le dita sul marmo dello corrimano della scalinata, sentendo un senso di freschezza partire dai polpastrelli e arrivare al resto del corpo. Scesi piano le scale, studiando che il campo fosse libero. Improvvisamente passarono di corsa urlando Sophia inseguita un Liam anch’esso urlante. Risi da sola, inoltrandomi in punta di piedi per un altro lussuoso corridoio. Passai davanti al banco delle informazioni, ma fermandomi un attimo, tornai subito indietro. Rubai dalla ciotola una caramella, mettendomela in bocca. Continuai a girovagare per mezza crociera finché uno spaventoso urlo non mi fece urlare di conseguenza. Puro terrore attraversò i miei occhi, facendomi saltare di almeno venti centimetri. La lingua di Niall si infilò tra le mie labbra ancora schiuse, baciandomi con trasporto. Mi ripresi leggermente dal mezzo infarto, ricambiando il bacio. Mi sembrava di vedere in quel gesto il percorso che avevamo fatto. Era entrato così nella mia vita, l’irlandese biondo che fa impazzire il mondo, Niall James Horan, senza preavviso, una sorpresa forse, la cosa più inaspettatamente bella della mia vita.
Rimasi senza parole quando mi rubò la caramella dalla bocca, portandosela nella sua. Scappò via come un razzo, non mi sarei sorpresa se si fosse alzato un polverone oppure se sarebbe caduto tanto andava velocemente. Mi sembrava perfino impossibile dato il suo ginocchio, anche se non avevo capito bene cosa aveva davvero. Presi a rincorrerlo, chiamandolo nei peggiori modi. Rivolevo indietro la mia caramella.
Dal nulla saltò fuori anche Louis, che appena mi riconobbe mi corse dietro anche lui. Lanciai un urlo a caso, scappando. Non volevo farmi prendere ma quel Tomlinson era più veloce di me, più informa, più atletico … Calciatore del piffero. Prima mi bloccò, poi si abbassò, prendendomi a sacco di patate per il bacino. Strillai come una bambina, scalciando e pregandolo di lasciarmi andare. Per l’amor del cielo, il sedere di Louis William Tomlinson era un gran bel vedere, ma non così da vicino, non i queste condizioni.
- Andiamo Louis, potrei rimettere tutto quello che ho mangiato. - cioè nulla, ma provai a convincerlo lo stesso. La testa si stava facendo pesante e sentivo il sangue perfino nelle orecchie.
- Eh no cara, non ti lascio scappare così. - sbuffai pesantemente. Infilai un gomito nella sua schiena, poggiando poi il mento sulla mano, almeno ero più comoda. Lou si lamentò un attimo, poi lo sentii girare a sinistra.
- Dove stiamo andando? - chiesi, controllando che le unghie dell’altra mano fossero ancora intatte. Il suo corpo si scosse un po’ e io con un mezzo sbuffo, cercai di togliermi i capelli che mi erano venuti davanti. Adoravo Louis, davvero. Sarebbe stato bello essere come lui, quando avrei avuto la sua età: essere divertente, con la battuta sempre pronta, il sorriso, il suo essere sempre un po’ bambino, ma anche serio, un buon amico, bello … Vedevo quel ragazzo scomparire giorno dopo giorno. Larry Stylison, paparazzi, pretendere da lui troppo … Mi sentivo un po’ in colpa: l’avevo visto cambiare, dai risvolti ai pantaloni rossi, a quelli neri eleganti, dal ciuffo basso, a quello alto, dal viso pulito, a quello con lo strato sottile di barba, dalla sua pelle bianca, ai suoi tatuaggi più strani. Era sempre lo stesso Louis? Non lo conoscevo come lo conoscevano i ragazzi, ma il mio cuore ci sperava tantissimo.
Il suo corpo si mosse ancora di più e poi un flash ci investì. Capii che qualcuno ci aveva fotografato quando sentii qualche urletto di seguito. Grandioso Marta.
- Lui può. - esclamò a un certo punto Lou.
- Cosa?
- Lui può amarti Martha. - sentii il mio fiato mancare, di nuovo. Avevo capito che si stava riconducendo al discorso che avevamo ‘affrontato’ a Cartagena. Lui e Liam non si erano fatti scrupoli a farmi intendere che non era carino fare innamorare Niall di una persona che avrebbe dovuto in qualsiasi caso abbandonare dopo poco.
- Dovete comunque andare via prima o poi. - la sua camminata si affievolì.
- E tu hai intenzione di mollare perché noi partiremo per l’America? - chiese, come se fosse una domanda normale da porre.
- Non è così semplice, Tommo. - i fianchi facevano male, le ossa del mio bacino erano schiacciate e premute contro quelle della sua spalla, il sangue si aggrumolava nelle vene del cervello e la schiena urlava dal dolore, ma da quel momento non sentii più nulla. Niall Horan se ne sarebbe andato e io non potevo impedirlo, in nessun modo.
- Certo che lo è! Vivete questi ultimi giorni che vi rimangono, viveteli intensamente e anche se ci saranno chilometri a separarvi, nessuno sarà mai più vicino di voi.
- È questo che provi con Eleanor? - il suo movimento si fermò definitivamente e la sua prese si strinse quasi impercettibilmente sulle mie cosce.
- So solo che la distanza è solo un numero Martha. - sussurrò. Quello lo sapevo anche io, ma sentirmelo dire era del tutto diverso. In quel momento, sentirsi dire che nonostante tutto, la speranza c’era, che nonostante mancassero solo due giorni alla fine della crociera, Niall non si sarebbe dimenticato di me, mi fece sentire speciale, forte, capace di farlo innamorare di me. Potevo farcela forse, potevo continuare a vivere quella vita con lui.
Feci per parlare di nuovo, ma appena fatti due passi si fermò nuovamente e sentii una voce.
- Facciamo uno scambio equo? - questo era di sicuro il riccio. Louis sbuffò, tirandomi giù. Il sollievo riempii il mio corpo, ma la testa prese a girare vorticosamente, insieme allo stomaco. Vidi la figura di Niall lottare per una sua scarpa con Harry, lasciando poi che la prendesse, arrivando velocemente accanto a me. Prese la mia testa fra le mani, fermando il movimento circolare.
- Stai bene? - annuii, chiudendo gli occhi con una smorfia. Se quel deficiente di Louis mi avrebbe portato a testa in giù ancora un po’, avrei vomitato davvero.
 
Non potevamo scegliere giornata peggiore per vedere Lisbona. La città era bella, magnifica: le strade erano popolate dai tram e una scia lunghissima di luci, accompagnava tutte le vie principali, ma il tempo … Ecco, le precisioni meteo non erano il nostro forte. Il cielo minacciava pioggia, o peggio un temporale, ma noi eravamo scesi lo stesso, senza ombrelli e coprendoci solamente con i nostri cappotti, decisi più che mai a completare quella lista di tappe che la Cunard offriva. Il mio braccio era al caldo nel fianco di Niall, a braccetto proprio accanto a me, l’altra mano intelligentemente nascosta e protetta nella tasca del trench.
- Tra due giorni saremo a Southampton. - disse lui. Persi il mio sorriso, stringendomi nelle spalle.
- Il 23 Novembre ci sarà il 1D Day … - lasciai la frase in sospeso, ma sapevo che Niall aveva capito. 1D Day, America.
- Prometto che ti chiamerò tutti i giorni.
- Ho la scuola Niall.
- Non durerà tutto il giorno spero. - Sbuffai, cercando di capire perché insisteva ad autoconvincersi che anche dopo tutto quello sarebbe stato normale. - A meno che tu non preferisca chiamare Harry o Louis. - lo fissai, storcere la bocca, guardando da un’altra parte.
- Stai scherzando spero! - mi bloccai, allontanandomi per guardarlo in faccia.
- Come se non vi avessi visto oggi com’eravate felici di stare nello stesso gruppo. - alzai le braccia al cielo.
- Era solo un gioco, Niall!
Continuammo così e le nostre voci si confusero tra le pietre e gli altri turisti intanto che discutevamo sugli aspetti negativi minimi della nostra relazione. Una rabbia furente ardeva nel mio petto e sapevo che anche lui era arrabbiato. Mi sentii morire dentro quando smettemmo: stavamo litigando. Io e Niall, io e l’uomo che baciavo come se fosse l’ultimo sulla terra, io e il mio idolo. Non riuscii a trattenere le lacrime, sempre pronte a invadere il mio viso. Mi girai dall’altra parte, tirando su con il naso.
- Quanto sei acida Martha. Ti ho detto che mi piaci e tu pensi solo al fatto che io debba viaggiare e stare lontano da te.
Mi voltai piano, fissando i suoi occhi azzurro acceso. La gente corse ci corse in mezzo, in parte, davanti e dietro, a cui non interessava perché due ragazzi stessero lì, in piedi, fregandosene della pioggia che stava per cadere, a fissarsi negli occhi cercando di capire l’altro.
- Sono una ragazza Niall, non posso non pensare a quello che succederà. Come sarà la mia vita senza di te?
Era davvero così, è davvero così. Noi ragazze siamo le prime a farsi problemi, su qualunque cosa, dal vestiti per una serata tra amici, a i nostri prossimi cinquant’anni. I maschi ci pensano, anche loro sono umani, ma loro si dicono ‘vivi il momento e lascia vivere’. Io non ce la facevo, andava contro tutto quello che mi ero costruita in diciassette anni di vita. Dovevo sapere, dovevo essere sicura che ci sarebbe stato quel futuro che volevo, quel futuro con lui, si, con Niall. Perché non riuscivo a pensare ad altro che a lui, al mio futuro con lui. Era possibile che dopo soli 9 giorni, vedessi tutta la mia vita che girava intorno alla sua? L’avrei seguito ovunque, avrei voluto prendere l’aereo con lui e volare lontano, ma le radici mi tenevano ferma al suolo, le nuvole erano troppo in altro per i miei pensieri e io ero qui, impiantata al terreno, alla scuola, alla famiglia. Qualcuno mi doveva dare un coltello, qualcosa e avrei tagliato quelle maledette radici. Solo così, avrei imparato a volare.
Le prime gocce di pioggia caddero sui nostri corpi, incuranti di cosa il cielo ci volesse trasmettere. Si avvicinò a me, i suoi capelli iniziavano a appiattirsi sulla sua fronte e i suoi occhi sembravano fari nella notte. Sospirò sofferente, prendendo fra le sue dita una mia ciocca di capelli, ormai umida.
- Mi prenderò cura di te Martha, ovunque sarò.
Lo sapevo, l’avevo sempre saputo. Mentre annuivo, facendo un passo avanti, non riuscivo a non pensare a quanto avrei sofferto, a quante serate col telefono in mano avrei passato, quante a fissare lo schermo di un pc, pregare per sentire la sua voce, almeno per pochi minuti, a quante ore avrei passato cercando loro video su Youtube, organizzando incontri che mai ci sarebbero stati, aggiornando la pagina per prenotare un aereo, un volo che mi avrebbe portato fra le sue braccia, che mi sarebbero mancate come l’aria. Repressi un singhiozzo, stringendomi fra le sue braccia. Non era giusto! Se tutte le nostre future litigate sarebbero finite con una dolce frase da parte sua e un pianto da parte mia, non sarei mai stata capace di fingermi arrabbiata.
- Mi dispiace così tanto. - gli dissi, accarezzando una sua guancia bagnata. Iniziava a piovere davvero, ma a noi non importava, lui sembrava avere occhi solo per me e il mio mondo era lui, ormai lo avevo capito.
- Non è solo colpa tua. Smettila di scusarti: chiedi scusa troppe volte. - mi rispose, lasciando un umido bacio sulla mia fronte. Mi sentivo da schifo, avevo avuto paura di perderlo, paura che si fosse già stufato di me e che mi avrebbe lasciato, lì, in quella strada sconosciuta di Lisbona.
- Scusa. - sussurrai, allontanandomi di un passo. Che stupida: era un mio difetto chiedere sempre scusa, ma mi sentivo in colpa per tutto ciò che mi circondava e mi sentivo ogni giorno di più un disastro.
Lui rise, tirandomi di nuovo verso di lui. Si sbilanciò poi indietro, lasciando cadere la testa. La pioggia cadeva sul suo viso, disinteressata a chi disturbava il suo cammino verso il suolo. Sorrisi quando aprì la bocca, assaggiando qualche goccia. Era bellissimo e avrei tanto voluto dirglielo, ma non riuscivo ad aprire bocca, non riuscivo a muovere un muscolo, non volevo che tutto quello finisse e nonostante speravo di poter continuare a vivere lo stesso, avrei smesso se lui non mi avrebbe più abbracciato come solo lui sapeva fare, non avrei più vissuto quella felicità che ormai caratterizzava le mie giornate con lui, la mia vita sarebbe tornata quella di tutti i giorni, monotona.
Vaffanculo, volevo sopravvivere, vivere, divertirmi, ridere, sorridere, respirare con il mio ragazzo accanto a me.


 



Hola :)
Scusate il ritardo, di nuovo
Spero mi sia rifatta con questo bel capitolo (o almeno, a me piace lol)
Grazie mille a tutte perchè se siamo vicine alle 100 recensioni è tutto grazie a voi.
Non sapete che fatica sto facendo per postare questo capitolo ...
Mi si è completamente impallato il pc perciò perdonate eventuali errori ma non ho riletto bene.
Fatemi sapere cosa ve ne pare :) A presto!
xx



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